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- My Little
House
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- Ore 12 e 35 minuti, almeno questo è
ciò che asserisce il mio consunto swatch. Il
sole inizia a scottare e sarebbe opportuno trovare un
riparo all'ombra e riposarmi in vista di riprendere il
mio viaggio. Viaggio? Fin dove giunge il mio sguardo
il paesaggio è arido e desolato. Cammino su
questa strada da cinque ore e non ho incontrato nessun
essere umano. Le case visitate erano prive di vita.
Pensare che in questo momento dovevo trovarmi sul jet
decollato da Washington con destinazione Boston per le
mie meritate vacanze. Invece mi trovo in un punto
imprecisato nello stato dell'Utah. Sembrano passati
secoli da quando ero seduto sull'aereo ad ultimare la
mia relazione da presentare a Barnes, al contrario
tutto risale a due settimane fa. Sono stanco. Lascio
la strada perché ho individuato alcuni massi a
ridosso di un promontorio, privo di vegetazione ad
eccezione di un albero dall'alto fusto e dalle foglie
piccole e verdi. Mi siedo e la mia pelle grida di
gioia e gratitudine per non dover sopportare quel
caldo secco. Dallo zaino estraggo una scatola di
biscotti per bambini, un vasetto di vetro contenente
tonno sott'olio e una bottiglia di succo d'arancia,
derivati dalla mia ultima visita nel negozio di generi
alimentari di Little House. Ho molto appetito ma cerco
di non abbuffarmi, assaporo il gusto dolce dei
biscotti con il pesce.
- "Questo è ciò che offre la mensa"
asserisco, ma nessuno può apprezzare il mio
sarcasmo. "Pagherei per un bagno". Quest'odiosa terra
rossa, sospinta dal lieve vento, si appiccica alla
pelle ricoperta di sudore. Il promontorio alle mie
spalle è alto circa 100 metri rispetto al punto
dove sono seduto e da lassù la visione sarebbe
maggiore.
- "Potrò individuare un hotel cinque
stelle con tutte le comodità del
caso".
- Il mio cervello da razionale agente FBI
continua ad analizzare i fatti accaduti negli ultimi
cinque giorni.
- "Da un altro caso come questo non penso di
uscirne" disse Belinda Spark nel suo impeccabile
tailleur grigio. Guardandola risposi che aveva
ragione. I suoi capelli colore rame, erano raccolti da
una crocchia, e questa faceva risaltare gli occhi
verde smeraldo, sul piccolo viso dai lineamenti dolci
e sensuali. Sulla porta dell'ufficio, che dividevamo
da sei anni, esclamò:
- "Agente Gravis lei è patetico".
Iniziammo a ridere smorzando la tensione accumulata a
Chicago.
- Belinda era una donna affascinante. Sul piano
professionale l'uno compensava l'altro ma su quello
personale il suo modo di pensare era completamente
opposto al mio e forse è per questo che la
nostra relazione era finita. Quando due persone
lavorano insieme da molti anni tra di loro s'instaura
un rapporto basato sulla reciproca fiducia. Io e
Belinda eravamo sballottati di città in
città a risolvere casi impossibili. Il tempo
che trascorrevamo con le nostre rispettive famiglie
era per le ricorrenti feste nel corso dell'anno.
Impossibile che tra colleghi si parli solo di lavoro.
Ciò che s'instaura in una coppia è
amicizia. Il passo tra questo stato e l'amore è
molto vicino. Non è facile stare fianco a
fianco con una persona di sesso opposto al tuo e
ripetersi di tenere a freno i sentimenti. Belinda
ripeteva che sarebbe stato più difficile
svolgere il nostro lavoro in queste condizioni. Ma
entrambi ci abbandonammo alla passione. La
rigidità dell'FBI non permetteva ciò.
Rischiavamo la sospensione. Entrambi sapevamo che
doveva finire. Dopo obbligato congedo, come ricompensa
per aver arrestato il colpevole dell'uccisione di un
grosso spacciatore trovato ucciso in un vicolo di
Seattle, da trascorrere con le nostre famiglie, tutto
finì. Senza discussioni e rancore solo un bel
ricordo.
- "Agente Spark, Agente Gravis complimenti per
come avete risolto il caso".
- Si congratulò il nostro superiore,
Barnes, per la cattura dello strangolatore che per
mesi aveva impaurito l'intera città di Chicago
con tredici uccisioni di donne.
- "Ho ricevuto ordini precisi a proposito di
ciò che sto per raccontarvi". Fece una pausa,
durante la quale si accese una sigaretta, i suoi occhi
celesti furono offuscati da una strana luce. Quel
piccolo uomo dalla testa calva che si trovava di
fronte a me parlò per più di un'ora,
alla fine disse: "Buona fortuna ed occhi
aperti".
- Fuori di quella stanza, intrisa di mistero,
Belinda dichiarò che la madre non l'avrebbe
perdonata di mancare al suo compleanno. Gli proposi di
regalarle qualcosa tipico dell'Utah.
- "Nell'Utah cosa c'è di tipico?"
domandò lei con sarcasmo.
- "Un pezzo di piombo" la mia battuta non ottenne
il risultato desiderato.
- Il nostro nuovo caso consisteva nello scoprire
le cause della morte di quattro persone, avvenute
nella cittadina di Little House. Sull'aereo, che
viaggiava per Salt Lake City, io e Belinda
consultavamo i dossier consegnati da Peter Barnes.
Chiesi alla mia collega che cosa pensasse e lei
rispose che l'unico punto di riferimento tra le
quattro vittime era che tutte lavoravano
nell'industria Phoenix, che si occupava
dell'estrazione di piombo. E da lì
cominciammo.
- La cittadina di Little House distava nove
chilometri da Salt Lake City e vi giungemmo in
taxi.
- "Un luogo molto tranquillo" esclamai guardando
quella cittadina dimenticata dal progresso.
- Viaggiavamo lungo una strada sterrata, ai cui
lati, si ergevano piccole abitazioni di colore bianco
tutte delimitate da staccionate.
- "Quello deve essere l'ufficio dello sceriffo
Patton" Belinda indicò una costruzione piatta
con un'enorme vetrata. Davanti la quale era
parcheggiata l'inconfondibile auto bianca e blu. Lo
Sceriffo Patton resosi disponibile rispose al nostro
interrogatorio. Alloggiammo nella pensione Lux e
decidemmo di far visita al Signor Phoenix. Dichiarai
che, come primo giorno, le indagini erano in alto
mare. Mi trovavo nella camera di Belinda per stilare
la relazione in base alle informazioni ricevute
facendo domande in qua e là tra gli abitanti di
Little House.
- "Il signor Phoenix era nervoso".
- "Lo saresti stata anche tu se due agenti
federali piombavano nella tua impresa a fare domande
su diversi decessi non accidentali".
- "Abbiamo scoperto un altro punto in comune tra
le vittime".
- Belinda si riferiva ai sintomi che le persone
avevano riscontrato prima della morte. Formulammo
l'ipotesi che il nostro industriale non estraeva solo
piombo. Lo spiegavano anche le ricorrenti analisi cui
erano sottoposti gli operai. Raccontai della
conversazione che avevo tenuto con lo Sceriffo. Patton
mi aveva riferito diverse notizie. Quella che aveva
suscitato la mia attenzione riguardava il socio del
Signor Phoenix, deceduto due mesi prima in seguito al
crollo di una galleria nella miniera. Il giorno
successivo andai a far visita alla vedova Smith.
Ottenni degli elogi nei confronti del Signor Phoenix
per come aveva aiutato lei e i suoi due bambini dopo
la sorte inflitta al marito. Belinda era andata nella
capitale ad interrogare il medico che aveva effettuato
le autopsie.
- "Dov'eri finita? Ti stavo aspettando per la
cena". Enunciai ad una Belinda affannata.
- "Spero tu abbia scoperto qualcosa di buono, io
ho fatto un buco nell'acqua".
- "Il Dottor Meyer aveva riscontrato la presenza
di macchie nere in tutte le vittime prima della loro
morte".
- "Questo lo sapevamo".
- Mi fece cenno di tacere.
- "Le macchie erano nei polmoni".
- "Vuoi dire...".
- "Quelle persone sono morte di cancro polmonare.
Ciò che mi ha fatto osservare il Dottore,
è la velocità con cui il tumore si
è propagato nel corpo umano, e la continua
generazione di cellule maligne anche dopo l'avvenuta
morte".
- "Vuoi affermare che il cancro della pelle si
è manifestato dopo a morte?".
- "Sì, dall'ultima autopsia abbiamo
scoperto la presenza di tumori al fegato ed al
cervello".
- "Dobbiamo scoprire la verità e penso che
il nostro amico Phoenix possa darci una
mano".
- Uscimmo decisi a far luce su questa piccola e
oscura città.
- Lo sceriffo Patton ci aveva messo a
disposizione una BMW di colore grigio. Imboccammo la
strada principale di Little House, in direzione sud
rispetto a Salt Lake City. Due chilometri davanti a
noi si ergeva la villa di Phoenix; Tutto accadde in un
intervallo di pochi minuti. Frammenti di ricordi
invadono la mia mente. Quel rumore si avvicina e poi
la luce bianca che mi offusca la vista. Perdo il
controllo della vettura e andiamo fuori strada. Poi il
silenzio. Non riesco a muovermi. Sento delle voci e
poi sprofondo nel buio completo.
- "Ehi!... svegliati..." una voce lontano e
sconosciuta "Sei sveglio... rispondi".
- Mi sento intorpidito e ancora quella voce, poi
il pensiero di Belinda mi scrolla. Apro gli occhi.
Urlando il suo nome. La stanza ha il pavimento in
cemento ed io sono sdraiato su un letto fatto di
roccia. La luce proviene da un'apertura, delimitata da
sbarre di ferro, la quale non mi permette di vedere
fuori perché è più alta di me due
spanne.
- La voce proviene da una feritoia posta in
basso.
- "Io non penserei a questa Belinda se fossi in
te".
- Non riesco a pensare. Mi fa male la testa.
Questa è fasciata. Chi mi ha portato in questo
posto si è curato di me. Dei rumori di
serratura provenienti dalla robusta porta. Essa si
apre e appare una figura massiccia vestita con una
tuta mimetica e passamontagna nero.
- "Dove mi trovo? Chi mi ha portato qui? Che cosa
avete fatto a Belinda?".
- L'uomo mi punta una mitragliatrice contro e mi
fa segno di uscire.
- Sono sospinto lungo un corridoio fino ad una
porta che si apre automaticamente. Entro.
- "Sceriffo Patton!".
- "Dottor Patton" risponde.
- "Dove ci troviamo?".
- Iniziò a raccontare. Mi trovavo in un
centro di sperimentazione. Io e Belinda avevamo fatto
troppe domande. La mia compagna era rimasta uccisa
nell'incidente. Non riuscivo a credere a quelle
parole.
- "Lei è il responsabile della morte di
molte persone e dopo la nostra conversazione
ucciderà anche me...".
- "Agente Gravis io non sono un
assassino".
- Spiegò che l'industria era una montatura
per scegliere i soggetti più sani da sottoporre
agli esperimenti. Diversi membri della società
di Little House facevano parte dello staff medico
nella villa di Phoenix. Tra questi vi era anche
Smiths. Voleva ritirarsi e così avrebbe
rovinato i piani. Le sperimentazioni consistevano
nell'iniettare cellule maligne nel corpo di un essere
umano e poi sottoporlo ad un vaccino sperimentale
chiamato Life.
- "Le quattro vittime non sarebbero state
d'accordo sul nome".
- "Nella vita ci sono sempre degli
imprevisti".
- Capii che per Patton era un atto giusto
sacrificare quelle persone e non solo lui
perché diversi membri del governo avevano
appoggiato la causa. Quelle parole sembravano senza
senso e contemporaneamente firmarono la mia condanna a
morte. Fui bendato e legato dall'uomo che mi aveva
scortato nella stanza. Camminavo sentendomi in colpa
per la morte di Belinda. Giungemmo all'aperto.
Percepii una leggera brezza primaverile. L'uomo
incappucciato era il mio boia. Mi tolse la benda.
Davanti a me vi era una jeep. Salimmo dirigendoci
verso nord. Il guidatore aveva appoggiato l'arma sul
cruscotto e fissava la strada tortuosa. Pensai o ora o
mai più. Spostai tutto il peso del mio corpo
verso il guidatore, il quale perse il controllo
dell'auto. Cercò di brandire l'arma ma io gli
assestai un colpo alla testa. Esso mi procurò
un dolore insopportabile. L'avversario cinse con le
mani il mio collo.
- La stretta non mi permetteva di respirare. La
jeep sbandò ed uscì dalla strada, si
rovesciò e le immagini diventarono confuse. Fui
sbalzato fuori dell'abitacolo. La massa di ferro
continuò la sua corsa pazza. Dopo essersi
fermata iniziò a bruciare. Avevo delle
escoriazioni in diversi punti del corpo ma niente
fratture. Tornai sulla strada e decisi di tornare a
Little House. Sapevo di rischiare molto. Zoppicavo,
respiravo faticosamente e mi bruciavano gli occhi. La
cittadina era completamente deserta.
- Il pensiero di Belinda mi riportò
indietro da quell'incubo presente. Guardai l'altura
alle mie spalle e iniziai la scalata. Un rumore che si
avvicinava destò il mio udito. Un elicottero.
Iniziai a fare segnalazioni per attirare l'attenzione
del pilota. Non pensai che fossero uomini al servizio
di Patton. Ero stanco. L'elicottero si abbassò.
La mia corsa verso il pilota, dal buffo cappello da
aviatore, sembra interminabile. Il vento delle eliche
mi colpì in pieno volto. Riferisco all'uomo
sulla cinquantina che mi trovo di fronte, che sono un
agente Federale e ho bisogno della sua
ricetrasmittente.
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- Postfazione
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- È passato un mese dal mio ritorno a
Washington. Le ricerche sul caso di Little House sono
cessate per mancanza di prove. Gli abitanti sembrano
non essere mai esistiti. Ancora oggi mi domando come
hanno fatto a sparire più di cento persone, in
poche ore e, per di più, senza lasciare ombra
di traccia. Dopo il ritrovamento del corpo di Belinda
nella tenuta di Phoenix, la sua autopsia rilevò
la presenza di tumori in varie parti del corpo. Mi
sono concesso una lunga vacanza. Ho giurato, sulla
bellissima tomba di marmo bianco con una bellissima
foto di Belinda sorridente, che la sua morte non
sarà stata vana perché la verità
dovrà venire fuori. Patton e i suoi folli
esperimenti sacrificando povere vittime, hanno i
giorni contati.
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