Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Marco Scarponi
Con questo racconto ha vinto il settimo premio all'edizione 2008 del Premio Il Club dei Poeti.



«La valigia di Nietzsche»

Capitolo I

Solo pochi istanti lo allontanavano dal suo ultimo viaggio. Solo pochi istanti e tutto, per lui, sarebbe finito. Ma, in realtà, tutto sarebbe ricominciato.
Solo pochi istanti e sarebbe iniziato quell'ultimo viaggio. Lui non lo avrebbe mai chiamato così.
Per lui non c'era un'altra vita, non c'era né paradiso né inferno, non c'era né angelo né demone, non c'era nessun Dio. Nella sua vita, Friedrich Nietzsche non aveva mai creduto in quel Dio che l'occidente osannava, non aveva mai creduto in quel cristianesimo di cui la sua cultura si nutriva, non aveva mai creduto in quel Dio che per lui era "morto".
E adesso Nietzsche stava lì, su quel letto e pensava; pensava a tutte quelle opere che doveva ancora scrivere ma che non avrebbe mai trovato il tempo di fare. Pensava a tutte quelle righe, a tutte quelle parole che erano nella sua mente, nei suoi occhi.
Pensava a tutte quelle pagine che doveva colmare, che doveva riempire, che doveva creare e dove gettare tutta la sua passione, tutta la sua rabbia, tutta la sua indignazione, tutta la sua collera contro tutto ciò che lui odiava. Pensava a tutte le persone che avrebbe ancora dovuto convincere, a tutte le coscienze che avrebbe dovuto scuotere e a tutti gli uomini che avrebbe ancora dovuto salvare da quella che lui chiamava la morale cristiana, da quel nemico, da quel tiranno che per lui opprimeva l'uomo, l'umanità tutta.
Non avrebbe avuto il tempo di farlo. Avrebbe avuto solo il tempo di stare sdraiato su quel letto e pensare e pensare e pensare. Poi arrivò il momento, il volto si chinò e Nietzsche smise di pensare.
Dopo un istante, la sua anima si staccò dal corpo e allora capì che doveva abbandonare quel mondo e doveva abbandonare quei pensieri, ormai tutto questo non faceva più parte di lui. Nietzsche capì che doveva viaggiare, lo aspettava un altro mondo.
Tuttavia quando bisogna affrontare un viaggio la prima cosa che si fa è preparare la valigia. Nietzsche decise di mettere in quella valigia la cosa che più di ogni altro lo aveva distinto dal precedente viaggio: i suoi principi. Allora prese la valigia, nera e grande, la mise sul tavolo, la aprì e iniziò.
Alla fine in quella valigia andarono sette cose:
il divenire, ovvero l'elemento primario della realtà, l'eterno ritorno, ovvero il rinnovamento che eternamente ritorna, il superuomo, ovvero nuovo e libero, la volontà di potenza, ovvero la capacità di rinnovare le cose, l'innocenza, ovvero altro dal male, la trasmutazione, ovvero la capacità di rinnovare la morale, il dionisiaco, ovvero l'istinto e la passione. Infine, come a sigillo, Nietzsche dopo aver chiuso la valigia mise una targhetta con su scritto:«Dio è morto. Questa ne è la prova».
Una volta concluso tutto ciò, Nietzsche chiuse gli occhi, alzò la testa e attese.
Dopo qualche istante si sentì sollevare; non capiva cosa stava succedendo, non capiva come, non capiva perché, sentiva che solo stava per lasciare quel mondo per trovarne un altro. Stava per lasciare un mondo che aveva sempre voluto cambiare e stava per trovarne uno che, forse, avrebbe cambiato lui. E iniziò a salire, sempre con la valigia stretta nella mano. Dopo un tempo che non riusciva a calcolare, arrivò. Aprì gli occhi e vide qualcosa che non riusciva a capire: vide un luogo bianco, totalmente bianco, infinitamente bianco e dentro di sé sentiva quasi una serenità, che non aveva mai sentito prima.
Ad un tratto sentì una voce: «Friedrich»
Allora Nietzsche, dopo aver indugiato per un istante disse: «Sono io, ma tu chi sei?».
E La voce rispose:«Ma come, non mi riconosci?».
E lui: «No, chi sei?»,
La voce: «Hai cercato di negarmi e condannarmi tante di quelle volte...».
E lui: «Chi saresti: la vecchia morale?».
La voce: «Più o meno!»
E Nietzsche: «Se vogliamo giocare ancora ho bisogno di qualche aiutino...».
La voce: «E il folle uomo disse: Dio è morto».
E Nietzsche: «Sei il folle uomo?».
La voce: «A dire la verità, sono stato uomo e, dissero anche che ero folle. Poi mi hanno ucciso, mi hanno sepolto e dopo tre giorni sono resuscitato. Ti ricorda qualcosa?».
E Nietzsche: «Oh mio Dio...».
La voce: «Esatto».
Nietzsche restò in silenzio. Poi guardò verso l'alto, alzò la testa, rimase immobile e continuò nel suo silenzio. Continuava a guardare in alto, continuava a fissare quella voce, continuava a non pronunciare parole. Poi improvvisamente interruppe quel silenzio: «L'hai detto tu stesso: io ti ho negato, ti ho condannato... ho vissuto tutta la mia vita cercando di combattere i tuoi principi. E tu, invece di gettarmi nelle fiamme dell'inferno, mi fai salire in cielo. Perché?».
La voce: «Come dice il proverbio? Sbagliare è umano, perdonare è divino!».
E Nietzsche: «Mmh, già. Ma perché mi hai portato in Paradiso, non sono stato sicuramente né un buon cristiano, né tanto meno un santo».
La voce: «Su questo non c'è dubbio! E comunque, non ti ho mai detto che questo è il Paradiso».
E Nietzsche: «E allora dove sono?».
La voce: «Sei nell'anticamera del Paradiso, è una specie di portone d'entrata.
Non posso ancora farti entrare».
E Nietzsche: «E allora perché sono qui?».
La voce: «Voglio che tu apra quella valigia, voglio vederne il contenuto».
Nietzsche poggia la valigia a terra e la apre. Dopo alcuni istanti di silenzio, si ode ancora la voce parlare: «Io vedo sette cose e mi appaiono tutte belle. Quello che non capisco è la targhetta sulla valigia. Perché tutto questo dovrebbe dimostrare la mia morte?».
E Nietzsche: «Il divenire delle cose dimostra che nulla è statico e fisso, ma tutto muta, appunto diviene. Il divenire è il carattere principale della realtà. Mentre tu hai sempre cercato di mortificare la realtà e di irrigidire l'essere».
La voce: «Io ho creato la vita, ho creato l'uomo, ho creato l'essere e ho visto sviluppare tutto. L'ho visto evolversi, crescere, rinnovarsi, cambiare e non l'ho mai fermato.
Io ho creato la vita e la vita è divenire.
Ho visto l'uomo rinnovarsi e crescere e mi sono compiaciuto di questo».
Nietzsche abbassò la testa, stette in silenzio e poi ricominciò: «L'eterno ritorno dimostra che il rinnovamento delle cose non termina mai, non ha mai fine. È una rigenerazione continua, per l'appunto eterna. Mentre tu hai sempre negato questo eterno ritorno».
La voce: «Ogni mia creatura non ha mai smesso di rigenerarsi, crescere e cambiare ed è l'amore che io ho profuso in esse che ha permesso tutto ciò».
Nietzsche abbassò la testa, stette in silenzio e poi ricominciò: «Il superuomo è l'uomo che vive al di là dei limiti morali, al di là dei vecchi valori, al di là della "morale del gregge". È l'uomo libero. Mentre tu hai sempre negato la libertà agli uomini».
La voce «Io ho sacrificato in croce mio Figlio affinché gli uomini potessero essere liberi».
Nietzsche stette in silenzio, abbassò la testa e poi ricominciò: «La volontà di potenza è la volontà di rinnovare la realtà, di mutare i vecchi valori, è la capacità di imprimere alla cose un nuovo essere, una nuova immagine, è la volontà di rinnovare i vecchi valori. Mentre tu hai sempre negato agli uomini il diritto di rinnovare i vecchi valori».
La voce: «Il Vecchio Testamento ha lasciato spazio al Nuovo Testamento, i Dieci Comandamenti sono diventati solo Due... vuoi che vada avanti?!». Nietzsche stette in silenzio, abbassò la testa e poi ricominciò: «L'innocenza è l'essere altro dal male, è l'assenza di male, è lo stato di candore e purezza di ogni uomo che non accetta i vecchi valori contaminati dal male».
La voce: «Mio Figlio era Innocente, incontaminato dal male, candido come un agnello e per non rinunciare a questa innocenza, si è immolato sulla croce».
Nietzsche stette in silenzio, abbassò la testa e poi ricominciò. «La trasmutazione è il rinnovamento della vecchia morale ma tu non hai mai voluto questo rinnovamento».
La voce: «Ti ricorda niente la frase: "ipocriti, sepolcri imbiancati?" Mi pare che stia scritta nella Bibbia...».
Nietzsche stette in silenzio, abbassò la testa e poi ricominciò. «Il dionisiaco è sfera degli istinti e delle passioni, è la capacità di andare oltre la razionalità e riscoprire l'irrazionale che è dentro ogni uomo».
La voce: «Io ho sempre detto che l'Amore cristiano non conosce razionalità e logica, l'istinto ad amare il prossimo è quanto di più cristiano e meraviglioso vi sia».
Nietzsche questa volta alzò la testa, cadde in ginocchio e scoppiò a piangere.
Dopo un po' Dio si rivolse a lui dicendo: «Perché piangi?».
E Nietzsche: «Io ho speso tutta la mia vita a negarti, a condannarti, a proclamare la tua morte e tutto questo perché? Perché credevo che Tu e il Cristianesimo foste quanto di più lontano vi sia dall'uomo, dal suo bisogno di libertà, dal suo bisogno di vita e invece...».
La voce: «...e invece?».
E Nietzsche: «E invece sono stato solo uno stupido. Perché non ho capito che solo in Dio l'uomo può trovare queste cose. Perdonami».
La voce: «Amare significa anche perdonare. Io amo tutti i miei figli. Anche quelli cocciuti come te! Ti perdono».
Nietzsche: «Allora non andrò all'inferno?».
La voce: «No».
Nietzsche: «Allora andrò in paradiso?».
La voce: «Ora non esageriamo. Per guadagnarti la salvezza eterna devi fare qualcosa».
Nietzsche: «Cosa?».
La voce: «Devi scendere sulla terra. E devi cercare di porre rimedio a qualche danno che hai combinato, a qualche errore che hai commesso. Diciamo che devi, cercare di convincere alcune persone, persuaderle, convertirle. In un certo senso sarai una specie di... di profeta».
Nietzsche: «Chi mio Signore, chi?».
La voce: «Tre persone: Chi è cristiano e non lo sa, Chi alla società la Chiesa aprendo sta, Chi di comprendere bisogno ha».
Nietzsche: «Non capisco mio Signore».
La voce: «Non temere, a tempo debito, capirai». Improvvisamente Nietzsche iniziò a sentire un lieve torpore, si addormentò, perse i sensi e si accasciò a terra.



Capitolo II


Quando si svegliò, non capì dove fosse. Era una in una stanza buia, silenziosa, quasi triste.
Da lontano sentiva appena qualche parola, in sottofondo.
Non riusciva a capirne il significato o il senso ma intuì che era la sua lingua. Si trovava in Germania.
Iniziò a camminare, a muoversi, a cercare di capire dove si trovava.
Allora vide un tavolo, c'erano dei libri sopra, forse parlavano di storia o economia. Non riusciva a capire bene e cercò di prenderli, di afferrarli ma non ci riuscì.
Ci riprovò, tutto inutile. Capì che il suo corpo non era più materiale, carnale ma solo spirituale.
Non sapeva se le altre persone potessero vederlo o sentirlo. Allora si sedette sul suolo e attese. Che cosa o chi non lo sapeva neanche lui.
All'improvviso sentì la porta aprirsi e apparve un uomo. Aveva la barba, l'aria severa, dura ma non sembrava cattivo. Quando lo vide gli disse: «Tu chi sei, che ci fai a casa mia, come hai fatto ad entrare?».
Nietzsche rispose: «È una lunga storia e anche se te la raccontassi, dubito che ci crederesti».
Ma l'uomo prese un bastone e, con aria ancora più severa, disse: «O te ne vai all'istante o te lo do sulla testa».
Nietzsche lo guardò per un momento e poi capì. E disse: «Ma tu, tu sei... sei Karl, Karl Marx».
Rispose: «Sì sono io. Come fai a conoscermi?».
E Nietzsche: «Ai miei tempi eri famoso, hai creato una specie di ideologia».
E l'uomo: «Ai tuoi tempi, ma che stai farneticando?». E Nietzsche: «Lascia stare, ci vorrebbe troppo a spiegarlo. Piuttosto ascoltami. Io ho letto gran parte delle tue opere, ho letto molto di quello che hai scritto. E so cosa pensi sulla Chiesa e su Dio».
L'uomo lo interruppe: «Ho capito, sei un prete: adesso il bastone in testa te lo do sul serio!».
E Nietzsche: «Non sono un prete. Ti prego lasciami parlare, ascoltami. Io so che consideri la religione "l'oppio dei popoli" e la Chiesa una sorta di "sovrastruttura", e in un certo senso ero d'accordo con te...».
E l'uomo: «Ah, sei un compagno!».
E Nietzsche: «Non sono un compagno. Vuoi ascoltarmi».
E l'uomo: «Allora sei uno sporco capitalista!».
E Nietzsche: «Non sono capitalista».
E l'uomo: «E allora cosa sei?».
Nietzsche stette un attimo in silenzio e poi disse: «Sono soltanto un uomo che nella sua vita ha sbagliato molte cose».
Marx lo guardò e gli disse: «Perché?».
Nietzsche: «Ho negato la Verità. Ho passato la mia intera esistenza a negarla. Sono stato uno stupido».
L'uomo: «Cosa hai negato, cosa?».
Nietzsche: «Dio».
L'uomo: «Ma Dio non esiste, l'intero cristianesimo non è altro che un sistema ideato dal clero per soggiogare le persone. Il cristianesimo serve solo a legittimare le forme di potere. È il comunismo la vera liberazione dell'uomo».
Nietzsche: «No, ascoltami. In realtà quello che tu chiami comunismo, non è tanto differente dal cristianesimo. Lottare a fianco dei proletari non è tanto differente dal lottare a fianco dei poveri. Credere in una società senza classi non è tanto differente dal credere nel regno dei cieli. Il comunismo è solo un cristianesimo immaturo».
L'uomo: «Cosa vorresti dire?».
Nietzsche: «Che sei molto più cristiano tu di tanti preti».
L'uomo: «Stai vaneggiando».
Nietzsche: «Sei tu che combatti il nemico sbagliato, o forse combatti il nemico giusto ma con le armi sbagliate».
L'uomo: «Ma che stai dicendo?».
Nietzsche: «Quello che voglio dire è che non puoi realizzare un mondo giusto attraverso una lotta armata, una rivoluzione. Non puoi legittimare la violenza in nome di un mondo migliore. Non puoi invocare la giustizia sociale e poi distruggere in maniera brutale i sistemi economici che ritieni ingiusti».
L'uomo: «E allora sentiamo, come li risolveresti i problemi?».
Nietzsche: »Col dialogo».
Marx non rispose. Dopo qualche attimo abbassò gli occhi e si ammutolì. Poi iniziò a girare per la stanza... andava avanti e indietro, avanti e indietro... Poi guardò Nietzsche in volto, attese qualche istante e iniziò: «Io non posso cambiare il mondo col dialogo. Il capitalismo non si sconfigge col dialogo. Le disuguaglianze non si superano col dialogo. Ci vuole qualcosa d'altro».
E Nietzsche: «Il Figlio di Dio non ha usato la rivoluzione armata per...».
E Marx: «Dio? Lascia che ti dica un paio di cose su Dio.
Il Dio della Chiesa, il Dio dei santi, il Dio della morale...
A Dio non interessa nulla degli uomini e dei problemi di questa terra. A Dio piace guardare, è un guardone giocherellone. Ma non gli importa nulla di questa terra e di questa società e dei suoi problemi. E sai perché? Perché è un padrone assenteista, un moralista, un sadico. E mentre noi quaggiù anneghiamo nel caos, lui sai che fa? Se la ride».
E Nietzsche: «Smettila, non sai quello che stai dicendo. Dio ama i suoi figli più di ogni altra cosa. E ama anche te. E ti ama anche adesso che stai delirando».
Marx: «Se Dio ci ama tanto, per quale motivo la Chiesa fa di tutto tranne che aiutare veramente tutti gli sfruttati, gli emarginati, i deboli...? Perché?».
Nietzsche: «La Chiesa è fatta da uomini e gli uomini in quanto tali sbagliano. Dio ha tracciato la Via ma spesso la Chiesa questa Via non la vede. Marx rimase a guardarlo. Pensava alle sue parole. Pensava al loro significato».
Poi, dopo qualche secondo si sedette. Fece un sospiro e ricominciò: «Se quello che hai detto è vero allora il vero nemico del popolo, del proletariato chi è?».
Nietzsche: «Non sono la Chiesa o la religione in quanto tali ma l'uso sbagliato che gli uomini fanno di esse. Non è un sistema economico in quanto tale ma l'utilizzo distorto che si fa di questo. Se il capitalismo produce ingiustizie e la religione le legittima il nostro compito non è quello di incolpare Dio e pretendere di risolvere tutto con l'uso violento della rivoluzione. Semmai dobbiamo cercare di correggerli, di aprirgli gli occhi e soprattutto di capire».
Marx: «Capire cosa?».
Nietzsche: «Che tu e Dio non la pensate poi tanto diversamente. Marx restò impietrito. Sembrava sconvolto. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Allora abbassò la testa e rimase così minuti e minuti».
Poi si fece coraggio e alzò la testa e ricominciò:
«Il capitalismo e tutte le sovrastrutture che lo legittimano, non fa altro che produrre un sistema dove i pochi sfruttano i molti, dove i mezzi di produzione sono in mano a sette padroni che schiavizzano settemila proletari, dove i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
E la chiesa non ha mai fatto nulla per fermare questo sistema. Né tanto meno il tuo dio. I capitalisti hanno in mano tutti i mezzi di produzione e gestiscono le forze produttive. Il prodotto che ne scaturisce appartiene a loro e non a chi lo produce realmente, quello per loro è solo uno strumento. Quel prodotto viene rivenduto a un prezzo più alto rispetto a quello col quale è stato prodotto. Questo genera un plus-valore che chiaramente va nelle mani dei padroni. Questo denaro viene reinvestito per creare altra merce, la quale crea altro denaro e così all'infinito.
È questo il meccanismo infernale della borghesia che attanaglia ogni popolo. Cosa hanno fatto i tuoi amici preti per fermarlo? Nulla».
E Nietzsche: «Perché, te questo meccanismo come vorresti fermarlo?».
Marx: «Con la lotta di classe. Il proletariato di tutto il mondo deve unirsi e combattere contro la classe sfruttatrice. Solo così la storia troverà la soluzione al suo enigma».
E Nietzsche: «Tu hai ragione nel voler liberare le persone dal loro stato di prigionia e sottomissione ma non puoi farlo con la lotta di classe la rivoluzione e la violenza, non puoi».
Marx: «Scommetto che dovrei cambiarlo con dialogo, vero? Peccato che sia un po'... debole come mezzo».
Nietzsche: «Debole? Già. Anche tu sei affascinato dalla potenza, dalla forza, dalla libertà... Anche io lo ero, anch'io parlavo di cose come "volontà di potenza", "superuomo"... anch'io ne ero affascinato, anch'io pensavo che con la potenza e con la forza si potesse liberare il mondo. Mi sbagliavo. Così si peggiorano solo le cose. Cerca di capirlo anche tu, ti prego...».
Marx stette in silenzio, abbassò la testa, stette fermo, immobile, iniziò a pensare, a pensare... poi alzò la testa ma... davanti a lui non c'era più nessuno. Quell'uomo era scomparso. Marx allora si sdraiò su letto e stette in silenzio.



Capitolo III


Nietzsche si ritrovò, senza capire neanche lui il perché o il come, in un altro luogo, forse in un altro tempo. L'unica cosa che capiva era questa: aveva fatto ciò che doveva fare. Ma non era finita.
Si trovava in stanza enorme, bella, sfarzosa, piena di luce. Allora decise di affacciarsi alla finestra e così fece. Si trovava a Roma. Ma non capiva di preciso dove e che gli sarebbe apparso. I suoi dubbi furono presto fugati: dalla porta apparì un uomo che di Roma era il simbolo stesso.
Nietzsche guardò quell'uomo vestito di bianco con grande dolcezza, una dolcezza che qualche tempo innanzi non avrebbe avuto, e le prime parole che pronunciò furono queste: «Santità».
Nietzsche aveva avanti a sé quel Papa che rappresentava, per sua stessa natura ed officio, quel cristianesimo che lo aveva sempre indignato.
Il Papa, che al mondo era noto come Leone XIII, lo guardò e gli disse: «Se posso aiutarti in qualche cosa, dimmi, ti ascolto».
Nietzsche: «Io devo chiedervi perdono. Ho sbagliato. Perdonatemi».
Il Papa: «Cosa hai sbagliato, in cosa devi fare ammenda, dove hai mancato?».
Nietzsche: «Io ho gettato al vento la mia vita».
Il Papa: «Perché dici questo figlio mio?».
Nietzsche: «Per tutta la mia vita non ho fatto altro che condannare il Cristianesimo, la Chiesa, i Valori morali, Dio stesso. Ho aizzato tutta la mia ira contro tutto ciò. Per questo chiedo perdono Santità. Vi prego perdonatemi».
Il Papa: «Il tuo cuore pare sincero, le tue parole anche. Sembri veramente pentito. Dio ascolta sempre le parole che sgorgano da un animo sincero. Ma una cosa non capisco: perché durante la tua vita hai intrapreso sì malvagio sentiero?».
Nietzsche: «Io non capivo. Non capivo chi fosse Dio. Non capivo il suo operato. Non capivo i suoi fini. Non lo capivo».
Il Papa: «Sai, a volte neanche la Chiesa lo ha capito. E quando non si comprende la volontà di Dio, si commettono tanti errori. La Chiesa ha sbagliato su tante cose, tante. Spesso ha tradito i propri ideali, i propri principi. E forse l'errore più grande che ha commesso è quello di chiudersi di fronte alla società, di chiudersi di fronte ai bisogni dei figli, dei nostri fratelli. Per troppo, troppo tempo tutto il clero ha fatto finta che il mondo non cambiasse. E per troppo tempo ha fatto finta di non vedere, di non vedere ingiustizie, tanti problemi; spesso creati proprio dalla Chiesa stessa.
Tuttavia figliuolo, è giunto il momento che la Chiesa si apra alla società, alla modernità, alla storia e si apra all'uomo. In fondo è questo che Dio ha sempre voluto. Io devo aiutare questo cambiamento, devo sorreggerlo, devo dargli respiro, devo fare tutto questo. Devo aiutare il mio gregge, ogni pastore dovrebbe farlo».
Nietzsche: «E in che modo si aprirà?».
Il Papa: «Credo che il rinnovamento della Chiesa passi inevitabilmente per i problemi sociali. Noi dobbiamo capire la società e la sua struttura e i suoi problemi. Aristotele diceva che l'uomo è un "animale sociale. La Chiesa deve aiutare i suoi figli a vivere in questa società. È nostro compito creare un mondo costruito su valori cristiani, una società costruita sui valori cristiani e anche un lavoro costruito su valori cristiani. Io farò tutto ciò che posso affinché ciò avvenga.
Soprattutto il lavoro, è il lavoro il fulcro della comunione tra i cristiani, il centro della società che vuole pace e concordia.
Io voglio costruire una società che si sviluppi e cresca nel cammino dei veri valori. E questi valori trovano compimento nel lavoro, nell'attività umana, nel sacrificio di ogni uomo che suda per portare a casa una pezzo di pane. Il lavoro dovrà reggersi sui valori della collaborazione, della partecipazione, del rispetto reciproco, della misericordia e soprattutto dovrà mettere l'uomo al centro di tutto e non il denaro. Solo l'uomo, con il suo lavoro e la sua amore può arrivare a Dio. Il denaro può solo allontanare da questa strada. Il denaro seduce l'uomo, lo corrompe, lo altera e inevitabilmente lo getta nelle fiamme dell'odio.
Il denaro fomenta l'egoismo, fomenta l'invidia, la gelosia, la brama e la cupidigia. Il denaro attrae l'uomo con le sue lusinghe verso falsi ideali di felicità e appagamento. Il denaro arma l'uomo contro i suoi fratelli, accresce l'odio e accresce la brama di potere.
E in nome del potere l'uomo fa ogni cosa. La chiesa deve salvare la società da questa maledizione o la società crollerà su se stessa. La chiesa deve educare l'uomo nel giusto sentiero, il sentiero dell'Amore La chiesa deve aprire gli occhi degli uomini agendo sulla società umana e sul lavoro umano. Un lavoro che non guardi al denaro ma all'Amore».
Nietzsche: «Anch'io volevo creare una società migliore, un'umanità migliore, ma lo facevo nel modo sbagliato e l'ho capito troppo tardi. Io volevo creare una società dove i valori fossero quelli di forza, di fierezza, di potenza, di libertà incondizionata, assoluta. Volevo spazzare via i vecchi valori cristiani e tutto ciò che intralciasse questo progetto. Volevo combattere il male, quello che pensavo fosse il male. Ma il male ha sedotto me. E io mi sono lasciato sedurre. Mi sono eretto al di sopra della morale, al di sopra del bene e del male, al di sopra di Dio stesso. Forse volevo essere io quel Dio che ho sempre condannato e che non ho mai capito. Questo è stato il mio errore. L'ho capito troppo tardi, troppo e se verrò condannato non avrò il diritto di versare neanche una sola lacrima».
Il Papa: «Tutti commettiamo degli errori, ciò che è importante è pentirsi e se possibile riparare».
Nietzsche: «Il problema Padre, è che mi sono pentito tardi, troppo tardi».
Il Papa: «Non è mai troppo tardi figliuolo. Il Signore ci capisce, ci comprende e ci perdona. Sono sicuro che avrà perdonato anche te».
Nietzsche: «Lo spero, lo spero tanto. Un'ultima cosa devo chiedervi Padre».
Il Papa: «Ti ascolto».
Nietzsche: «Perché gli uomini sbagliano? Perché si allontano tanto dalla verità? Perché quando pensano di avere trovato tutte le risposte capiscono quello è il momento che sono più lontani dalla verità? Perché accade tutto questo? Perché?».
Il Papa: «Tutte queste domande hanno una sola risposta: l'uomo sbaglia nel momento in cui si allontana da Dio. È Dio che ha le risposte, è Dio che ci mostra il cammino da seguire, è Dio ci mostra la Verità. Quando un uomo pretende di trovare le risposte allontanandosi da Dio è in quel momento che si allontana da esse. È in quel momento che rischia di commettere drammatici errori. Questo vale per tutti, anche per la Chiesa».
Nietzsche: «Io pretendevo di negare i valori donati da Dio e crearne di nuovi. Pretendevo di allontanarmi dalla strada da Lui indicata. Pretendevo di creare io la verità. E invece nella mia cecità non ho fatto altro che allontanarmi da essa. Perdonatemi Padre, perdonatemi».
Il Papa: «Capire di avere sbagliato è già un passo verso il perdono».
Udite queste parole Nietzsche sorrise e un attimo dopo, come accadde già una prima volta, sparì.



Capitolo IV


Si ritrovò in un'altra stanza, in un'altra casa, in un'altra città; questa volta tutto gli era più familiare. Si guardò attorno, iniziò a toccare gli oggetti, i muri, le cose... e poi capì: era casa sua. Sì era la sua casa. Nel suo volto apparve un dolce sorriso. Fece un sospiro e si sedette su una sedia, quasi ad attendere qualcuno, qualcuno che sicuramente conosceva. La sua attesa durò poco. Apparve una donna. Entrò. Chiuse la porta e rimase a fissarlo. I suoi capelli erano rossi, lunghi e lisci. Il suo viso era dolce, aggraziato, luminoso. Il suo sorriso era tenero, delicato, rasserenante. I suoi occhi erano bellissimi, verdi, con un taglio meraviglioso. Quando sorrideva chiudeva gli occhi e piegava leggermente il volto verso sinistra. Ogni cosa in lei emanava gioia, leggerezza, fascino, bellezza. Era pura, splendida. Era incantevole. Quella donna era Elisabeth, sua sorella. Quando lo vide stette per svenire. Allora Nietzsche fece un passo verso di lei e disse: «Ascoltami Elisabeth, ascoltami. Sono io, sono tuo fratello, non devi spaventarti. Non devi».
E lei: «Ma tu, te sei...».
E Nietzsche: «Sì. Lo so. In un certo senso è come se fossi, come se fossi... uno spirito. Più o meno. Vedi, se io ti dicessi come ho fatto per... per, tu non ci crederesti».
Lei: «Che cos'è? Un sogno? Sto sognando? È solo immaginazione... o cos'altro?».
Nietzsche: «Sì. Sì, è un sogno. In un certo senso lo è. Ma ora Elisabeth devi ascoltarmi. Ti chiedo solo questo, di ascoltarmi».
Lei: «Fridrich, oh Fridrich. Quanto mi sei mancato. Dio solo lo sa. Non mi importa se è un sogno. Non mi importa. L'unica cosa che so è che voglio guardarti per un ultima volta, parlarti...».
Nietzsche: «Lo so Elisabeth, lo so ma non c'è tempo. Anch'io vorrei poterti abbracciare, e dirti quanto ti voglio bene ma... Purtroppo ho poco tempo. Ascoltami. Tu hai letto tutte le mie opere, hai approfondito tutte le mie teorie, conosci tutto il mio pensiero, hai letto pagina per pagina di tutto ciò che ho scritto. Ma c'è una cosa che ancora non sai».
Lei: «Cosa?».
Nietzsche: «Che è tutto sbagliato».
Lei: «Fridrich, ma che stai dicendo? Cosa significa che è tutto sbagliato?».
Che stai dicendo...?
Nietzsche: «Ascoltami. Tutte, tutte quelle teorie, sulla "Morte di Dio", sulla "Volontà di potenza", sui "Nuovi valori" sono tutte, tutte prive di senso, non hanno significato, sono tutte, tutte assurde. Tutte...».
Lei: «Ma, tu hai vissuto tutta la tua vita in nome di quei principi. Hai speso ogni giorno della tua vita per convincere gli altri che quello che dicevi era giusto. Hai utilizzato tutto il tuo tempo per scrivere quelle cose, per publicarle, per diffonderle».
Nietzsche: «Lo so. Ed ero convinto di quello che facevo, di quello che pensavo, di quello che dicevo. Ma ho sbagliato, ho sbagliato tutto. E l'ho capito troppo tardi».
Lei: «Perché? Fridrich, perché?».
Nietzsche: «La parola di Dio. È quella la verità. Tutto il cristianesimo. L'amore che Dio proclama. È quella la verità. Io l'ho capito. Tardi ma l'ho capito. Tu non devi fare il mio stesso errore. Non devi Elisabeth, non devi».
Lei: «Ma cosa stai dicendo? Come fai a parlare così? Io conosco mio fratello, lui non avrebbe mai detto queste cose. Mai.
Il Fridrich che conoscevo credeva in quello che diceva ed era disposto a lottare per quello che diceva».
Nietzsche: «Sono sempre io. Sono Fridrich, è solo che... che ho capito che sbagliavo. Ho capito che il cristianesimo non è il vero nemico. Io l'avevo frainteso, l'avevo mal capito. Mi ero sbagliato, ma adesso ho capito».
Lei: «Fridrich, adesso sei tu che devi ascoltarmi. Anch'io ha creduto in quello in cui credi, anch'io ho lottato per i tuoi stessi ideali. E ho portato avanti la tua opera. L'ho portata avanti io».
Nietzsche: «Cosa vuoi dire?».
Lei: «Ho publicato il tuo ultimo manoscritto: "La volontà di potenza"».
Nietzsche: «No, no, no. Quel testo è pericoloso. Le persone potrebbero non capire. Potrebbero non capire. Avrei dovuto riscriverlo. Tutto. Molte mie opere rischiano di essere fraintese, molti miei concetti rischiano di essere fraintesi. Il superuomo non deve essere visto un uomo superiore agli altri o in grado di sottomettere ciò che è diverso da lui. La volontà di potenza non deve essere vista come la volontà di dominio dell'uomo sull'uomo.
L'eterno ritorno non deve essere visto come l'impossibilità di qualcosa di nuovo nella storia o la volontà di immutabilità.
Tutte queste teorie e altre ancora, sono pericolose se viste da occhi pericolosi. E soprattutto la teoria peggiore, l'errore degli errori. Quando dissi: "Dio è morto". Sono stato un folle ad affermare una cosa simile, dovrei essere punito per cento vite. Dio è la Vita stessa. Professare la sua morte è la peggiore menzogna che si possa professare. Troppo tardi l'ho capito, troppo tardi».
I due stanno in silenzio.
Dopo qualche istante riprende a parlare Nietzsche: «Elisabeth ascoltami, io non starò qui ancora per molto, tra un pò dovrò andarmene e... e vorrei dirti tante cose, tante. Vorrei dirti quanto ti ho voluto bene, quanto sono stato fiero di essere tuo fratello e quanto t'ho voluto bene».
Lei, con le lacrime agli occhi: «Anch'io te ne ho voluto, anch'io».
Nietzsche: «Lo so. Ma non mi rimane ancora molto tempo.
Ascoltami Elisabeth, voglio che tu faccia una cosa per me: voglio che tu capisca che ho sbagliato e che ho sbagliato perché non ho compreso che l'unica libertà degna dell'uomo non è quella di creare nuovi valori, di creare un superuomo o di dargli una volontà di potenza.
La vera libertà è quella che ci dona Dio.
È la libertà d'amare».
Elisabeth si mise la mano sul volto e iniziò a piangere. Nietzsche: «Non piangere, non piangere».
Lei: «Va bene».
Nietzsche: «Promettimi una cosa».
Lei: «Cosa?».
Nietzsche: «Promettimi che penserai a ciò che ti detto. Promettimelo».
Lei: «Va bene».
Nietzsche sorrise e sparì.



Capitolo V


Nietzsche si ritrovò nell'alto dei Cieli e si ritrovò accanto a quella valigia che aveva portato con sé.
La guardò e sorrise. Poi alzò la testa e iniziò a camminare verso quella Luce che vedeva all'orizzonte.
Lasciò la valigia a terra e proseguì passo dopo passo. In cuor suo sapeva d'aver fatto la cosa giusta.
Arrivato d'innanzi alla Luce, disse:
«Mio Signore, ho cercato di rimediare agli errori fatti. Ho capito d'aver sbagliato e ho cercato rimedio.
Perdonatemi Signore, vi prego perdonatemi».
La voce: «Io ti ho già perdonato. Sì è vero, hai sbagliato figlio mio ma il pentimento è più forte di qualunque errore e tu l'hai capito. Ora il tuo cuore è puro. Ti aspetta la pace eterna».
Nietzsche: «Grazie mio Dio, grazie. Il perdono è più forte di qualsiasi male».
Nietzsche stette per incamminarsi quando, si fermò, si voltò e disse: «Ho ancora una cosa da chiedere mio Signore. Ho bisogno di sapere un'altra cosa».
La Voce: «Ti ascolto».
Nietzsche: «Ogni uomo ha diritto al perdono?».
La Voce: «Tutti».
Nietzsche: «Anche chi si è macchiato dei peggiori peccati e ha dedicato la sua vita la male?».
La Voce: «Tutti».
Nietzsche: «Anche l'uomo più malvagio mai esistito? Anche la personificazione del male?».
La Voce: «Tutti. Vedi, qualche anno dopo la tua morte, un uomo prenderà il potere nella tua terra, nel tuo paese e commetterà atroci delitti, si macchierà delle peggiori colpe.
Quell'uomo passerà alla storia come la personificazione del male».
Nietzsche: «E voi lo perdonerete mio Signore?».
La voce: «Se vuoi saperlo, figlio mio, sarà sufficente aspettare circa 45 anni. Poi lo vedrai con i tuoi stessi occhi».
Nietzsche: «45 anni? Non posso aspettare così tanto tempo. Voglio sapere, voglio capire».
La voce: «Mi dispiace dovrai attendere. E poi il Paradiso non è un posto così noioso come tutti dicono! Il tempo passerà in fretta».
Nietzsche: «Ma se quest'uomo ha commesso sì atroci delitti come può essere perdonato, come può pensare di estinguere tutto questo male, come può...».
La voce: «Quante domande figlio mio, quante domande. Credimi è sufficente aspettare e tutto avrà risposta».
Nietzsche: «Va bene, attenderò».



Capitolo VI


Passarono i 45 anni e arrivò il momento che Nietzsche attendeva da tempo. Avrebbe conosciuto quell'uomo e avrebbe capito qualcosa in più sul perdono di Dio.
La voce: «Friedrich, sei pronto? Hai un appuntamento, non ricordi?».
Nietzsche: «Mio Signore, si ricordo. Io voglio vedere, quest'uomo, voglio vederlo, voglio capire. Ti prego, fammi vedere questo uomo che ha fatto così tanto male alla mia terra. Voglio capire».
La voce: «Lo vedi quell'albero? Mettiti dietro quello e aspetta».
Nietzsche: «Va bene. Farò così».
Dopo qualche istante Nietzsche vide un'ombra che avanzava. Alzò gli occhi e lo vide. Era lui. Era quell'uomo di cui aveva sentito parlare. Era alto, ieratico, scuro nei vestiti e in volto. Aveva anche lui una valigia in mano. Dopo alcuni passi si fermò dinnanzi a quella Luce e attese. Non posò la sua valigia, né abbassò la testa, né lo sguardo. Stava lì, fiero nella sua oscurità. Stava lì, fiero nel suo essere. Stava lì, fiero nel suo volere. La voce: «Chi sei?».
L'uomo: «Sono colui che ti ha sfidato in terra. E se necessario ti sfiderà anche qui».
La voce: «Ti ho chiesto il tuo nome. Ti vergogni forse di pronunciarlo?».
L'uomo: «Adolph Hitler».
La voce: «Cosa hai in quella valigia?».
Hitler: «Sette cose. I miei sette peccati capitali. I miei sette demoni: Potere, Razza, Sterminio, Sangue, Dominio, Ragione e Follia».
La voce: «Perché, perché tutto questo?».
Hitler: «Io non ho mai creduto nel bene e nel male.
L'unica cosa in cui ho creduto, sono io».
La voce: «E cosa hai ottenuto?».
Hitler: «Potere».
La voce: «E questo potere ti ha reso felice?».
Hitler: «Basta domande. Adesso le faccio io le domande. Hai intenzione di gettarmi nell'Ade?».
La voce: «Qui non esiste né Ade, né Olimpo. Solo Amore».
Hitler: «Come, non vuoi giudicarmi».
La voce: «Dio non è colui che giudica».
Hitler: «Se fra noi c'è un dio, quello sono io. Io ho creato Auswiz. L'inferno sulla terra. Solo un dio può creare l'Inferno».
La voce: «Ti sbagli. Dio non è colui che crea il Paradiso o l'Inferno. Dio è colui che Ama».
Hitler: «Allora neanche in questo caso sei tu il dio. Se tu veramente avessi amato, avresti fermato la mia mano. Avresti impedito Austwiz».
La voce: «Ti sbagli ancora una volta. Se io avessi fermato la tua mano, avrei negato la libertà umana. E con essa avrei calpestato la dignità dell'uomo».
Hitler: «E allora? Dove è il tuo amore? Mostramelo».
La voce: «Tu hai creato l'Inferno in terra. Hai portato l'umanità d'innanzi all'abisso. Hai toccato il male assoluto. Ma io ti Perdono».
Hitler: «Cosa? Tu mi perdoni? Sono gli errori che si perdonano. E io non ne ho commesso alcuno. Io cercato di creare la razza superiore, perfetta, pura. Sarei riuscito dove tu hai fallito. Io ho cercato di soggiogare il mondo rendendo inutili le guerre.
Sarei riuscito dove tu hai fallito. Io ho cercato di annientare il comunismo, nemico del cristianesimo. Sarei riuscito dove tu hai fallito. Non ho nulla da farmi perdonare».
La voce: «Non c'è nulla di umano in te. Nulla.
 
Hai allontanato da te il pentimento. Hai allontanato da te il perdono. Hai allontanato da te la salvezza. Ante te inferorum itinerem est»
Hitler: «Inferos erit meus regnum»


Marco Scarponi


 Clicca qui per leggere la classifica del
Il Club dei Poeti 2008

Torna alla sua
Home Page

PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it
Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella Email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori - Cas. Post. 68 - 20077 MELEGNANO (MI)» inserendola in una busta già affrancata. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2008 Il club degli autori, Marco Scarponi
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 
IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
 Ins. 17-09-2008