Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Maria Maddalena Monti
Con questo racconto ha vinto il secondo premio all'edizione 2007 del Premio La Montagna Valle Spluga.



DOMENICHINO


Domenichino si alzò, come al solito, all'alba; la casa era silenziosa. Scese le scale di legno,cercando di fare meno rumore possibile, ma un leggero scricchiolio lo accompagnò lo stesso. Non voleva svegliare Rosa e i bambini che ancora potevano dormire un poco. La cucina l'accolse con il tepore che vi era rimasto dalla sera precedente, ma subito si affrettò ad accendere il camino; la legna era già pronta e prese subito fuoco, crepitando allegramente. Si guardò intorno:quella stanza era il vedere tanti segni del passato:la zangola in un angolo, la culla sua e dei fratelli,che ora conteneva i lavori di cucito di Rosa;sulla mensola del camino c'erano,invece le fotografie dei nonni suoi e della moglie Segno della sollecitudine di Rosa erano i due giubbetti dei bambini sulla spalliera della sedia davanti al camino, perché potessero essere indossati caldi per andare a scuola. Ma ,guardando in giro, Domenichino sospirò:una tristezza infinita lo possedeva e non si dissolse neppure quando, sentendo il verso della Bianchina, si avviò verso la stalla per mungerla,accolto con sollievo dalla mucca, era quasi una persona di famiglia. Rientrando,gettò uno sguardo alla montagna di fronte ;le cime erano già spruzzate di neve, ma i pendii avevano le mille sfumature d'autunno. Le galline di Rosa chiedevano di essere liberate dal pollaio, chiocciando sempre più vivacemente; aprì la porticina e gettò loro il becchime: Intanto Gigi e Lisa,i suoi bambini già si erano seduti a tavola per fare colazione;Rosa li serviva e offrì anche a lui il caffè fumante. Si scambiarono uno sguardo, pieno di ansia e di preoccupazione;Intanto era arrivato il bus che avrebbe portato i bambini a scuola; uscirono subito, chiacchierando allegramente. Anche quello, pensò Domenichino, era un servizio, che fra poco sarebbe stato tolto....i bambini in paese erano sempre di meno. Usciti i bambini,Rosa e il marito si guardarono ancora più smarriti: la situazione era senza via d'uscita....
Ormai non avevano più soldi, neppure per la spesa quotidiana. Finora erano riusciti a vivere decentemente: il raccolto dei due appezzamenti che Domenichino coltivava, la legna del bosco,l'allevamento di caprette di cui si occupava Rosa,erano la base della loro economia domestica. Inoltre Domenichino era conosciuto in tutto il circondario per la sua abilità di artigiano. Veniva chiamato ovunque per tirare su un muro,riparare un attrezzo,lavorare il legno e il ferro,cose quest'ultime che sapeva fare con arte e maestria. Ma il paese come i dintorni, si andava via via spopolando:erano più le case disabitate che quelle aperte...anche Rosa aveva contribuito finora al bilancio domestico;abile sarta era ricercata per la sua precisione e fantasia nel paese e in quelli vicini;si recava poi,ogni settimana,a ritirare presso alcuni negozi di abbigliamento della cittadina vicina,capi da riparare,da accorciare,da sistemare. Ma la crisi ,dovuta allo spopolamento della valle,si era fatta sentire anche lì,il lavoro era via via diminuito fino a cessare del tutto. Per completare l'opera,l'ultima nevicata aveva fatto cadere parte del tetto della stalla;Domenichino non aveva l'attrezzatura necessaria per ripararlo: era stato indispensabile chiamare un'impresa,avevano dovuto contrarre un debito con la banca...finora le rate erano state pagate,ma adesso non sapevano più come fare. Ormai era deciso:Domenichino sarebbe sceso nella grande città in cerca di lavoro. La sera insieme a Rosa comunicò la decisione ai figli,che non dissero nulla,ma andarono fuori a giocare per non fare vedere le loro lacrime. Al mattino presto,Domenichino prese la corriera per la cittadina vicina,da dove partiva il treno per la grande città. Dal finestrino guardava scorrere il paesaggio:i suoi monti erano ormai una linea lontana all'orizzonte,mentre già si profilava la periferia disordinata. Domenichino era abbastanza sereno;per una settimana circa avrebbe dormito da un cugino che poteva ospitarlo solamente sino al ritorno del figlio dall'università. Poi sicuramente avrebbe trovato un lavoro. Fu accorto calorosamente dai parenti,ma capì subito,dalle dimensioni dell'abitazione,che avrebbe al più presto dovuto cercarsi un'altra sistemazione. Dopo tre giorni era in una pensioncina di fronte alla stazione e ancora stava cercando lavoro. Sembrava che a nessuno interessassero le sue abilità. Alla fine,si decise,visto che i soldi si volatilizzavano,ad accettare un lavoro temporaneo ai mercati generali. Scaricava,all'alba,grandi casse di frutta e verdura nell'area umida e piena di smog...ma,alla fine,anche quel lavoro finì come i suoi pochi risparmi. Domenichino non sapeva più cosa fare:aveva lasciato domande ovunque,appeso avvisi a tante portinerie,ma non succedeva nulla. A casa,diceva sempre che tutto andava per il meglio,per non angustiare Rosa,già sola e in difficoltà. Ormai era autunno inoltrato,un autunno ben diverso,nella grande città,da quello dei suoi monti. Gli alberi dei parchi avevano anch'essi i bei colori autunnali,ma la nebbia fitta e mista a smog rendeva l'aria irrespirabile e il freddo penetrava nelle ossa. Ma il suo problema era un altro...non aveva più denaro,neppure quello necessario per passare un'altra notte alla pensione. Camminava senza meta,con il bagaglio in mano,pensando tristemente che avrebbe dovuto passare quella notte all'aperto o all'albergo dei poveri. Ad un tratto alzò gli occhi:si trovava in una stradina stretta,circondata da alberi,sembrava una via di paese. A destra si scorgevano al di là di un alto muro le fronde variopinte degli olmi e il verde dei pini. Si fermò meravigliato:quello era un vero grande parco che circondava una villa,di cui si scorgeva il tetto di tegole rosse. Sospirò,pronto a proseguire,quando alla sua destra,scorse un portoncino aperto,che immetteva ad un capanno per gli attrezzi. Spinto dalla stanchezza e,comportandosi non certamente con la discrezione che gli era abituale,entrò;il capanno era aperto:in mezzo ad una accozzaglia di strumenti di lavoro e di vecchi oggetti,c'era una stuoia. Domenichino vi si stese per riposarsi un poco prima di riprendere il cammino e,vinto della stanchezza si addormentò. Si svegliò all'alba,sentendo latrare dei cani, sembravano incattiviti e alla porta del capanno,che ora era chiusa. Domenichino si alzò,scosse la polvere dei vestiti, pronto ad andarsene al più presto, quando il suo sguardo cadde su un vecchio ferro da stiro a carbonella,di quelli che usava sua nonna,era tutto traforato ai lati e sul manico aveva delle iniziali... Un bel vecchio esemplare,prodotto da qualche bravo artigiano,peccato che fosse arrugginito e sbilenco;lo prese in mano per guardarlo meglio. Intanto i latrati dei cani si facevano più vicini...la porta del capanno si spalancò e apparve un uomo,probabilmente il giardiniere,accompagnato da una donna dai corti capelli grigi che,a stento,tratteneva due Labrador,che volevano avventarsi sull'intruso. Allo stupore iniziale, seguì uno stringato interrogatorio da parte della signora, che si rivolgeva, indignata al giardiniere e insospettita verso Domenichino, che tremava come una foglia; sapeva di non avere nessuna giustificazione. La signora ora guardava con interesse il ferro da stiro, che Domenichino teneva fra le mani. Quello sguardo accusatore suscito nell'uomo un guizzo improvviso di coraggio. Iniziò con foga a raccontare la sua storia... la nostalgia per i suoi monti, per la sua casa la sua abilità di artigiano, i vari tentativi per trovare lavoro...
Con stupore del giardiniere, che la conosceva, inflessibile e severa la donna sembrò credergli, e, alla fine lo invitò a seguirla nello studio, situato al pianterreno della villa. Lo fece attendere, telefonò, forse chiede informazioni e poi riapparve per comunicare con un certo distacco che Domenichino avrebbe potuto lavorare come aiuto giardiniere e alloggiare nelle due stanze situate sopra il garage; aggiunse poi, con un sorriso ironico che avrebbe potuto disporre di tutto il ciarpame contenuto nel capanno e farne ciò che voleva. Non solo, ma incaricò l'Amministratore di dare a Domenichino, vedendolo così malmesso un anticipo in denaro. Domenichino non poteva essere più felice e si affretto a comunicare la notizia alla moglie. Nei giorni seguenti lavorò con lo scrupolo e la precisione che gli erano abituali, questo di giorno, ma, alla sera si dedicava con passione a restaurare ad uno ad uno gli oggetti che aveva trovato nel capanno. Non solamente il ferro da stiro era divenuto una splendida fioriera, ma aveva restituito il primitivo splendore ad una culla di legno e aveva fatto riacquistare i colori originai ad un ritratto di bimbo ignoto dell'ottocento. Ogni tanto contemplava i suoi tesori ed era incerto se mostrare il frutto del suo lavoro alla sua benefattrice. Un giorno si decise e, vedendola passare, l'invitò ad entrare nel capanno. Quella si stupì piacevolmente e non poté fare a meno di elogiare la su bravura,m anzi gli propose di allestire una piccola mostra, affinché anche le sue amiche potessero ammirare quei piccoli capolavori. Da allora non ebbe più pace: tutte le Signore portavano oggetti vecchi o antichi da sistemare o restaurare. Fu la stessa proprietaria che ad un certo punto lo dispensò dal lavoro di giardiniere perché potesse dedicarsi completamente a quello di restauratore, gli lasciò anche l'uso del capanno, riservandosi il privilegio di essere la sua prima e più importante committente. Nel giro di un anno l'abile artigiano riuscì ad aprire una bottega tutta sua, fece venire in città la famiglia e si conquistò una discreta agiatezza.
Aveva presso di se anche alcuni lavoranti, ai quali, con maestria e passione, insegnava la sua arte.
Anche i figli una volta cresciuti scelsero delle professioni, che in qualche modo, ricalcavano le orme paterne.
Lisa divenne un'abile pittrice ceramista, il maschio, affascinato dal mondo antico, un valente archeologo che si stava facendo una certa fama nell'ambiente degli studiosi.
Domenichino e Rosa invecchiavano serenamente uniti e allietati dalla presenza di figli e nipoti. Ma una fredda mattina d'inverno, Domenichino trovò Rosa accanto a se addormentata per sempre.
La sua vita non fu più la stessa, si faceva, in lui, sempre più acuta la nostalgia dei suoi monti, dell'aria pura di quei luoghi, dei colori del suo paese. Dopo qualche tempo, comunicò ai figli che aveva preso la decisione di tornare lassù, in montagna.
Essi, all'inizio si opposero, ma quando videro che il padre era irremovibile si rassegnarono; presero contatto con una cugina, che, rimasta vedova con una bimba, si trovava in ristrettezze perché si prendesse cura di lui e della casa. Domenichino però aveva un piano; si era sempre sentito come un traditore nei confronti della sua gente, aveva profuso abilità ed impegno per tutta la vita attiva in un altro luogo ed il suo paese si era sempre più spopolato ed era divenuto ancor più povero. Decise allora che avrebbe trasformato il fienile e la stalla in un laboratorio e avrebbe insegnato la sua arte ai giovani della vallata che avessero dimostrato desiderio di imparare. Espose il suo programma non solamente ai figli, che, dopo qualche tentennamento l'approvarono, ma anche al Sindaco, ai politici e ai notabili della zona.
Ottenne aiuti e finanziamenti e l'idea divenne realtà. Ormai una decina di giovani lavoravano con lui, una mostra di lavori aveva riscosso grande successo ed il paesino era divenuto meta di comitive che visitavano l'esposizione permanente dei vecchi oggetti recuperati e dei nuovi rifatti sugli antichi modelli. La valle era finalmente viva, animata ed operosa. In particolare un ragazzo, Luigi, detto il Luis, aveva preso da Domenichino tutto ciò che era necessario per dirigere l'attività.
Il vecchio era in pace con se stesso e alla sera, sfogliando i ricordi, intesseva lunghe conversazioni con Rosa: voleva andare con lei, là dove si stava in pace. Era la notte di Natale, il giorno dopo sarebbero arrivati i suoi figli con le loro famiglie. Domenichino guardava seduto accanto al camino le vecchie fotografie di famiglia e, come al solito conversava con la moglie, come se l'avesse accanto. Gli sembrò di vederla e si accasciò sulla poltrona. Lo trovarono così, sereno, con un'espressione giovanile sul volto. Per gli altri, quello fu un triste Natale, ma per Domenichino forse fu la festa più grande.



 Clicca qui per leggere la classifica del
Premio La Montagna Valle Spluga 2007

Torna alla sua
Home Page

PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it
Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella Email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori - Cas. Post. 68 - 20077 MELEGNANO (MI)» inserendola in una busta già affrancata. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2007 Il club degli autori, Maria Maddalena Monti
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 
IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
 Ins. 28-11-2007