Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Mariapia Cellarosi
Con questo racconto ha vinto il secondo premio all'edizione 2007 del Premio Marguerite Yourcenar.



Il segreto dietro l'edera


"Dalla finestra della mia camera si vede il muro grigio dell'orfanotrofio. Chiunque vi passi davanti lo definisce sporco e bisognoso di un' urgente riverniciata. In realtà ha enormi scritte e disegni fatti da chi è passato di lì. Amore è la scritta che compare sul muro di fronte alla mia casa. - disegnata con bombolette spray e colorata di blu, nello stile degli artisti di strada. - solo l'insieme di cinque lettere, ma allo stesso tempo è un sentimento, un'emozione che fulmina il cuore e lo attraversa come una scossa. Da quanto tempo conosco questa parola? Non lo so. A volte mi pare un'eternità, altre volte troppo poco. - lei che scandisce il ritmo della vita e le da significato. In nome di lei, direbbero in tanti, si vive e si muore. Essa è l'unica cosa per la quale è più semplice accettare con sorriso l'esistenza di tutto ciò che è portatore di lacrime. L'amore per i bimbi è un cuore rosso disegnato su una tela. Per i ragazzi rappresenta un sentimento da vivere fino in fondo. Gli adulti, invece, rischiano di considerarlo una "routine" indispensabile. L'amore per i nonni diviene un nostalgico e agrodolce ricordo che galleggia sul fiume che è la loro vita. Perchè una parola così piccola è in grado trasmettere tanto ed io non riesco ad apprezzarla? Io, lo giuro, apprezzo ogni singolo petalo di fiore, ogni filo di erba del mio giardino, ogni risata che scaturisce dalle tue labbra. Forse non ho mai conosciuto realmente l'amore. Probabilmente l'essenza grazie alla quale sono vissuta fino ad ora, quella che scorre assieme al sangue nelle mie vene, è solo apparenza. L'apparenza, infatti, come i sensi, ci mostra la realtà ambigua e non vera. Attraverso di lei è come se guardassimo noi stessi ad uno specchio che, però, è diviso in mille pezzi. Comparirebbero, se chiudete gli occhi e lo immaginate, tanti riflessi di noi stessi che ci ammiccano davanti e che sembra vogliano dirci "forza scegli me, sono io che ti rappresento meglio". In fondo sappiamo di non poter scegliere perchè tutti i riflessi sono uguali, ma, allo stesso tempo, sono diversissimi. Nella nostra mente si accavallerebbero mille pensieri e noi... "
 
 
Lisa si svegliò male quel sabato mattina. Scivolò sul parquet della sua camera per essersi dimenticata, intenzionalmente come le ricorda sempre suo padre, di infilarsi le pantofole; si macchiò la camicia appena indossata perchè suo fratello, nell'evitare di arrivare in ritardo a scuola come sempre, entrò in cucina come un tornado; e poi incominciò a piovere. La pioggia piace a Lisa perchè la rilassa e può restare a casa al calduccio ma quel sabato mattina la pioggia equivaleva a una doccia senza asciugatura per recarsi a scuola. Eppure se solo Lisa avesse saputo che cosa avrebbe affrontato poco dopo...
 
 
La pioggia batteva beffarda sul vetro della finestra. Le gocce si infrangevano sulla sua liscia e trasparente superficie per poi scivolare e scomparire, congiungendosi ad altre gocce. Esistenza spietata quella di questi elementi: consapevoli che per svolgere il loro compito sono destinate alla morte. Nascono per svanire su di noi, sul viso di un passante, per adagiarsi su un terreno stremato dalla siccità, causata, non dal sole, ma dall'aridità dei sentimenti umani, per accompagnare il pianto di una persona che soffre: un invisibile frammento di cielo che scende quasi silenziosamente, sospirando un flebile lamento alla sua morte. Tante piccole generose gocce che vivono per morire, che scompaiono l'una nell'altra, e si trasformano in un'unica, leggera, cascata di cristalli che, grazie alla loro trasparenza, assorbe i rari raggi di luce che ci sono concessi. Poi crea leggeri riflessi cangianti, simili ad angeli che danzano dolcemente, sulle note, non udibili da orecchio umano, di una celestiale armonia. Il cielo piange una vita così breve che quasi può essere definita morte, se non fosse che essa viene assorbita da noi allo scopo di vivere. Ed è proprio questo pianto di morte che purifica e sostiene la vita, è il dolore del cielo che scaturisce tale meraviglia che è la vita.
Il cielo cupo incuteva paura al solo pensiero di avventurarvisi sotto, ma una pallida e determinata ragazzina aprì la porta della sua casa pronta a sfidarlo e... si fermò, colpita da un qualcosa di indefinito che spuntava da sotto lo zerbino consumato e scolorito, simbolo di tanti ritorni e partenze. Nel grigiore di quella malinconica giornata brillava un candido foglietto. Mentre il cielo piangeva, e tutto sembrava avvolto da una triste aurea, quel solitario apparente lembo di carta sembrava illuminare tutto ciò che gli stava intorno. Per un momento quel candore risvegliò qualcosa nella ragazza, che era rimasto nascosto per troppo tempo, e dopo un leggero tremolio proveniente dall'interno, ella si chinò con un sorriso verso il misterioso oggetto, come se già sapesse, inconsapevolmente, che quel foglio le avrebbe sconvolto l'esistenza. Colse quest'ultimo delicatamente, quasi sfiorandolo, e senza nessuna fretta cominciò a maneggiarlo con estrema cura e dolcezza. Un suo lieve movimento aprì la busta e le sue esili dita estrassero il biglietto contenente un apparente messaggio. Dopo essersi adagiata contro il muro Lisa cominciò a leggere. Più il suo sguardo scorreva sulle parole, più i suoi occhi si velavano e da essi traspariva una curiosità viva. La lettera conteneva qualcosa di veramente speciale, poiché aveva raggiunto un luogo dove nessuno aveva mai osato entrare, poiché quelle parole avevano toccato un punto troppo profondo del suo animo ed avrebbero fatto si che ella non sarebbe più stata la stessa. Parole quasi incomprensibili a chiunque, ma trasparenti e chiare a lei: un messaggio inconfondibile. Una persona senza nome l'aveva scelta ... perchè? Lisa girò la busta e scorse il destinatario di quelle parole. Il nome, scritto in inchiostro nero sbiadito dalla pioggia e dall'umidità, le provocò un sussulto al cuore. La lettera non era destinata a lei, ma a sua madre. Lacrime le rigarono il volto al ricordo della dolorosa perdita. La persona che aveva scritto non doveva essere a conoscenza di questo. Lisa si incuriosì per l'incompletezza della lettera e si domandò chi ne fosse l'autore. Numerose domande senza risposta si accavallarono nella mente della ragazza creando un sentimento d'amarezza che giungeva dall'animo, l'amarezza di chi scopre (come le era accaduto) che la persona perduta, a cui avevi donato tutta la tua fiducia, in realtà aveva nascosto una parte di sé. Lisa rincasò ripiegando la lettera, certa solo di una cosa: la scuola avrebbe potuto aspettare quella mattina perchè una scritta sul muro di uno sconosciuto orfanotrofio la stava aspettando.
 
 
La camera di Lisa ospitava fotografie incorniciate dentro ad argentee cornici che mostravano due bimbi biondi sorridenti a gattoni, intenti a giocare. Altre immagini ritraevano i piccoli crescere e diventare grandi. I vetri delle cornici proteggono le immagini dall'esterno, ma non i loro reali soggetti. La maturazione che richiede la vita per esservi adeguati è veloce e dolorosa. Lisa lo sa bene. Mentre ella rileggeva ancora una volta la lettera capì una cosa: la vita le stava ponendo davanti una prova il cui superamento era arduo da attuare. Quel foglio stracciato non altro era che un mezzo da utilizzare per scoprire il misterioso lato che la persona che le aveva donato la vita mai le aveva mostrato. Sua madre era, anzi è, come Lisa chiarisce, una donna comparabile ad una goccia d'acqua nel deserto che si posa su fronti arroventate dalla febbre. Una donna cresciuta solo con se stessa, con i suoi dubbi, le sue paure... donna meravigliosa e imprevedibile. Capace, per Lisa, di provare solo amore e di pretenderne soltanto. La ragazza sentì crescere dentro di sé un desiderio di conoscenza e, intenzionata a seguirlo, uscì decisa da casa. La porta si chiuse dietro di lei con una folata di vento e il viso di una donna bionda dentro una cornice dorata sembrò sorridere.
 
 
Il cielo ora plumbeo sfogava la sua ira riversando sulla natura sottostante la sua frustrazione. Le stradine della grande città erano ancora illuminate dalla fioca luce dei lampioni nonostante il sole fosse ormai sorto. Un'ombra scivolava veloce lungo i marciapiedi e i muri delle case fermandosi, di tanto in tanto, ad osservarli. A poco a poco, il sole fece capolino da dietro le nuvole e la pioggia cessò di cadere. Con lo scorrere dei secondi, dei minuti e poi delle ore la camminata della figura divenne sempre più lenta. Nella quiete di quegli istanti la voce di un bimbo uscì da una finestra aperta e si diffuse nell'aria.
"Mamma non piange più"
"Chi?" domandò colei che doveva essere la madre.
"Il cielo... "
Lisa sorrise a quelle parole mentre si appoggiò al muro all'angolo di un incrocio, respirando faticosamente con una mano sul cuore. La ricerca della scritta le aveva prosciugato quasi tutta l'energia che quella mattina le era entrata in corpo.
"Sono una stupida, un'ingenua a credere di poter trovare una parola che forse non esiste nemmeno. Per giungere a che cosa poi? Ad una verità che forse vorrò non aver mai conosciuto? O ad una semplice e pura casualità?" Lisa guardò le persone che ora affollavano le strade. Noi esseri umani siamo strani, pensò. Ci rintaniamo in casa quando piove e usciamo quando il sole torna a splendere: un'allegoria della forza d'animo umana. L'uomo cerca di proteggere se stesso da tutto ciò che può disturbarlo e, quando è sicuro di non dover affrontare nessun ostacolo, esce dal suo rifugio. In realtà anche coloro che amano la pioggia la temono. Perchè altrimenti usano gli ombrelli per proteggere il loro capo appena la incontrano?
Un flash attraversò la mente della ragazza. Un ricordo, dapprima sfocato, si fece sempre più nitido nei suoi pensieri. Si rivide bambina sgattaiolare, non vista da sua madre, in giardino e tendere le braccia al cielo che piangeva, per consolarlo, come un albero stende i suoi rami alla luce. Ricordò i forti raffreddori e la febbre alta che seguivano il suo gesto. Ma anche in quei momenti Lisa non riusciva ad associare la pioggia al dolore. No. Perchè lei poteva soffrire, gemere, piangere, ma sua madre più lei soffriva, gemeva e piangeva, più le riserbava attenzioni ed era questa la cosa più importante grazie alla quale, per la piccola, era divenuto impossibile temere le gocce d'acqua.
Lisa riprese a camminare lungo il bordo del marciapiede seguendo i rivoli d'acqua che scorrevano lungo la strada. Quando alzò lo sguardo da terra fu sorpresa di aver raggiunto la periferia e, ancora di più, di trovarsi di fronte ad un vecchio, fatiscente edificio sul quale l'edera trovava dimora e lo avvolgeva, simile ad un regale mantello ricamato da infinite goccioline, che, catturando la luce, brillavano. L'intrepida ragazzina si avvicinò alle mura del casolare incantata dalla suggestiva immagine che la natura le offriva, ma a pochi metri da quello spettacolo si fermò, impietrita. Fra le foglie d'edera un colore indaco contrastava quello smeraldo della pianta. Una mano aveva scritto qualcosa su quel muro probabilmente tanti anni prima. Elettrizzata dalla sua scoperta, Lisa scostò trepidante l'edera, mentre sentiva dentro di sé la debole speranza riaccendersi. Quando la sua perenigrazione sembrava essere stata inutile l'aveva trovata. Felice, come chi ha a lungo cercato il proprio tesoro, le sorrise e la accarezzò. "Amore". Una parola semplice, ma nel contempo complicata. Ricordò di averne cercato il significato sul vocabolario tanto tempo prima. Amore: moto affettuoso, inclinazione profonda verso qualcuno o qualcosa. Non era d'accordo con questa definizione. Per lei il significato dell'amore non si poteva trasmettere attraverso una semplice frase. Solo una volta aveva letto cosa fosse realmente quel sentimento: poche ore prima nella lettera che aveva in tasca. La estrasse, quasi con riverenza, e la distese. Ormai era divenuta il suo portafortuna.
Fissò la scritta che risplendeva illuminata dal sole.
"Ora che ti ho trovato cosa vuoi da me?"
"Lei non vuole nulla"
Lisa sobbalzò spaventata al suono di quell'improvvisa voce e, timorosa, si volse indietreggiando.
Vide un bambinetto con ruffi capelli neri che spuntavano da sotto una buffa berretta color cachi, troppo stretta per il suo capo. Gli occhi, vivaci e vispi, la scrutavano attentamente quasi che ella avesse violato un territorio di sua proprietà, mentre il naso, arrossato dal freddo, gocciolava impertinente.
"Come hai fatto a trovarla?" le chiese indicando la scritta con un dito, ma continuando a guardarla negli occhi.
"Sapevo dov'era" rispose la ragazza mentendo. Stranamente, il bambino che aveva di fronte la metteva a disagio ed ella avvertì la necessità di nascondersi dietro una bugia.
"Non è vero. Solo io so che è lì. E tu è la prima volta che vieni qui. Sono un bambino, ma non sono stupido".
"Cosa sei il custode di questa scritta?" Lisa captò una minaccia nello sguardo indagatore del bimbo. La lunga ricerca l'aveva stremata e ora non voleva essere costretta a giustificare la sua presenza ad uno sconosciuto.
Senza alcun preavviso il bimbo si voltò e si allontanò da lei incamminandosi lungo il selciato che conduceva alla via. Lo vide attraversare la strada ed entrare nel palazzo di fronte, grigio e malinconico. Lisa tornò ad osservare il suo tesoro e in quel momento comprese tutto. Il bambino sapeva con certezza che lei non aveva mai visto la scritta amore perchè l'aveva attesa. Voltandosi alzò lo sguardo ed incontrò il suo. Dalla finestra del secondo piano della palazzina il bimbo la guardava con accanto una donna che, sollevando il braccio, la salutò.
 
 
Intuì che la donna la invitava a salire da un morbido gesto che compì con la mano. Ma Lisa non si mosse. Non accennò un passo, un movimento. Rimase immobile come una statua. Per la prima volta, da quella mattina, pensò a suo fratello e a suo padre. Un senso di vuoto le attanagliò lo stomaco e le gambe cessarono di sorreggerla. Cadde in ginocchio sull'erba bagnata e poggiò le mani sulla terra umida. Che cosa le accadeva? Ora che poteva afferrare la verità aveva paura? Tornata a casa avrebbe raccontato di aver lasciato la sua ricerca a metà? Si sarebbe odiata per sempre se avesse fatto ciò. Doveva concludere ciò che aveva iniziato. Lo doveva a chi, quella mattina, le aveva rovesciato il caffé sulla camicetta e a chi le aveva rimproverato di dimenticarsi di infilare le pantofole. Alle persone senza le quali non sarebbe la persona che è adesso. Ascoltò il ritmo del suo cuore che accelerava sempre di più e, rialzatasi, iniziò a correre. Imboccò il portone della palazzina e poi le scale. Non si fermò a riprendere fiato. Se lo avesse fatto non sarebbe più riuscita a muoversi. Giunse al pianerottolo del secondo piano dove la donna l'attendeva, calma e serena, sulla soglia della porta. Riuscendo a reggersi in piedi, tenendosi saldamente al corrimano, la ragazza la fissò, incapace di parlarle. La sconosciuta invece lo fece.
"Ti prego di entrare e lasciare che io ti spieghi tutto"
Lisa annuì con la testa e seguì la donna dentro l'appartamento.
 
L'interno dell'abitazione era stato arredato da una mano esperta e delicata. Nel salottino, dove Lisa entrò, l'azzurro ne era il padrone. Un tappeto laboriosamente decorato ricopriva il pavimento in legno sul quale erano collocate due poltroncine e un divanetto di velluto color blu. Il tutto era disposto a semicerchio attorno ad un caminetto che scoppiettava allegro.
"Accomodati, sarai stanca" la signora le indicò una delle due poltrone ed uscì dalla stanza.
Lisa si sedette su di essa e osservò le pareti alle quali erano appesi numerosi quadri. Uno in particolare la colpì. Sulla parete di fronte, dentro ad una polverosa cornice, due bambine erano protette e trattenute dal braccio di una donna, mentre un uomo, seduto ad una scrivania, le fissava. Ciò che incuriosì la ragazza fu il muro dietro i personaggi: era decorato ugualmente a quello della stanza nella quale si trovava.
"- di Edgar Degas. Si intitola "La famiglia Bellelli„ ed è il mio quadro preferito".
La donna rientrò nella stanza con in mano una tazza. Le si sedette davanti portandosela alla bocca, placida e lenta. Lisa decise che era giunto il momento di conoscere la verità.
"Sei tu che hai scritto la lettera?"
La prima domanda della ragazza fu questa. Il suono deciso della sua voce attraversò l'aria e rimase sospeso nella stanza, perciò le sembrò un'eternità prima che la donna le rispondesse.
" Lo sai già."
"Perchè l'hai scritta a mia madre?"
"Se l'avessi indirizzata a te non saresti mai giunta qui."
Lisa sgranò gli occhi sorpresa e provò un grande rispetto per la persona che le sedeva di fronte.
"Quella lettera era un pretesto, un'esca. Io conoscevo tua madre, sin da bambina, sin dai tempi dell'orfanotrofio. Era la mia più grande amica. E prima di andarsene mi ha fatto promettere una cosa: avrei dovuto insegnarti cosa è veramente l'amore. Tua madre aveva imparato da sola che cosa fosse e non voleva che anche tu fossi costretta a cercarlo come lei. Avrebbe voluto trasmetterti questo insegnamento, ma non ha potuto. Allora ha chiesto a me di adempiere a questo arduo compito. Però non volevo entrare nella tua vita all'improvviso sconvolgendola. Per questo ti ho scritto. So che hai il carattere di tua madre e non ami essere delusa. Anna non avrebbe mai voluto vederti triste, ma sapeva che per essere felici bisogna conoscere il dolore, come per amare la pace bisogna sapere che cosa sia la guerra."
All'udire il nome di sua madre Lisa sussultò. Sua madre voleva che lei avesse una persona alla quale chiedere aiuto quando si fosse trovata in difficoltà, perchè comprendeva bene cosa significasse non averla. Ma c'era suo padre...
"Tuo padre è un uomo fantastico"la donna sembrò leggerle il pensiero.
"Proprio per questo Anna non volle lasciarlo solo ad educare te e tuo fratello. Una responsabilità così grande non poteva interamente gravare sulle sue spalle: ne sarebbe rimasto schiacciato."
In quel momento da dietro la porta del salotto si affacciò il bambinetto che Lisa aveva incontrato davanti al casolare.
"L'ho pregato di avvertirmi quando sarebbe arrivata una ragazza alla scritta. Il mio 'lupetto' ha passato ore davanti alla finestra della cucina aspettandoti. Quando ti ha vista non ho potuto trattenerlo. - corso giù per le scale veloce come un levriero."
La donna sorrise candidamente al piccolo tendendogli le braccia nelle quali egli si tuffò gioioso.
"Io ti ringrazio"
Dalle labbra di Lisa uscirono queste parole provenienti dal profondo del suo cuore. Meravigliandosi lei stessa di averle pronunciate, abbassò lo sguardo e sentì calde lacrime scivolarle lungo le gote. Si accorse di non piangere per delusione o dolore, ma di gioia. Sua madre non le aveva nascosto nulla, ma le aveva, ancora una volta, mostrato la splendida donna che era stata. Pur non essendo lì con lei aveva comunque trovato il mezzo per aiutarla. In fondo Lisa avrebbe dovuto aspettarselo. Sua madre non si arrendeva mai. La morte, pur giunta, non l'aveva fermata. Le aveva promesso di non abbandonarla mai. E aveva mantenuto la promessa. Con orgoglio alzò il capo, fiera di assomigliarle.
La donna, visto il lampo di trionfo negli occhi della ragazza, si alzò in piedi e raggiunse una credenza alle sue spalle. Aprì un cassetto che emise un dolce cigolio ed estrasse un quaderno che le porse.
"Può sembrarti scontato che tua madre ti abbia lasciato qualcosa di lei. Questo è ciò che farebbe chiunque, ma è la sua presenza che troverai in queste pagine non quella di una persona comune". La donna guidò la mano di Lisa ad aprire il libro."Per una qualsiasi persona le parole qui dentro potrebbero essere scritte da chiunque. Tu sai che non è così perchè lì ritroverai chi credevi di aver perduto. Ritroverai la sua essenza: ciò che fa sì che una cosa sia quella e non un'altra. Se non mi credi leggi le frasi che sono qua dentro. Vedrai che sono le stesse impresse nel tuo cuore".
Lisa lesse, e lesse ancora per un tempo che parve infinito e interminabile. Poi comprese che tutto era stato detto. La sua visita alla donna sarebbe stata la prima di molte. Avrebbe voluto rimanere più tempo in quella casa, ma aveva bisogno di tornare da suo padre e suo fratello e anche da sua madre. Ora aveva capito che non se ne era mai andata.
"Devo andare, ma tornerò. Te lo prometto."
"Non è necessario che tu lo prometta. Quando sei entrata in questa casa sapevo già che saresti tornata."
Con un sorriso la ragazzina si incamminò verso la porta d'ingresso. La donna poggiò una mano sulla maniglia per ruotarla, ma Lisa si voltò improvvisamente.
"Come ti chiami?"
"Come te"
"Ne ero sicura"
Lisa scese silenziosamente le scale della palazzina dopo che ebbe salutato la donna e il bimbo. Stringendosi il libricino contro di sé raggiunse l'atrio e uscì in strada. In quell' istante un foglietto
scivolò dal quaderno e si fermò ai suoi piedi. Lo raccolse e lo guardò attentamente. Era una poesia scritta tempo prima in elegante calligrafia ormai ingiallita dal tempo.
 
"A voi piccoli fiori profumati sbocciati nel mio giardino
in una giornata di primavera!
Avete scosso per un attimo le fondamenta della mia anima,
poi l'avete resa più forte e generosa.
Voi avete riempito di gioia il mio cuore,
voi angeli discesi dal cielo ad allietare la vostra mamma.
Siete per me il respiro del cielo,
un angolo di paradiso,
nella mia aiuola dove, prima di voi, non vi erano fiori che tendevano
il loro stelo verso il sole!
Siete la luce di questo cuore a volte stanco,
siete la forza in questa vita che mi chiede tanto.
Grazie Dio per avermeli donati!"
Una goccia di acqua toccò il foglio appena ebbe finito di leggerlo e ,alzati gli occhi al cielo, vide che riiniziava a piovere. In quel momento nulla la trattenne. Si mise al centro della strada e alzò le braccia in alto come non faceva da troppo tempo. Percepì l'acqua che le bagnava i capelli, il viso, le labbra e nutrì la sua anima con essa, come un albero la cattura con i suoi rami.
Quasi le parve di udire la voce dolce, ma ferma, di sua madre che le sussurrava all'orecchio.
"Bimba mia ce l'hai fatta. Come da piccola trovavi sempre ciò che nascondevo dalle tue mani in cassetti segreti, ora tu hai scoperto la mia scritta. Cosa è stato più facile? "Scovare" questa stramba parola o nascondere la delusione di averne concluso la ricerca? - stato faticoso trovarla, ma credo di poter affermare con certezza che più difficile sarà accettare la fine del tuo lungo viaggio. No piccola, non sto parlando di un viaggio in treno o con un altro mezzo, ma del viaggio che hai compiuto dentro di te. Ti ho lasciato fragile ed insicura, come può esserlo chi comprende di lasciare il mondo roseo e ovattato di bambina per raggiungerne uno spigoloso e buio. Non dimenticare che il buio più terribile non è quello che ti circonda, ma quello che abita nel tuo cuore, e la luce più brillante non è quella che risplende fuori, ma quella che brilla nei tuoi occhi, l'unica che sale dal cuore. Ora, però, ti vedo forte e orgogliosa di ciò che sei, capace di affrontare la vita sulle tue gambe. Qualche volta, purtroppo, cadrai, ma la tua forza consisterà nel rialzarti, nonostante il dolore. Sono orgogliosa di te e Gabriele. Vorrei dirvi tante cose, ma mi rendo conto che la vita vi attende. Non voglio farla aspettare. Ho visto il futuro. - come il presente... solo più lungo. Perchè esso si attui devi lasciarti condurre dalla tua luce e fidarti del tuo istinto senza ascoltare che cosa dicono gli altri. E se è vero che il presente è il domani di cui ieri ci preoccupavamo io vi auguro di viverlo intensamente. Vorrei che ricordaste sempre che potrete fare ogni genere di errore, ma finché sarete generosi, sinceri e fieri, non potrete fare del male al mondo, né addolorarlo sul serio. Volevo che tu capissi cosa fosse l'amore, mia bambolina, e che per esso non vi è altra medicina se non amare di più."
 
Dopo tanto camminare Lisa tornò a casa. Vide suo padre e suo fratello che la aspettavano preoccupati in giardino. Appena la scorsero arrivare in fondo alla via le corsero incontro. Suo padre la abbracciò dicendole che non era più giovane e certi spaventi non giovavano al suo cuore, mentre Gabriele la guardò e con un sorriso le suggerì:
"Penso che sia il momento di cambiare quella camicia"
La vita è così... non altre parole potrebbero descriverla.


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 Ins. 30-11-2007