Autori contemporanei
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Luca Bianchedi
Ha pubblicato il libro

Luca Bianchedi - Il posto degli aironi


 

 

Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 12x17 - pp. 32 - Euro 5,20 - ISBN 88-8356-367-0
 
 
 

Questo libro è stato pubblicato quale opera 1a classificata nel concorso Letterario «F. Ivaldi 2002» indetto dal comune di Gadesco Pieve Delmona (Cr)

 

 

Motivazione
Prefazione

Incipit

Motivazione della Giuria
Il racconto si distingue per la notevole originalità dell'intreccio.
L'autore mostra un'elevata padronanza dei mezzi espressivi, coniugando con pertinenza un tono realistico ad una visionarietà accattivante. Tutti i personaggi appaiono ben caratterizzati sia dal punto di vista storico che nelle componenti psicologiche. Il sogno e la realtà, la città e la campagna si contrappongono in una dimensione contemporaneamente realistica e simbolica all'interno di una ricostruzione efficace degli ultimi anni del fascismo e dell'immediato dopoguerra.
 

La giuria del premio «Filippo Ivaldi» 2002

Prefazione
 
 
"Il posto degli aironi" è il bel titolo del racconto di Luca Bianchedi. Il pensiero corre subito a "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman: anche in quello straordinario, indimenticabile film, si tratta di un luogo privilegiato, misterioso e onirico che appartiene all' infanzia, luogo incantato dove è possibile ritrovare se stessi, fermi ad un'età mitica e ancora innocente, luogo in cui ci si può abbandonare, sospesi fuori del tempo, ai propri sogni, prima che la vita, con tutte le sue crudeli lacerazioni, ci sommerga nel suo mare fangoso e oscuro. Non possiamo quindi che condividere la scelta di Claretta (non a caso lo stesso nome della Petacci), la protagonista del racconto, di affidarsi fiduciosa al fiume che scorre nel posto degli aironi e che la accoglierà nel suo abbraccio protettivo e rassicurante.
Il racconto di Bianchedi, una vera sorpresa per me, procede spedito, con un taglio sicuro e con uno stile narrativo di coinvolgente partecipazione, sino a farci accettare in toto, quasi un vissuto che ci appartenga, la storia di Claretta, inconsapevole vittima-carnefice di una vicenda che la stritola nella sua morsa.
Claretta è una giovane contadina che si sente già "vecchia dentro" per qualcosa che ha rimosso e non riesce quindi a confessare neppure alle acque del fiume che da sempre accoglie i suoi pensieri più intimi e segreti. E così, il fiume che Claretta conosce in tutti i suoi mutamenti attraverso il perpetuo avvicendarsi delle stagioni, non più segreto e affidabile custode delle sue confessioni, diventerà per lei il tramite per traghettarla, novella Ofelia, nell'aldilà, come il mitologico Lete del mondo pagano. Claretta ha vissuto in una sorta di sogno, divenuto ben presto un incubo, appiccicoso come la carta moschicida e maleodorante come il pastone dei maiali che lei accudisce, il cui fetido lezzo impregna la pelle: come per Lady Macbeth nessun profumo d'Arabia potrà mai cancellare quell'odore. Da tale incubo lei sa che non può e non deve svegliarsi.
Sarà proprio l' improvviso risveglio dall' incubo e la conseguente consapevolezza della inaccettabile realtà di ciò che è accaduto - l'incesto consumato col padre e il rifiuto del suo ruolo materno come possibile riscatto-espiazione - a determinare la decisione finale di Claretta. Solo dal padre, fascista irriducibile, bello come un attore del cinema nella sua divisa di federale, gettato dai partigiani nel fiume dopo una sommaria esecuzione, Claretta avrebbe potuto generare il figlio degno di sopravviverle. Il suo futuro, accettando lei consapevolmente il fardello di colpe che segnano il proprio vissuto, non potrebbe essere che l'esasperante ripetitività di atti esclusivamente meccanici, come meccanico è il trattore che, lei lo sa bene, finirà per distruggere anche l' ultimo possibile rifugio; cancellerà per sempre il luogo della memoria: "il posto degli aironi". E allora, respingendo un insopportabile domani, fatto di ore, di giorni, di anni, spogli di ogni coinvolgimento sentimentale, Claretta, dopo l'atto definitivo che la libera da ogni possibile ritorno sui suoi passi - l'uccisione di suo figlio, "una bambola rotta" - potrà finalmente ritrovare se stessa. Nel suo entrare come in sogno nelle acque del suo fiume, vero bagno catartico, si congiungerà al padre-amante, sarà per sempre, insieme a colui che l' ha generata, in un amplesso eterno di annullamento e di oblio.
Claretta che, quasi imprigionata in un film, ha vissuto in attesa che la trama cambiasse e diventasse, come in una pellicola di Cinecittà, una dorata realtà, dissoltasi in acqua essa stessa, libera da una fisicità che la opprimeva, potrà ritrovare finalmente, abbandonandosi all'abbraccio consolatore del Lete, la pace e il silenzio di un luogo dove anche "il rumore del trattore non è più che il ronzio di una mosca agonizzante sulla carta moschicida".
 

Alessandro Quasimodo

 

 
 
Il posto degli aironi
... se potessi avere mille lire a mese... - attacca brioso il cantante dalla radio incassata tra l'acquaio e la bocca del camino spalancata su uno sberleffo di brace - ... una casettina... una mogliettina....
Claretta s'irrigidisce tutta nel braccio teso contro la parete. La mano non si decide ad allentare la presa intorno alla ciabatta. Finalmente l'ha beccato quel maledetto zanzarone. Finalmente l'ha beccato... si ripete e il giovane corpo, infagottato in vestaglia e grembiule, le freme d'un riso che non arriva a sfogarsi alle labbra.
Zanzare, mosche, scarafaggi... lei le odia tutte quante quelle bestiacce! E quel maledetto tanfo...
S'annusa l'ascella: sa di pastone. Per quanto si lavi, tutto il suo corpo sa di pastone. Tutta la casa sa del pastone dei maiali. Un tanfo dolciastro: le dà la nausea...
Il braccio le ricade penzoloni lungo il fianco: sul muro resta l'impronta dell'insetto spiaccicato.
Ma che importa? Per quante mani di bianco ci passi sopra, le pareti di quella cucina trasudano sempre sporco, come una maledizione. Come in tutte le maledette cucine delle maledette cascine di quei maledetti posti. Come nella sua anima maledetta...
E quel maledetto trattore... quando come ora è giù in fondo all'argine - Claretta si gira verso la finestra, là dove il fiume tracima di nebbia - il trattore le risuona dentro come il ronzio d'una mosca agonizzante sulla carta moschicida.
Ma lei sa bene che quel rumore tornerà presto a farsi forte, sempre più forte, fino a scoppiarle dentro. Quella maledetta aratura è andata avanti tutta la notte e tutta la mattina e tutto il pomeriggio. Prima i poderi dei vicini, ed ora tocca a quello di suo marito Arnaldo.
La notte, quel maledetto trattore non ha fatto che passare e ripassare, alzare e affondare le lame nella terra, scalzarne le zolle. Inesorabile, a intervalli regolari.
E non è servito a niente stringersi il cuscino intorno alle orecchie, spalancare la bocca. Quel maledetto rumore ha continuato a scuoterla tutta, a strapparla al sonno ogni volta che finalmente le riusciva di chiudere le palpebre. Quelle maledette lame è come se le si affondassero in corpo: ché le boscaglie, le sponde selvagge del fiume sono un po' come una parte di lei, sono la sola consolazione che le resta, ed ora gliele porteranno via, gliele distruggono i trattori. "Bonifica", la chiamano loro, e intanto i luoghi che lei ha così tanto amato, in cui ha trovato il solo conforto a quella vita grama, persino la sua riva segreta - "il posto degli aironi" a solo qualche centinaio di metri da lì - divengono zolle per sterili piantagioni, geometrie ossessive di essenze estranee, e cave di ghiaia per farne cemento. Non ci sarà dunque più un posto dove acquetare le sue angosce...?!
Ma dovevano poi arare anche di notte?
"Così risparmiamo sulle spese...", le ha detto Arnaldo, che contadino davvero non c'è nato per sbaglio. Com'è invece successo a lei di diventare: contadina per sbaglio, e in quel posto fetido, lei che voleva andarsene a Roma a fare l'attrice! A Roma, a Cinecittà: gliel'aveva pur promesso suo padre. Quante volte non gliel'aveva detto: lei era la più bella piccola italiana che lui conosceva, "smagliante di vita"...
...una casettina... una mogliettina..., la incalza la radio.
Smagliante di vita... e ritrovarsi invece contadina in quel luogo fetido!
Eppure, Dio, come li ha amati una volta quegli stessi posti. I suoi avevano una villetta sul fiume, proprio là a poco più di un chilometro, lungo l'argine. Piccola piccola, ma tutta loro. E le vacanze e i fine settimana lei, sua madre e suo papà li passavano quasi tutti là. È là che ha imparato ad amare il fiume. Su una spiaggia nascosta dalle robinie e dagli arbusti, c'è una vecchia barca abbandonata a chiglia in su. Nuvole bianche sull'erba rosa, tutt'intorno svolazzano gli aironi. Il suo posto segreto: "il posto degli aironi...". L'ha scoperto da bambina, e da allora è sempre stato suo. E ci passa ore e ore appoggiata al fianco della barca, lo sguardo al fiume, e non si stanca mai di osservare quel mondo di terra, d'acqua e di cielo.
Il fiume lei ha imparato ad amarlo a primavera, quando le gocce di rugiada si raggrumano sugli steli teneri delle canne come gemme di cristallo; quando la pioggia rimbalza lieve sul fiume placido come se il cielo vi danzasse su in punta di piedi, e l'arcobaleno lo sovrasta come un ponte per gli angeli, l'accende di mille colori che vi ricadono dentro, ogni colore con la sua propria voce, un proprio bisbiglio che solo lei capisce.
Il fiume lei ha imparato ad amarlo d'estate: i mattini dorati quando la terra svapora tra le robinie sotto i raggi del primo sole. Strisce di fiume in secca, come ondine essiccate, increspate di bianca argilla. I suoi piedi nudi trovano senza esitare il giusto appiglio tra i sassi e si fanno avanti svelti verso la riva. La sabbia è così bianca, così piatta, così calda. Lei si accoccola e la sua mente echeggia solo dello sciacquìo dell'onda. Caccia la mano nell'acqua e la schiuma tra le dita spumeggia di azzurro, di ribollente eternità. Calde correnti le sfiorano le gambe e lei danza in mezzo a un'eco di cicale la sua danza segreta.
Davanti a lei il fiume se ne scorre rigonfio del caldo, è oro fuso su cui il sole rimbalza come una palla di fuoco che l'abbaglia e le impasta la lingua di salmastro mentre sulla riva opposta il paesaggio sfuma pigramente.
Le acque morte nella calura estiva: i suoi pensieri vi si adagiano su, indolenti, mentre il gregge di pecore ondeggia e i campanacci risuonano come un coro lontano di segreti riti.
Poi all'orizzonte il giorno d'estate si brucia nella notte: il sole esita basso e il tramonto incendia l'acqua in un fiume di lava e fuoco.
E la luna piena che risale impercettibilmente lenta - ragno d'argento - la trama leggera delle reti tese sulla riva...
Il fiume lei ha imparato ad amarlo d'autunno: sulla sabbia dove il ruscello vi si butta dentro gorgogliando, le anatre giacciono impoltronite e nascondono il becco sotto le ali.
Il fiume d'autunno è uno specchio d'argento appena increspato del vento, e riflette le canne e le sue gambe sottili...
Il tramonto d'autunno è rosso-sudicio, velato di foschia: un temporale che raccoglie le sue forze all'orizzonte...
Il fiume lei ha imparato ad amarlo d'inverno: l'aurora intirizzita lo veste di viola e di rosa; la neve ne rimbocca il letto in una coltre bianca, che albeggia leggermente azzurra: il fiume dorme e sogna di quando sarà mare.
Il cielo d'inverno crepita di stelle scese sulle sue sponde a abbeverarsi. Allo zenit la via lattea pulsa fredda e azzurra, una fiamma ossidrica che salda nello sguardo un attimo di eternità...
Sì, è proprio là al posto degli aironi che lei ha imparato ad amare il fiume per quel suo modo di farla sentire libera: una sensazione vertiginosa di libertà, l'infinito che la investe, come un fiume... Ma ora anche quei luoghi, le sue rive boscose, il suo rifugio, il posto degli aironi, glieli stanno scalzando via in quell'aratura che non da tregua, che sembra non avere mai fine...
Ma cosa ha mai fatto per meritarsi tutto questo?
Ritrovarsi contadina: dopo aver sognato Cinecittà... ritrovarsi contadina a vent'anni, e vecchia dentro!
Ma almeno così non se n'è dovuta andare a far la serva in città. Lei e sua madre con lei... La serva la sua mamma, che per tanti anni, giorno dopo giorno, s'era sempre fatta trovare impeccabile e elegante come una vera signora, dietro il bancone della loro piccola pasticceria al centro del paese!
Ma poi la guerra, la sconfitta, la fine: lei soltanto sedicenne, e sua madre vedova. Entrambe come stordite da eventi più grandi di loro. Sposare Arnaldo, l'unico a farsi avanti dopo tutto quello che è successo, è il solo modo per non fare la fame...
"Risparmiare sulle spese....". Ma sì, sì...! Perché mai la deve sempre trattare da bambina sciocca? È proprio ciò che Arnaldo ha sempre pensato di lei: una bimbetta viziata, cresciuta tra leccornie di pasticceria e sogni ad occhi aperti. E c'ha forse anche ragione. Sì, sì, lo sa bene anche lei che il pane bisogna pur tirarlo su per vivere. Ma la chiama vita, lui, quella...? Niente. Arnaldo le entra dentro, su e giù, su e giù, ci si strapazza sopra come se lei non sia lì e non abbia niente a che fare con lui e il suo venire roco, da maiale. E riprende a russare. Quella notte, come tutte le altre notti... È così che lui l'ha messa incinta, così che le ha fatto fare quel bambino dal testone grande quanto il suo. Praticamente se l'è fatto lui, tutto da solo. Ci s'è strapazzato sopra come se lei non ci fosse o non avesse niente a che fare con lui e il suo venire roco... Lei gliel'ha solo sfornato quel suo figlio, come un vitello delle sue maledette vacche... e che dolore! Un altro parto così e sarebbe morta, ne è certa.
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