Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Luca Bugna
Con questo racconto ha vinto l'ottavo premio del concorso Angela Starace 2003, sezione narrativa

La notte peggiore
Ho da chiederti una cortesia: ho appena ucciso me stesso. Sto scappando, chi è l'inseguitore non lo so ancora. Puoi nascondermi? Al momento te ne sarei grato. No! non ti preoccupare, è una sistemazione provvisoria; passato il momento, toglierò il disturbo. Mi chiedi se ti sto prendendo in giro? Credimi, lo vorrei tanto; in realtà, quello che ti ho appena detto è la pura e semplice verità. Vorrei raccontarti l'antefatto se me lo permetti, di tempo ne abbiamo, sarà una lunga notte. Quindi mettiamoci comodi, e perdonami se approfitto in questo modo della nostra amicizia.
Tutto inizia nella giornata di ieri. Con le prime luci dell'alba, dalla finestra della mia camera la città sembra ancora bella, pulita, vergine; non insudiciata da ciò che arriverà dopo: traffico, disordine, esseri umani e, quindi, lerciume. Due fiamme infuocate vanno a prendere forma per tutta la lunghezza dell'orizzonte: sono messaggere, che preannunciano l'arrivo di quella stella abbagliante che noi chiamiamo sole e che sarebbe più giusto considerare come l'occhio di Dio, che dall'alto ci scruta senza poter intervenire.
Cosa ne pensi, amico? Ti vedo titubante, quasi sorpreso. Ne hai ben ragione: nel pieno della notte ti sono piombato in casa, così... all'improvviso... chiedendoti di nascondermi da qualcuno di cui non conosco né il nome né l'aspetto fisico. Eppure so che mi sta cercando, sento la sua presenza, continua, asfissiante; tutto questo da ieri mattina. Già! Ed io, stavo proprio raccontandoti di ieri mattina.
Puoi immaginare la mia sorpresa ed il mio sconforto, quando, dopo essermi alzato dal letto, mi sono recato in bagno. Guardandomi allo specchio non veniva riflessa la mia testa. Proprio così, vedevo tutto il resto del corpo: le spalle, le braccia, il petto; tutto era al proprio posto, la testa no! Non c'era segno di ferite, niente sangue, il mio corpo finiva li con una leggera gobba giusto in mezzo alle spalle. Potevo ben dire di non aver nemmeno il collo.
Eppure mi vedevo riflesso nello specchio. Com'era possibile? Non avendo testa, non avrei dovuto avere nemmeno occhi, tuttavia il dono della vista non mi era stato tolto. Già! Ed un altro fatto mi pareva assai strano: come potevo far tutti questi ragionamenti; la materia grigia, l'intelligenza, non è forse situata all'interno del cranio? Proprio di quella parte anatomica del mio corpo, che aveva deciso ahimè, di dividersi da tutto il resto del mio fisico. Capirai quindi il terrore e l'improvviso panico che mi assalì. Immediatamente mi misi a correre e ad urlare per tutta la casa, nudo attraversavo le stanze, saltavo sul letto e continuavo a gridare, come un selvaggio nella giungla, incurante dei vicini.
Ho urlato, gridato sino a diventare afono. Ma come potevo urlare se le mie corde vocali, tutta la mia faringe era inesistente? E riguardo al sentire che ne pensi? Era pur vero, che erano scomparse anche le orecchie. Appena mi fui acquietato un poco, cercai di riprendere fiato e di ragionare. Seduto sul bordo del letto, con i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia, cercai di convincermi che tutto quello che era capitato fino a quel momento, era solo un terribile sogno. Si! Ero senz'altro stanco. Stressato dal vivere quotidiano di questo particolare momento della mia vita, dove tutto ciò che mi circondava, amici, amori, lavoro, sembrava deteriorarsi pian piano, fino a sgretolarsi e scomparire, lasciandomi senza alcuna sicurezza. Avevo però, paura di ritornare in bagno e, scoprire l'agghiacciante verità: ossia, che non avevo sognato e, che in realtà ero un uomo senza più testa.
Con una certa circospezione, mi avvicinai alla porta del bagno, sicuramente dovevo sembrare ridicolo... lo penso mettendomi nei panni di qualcun' altro, che, invisibile mi osserva. Vedrebbe un uomo nudo, che con molta cautela vuole entrare nella toilette di casa propria, come fosse un estraneo. Gia! Ed è proprio quello che sto facendo. Cosa troverò una volta arrivato davanti allo specchio? Il niente o di nuovo il mio viso, come ogni benedetta mattina? Devo varcare la porta per scoprirlo; anche se la paura fa il suo sporco dovere, inchiodandomi agli stipiti di questa entrata.
Trasalii all'istante, vedevo sì, il mio viso ma come in trasparenza, riuscivo a mettere a fuoco la mensola dei medicinali, che era sulla parete opposta a quella dello specchio. Osservavo la mia testa, sembrava fluttuare al di sopra delle spalle, quasi fosse convinta di non appartenermi in pieno. Ecco che cosa! Era chiaro, che per entrambe mancava quel senso di appartenenza, che dovrebbe unire, indissolubilmente, due parti così importanti l'una per l'altra. La mia testa in realtà era al suo posto, ma il farsi vedere a tratti era il segnale, che non accettava di continuare a condividere il resto dei suoi giorni, con la parte sottostante.
Ti stai chiedendo il motivo di questa specie di rivolta, non è vero? Se hai la risposta, ti prego rendimene partecipe. Fatico non poco a capire; faccio mille congetture, mi arrischio in possibili soluzioni, niente da fare! Non trovo una risposta plausibile a ciò che mi è successo.
All'improvviso, bussarono alla porta. Era il mio vicino, che probabilmente mi aveva sentito urlare e strepitare:
"Signor Bugna, signor Bugna, ha qualche problema? Risponda."
Preso dal panico, non sapevo come comportarmi; senza avvicinarmi alla porta, ad alta voce gli risposi:
"E' tutto a posto signor Aloisio, soltanto un bruttissimo incubo. Mi scuso per il disturbo."
"E' sicuro? Non vuole che le porti qualcosa?"
Mi ero nel frattempo accostato all'uscio. La porta era chiusa a chiave, certo! Ma in me vi era il terrore che in qualche modo il mio vicino potesse aprirla all'improvviso.
"No! ...mi scusi non volevo essere scortese, non si preoccupi, ora sto meglio...la ringrazio, non mancherò di chiamarla se dovessi aver bisogno...grazie...buona giornata."
Il signor Aloisio era un buon vicino. Non troppo curioso, e soprattutto si preoccupava della mia situazione di single. Tutte le volte che lo incrociavo scendendo le scale al mattino per andare al lavoro, lui era già sveglio da più di un ora. Mi sorrideva amabilmente e mi augurava buona giornata. In pensione da più di dieci anni, l'abitudine ad alzarsi presto l'aveva ereditata dal lavoro di casellante, svolto con impegno e responsabilità, come oggi non si fa più; così continuava a ripetermi spesso.
Era buffo a vedersi, basso, e con un giro vita enorme; mi domandavo sempre dove riuscisse a trovare pantaloni della sua taglia. Sicuramente non aveva un sarto personale, non avrebbe potuto permetterselo. Nonostante l'età avanzata, era provvisto di una folta capigliatura completamente bianca, candida come la neve. Nel quartiere lo si riusciva a riconoscere anche in mezzo alla moltitudine di un sabato mattina di mercato.
Si! Era proprio un buon vicino il signor Aloisio, ma non potevo certo aprirgli la porta, e presentarmi a lui in questo stato. Non avrebbe capito. Oh no! non avrebbe proprio capito.
Che fare dunque, dove scappare? E sarebbe servito a qualche cosa fuggire dal mio appartamento? Tutti questi pensieri, mulinavano come un turbine attorno alla mia persona, quando all'improvviso, una voce arrivata da non so dove, mi pose un quesito: "Sei ciò che hai sempre sognato essere?"
Ti lascio immaginare la sorpresa, l'agitazione, e soprattutto lo sconforto che presero d'assalto la mia persona. Tutto attorno a me iniziò a roteare, sempre più velocemente, fu nebbia davanti ai miei occhi, e poi buio totale. Rinvenni, non so dopo quanto tempo madido di sudore, confuso e spaventato. Istintivamente, cercai lo specchio; aggrappandomi al lavabo per sostenermi, non avevo forze. Riflesso nello specchio, continuavo a vedere il mio volto sorridermi con un ghigno, come di scherno nei miei confronti; e sempre in trasparenza, compariva e scompariva, come in un gioco di magia. Ma questa volta il gioco era tragico, ed era sulla mia pelle.
 
Anche dopo essermi ridestato, continuavo a pensare a quella frase che all'improvviso aveva fatto breccia nella mia anima: "sei ciò che hai sempre sognato essere?". Come una goccia, lenta ma inesorabile, capace di scalfire anche la pietra più dura, questa domanda stava diventando un incubo.
Conoscevo bene la risposta. Era rimasta gelosamente nascosta nel più profondo del mio animo, e nell'animo di tutti coloro, che falliti, non hanno raggiunto ciò che si erano prefissi come traguardo, o ancor peggio come sogno.
D'improvviso, un impeto d'ira si impadronì di tutto me stesso, ero diventato un fuoco le cui vampate avrebbero incenerito chiunque si fosse avvicinato. Ed ancora lei, che guardandomi dallo specchio rideva, e rideva della mia persona. Fu un attimo solo, la follia mi prese tra le sue braccia e mi scaraventò con immane violenza nello specchio, che si ruppe in mille schegge impazzite.
Ero disteso per terra, circondato da una pozza di sangue che fuoriusciva dal mio collo, dove un frammento di vetro si era conficcato in tutta la sua lunghezza. Che strana sensazione, mi vedevo esanime, senza vita, in tutta la mia persona. Si, compresa quella parte ribelle che mi aveva fatto cosi disperare. Quella parte di me, che ora non mi avrebbe più fatto del male.
Vuoi sapere di chi ho paura, da chi sto scappando? Come potrei non dirtelo, sono tuo ospite, mi stai nascondendo; e piano, piano, nel raccontare a te le mie vicissitudini, quell'orizzonte che ieri mattina era solo pronunciato, ora si fa più chiaro, più luminoso.
Ora sono convinto, che a giacere sul pavimento del bagno, immersa in quella pozza di sangue, senza più vita, vi era la parte di me che non sogna, non rischia, non ama. Colei che tanto tempo fa, ha deciso di intraprendere il sentiero della vita, più facile e più comodo. Dovrei essere contento di tutto questo, non credi? Eppure nonostante abbia negli occhi la sua forma distesa per terra, sento che ancora mi insegue, come se non riuscissi a liberarmene completamente.
Che fare, per essere completamente libero da questa ossessione? Ti prego, aiutami, tu che sei il mio migliore amico, dammi una mano, in qualche modo proteggimi. Fa in modo, se puoi, di far perdere le tracce per sempre al mio inseguitore. Perché so, lo sento che è lui che mi sta ansimando sul collo, forse, in questo momento, mentre noi stiamo discutendo così amabilmente, è fuori dalla porta, sul pianerottolo, e ci sta spiando, è in attesa che io esca per potermi saltare addosso e impossessarsi ancora della mia persona. Ti prego, devi impedirglielo, non so come, ma devi aiutarmi.
La mia è oramai una paura immotivata? Fuori ad aspettarmi non c'è anima viva. Devo ricordarmi di lui riverso sul pavimento del bagno, lo so, hai perfettamente ragione; eppure mi sembra ancora così impossibile l'essere riuscito a liberarmi di chi, per tanto tempo ha attentato alla mia vita, alla mia salute mentale, alla mia felicità.
Hai ragione! Finalmente è tutto finito, ho ucciso la parte di me che da sempre ha negato tutti i miei sogni; è ora che io mi comporti da uomo libero e consapevole dei miei desideri e delle mie responsabilità. Stanno bussando alla porta...Oddio no, no!... allora è ancora viva, mi sta aspettando. Ti prego aiutami, non farla entrare, ti prego.
"Signor Bugna, mi sente? Sono il signor Aloisio, non mi faccia preoccupare per niente. La prego, sia gentile, apra la porta."
La voce del mio vicino fu come una frustata, mi risvegliai all'improvviso da un torpore che pareva millenario. Dolorosa, certo, ma inevitabile per ritornare tra i vivi; mi accorsi che ero sdraiato sul letto, il cuscino macchiato da piccoli aloni di sangue uscito dal naso. Alzandomi a fatica, mi diressi verso la grande finestra del soggiorno. Il traffico era intenso, e rumoroso; la gente camminava per strada con la tipica agitazione di chi è perennemente in ritardo al lavoro, ad un appuntamento, oppure sta scappando da qualcuno, forse da se stessi.
"Signor Bugna, la prego si affacci alla porta, tutto bene?"
Ed ancora, il buon Aloisio che si preoccupa per la mia persona, devo assolutamente rispondergli. Lo faccio aprendo leggermente la porta, e sporgendo solo la testa, con il migliore dei miei sorrisi gli rispondo:
"Va tutto bene, non si preoccupi. Ho avuto una notte un po' agitata, mi perdoni il disturbo, ora è tutto a posto. Anzi! Se mi dà dieci minuti per vestirmi facciamo colazione insieme."
Il buon Aloisio ha sorriso, era felice di poter fare quattro chiacchiere, ci capitava così di rado per via della sua abitudine ad essere troppo mattiniero, e alla mia di essere sempre troppo di fretta e scontroso ogni mattina. Ma questa volta no! questa volta, volevo godermi ogni secondo del bonario sorriso di questo vecchio, che salutavo tutti i giorni senza mai guardarlo negli occhi.
E' stata la peggior notte della mia vita, ma ne è valsa la pena; mai come ora ho osservato dalla finestra del soggiorno l' inizio di una nuova giornata. Tutto sembra diverso, migliore. Ricadrò in preda ad incubi peggiori nelle notti a venire? Non saprei dire, quello che so, è che il vecchio mi sta aspettando, e di questo fatto ne sono immensamente felice.

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 Ins. 09-12-2003