Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Monia Sanfilippo
Con questo racconto si è classificato quarta al concorso Parole in Movimento Fonopoli
 
L'uomo che vendeva i ricordi

 

Nei villaggi lontani dal mare le campane delle chiese annunciavano le cinque del pomeriggio facendo trasalire gli abitanti. Rappresentavano un segnale. Una parola d'ordine che a ogni rintocco proclamava la libertà dalla morsa del caldo: cinque suoni sordi che rimettevano in moto piccole faccende e grandi imprese. E allora le rondini ricominciavano ad assordare, e gli uomini a respirare. Chi aveva decisioni da prendere lo faceva cominciando da adesso, chi si era assentato a lungo ricompariva a quest'ora e ognuno mostrava il volto turgido del torpore. Si stendevano ad asciugare lenzuola bianche che non si sarebbero macchiate di sole dalle cinque in poi. Tuttavia, appena fuori dai villaggi lontani dal mare, il segnale del trascorrere delle ore diventava impercettibile, e libero il tempo spadroneggiava.

In pochi si azzardavano a uscire da un villaggio abitato per non dover combattere contro la polvere dei deserti troppo uguali fra loro e per non dover perdere il suono delle campane, unica via di scampo dal tempo fermo. Chi ne era costretto sapeva di andare incontro a un viaggio immobile, durante il quale nemmeno il rumore dei passi attutito dalla polvere poteva far compagnia. Tuttavia, poco lontano da un villaggio qualsiasi, una Ragazza dai capelli lunghi risiedeva ormai da tempo nella vetta di una torre di un avamposto dimenticato. La ragazza non ricordava più come ci fosse arrivata. Qualcuno doveva avercela portata tanti anni prima, sfidando il cammino. Era sempre stata lì, in quel pertugio illuminato da una luce di polvere che filtrava dall'unica finestra stretta. E non faceva altro che pettinarsi i lunghi capelli tutto il giorno, accorgendosi appena del passare delle ore. L'idea di avventurarsi per la colata di deserto che scorgeva dalla finestra stretta non l'aveva mai sfiorata, benché tutto sarebbe stato facile: bastava alzare il saliscendi della porta, assaporare piano piano il terreno incerto degli scaloni di pietra e buttarsi nel cammino della curiosità. Ma anche il desiderio di scoprire si era paralizzato col caldo.

Le giornate trascorrevano senza parole, tutte uguali. I movimenti della Ragazza erano pesanti, gravati da un'indolenza che filtrava dalla finestra, dal taglio di luce che, già dalle prime ore, si scorgeva da sotto la porta. Soltanto una volta all'anno, in una giornata speciale che le ricordava qualcosa di sbiadito, si tagliava una ciocca di capelli che custodiva insieme alle altre in una scatola vecchia. Quel giorno però, prima di tagliarne una nuova, contò tutte le altre. Erano venti. Sicché per vent'anni non aveva fatto altro che starsene seduta dinanzi alla finestra stretta, a pettinare i capelli che crescevano incuranti dell'immobilità di quella vita e a sospirare per le cose perdute che non ricordava più. Quel giorno però, fra i suoi sospiri si udiva un'altra voce, di un uomo distante che sembrava offrire qualcosa. La voce si trascinava lottando contro l'aria immobile che non l'aiutava a estendersi, raddoppiando lo sforzo dell'uomo. La Ragazza dai capelli lunghi si affacciò alla finestra stretta e lo vide camminare. Lasciava tracce sulla polvere intatta e la scia del suo passaggio si perdeva alla vista, segno che aveva percorso troppa strada. Forse proveniva da uno dei villaggi; forse era lì per vendere acqua o per prestare la sua ombra a chi l'avesse perduta. Ma era sufficiente guardarlo bene per capire che non vendeva una cosa qualsiasi. La Ragazza lo ascoltò a lungo prima di rendersi conto che quell'uomo sperduto vendeva ricordi. Tutti i suoi ricordi al migliore offerente. Raccontava di un pomeriggio di arsura in cui i ricordi gli si erano affollati nella mente, non lasciando più spazio per altro. Da mesi ormai desiderava liberarsene per aprirsi a nuovi pensieri. Si era affidato alle cure di medici distratti incapaci di curare la mente, benché nella sua memoria i ricordi suppurassero come ferite aperte. E, infine, aveva deciso di venderli, ma nessuno voleva comprarli. Sicché vagabondava per i luoghi più assolati, dove ricordare era più faticoso, per offrire i suoi ricordi già vissuti. Era ormai giunto nei pressi della torre, quando la stanchezza lo obbligò a fermarsi. Appoggiò la testa al muro e il peso dei suoi pensieri lasciò un solco nella pietra. Faceva pena vederlo così, con le scarpe consumate dal tanto camminare e le labbra secche dal tanto parlare. Ma erano i suoi occhi a commuovere di più, illuminati di continuo da lampi di ricordi che gli bruciavano i pensieri.

La Ragazza dai capelli lunghi non resistette a guardarlo oltre e lo chiamò, pregandolo di salire gli scaloni di pietra e di aprire la sua porta, visto che lei non ricordava più come si faceva. L'Uomo era troppo stanco per precipitarsi sulle scale. Ci mise l'intera notte e buona parte del giorno a raggiungere la vetta finché, nei dintorni dell'alba, non alzò il saliscendi della porta. Si trovò dinanzi una ragazza senza ricordi, che occupava l'intera stanza con la massa dei suoi capelli. Lei lo aveva aspettato, tenuta sveglia dall'ansia di appropriarsi di qualcosa di sconosciuto, e adesso gli offriva tutto quello che aveva pur di avere per sé i suoi ricordi. L'Uomo accoglieva ogni dono col sollievo di sentir sfuggire un ricordo dopo l'altro dalla sua mente. La ragazza li comprò tutti, e pagava con un sorriso anche i ricordi peggiori. E quando non ebbe più niente da offrirgli, l'Uomo le chiese i capelli, da barattare con i ricordi migliori.

Trascorsero così il giorno più intenso dell'anno, finché la stanza non fu invasa dalla realtà delle cinque del pomeriggio e la Ragazza non ricordò come alzare il saliscendi. Se ne andò lasciando l'uomo nella stanza, abbandonato al sonno di cui non godeva più da mesi e mesi…

 

Classifica Concorso Parole in Movimento Fonopoli 1998 sezione narrativa
 
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inserito il 27 ottobre 1998