Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Marco Bottoni
Ha pubblicato il libro
Marco Bottoni - L'Altro e altre storie




 
 
 
 
 
 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 14x20,5 - pp. 92 - Euro 9,60 - ISBN 88-8356-798-6

Pubblicazione realizzata con il contributo de

IL CLUB degli autori in quanto l'autore è finalista

nel concorso letterario "J. Prévert" 2004

 
Prefazione
Incipit

Prefazione
 

Tra placide correnti e liquidi trambusti, scorrendo per alvei e golene, modificando pannelli sabbiosi e accarezzando suggestive campiture di pioppeti, il Po si porta dietro e deposita sulle rive la storia antica di un territorio e di una gente.
Una storia che è realtà e sogni, tradizioni e leggende, favole e costumanze, cante e sonorità.
Un racconto lungo di secoli, con una continua riformulazione di schemi culturali e di modi di vita.
E con rivisitazioni letterarie che hanno arricchito un linguaggio che si dipana tra città e borgate, tra campi e cascine, tra argini, osterie e sagrati.
È in questi siti che si rintracciano le fonti scritte, ma soprattutto orali, di tanti racconti.
È in questi siti che puoi ancora incontrare, non più in calesse o in sella a una verde Legnano, (che fu cara a un uomo del Po dal mitico nome di Gianni Brera) la figura, mai scomparsa ma pure essa rivisitata dal tempo, del "medico condotto", oggi mortificata dalla banale denominazione di "medico di base".
Il medico condotto richiama ricordanze e suscita nostalgie, perché non soltanto di medico si trattava, ma anche di confidente, di consolatore, di consigliere, di amico: di medico di famiglia, insomma.
Un medico che curava e contemporaneamente attingeva storie e aneddoti, proverbi e usanze, filò e filastrocche che speso annotava per lieti conversari e occasionali intrattenimenti, ma anche per il piacere dello scrivere.
È così che è nato e si è formato nel tempo il medico-scrittore. Figura che non è venuta meno, nonostante gli impegni e i ritmi sempre più frenetici imposti dalla professione.
Anzi, si è trasformata in quella di "medico-umanista", aperto alle più diversificate forme letterarie.
È il caso di Marco Bottoni, medico in Castelmassa (Rovigo), che affida a queste pagine una serie di racconti attinti un poco ovunque: in ambulatorio e nelle case dei pazienti, nelle cene con gli amici e negli incontri con gli anziani del paese, durante i viaggi o ai margini di un campo sportivo.
Ricercatore appassionato di vicende locali, con una particolare attenzione verso i personaggi della estemporaneità paesana, ma anche osservatore attento delle evoluzioni sociali e delle relazioni tra i bipedi umani, l'Autore si incammina volentieri lungo i sentieri dell'introspezione.
Se ne colgono gli aspetti più significativi là dove affonda i sentimenti più nobili in un evento apparentemente superficiale o nella stravaganza di un mattacchione di contrada.
Ma, a mio parere, Marco Bottoni esprime al meglio la sua naturale propensione narrativa quando, ad esempio nel racconto "All'ultimo minuto", fa assurgere una vecchia barzelletta colta al volo in un bar di periferia, al rango di vero e proprio elzeviro umoristico.
Se poi si analizza il lavoro nel suo complesso, è da rilevare una costante che denuncia qualche sottile tendenza autobiografica: il Tempo.
Il Tempo inteso come Passato, come Presente e come Futuro.
Dove eventi e personaggi scandiscono anche un percorso di vita.
 

Nemo Cuoghi


 
L'Altro e altre storie

L'Altro
 

Quella sera gli accadde di tornare a casa prima del previsto.
Molto, molto prima, maledetta nebbia!
A chi si mette per strada, a chi viaggia (per lavoro o per diporto, non importa), a chi usa l'automobile o l'aereo per spostarsi (di pochi chilometri o centinaia di miglia, non importa) di solito la nebbia provoca ritardi, più o meno lunghi.
Maledetta nebbia.
Lui, quella sera, a causa della nebbia non solo non fece tardi, al contrario: rientrò a casa prima.
Molto prima.
La nebbia era calata sullo stadio all'improvviso pochi minuti prima dell'inizio della partita, tramutando il catino del Comunale in un bicchiere di acqua ed anice: qualsiasi cosa fosse distante più di trenta metri era come si trovasse al di là di un vetro smerigliato.
Così, della partita decisiva per il passaggio di turno in Coppa altro non restò da vedere, ai delusissimi spettatori, che il rito formale del sopralluogo sul campo di Direttore di Gara e Capitani delle squadre.
Tre minuti, il tempo di ratificare che non si vedeva un tubo, in direzione di nessuno dei quattro punti cardinali, e tutti a casa.
Tutti quanti, lui compreso che, a casa, fece ritorno con più di un'ora di anticipo rispetto al previsto.
"La nebbia è uno stato allotropico dell'acqua" pensò fra sé mentre cercava in tasca le chiavi della pesante porta blindata del suo appartamento.
Il ricordo dei tempi del Liceo si impadronì della sua mente deviandogli l'attenzione dal gesto, semplice e consueto, che stava compiendo automaticamente: infilare la chiave nella toppa.
Lui era distratto per natura, lo era talmente da considerarsi, ed essere considerato, uno "con la testa fra le nuvole"; qualsiasi cosa facesse, la sua attenzione era sempre, in certa misura, rivolta altrove, assorbita da altri pensieri, persa a vagare verso altri orizzonti.
Questa sua particolare qualità dell'Essere veniva giudicata e definita diversamente, a seconda dei punti di vista: secondo il suo col termine di "sognatore", secondo quello di sua moglie con quello di "arteriosclerotico".
Comunque fosse, intanto, la chiave non entrava nella toppa.
Anzi, per essere precisi, ci entrava, ma non ne voleva sapere di girare, nonostante i suoi ripetuti sforzi.
Dovette provare e riprovare più volte, con accanimento sempre maggiore, prima di accorgersi che stava usando la chiave sbagliata, quella dell'Ufficio.
La quale chiave, inserita a forza nella serratura, ora non voleva saperne di uscire, costringendolo a ulteriori, accaniti sforzi; la sensazione che si aveva, lungo la tromba delle scale del palazzo, era che qualcuno stesse tirando giù la porta a colpi d'ascia.
Quando, alla fine, riuscì a togliere la chiave sbagliata e ad inserire quella giusta, aperta la porta notò che le luci di casa erano tutte spente: sua moglie, evidentemente, era già andata a dormire.
"Meglio" pensò in cuor suo, muovendosi piano per non far rumore, per non svegliarla.
Mentre cercava a tentoni, nel buio dell'appartamento, la via del bagno, pensò che era meglio che lei dormisse già: l'incontro dei rispettivi malumori (quello di lui dovuto alla mancata disputa della partita, quello di lei costante e consueto, non abbisognevole di motivi particolari) sarebbe sfociato quasi certamente in una lite.
Lui, di litigare, quella sera proprio non ne aveva voglia.
Giunto al bagno, accese la luce e rimase interdetto, ammutolito per la sorpresa nel trovare ciò che uno meno si aspetta di trovare, tornando a casa la sera, nel bagno di casa sua: un uomo nudo.
 
 
Distratto com'era, e come sapeva di essere, considerò per un istante l'ipotesi di avere sbagliato appartamento, ma poi ricordò di avere aperto la porta con le sue chiavi, ancorché solo al secondo tentativo, e quindi non c'era possibilità di errore: quell'uomo nudo si trovava nel bagno di casa sua.
Superato il primo istante di stupore stava per dire qualcosa quando lo sconosciuto, fatto un passo verso di lui, gli chiuse la bocca con una mano e, portandosi l'indice dell'altra in croce sulle labbra, parlò con voce sussurrata ma carica d'angoscia.
"Sssst! Per carità, non parli! O, almeno, parli piano!! Vuole farmi ammazzare?"
"Come sarebbe a dire, farsi ammazzare?! Cosa ci fa lei in casa mia? Si può sapere cosa..."
"Piano! Parli a bassa voce, le ho detto! Se ci sentono, quello mi ammazza!"
"Ma quello chi?" disse lui in un sussurro, omologando la sua voce a quella dello sconosciuto.
"Come 'quello chi', ma è chiaro, no? Il marito! Potrebbe essere armato! La prego, cerchi di capire!"
"È proprio quello che vorrei fare, capire!"
Ormai il dialogo avveniva sottovoce, come fra due cospiratori, con lui che non sapeva cosa domandare e l'altro che non sapeva dare che risposte frammentarie.
"Ma lei, si può sapere lei chi è?"
"Come, chi sono. Ma è chiaro, no? Io sono l'Altro!"
"Ah, ora capisco! L'Altro! Allora lei vuole dire che..."
"Voglio dire che sono andato a ... a trovare la signora del piano di sopra, e sul più bello..."
"È arrivato il marito!"
"E bravo! Vede che incomincia a capire?"
Man mano che si riprendeva dalla sorpresa e che cominciava a capire davvero qualcosa di quella situazione così inconsueta, a lui veniva quasi da sorridere, se non proprio, in cuor suo, da ridere.
"E non mi prenda in giro, eh? C'è poco da ridere!" diceva l'Altro ancora nudo in piedi davanti a lui, l'espressione seriamente preoccupata e l'orecchio teso a captare qualche rumore.
"Quello stava rientrando in casa, io mi sono visto perduto e così ho preso di corsa i miei vestiti e li ho buttati dalla finestra. Poi mi sono calato lungo il pluviale della grondaia, ho messo i piedi sopra un balconcino, mi sono aggrappato al bancale di questa finestra, che per fortuna era semiaperta, e sono entrato!"
"Nel bagno di casa mia!"
"E che ne sapevo io che era il bagno di casa sua! Abbia pazienza! Sono attimi che uno si vede la morte in faccia, si vede! Mica si può andare tanto per il sottile! E cerchi di capire!"
"Sì, sì, capisco, capisco. Certo però, che anche lei, andarsi a ficcare in certi pasticci!"
Lui sentì che, passato il primo momento di stupore, cominciava quasi , in cuor suo, a parteggiare per questo maldestro Dongiovanni di provincia.
Forse perché aveva suppergiù la sua età o forse perché la sua presenza gli apriva uno spiraglio su fantasie che lui stesso, e non in poche occasioni, aveva fatto su avventure extraconiugali, forse per il repentino virare della situazione da sorprendente a tragica a comica, lui avvertiva per l'Altro quasi un senso di solidarietà, come una spinta istintiva a schierarsi dalla sua parte.
"È un uomo anche lei, no!" diceva ora l'Altro " Certe situazioni le conosce! O vuole dirmi che a lei non è mai capitato di..."
"Sì, sì, certamente... Siamo uomini!"
"Ecco, bravo. Appunto! Ora, se gentilmente mi indica l'uscita, io andrei..."
"E dove vuole andare, così, nudo come un verme?"
"Ah, già, è vero. Non ci pensavo. Sa com'è, l'agitazione del momento!"
Lui stavolta rise, rise apertamente: sempre sottovoce, ma senza trattenersi.
"Veda, io mi rendo conto di averle dato già anche troppo disturbo, ma... lei non potrebbe, magari..."
"E come no! Vuole che la lasci andare in giro nudo per il palazzo! Vedo che abbiamo più o meno la stessa corporatura; ora vado a prenderle qualcosa da mettere addosso!
"Grazie, grazie! Lei è veramente molto gentile! Le assicuro che, poi, le faccio riavere tutto, in qualche modo, e che tutto questo disturbo che le do..."
"Ma si immagini, quale disturbo! Se non ci si da una mano fra di noi!"
Ecco cosa avvertiva nascergli dentro, lui, in una circostanza così strana e imprevista: un senso di solidarietà che aumentava a misura che cresceva il suo desiderio, profondo e inconfessato, di identificarsi con quella figura di sconosciuto donnaiolo pasticcione.
"Vado a prendere dei vestiti. Solo, faccio piano perché mia moglie sta dormendo, di là, e non vorrei che si svegliasse"
"Ah, già, sua moglie. Dunque lei è sposato? Allora le chiedo scusa un'altra volta se prima, parlando fra di noi, ho quasi dato per scontato che anche lei, magari, qualche volta possa essersi trovato in una situazione... voglio dire, che lei, senza offesa..."
"Ma no , ma no! Quale offesa! Vado di là a prendere la roba e torno. Ma mi raccomando, non faccia rumore!"
Mentre prendeva alla cieca qualcosa in un armadio, cercando di fare il minimo rumore possibile, si sentiva in preda a una strana euforia, godeva della sensazione inebriante di essere per la prima volta, anche se solo da complice, o da connivente, protagonista di una relazione adulterina: per estensione, si sentiva quasi un Dongiovanni anche lui.
"Grazie! Grazie infinite!" disse l'Altro vestendosi in fretta con gesti impacciati. "Magari non se ne rende conto, ma forse lei stasera mi ha veramente salvato la vita!"
"Ma si figuri, fra di noi! Questo ed altro! Solo, un'altra volta, cerchi di stare un po' più attento! Io mi domando come si fa ad andarsi a cacciare in certe situazioni! Ecco, venga, per di qua" disse lui aprendo la porta del bagno e scortando l'inatteso ospite, nel buio del corridoio, fino all'ingresso.
Si sentiva ora quasi autorizzato a esprimere dotti giudizi, quasi fosse lui un esperto in materia di situazioni del genere.
"Stia attento a dove mette i piedi. Non facciamo rumore, mia moglie dorme e non voglio che si svegli!"
"Ah già, sua moglie. Chiedo scusa anche a lei, per l'imbarazzo..."
"Ma quale imbarazzo! Quella dorme come una talpa, non si è accorta di niente!"
"Per l'appunto, volevo dire... posso sperare che lei non le dirà nulla di... di questa sera, della mia....voglio dire...della mia intrusione..."
"Ma vuole scherzare?! Fra noi uomini, per prima cosa, la riservatezza! Massima riservatezza, si può fidare! Non sono mica un turlulù, cosa crede?"
L'ultimo grazie l'Altro lo sussurrò mentre lui gli chiudeva la porta alle spalle, non prima di averlo guardato scendere la prima rampa di scale, giù verso l'uscita, verso la salvezza, verso la fine di quello che, non fosse stato per il suo prezioso intervento, avrebbe potuto essere, per l'Altro, un vero incubo.
"Cose che capitano a noi Uomini!" pensò mentre si infilava nel letto con la massima circospezione, per non svegliare la moglie.
La quale moglie, certo ignara di tutto, fece solo un movimento lento, stiracchiato, lanciò un mugolio incomprensibile e riprese a respirare profondo, e lento: praticamente, pensò lui, non era mai uscita dal sonno.
"Meglio così" pensò lui.
E si addormentò.
Il mattino dopo, esauriti i convenevoli della colazione (un caffè al volo, un buongiorno scambiato in fretta e senza voglia, ascoltando le notizie del giornale radio e poi di corsa giù per le scale, se no arrivo tardi in Ufficio) lui aveva ancora addosso la sensazione eccitante di avere salvato una vita umana: sentì che cominciava ad affezionarsi al suo nuovo ruolo di cospiratore, agente segreto in missione permanente al servizio della causa maschilista.
Giunto in Ufficio, guardò con occhi diversi la segretaria che, come tutte le mattine, lo accoglieva con l'agenda degli impegni per la giornata.
"Chissà cosa fa, la sera" si trovo a pensare, accorgendosi forse per la prima volta, che era una ragazza più che gradevole, anzi, addirittura carina.
"Buon giorno Dottore. Alle nove c'è la Commissione Tributaria per il ricorso in appello, per le undici ha preso appuntamento il Legale dell'Assessore al Bilancio. Tutto bene, Dottore?"
Evidentemente, la sua solita "aria distratta" doveva avere virato, e decisamente, verso un più preoccupante "sguardo assente".
Il fatto è che non riusciva, con un angolo della sua mente, a fare a meno di pensare agli straordinari avvenimenti della sera prima, di ripercorrere col ricordo, attimo per attimo, scena per scena, le parole e i gesti della situazione paradossale della quale era stato, suo malgrado, protagonista.
"Tutto bene, Dottore?
"Sì, sì, tutto bene, tutto bene. Diceva, signorina?"
"Dicevo che alle nove c'è la...."
D'improvviso, lui smise del tutto di ascoltarla.
La mano con la quale stava prendendo i documenti che lei gli porgeva si arrestò a mezz'aria, gli occhi gli si chiusero e la testa gli crollò in avanti, il mento sopra il petto.
Per un attimo, smise anche di respirare.
"Dottore, ma cosa succede? Si sente male?"
"No, no, niente. Pensavo..." ebbe appena il fiato di rispondere mentre la fronte gli si imperlava di fini gocce di sudore.
"Qualcosa di grave, Dottore?"
"No, no, niente di grave, solo... la casa dove abito, la palazzina vicino al parco dove ho comprato l'appartamento."
"È successo qualcosa ?"
"Niente di particolare. Solo, all'improvviso mi sono ricordato che..." e qui ebbe una pausa lunghissima, una sospensione della voce e anche del respiro.
"Che?"
"Mi sono ricordato che... all'ultimo piano ci abito io!"
Prese i documenti dalle mani di una segretaria che, chiaramente, non capiva.
"Cancelli tutti gli appuntamenti di oggi, signorina."
Non poteva capire.
Chiuse il cassetto della scrivania, appoggiò la testa allo schienale della poltrona, chiuse gli occhi e, per tutto il resto della mattinata, non parlò più.
 

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