Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Nella Coletta
Con questo racconto ha vinto il sesto premio del concorso Fonòpoli - Parole in movimento 2001-2002, sezione narrativa
In avanti
Il giorno spigava ormai la sua ultima luce ed era già la seconda volta quella, che Will, sopra un muricciolo spalancava le braccia. Verso l'alto. Cosa? Spalancava le braccia, sì, verso l'alto, nell'assurda pretesa di emulare un volo... gabbiano. Primo passo. Secondo passo. In avanti. Sulla bocca un odore di castità. Altro passo. Rasente, il mare. - Guarda lì, ma che fa? È lui, quel giovane diseredato. È ammattito poveretto. Si dice che abbia maledetto il padre andando via di casa. Un vero disonore per quella famiglia- . - Farebbe meglio a chiedere perdono in ginocchio per ciò che ha fatto, sebbene, una tale infamia... che Dio ce ne scansi! - . Le signore Withbull di Vattelappesca sfrecciarono, con la sviscerata inclemenza dei loro cappelli, il più lontano possibile da quel giovinastro. William, si prepara un'altra cena sublunare. Arcate stelle. Che fai? Ancora un poco vuole restare a spiare il sole, che non c'è più. Un altro passo. Le sue gote si contraggono; è un movimento smorzato quello dei suoi arti, tesi nella smania di non cadere. Poi l'ultimo raggio rosso sopra di lui spegne l'equilibrio in un'impennata all'indietro, e... oop, a stento resta in piedi. William tace. Pensa. Il mare, uccello terrestre incantatore quieto e selvaggio è tutto quel che c'è: suono sapore e gaudio.
Quanto tempo era passato da quel giorno d'inverno che aveva fatto di un nobile un gioco iridescente, un granello di strada nel mondo interminabile. L'amico più caro, mortogli fra le braccia poco tempo prima, gli aveva detto che capisce tutto troppo in fretta, ha fretta pure d'andarsene o, se resta, è per dire ad altri. Salvare è una questione di pelle, diceva pure. Sono solo i tuoi polpastrelli in corsa verso. Quando William aveva tentato di salvarlo da un certo signor Bacillo venuto da Koch, che lo scavò fino a farne una cartuccia secca, non poté nulla. Un trafitto ragazzo impotente. Non ne aveva mai saputo niente la sua famiglia del garrito insostenibile della libertà. Niente. L'avevano sbattuto in un collegio, come si adagiano i soldi per un investimento produttivo. Visto che non voleva saperne di nobiltà e di buone maniere, si erano allarmati come se avessero la peste in casa. - Fuori - gli gridò il padre quel giorno. - Il disonore non sarai tu a portarlo in questa casa. A questo mondo non vale niente quello che tu vuoi! - . Cos'è quella adesso? Gli si è posata sugli occhi appena una marea, oppure è una lacrima che gli marezza la solita storia. Violenta al di qua della cortina. Che prima si fa chiamare e poi batte la ritirata. Essere soli. Di una solitudine collosa. Volare, pensa Will, è un albero malato alle radici. È avere bretelle abbastanza forti per reggersi le braghe la povertà. Abbastanza slancio per correre. In avanti. Mani capienti per prendere, levigate per lasciar passare. Ma come si fa... a volare? È solo contemplare? Perché da soli non si può? Will si passa un braccio sotto il naso e sente che è bello. Un altro passo ancora e l'equilibrio è riassettato. Ma senza braccia, ora pendule sui suoi fianchi. In una mano ha un taccuino e una penna, logori ed eccitati nell'ebrietà di tutta quell'aria. Nell'altra la libertà. - Povero giovane! Sembrava così intelligente, posato! Che fine orribile, che tremenda disgrazia - . Si segnò con un gesto fulmineo il parroco che correva in chiesa insieme a una nobildonna. Will non ci badò. Ancora un saluto al mare accattone per sempre. Le sue braccia di nuovo in su, all'altezza delle spalle, non di più. Di fronte sabbia cielo brivido e gabbiano. Di qua solo una ruga d'uomo che si finge un volo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Per l'indomani mattina un treno è quello che ci vuole. Ecco, adesso è qui. Che vuole fare? È un posto speciale, una stazione. Will l'ha sempre sentita con mistica adorazione e attesa. Di qualcosa, di qualcosa. Che non si sa. È tutto un ciangottio tra facchini, tacchi di gran signore eccitati sul leggero predellino. Will se ne sta appoggiato sul ponte di un treno alla stazione. Sotto di lui acqua, azzurrità. Un momento... quella cosa laggiù non sembra affatto una creatura di qui, ma cos'è? È un bagno ghiacciato o un incendio reboante negli occhi di Will. È una corsa contro una coltre di spilli. Lieta corsa. Era avvolta con semplicità in un guanto d'avorio. Una giovane. Il collo le cresceva su un merletto, ma senza affettazione. I suoi occhi albeggiavano da lontano. Begli occhi. Nessun respiro, Will. Non ricordava come poteva essere la bellezza, che non fosse aria, che non fosse mare, volo, ebetudine del volo, ma donna, occhi, capelli di una donna, anima di donna. La solita inquieta presenza gli schiumava dentro un alito di mare. Mentre lei gli passa davanti il suo volto è un sorriso che tutto spande, che tutto beve. La segue con lo sguardo mentre un uomo l'accompagna accanto alle rotaie. Nel via vai generale chi di qua, chi di là è ben concentrato sulla propria fretta. Non c'è tempo di contemplare. La ragazza sta aspettando il suo treno. Tra viaggiatori e facchini un ladruncolo corre con tutta l'aria nei polmoni. È inseguito e cerca la fuga come un invasato. Nella furia ha spinto inavvedutamente la ragazza Begli occhi sulle rotaie. È impossibile che arrivi adesso un treno, adesso che lei è lì, pensa Will. Un fischio. È lui. Il cuore gli si scarmiglia un momento in un'acerba crocifissione, stretto nell'assurdità di quello che tra dieci secondi o meno potrebbe accadere. Tutta l'anima gli si raggruma nello stomaco. Infinita l'attesa, bizzarra ora che tutto scivola divorato dal tempo trucemente veloce. Non si può più contemplare. Will prende a correre. A correre. E corre. Come un pazzo. Un pazzo? Col vento nei capelli? Aria, mare, cielo e gabbiano ci sono forse, ma non si vedono, mentre Will è una pallottola sparata da un angolo invisibile. È a un passo da lei, è su di lei, con un balzo la spinge in avanti. Ora è uno che sta salvando. Ma lei non ha tempo di voltarsi per guardarlo perché lui è stato strattonato più in là da... un treno! E che spinta. Può davvero un treno spingere così avanti, si chiede Will mentre sente un calore strano, ma amico sulle braccia, come se fosse stato preso dalle mani guantate del sole. Poi capisce. Schiude gli occhi pianissimo, con difficoltà, ma abbastanza per riuscire a scorgere delle prime piume bianche, senza dolore, nella sua pelle. Braccia, verso l'alto. Braccia verso l'alto morbide e leggere. Un soffio nell'aria. E prima sono braccia che volano e poi testa e piedi e schiena che volano. E sulle punte delle piume ancora un odore di donna. E poi tutto, verso il mare, uccello terrestre quieto selvaggio non più selvaggio, e poi tutto, di nuovo, suono sapore e gaudio.
 
 
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Premio Fonòpoli - Parole in movimento 2001-2002
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 Ins. 03-10-2002