Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Paolo Roccato
Con questo racconto ha vinto il sesto premio al concorso
Marguerite Yourcenar 2004, sezione narrativa

STELLA ALPINA
 
Leonard era sicuro che sarebbe arrivato in cima, non poteva avere dubbi. Ad ogni movimento, le mani si contorcevano negli spasmi dei nervi tesi e il respiro affannato lo obbligava a prolungare le soste. Sul ghiaccio duro, che ricopriva le sporgenze della parete tagliente, era difficile scegliere il punto esatto su cui raccogliere le forze per arrampicarsi. Fitte pungenti gli colpivano le dita e dai guanti di pelle ormai logori, trasudavano macchie rosse. Il sole accecante stava precipitando fra le bianche catene montuose che si ergevano lontane, illuminando una distesa sconfinata. Era un orizzonte immenso, che comprendeva tutta la terra, toccando l'infinito. Alzando la testa, Leonard rivolse i suoi occhi alla vetta inviolata che sembrava non avvicinarsi mai. Fermandosi a riposare, lasciò che i suoi pensieri viaggiassero nello spazio del passato. Al mondo che era sotto di lui, a migliaia di metri di distanza.
 
***
 
Non riusciva a staccarsi dalla mente quel monte, la più elevata montagna del pianeta. La conosceva da quando era nato e, dalle origini, dominava tutto ciò che esisteva: la città, gli uomini e le loro storie. Forse, a causa della sua forma appuntita, veniva chiamata "lancia del diavolo" ma, probabilmente, quel nome gli era stato attribuito per il timore che incuteva al solo guardarla. Nessuno era mai riuscito ad avvicinarsi, tanto imprendibile si presentava, con i suoi tremila metri di parete verticale. Scalarla sarebbe stata un'impresa al di sopra di ogni limite umano, un fatto assolutamente eccezionale. La decisione arrivò con naturalezza, un giorno come tanti, come un appuntamento già stabilito da tempo, cui non avrebbe mancato per nessun motivo. "Voglio che tu ritorni." Gli disse Anna con voce flebile, la mattina prima di partire, cercando di mascherare le sue emozioni e le lacrime che, sentiva, sarebbero scese, dopo l'addio. La sua giovane compagna l'abbracciò e senza dire altro se n'andò via, lasciando la sensazione che stesse fuggendo. "Ho paura... ma ti prometto che ce la farò." Le rispose l'uomo senza parlare, mentre si allontanava con Amedeo dal paese, andando incontro al suo destino, convinto più che mai di arrivare fino alla meta. Nel punto più alto del mondo.
 
***
 
Le dita malridotte delle mani tremavano, mentre Leonard sollevava il peso del suo corpo, più in alto, centimetro dopo centimetro. Una volta aggrappato al punto di presa, lo scalatore chiudeva gli occhi, concentrato nello sforzo di portarsi avanti, fino alla successiva posizione di distensione, così da riprendere fiato. Prima di osservare la roccia nera, sopra la testa, ancora un poco più sopra.
 
***
 
Era ancora un ragazzo quando, quel giorno d'estate, mentre esplorava da solo le rive del torrente che scendeva dai ghiacciai, scoprì una pozza profonda dove tuffarsi. L'acqua era gelida. Abituato a sopportare il freddo, quel pomeriggio però, non riusciva a trovare il coraggio di bagnarsi. Si sedette sopra un masso, con i piedi immersi nel piccolo laghetto azzurro, a osservare il fondo. Fu in quel momento che si mise a fissare "la lancia del diavolo" riflessa nel piccolo specchio limpido. La montagna, nitida e vicina come mai la vide, ad un tratto gli parlò, trasportando il suono delle sue parole nell'aria fresca, sussurrandogli all'orecchio: "Sono qui, l'ultima cima del mondo non ancora violata. Nessuno mi ha vinto, dalla notte dei tempi. Solo tu lo potrai fare. Ti sto aspettando da sempre." Il ragazzo, impressionato, rimase a bocca aperta per lo stupore. Indugiò immobile in ascolto, fissando la vetta di quella montagna maestosa che percepiva sua amica. Poi, senza pensare, si tuffò nell'acqua trasparente. Quando emerse, si ritrovò davanti la maestosità delle catene innevate che lo circondavano e lì, a guardarlo, c'era ancora lei, la punta della "lancia del diavolo". Non disse mai a nessuno di quello che successe quel pomeriggio e mai si domandò se era parte di un sogno o se il sogno era parte di lui. I luoghi e i segni del proprio cammino appaiano all'improvviso, chiari e decisivi. Spesso manca il coraggio di capirli e di immergerci nel loro mistero. Non per Leonard. Da allora, tutta la sua vita cambiò, preparandosi con passione alla grande sfida. Con il tempo, scandito dalla determinazione e dall'allenamento costante, divenne un grande scalatore, il migliore. Conobbe la propria forza, i suoi limiti e soprattutto imparò a fidarsi dell'istinto. Era sicuro del suo destino e, altrettanto, era convinto che non esisteva al mondo alcun alpinista, per quanto esperto, che lo avrebbe accompagnato su quella parete. Lo comprendeva e, per questo, non chiese mai a nessuno, nemmeno ad Amedeo, di affiancarlo nell'impresa, riversandogli la responsabilità di una scelta che non poteva essere condivisa. Quella scalata impossibile, la doveva affrontare in solitario.
 
***
 
Quel ricordo lontano interruppe i pensieri di Leonard e, come successe al torrente, rimase in silenzio ad osservare il cielo, trasportato dalle emozioni. Lui ora era lì, al centro della sua volontà. Una sensazione grandiosa lo pervadeva, facendolo sentire un gigante. Si chiese da quanti giorni si stava arrampicando su quella parete verticale, ma aveva perso la cognizione del tempo. All'inizio, teneva aggiornata la sua agendina, la notte, prima di cercare di dormire, legato alla parete dentro al sacco a pelo, nel suo bivacco agganciato alla roccia. Poi, a causa della stanchezza, non scrisse più nulla, lasciando alla memoria i dettagli dei ricordi.
 
***
 
"L'altra notte ho fatto un sogno. Ti ho visto sulla parete del diavolo... ma non ricordo altro..." Gli disse Amedeo. Amedeo, il suo migliore amico. Con cui aveva condiviso la passione per le scalate. Insieme, avevano affrontato situazioni al limite delle possibilità umane. Conoscevano le proprie risorse e la loro resistenza, sostenendosi a vicenda nei momenti più difficili. Leonard fermò l'auto nel piazzale illuminato alle porte del paese. Da quella posizione si poteva contemplare l'intera vallata. Le stelle ricoprivano l'immensità del buio, in quel tardo pomeriggio di fine inverno. La montagna sembrava un ponte tra la terra e il cielo, rendendo palpabile l'immobilità delle illusioni. "Ho deciso. Sarà per questa primavera." Gli confidò Leonard, senza guardare in viso l'amico. "Lo avevo intuito... e il diavolo lo sa?" Gli chiese Amedeo dopo un lungo silenzio. "Ci siamo parlati. Sì, lo sa." Rispose Leonard voltandosi. "Darei la mia vita..." Sussurrò, osservando la volta stellata attraverso il vetro appannato. Amedeo guardò severo il suo compagno d'avventure. L'aria vaporizzata usciva con sofferenza dalle narici dell'uomo. Scesero dall'automobile. Una ventata d'aria fredda scompigliò i lunghi capelli di Leonard. I due amici rimasero a guardare la valle, le catene montuose, gli ideali che si libravano nell'aria e le paure che li riportavano a terra. Quando si voltarono, incapaci di parlare, si abbracciarono forte. "Ci riuscirò." Disse infine Leonard, con voce spezzata. "Troverò la conclusione del tuo sogno e la porterò con me fino a valle, fino al ritorno."
 
***
 
Con la naturalezza, propria degli esperti rocciatori, Leonard accostò il chiodo alla rupe e, dopo pochi colpi decisi di martello, fissò un altro nodo cui affidare la propria sicurezza. Ad ogni impatto con la roccia, la mano gli doleva, facendogli vibrare il corpo. La vetta era lì, sopra di lui, sembrava così vicina eppure ancora maledettamente lontana. Fu proprio allora che, senza alcun preavviso, una tormenta impetuosa trovò Leonard impreparato. In un istante, l'impeto del vento divenne violentissimo. La sua spaventosa intensità lo scosse come una foglia, facendolo vibrare e sommergendolo di neve finissima. Lo spazio si richiuse su se stesso, così come i colori, che si annullarono, prima nel bianco e poi nel buio più opprimente. Un chiodo, incredibilmente, si staccò di colpo, strappandosi dalla montagna con un suono sordo, annegato nell'ululato dell'aria impazzita. Leonard precipitò di qualche metro andando ad urtare su una piccola sporgenza e ferendosi ad un ginocchio. Lo zaino di scorta, legato in fondo alla seconda corda, che era assicurata al chiodo spezzato, si lasciò trasportare dal gelido ciclone, come un aquilone in balia delle correnti. La spinta del vento strappò anche un secondo chiodo e poi un terzo. Leonard capì che il peso delle corde e dello zaino, risucchiati dalla tormenta, legati in quel momento ai moschettoni della sua sola imbracatura e non più fissati alla montagna, lo avrebbero a sua volta strappato dalla roccia. L'urlo dell'aria divenne insopportabile. Gli occhiali da roccia erano colpiti con ferocia da aghi appuntiti mentre la tempesta, infuriando, diventava solida e si abbatteva con violenza sull'alpinista colto di sorpresa. Le corde si contorcevano impazzite tirando sull'ultimo chiodo e sulle mani di Leonard. L'uomo gridò, cercando di trattenere il peso che voleva strapparlo dal suo appiglio. Con una mano era aggrappato alla roccia, mentre con l'altra tentava di domare la forza inaudita che si ripercuoteva sulle corde e che lo univano alla morte. Fu l'istinto, che lo fece agire. Abbandonò la presa e, con un gesto rapido quanto preciso, estrasse il coltello legato con un cordino colorato alla tasca della giacca. In una frazione di secondo tagliò le corde di sicurezza che finalmente volteggiarono libere, prima in basso e poi in alto, fino a perdersi senza eco. Per salvarsi aveva reciso ogni possibilità di proseguire. All'improvviso si sentì come un animale indifeso alla mercé degli eventi. Senza corde non poteva più avere nessun aiuto, nulla su cui contare per salire e tanto meno per scendere, naufragato in una tormenta che lo percuoteva senza tregua. Allo strenuo delle forze, aggrappato alla roccia nera, voleva vivere, finché avrebbe resistito. Mai si sentì così legato alla vita e al terrore di perderla.
 
***
 
"I chiodi sono leggeri, al titanio, e tengono un carico enorme." Il negoziante era eccitato, dall'alto della sua convinzione assoluta di conoscere le caratteristiche tecniche dell'attrezzatura che vendeva. "Indubbiamente... ma è una lega nuova..." Gli rispose Amedeo dubbioso. "Questo è il massimo che oggi esiste in fatto di chiodi da roccia..." Disse con enfasi il venditore. "Va bene così... Ne prendo 100 di quelli corti e 50 di lunghi." Tagliò corto Leonard, soppesando il campione che aveva nelle mani. Un vuoto improvviso lo spaventò facendolo trasalire. Amedeo se n'accorse. "Che c'è ... Sei sicuro di prenderli?" "Sì, sì..." Dopo alcuni secondi, Leonard proseguì. "Non bisogna ascoltare i presagi, altrimenti si rischia di non andare da nessuna parte." Amedeo lo guardò e istintivamente socchiuse gli occhi, quasi per cercare di capire se, le sensazioni dell'amico, erano le stesse che lui stava provando.
 
***
 
La tormenta pareva non finire mai. L'alpinista, ormai sfinito, sentiva il freddo penetrargli nella pelle da ogni direzione. Il sudore gli si gelava addosso facendolo rabbrividire convulsamente. "Non può essere la fine. Non qui, a così poco dalla vetta." La sua incredibile forza di volontà si ribellò, facendo affiorare l'ultima debole energia rimasta. Leonard, appiattito sulla parete, cercò di diventare un unico corpo con la montagna. Si strinse a lei con le dita, con i piedi, con i denti e con la sua tenacia. A qualsiasi costo doveva vivere. Quando riaprì gli occhi, dopo un tempo interminabile, come in un miracolo, tutto era cessato. La parete era diventata completamente bianca, il cielo inspiegabilmente esisteva ancora e la luce del giorno lo colpiva cercando di scaldarlo. "Perché mi hai fatto questo?". Disse piano, con il fiato spezzato, rivolto alla roccia. La montagna non rispose. Un lungo silenzio irreale rinchiuse il cielo e tutto divenne immobile. Leonard tremava vistosamente ma non si mosse, non riusciva a comandare nessun muscolo. "È la mia vita che vuoi? Era solo questo che volevi da me?". Stava piangendo. Disperate, le lacrime si gelavano al contatto con il metallo degli occhiali. "Ho voluto essere qui con tutto me stesso... Ci credevo... Perché?... Perché?". L'universo, muto, osservava l'uomo, oramai al limite della resistenza, incapace di qualsiasi cosa. Leonard terrorizzato si sentì sprofondare in uno stato liquido, come se stesse galleggiando. "L'ebbrezza dell'alta quota...". Pensò, stordito dalla confusione, che il panico, ferocemente gli trasmetteva. "Forse è così che dovevo morire, ubriaco di montagna... Forse non mi accorgerò nemmeno di andarmene...". Un pensiero tremendo lo pervase. Un ultimo volo, irripetibile, fino alla conclusione della sua esistenza. Fino ai piedi della montagna. Si sarebbe disintegrato contro le rocce e, una volta ritrovato, nessuno avrebbe mai saputo se fosse riuscito a conquistare il "diavolo". Di fronte a quell'immagine, i polmoni di Leonard iniziarono ad accelerare il respiro. Non poteva rinunciare, non era giusto. Doveva arrivare fino in fondo, fino alla cima, a conquistare il suo sogno e lo scopo della sua esistenza. Incapace di muoversi, caparbiamente tratteneva la sua fragilità. Senza le corde di sicurezza, con la semplice imbracatura e le sue sole mani, non aveva possibilità. "Devo andare avanti, ancora...". Continuò a ripetersi ma le sue dita non reagirono. Avrebbe potuto provare a scendere, ma per quanto? Con le poche cose che gli rimanevano, tornare era ancora più pericoloso che salire. Senza dubbio, se fosse disceso, sarebbe scivolato nelle braccia della morte. Non c'era più nulla che poteva fare. Aspettare impotente la fine, restando vivo più a lungo possibile o salire sino al suo epilogo. Provò a pregare ma non riuscì a sentire la sua voce e, Dio, lo avrebbe solamente guardato mentre precipitava. Si guardò intorno, osservò la montagna, il cielo, la neve e si vide disperato e solo.
 
***
 
La sera giunse con una rapidità inverosimile. La luce poco a poco se n'andò, trascinando sulla parete lunghe ombre minacciose. Leonard riuscì faticosamente a concentrare tutte le forze che gli rimanevano e, con un disperato tentativo, si spostò, raggiungendo un piccolo incavo della roccia. Saldò il piede in una fessura e, appoggiando il peso del suo corpo alle forme della montagna, con uno sforzo sovrumano conficcò l'ultimo chiodo che gli era rimasto. Con pochi gesti esperti, si legò alla presa, appendendosi con l'imbracatura a quell'ultimo flebile bagliore di speranza. I suoi muscoli si rilassarono, abbandonandosi allo sgomento. Sarebbe morto assiderato, in un tutt'uno con il "diavolo", lassù, in quella parete maledetta dove nessuno lo avrebbe mai più ritrovato. La calma irreale della rassegnazione lo pervase, sostituendosi alla disperazione. La poca razionalità rimasta lo trascinò nella consapevolezza che non avrebbe vissuto ancora per molto. La lotta per la sopravvivenza contro la tormenta, lo avevano lasciato senza più risorse. Cercò di riflettere ma la mente si rifiutò di concentrarsi, conscia del suo stato. Il buio lasciò il posto al chiarore della notte, illuminata da una luna limpidissima. Sembrava possibile scorgere i sui crateri desolati. Con la testa reclinata al cielo, Leonard si abbandonò all'universo, incapace di ragionare e di reagire. La spossatezza prese infine il sopravvento sul terrore. Le corde dell'imbracatura segnavano la carne del suo corpo, sospeso e legato ad un chiodo al titanio. L'uomo sapeva che, se si fosse addormentato, non si sarebbe più risvegliato. Lottò quanto poté contro lo sfinimento e la paura, finché i suoi occhi si chiusero pian piano. Non si arrese ma stava sprofondando nell'ignoto, senza possibilità di ritorno. Vide le luci colorate del luna park, giù in città, dove andava da giovane in bicicletta. Immaginò ancora il mondo come un'avventura da giocare. Si tuffò nell'acqua del torrente, sentendo il freddo pungergli le ossa, coagulandogli il sangue. Nello stato comatoso, rivide i visi che riempirono la sua esistenza. Capì chi era realmente e cosa amava davvero. Sentì il suo essere come un tutt'uno con il cosmo, abbracciato e in sintonia con esso. Una pace assoluta colmò il suo cuore e, Leonard, comprese che stava morendo.
 
***
 
La pioggia cadeva tiepida sul suo viso ed era piacevole lasciarsi bagnare dalle gocce d'acqua. Avvertì il profumo dei fiori di tè e istintivamente aprì la bocca per dissetarsi. Lentamente Leonard emerse dal lago ghiacciato e con grande fatica riaprì piano gli occhi alla vita. Davanti a lui c'era Amedeo. L'amico era intento a riattivargli la circolazione sanguigna e ad intervalli regolari lo faceva bere. Si lasciò massaggiare impotente, come i neonati, in grado solo di guardare i genitori che li accudiscono. Amedeo incrociò i suoi occhi, si fermò un istante e, senza dire nulla, continuò a spostarsi sulla parete come un ragno appeso alla sua tela. Il sole era caldissimo e la luce accecante sommergeva qualsiasi cosa. Leonard guardò l'amico incapace di distinguere la realtà dal miraggio. Ogni particolare sfumava in un alone irreale. Sentì la puntura di un ago, poi richiuse gli occhi e, questa volta, non sognò. "Il tempo non ha dimensione... I minuti e gli anni si confondono, quando conosciamo l'essenza della vita e tutto è il nulla." Vagheggiò, quando, poco più tardi, si risvegliò. I lineamenti di Amedeo ora erano nitidi. La stanchezza e la tensione erano scolpite sul suo volto irrigidito. Si guardarono ancora. Nessun suono di parole colpì l'aria ma l'abbraccio dei due uomini era l'abbraccio della vita. Leonard non si stupì, quando si rese conto che era legato, non più ad un solo chiodo ma diversi altri punti saldi nella roccia assicuravano i due uomini alla montagna. Rimasero così, legati vicini sulla parete a strapiombo. Una forza nuova s'impossessò dello scalatore. L'uomo chiuse le mani e, poco alla volta, riprese l'uso delle dita. Provò a muoversi e si accorse di farcela. Con difficoltà i suoi muscoli si contrassero, rimettendosi obbedienti al volere della mente. Gli occhi di Amedeo erano fissi su quelli dell'amico e, in silenzio, gli spiegò senza illusioni la loro disperata situazione. Leonard si sentiva stordito, immerso in un incubo. Fissò quell'incosciente del suo compagno di scalata, disposto a rinunciare alla propria esistenza pur di salvarlo. Aveva capito che Amedeo non era riuscito a rimanere fermo ad aspettarlo al campo base e lo aveva seguito fin dall'inizio, perché il suo amico sapeva perfettamente, che nessuno avrebbe mai potuto conquistare quella vetta maledetta da solo.
 
***
 
Il tempo si era annullato definitivamente. Semplicemente, non esisteva più. Erano solo loro e il "diavolo". Nel silenzio eterno della montagna Amedeo finalmente riuscì a parlare, sussurrando piano: "Forza andiamo, siamo quasi arrivati."

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 Ins. 13-12-2004