Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Silvia Tenderini
Con questo racconto ha vinto il primo premio al concorso
La Montagna Valle Spluga 2004, sezione narrativa

Ti prendo per mano
 
Seduta sul bordo della strada ripenso al tragitto appena percorso.
Quante volte sono passata di qui: impossibile contarle. Ho visto il cielo in tutte le sue molteplici varietà: cieli azzurri limpidi e tersi, cieli neri di tempesta, cieli bianchi di neve e ghiaccio, e poi nuvole bianche nuvole grigie, nuvole rosa all'alba e nuvole infuocate al tramonto, nuvole che sfuggono e nuvole che restano appiccicate alle cime delle montagne. Non è raro partire con il cielo azzurro su Chiavenna, e arrivare col cielo plumbeo a Coira e arrivare col sole a Montespluga. Tempo imprevedibile...
Ho percorso la via migliaia di volte, con mille persone diverse, con mille scopi diversi. Già ai tempi dell'imperatore Augusto mi sono arrampicata con fatica su per i ripidi prati degli Andossi, con una carovana di muli carichi. Portavano anfore d'olio e vasellame aretino. Dal carico sprigionava il profumo del mediterraneo e il calore del sole. I somieri erano così preoccupati che il carico potesse cadere e andare in frantumi che continuavano a urlare. Io camminavo accanto al mulo capofila e lo incoraggiavo, ma avrei voluto tappargli le lunghe orecchie, per non fargli sentire le urla e le bestemmie. Di ritorno seguivo una carovana di schiavi germani.
Avevano biondi capelli arruffati e strane brache di pelle tutte strappate. Ma soprattutto puzzavano da morire: l'odore della paura, della rabbia, della rassegnazione. Li avevano catturati al di là delle Alpi, nelle selve teutoniche, e ora li portavano giù verso Roma, dove avrebbero fruttato un bel po' di sesterzi sul mercato degli schiavi. Povera gente, che nemmeno aveva potuto combattere, o salutare le famiglie... in fila su lungo la via Mala; il precipizio da una parte e i soldati armati dall'altra.
Coira allora si chiamava Curia Rhaetorum, e stava a capo della Regione Transpadana: Così avevano voluto i figli dell'imperatore, Tiberio e Druso, a seguito delle loro campagne di guerra al di là delle Alpi. L'impero si allargava oltre le montagne, verso nord e verso est, là dove i Reti cacciavano i cinghiali e coltivavano la segale. Ma le vaste foreste ora sembravano pullulare più che altro di soldati: legionari infreddoliti nell'inverno, che rimpiangevano il Mediterraneo. E poi, per tornare al loro mare, dovevano scavalcare ogni volta lo Spluga. Cuneus Aureus lo chiamavano... cosa ci fosse di aureo non si sa... solo freddo e gelo e desolazione. Di oro nemmeno l'ombra. L'unico minerale interessante era quel porfido cavato a Lapidaria, che in realtà è un granito dal colore verde muschio. Ne hanno portati blocchi pesantissimi giù verso Coira, e poi da lì fino al lago di Costanza: ci hanno costruito gradini e stipiti, cippi e colonne. Poi i mercanti tornavano indietro con carichi di ferro, non meno pesanti: spade, elmi, vanghe, forconi, lame di coltelli e persino lingotti di ferro grezzo, ancora da lavorare. Tutta merce che spedivano su per la via Mala e giù per gli Andossi. A Chiavenna si smistava la merce e la si caricava sui carri fino al lago, e poi su barconi giù fino a Como e fino a Milano. Questi erano carichi preziosi, altro che l'oro!
Quanti viaggi mi sono fatta così, in mezzo a muli carichi e schiavi rassegnati, soldati annoiati e mercanti avidi.
Quanti viaggi: non li contavo nemmeno più.
I viaggi più emozionanti erano quelli veloci, aggrappata alla coda del cavallo che portava i messi imperiali. Pochi giorni di cavalcata per portare missive da Roma fino al Reno: poi di lì si navigava tranquilli sul fiume verso le acque grigie e gelate del mare del Nord. Allora si che mi divertivo, e cercavo visite ufficiali, inoltravo la posta ai soldati. Se i corrieri erano ligi al loro lavoro non mi raccontavano nulla, ma molti non lo erano, e mi lasciavano sbirciare nelle loro borse.
Poi una volta ho accompagnato Flavio Silicone, il generale romano di origine vandala, tutore dei figli dell'imperatore Teodosio.
Era il generale più importante dell'esercito romano, decideva dove andare e chi combattere. Teodosio lasciava fare, che era troppo lontano e indaffarato con i suoi intrighi di palazzo. Così Silicone mi raccontò i suoi progetti, la sera intorno al fuoco del bivacco sulla montagna. Voleva affrontare Alarico, il terribile re dei Visigoti, che minacciava l'impero. Voleva battersi per l'unità dell'impero, lui che non era imperatore, e nemmeno romano. Illuso! L'ho salutato a Chiavenna con una pacca sulla spalla, e l'ho guardato per un po', mentre scendeva lungo il Mera con le sue truppe. Mi ha fatto pena, povero Silicone: non sarebbe vissuto a lungo col suo sogno.
il vento mi scompiglia i capelli, forse porterà novità. Porta anche leggeri fiocchi di neve soffiati via dalle cime delle montagne. Si appoggiano, gelati, sul mio viso e si sciolgono subito in piccole gocce d'acqua. Poi l'impero romano si disfò, arrivarono i Goti, I Longobardi, i Franchi.... Una gran confusione di popoli, di lingue e persino di religioni. Ma a Coira c'era il vescovo, e nella valle dello Shams si costruirono graziose ,chiesette. Allora sullo Spluga passavano fedeli e pellegrini che andavano a pregare, artigiani che volevano dipingere i muri delle chiese e intagliarne i soffitti, frati che predicavano e vescovi che amministravano. Mi accordavo silenziosa a tutti loro, e ascoltavo le preghiere che recitavo in cima al passo. La lingua era ancora la stessa, anche se erano cambiate le divinità. Poi divenne tutto Sacro Romano Impero e le cose avrebbero dovuto diventare un po' più semplici. Dal passo scendevano gli imperatori germanici che andavano a Roma per farsi incoronare dal papa: un gran via vai di gente, con dame e soldati e preti e servi che seguivano il corteo su e giù per i monti. E io avevo il mio daffare a consolare principesse e incoraggiare monaci, che altra via non c'era, se volevano andare a Roma.
Certo , c'era il Maloggia, ma di passi ne dovevano fare due insieme allo Julier. E poi c'era il Septimer, ma era un passo da soldati ed eserciti, e ci sarebbero passati poi anche i crociati, non andava bene per le dame di corte. E quelle a rimpiangere i loro palazzi ad Aquisgrana, a Magontia, a Treviri e persino più su... Ma volevano o no andare dal papa? E allora che stessero zitte e camminassero, che giù dallo Spluga le aspettava anche il sole!
Poi, senza nemmeno poter scegliere, tutta la valle si trovò a far parte del ducato di Svevia, alleata di quell'imperatore Federico che tutti chiamavano il Barbarossa. Curioso personaggio, passò più volte dal passo, e io con lui. Andava su e giù con i soldati a cercar di convincere i suoi sudditi che erano davvero sudditi suoi, e non liberi e indipendenti come credevano loro. Non mi piacerebbe affatto far l'imperatore: troppa fatica. e poi, dopo tutto quell'avanti e indietro dalla Germania all'Italia, non ti va a morire annegato come uno stupido in un fiume della Cilicia?Povero Barbarossa che si credeva di poter conquistare il mondo....Meglio restare sullo Spluga, a guardar passare le nuvole. Nuove nuvole si formano in cielo, quelle di prima si sono già dissolte. Cambia veloce il cielo di primavera. Il vento porta profumo di erba nuova e fiori di melo.
Un tempo sul passo si respirava persino profumo d'oriente.
Passavano i muli carichi col pepe di Venezia e le spezie del Levante. In dogana si aprivano le some, per controllare: nulla che non fosse consentito poteva passare. E il profumo del coriandolo, della cannella, del pepe e dello zenzero si spandeva oltre il fetore delle bestie sudate. Profumi che salivano nel naso e annebbiavano la mente, suggerendo l'esistenza di mondi fantastici di foreste umide e deserti aridi, di mari in tempesta e di città fortificate. Qualcuno dalle Crociate era ben tornato per raccontare delle cupole d'oro e delle donne avvolte nei veli. Sulla montagna intanto passavano sete d'oriente e lane tedesche, pizzi di San gallo e lini di Costanza, tessuti di Damasco, fustagni di Monza e velluti della Renania, in un turbinio di colori, morbidezze e ricami da lasciar sbalorditi doganieri e somieri. Io mi avvolgevo di nascosto nelle lane più soffici e nelle sete più fini, ad occhi chiusi per non disturbare.
Ma anche quel periodo passò e iniziò una stagione difficile: truppe di soldati salivano da una parte e scendevano dall'altra, trascinando armature rumorose, ferracci spaventosi, vessilli mai visti. Parlavano lingue incomprensibili, dure come bestemmie, e le urlavano come ordini che non ammettono replica. Alemanni, Lanzichenecchi: orribili a vedersi. Be', mi toccava accompagnarli, per forza, ma non lo facevo volentieri e avrei preferito aspettare nascosta dietro un albero che passasse tutta quella gente che faceva paura da morire. Loro paura non sembravano averne, né della strada né della neve. Venivano da nord, oltre il lago di Costanza, e volevano andare a sud, oltre il lago di Como: montagne, fiumi e laghi sul loro percorso. Ma la strada non era un problema: non temevano gli uomini e nemmeno Dio, figuriamoci un paio di montagne! Io camminavo in fondo alla fila, in silenzio, che tanto non mi avrebbero ascoltata. Non ascoltavano nessuno in ogni caso, solo il loro comandante, il principe di Valdistano.
Un sacco di gente al mondo non ascolta. Non ascolta consigli e nemmeno avvertimenti. Poi se ne pentono, quando ormai è troppo tardi. Anche quel MacDonald, generale di Napoleone, non aveva voluto ascoltare i miei consigli. Gliel'avevo detto che dicembre non era il mese giusto per scendere giù dal Cardinello con tutti quei soldati. Settemila soldati raccattati in giro per la Svizzera e lui voleva portarli giù in Italia a combattere contro gli austriaci: a volte i generali vogliono davvero complicarsi la vita!Su da Splugen fino al passo, e poi giù per la valle di San Giacomo. E i soldati che rotolavano giù per il Cardinello, travolti dalle slavine e sfiniti dalla fatica. Ne sono morti centinaia, e poi la battaglia contro l'Austria non l'hanno nemmeno fatta... Mi avesse ascoltato il generale.
Era più piacevole accompagnare tutti quei letterati che volevano andare nel bel paese. Artisti, pittori, musici e poeti arrivavano da tutta Europa. Dopo aver viaggiato a lungo, gli rimaneva solo lo Spluga da passare, e poi finalmente erano arrivati in Italia. Così si sentivano già alla meta, e il cuore gli batteva forte e mi leggevano volentieri le poesie e mi confidavano i loro sogni. Venivano da lontano: uno era arrivato fin dall'Inghilterra, apposta per incontrare il Manzoni a Milano. Sulla montagna aveva una paura matta dei briganti, e di perdersi che non si fidava troppo delle guide. Ma poi il viaggio è stato veloce e lui se ne è andato giù verso la pianura, e chissà se poi l'ha trovato il Manzoni... Io poi ho dovuto tornare su verso il passo, accompagnare tutti quei tecnici che prendevano le misure e contavano i passi. Ci dovevano costruire una strada, da Chiavenna fino al passo, e per un bel po' fu un continuo viavai di ingegneri, geometri, amministratori, contabili, capomastri, operai.
Non c'era più pace. E poi quando hanno finalmente finito la strada, divenne un via vai di signori e di dame, di militari e postini, di prelati e notabili. Passavano a cavallo e in carrozza, e poi persino in automobile.
E poi si dimenticarono di me. Non mi chiamarono più per accompagnarli, non ascoltavano più i miei consigli e i miei conforti.
E io rimanevo seduta qui, sul bordo della strada, ad aspettare.
Chi sono io? Sono la Speranza che accompagna il viaggio. Sono colei che sempre ha seguito i viandanti sul passo, per andare dal Mediterraneo all'Europa, e viceversa. Mi infilavo silenziosa nella manica dei mercati, nello zaino dei soldati, nella bisacca del pellegrino e nella carrozza del re. Non c'era persona che non mi invocasse, partendo, e io non mi tiravo mai indietro. Sono stata paziente e ho ascoltato tutti, di qua e di là delle Alpi. Ho preso per mano mille persone, forse molte di più.
Quanti viaggi, impossibile contarli.
L'ultimo l'ho fatto con te, poco fa, ed è stato il più emozionante.
Ma ora sono stanca. Forse mi merito comunque un po' di riposo.
Mi sdraio nell'erba e guardo le nuvole in cielo. Le nuvole sullo Spluga: sono davvero belle.

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 Ins. 17-08-2004