Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Liliana Pettinato
Con questo racconto ha vinto il sesto premio all'edizione 2007 del Premio Marguerite Yourcenar.



Fenditure

Nina ha due bambini e qualche nodo in fondo al cuore.
La sera torna verso casa sillabando in silenzio. Un lieve mormorio sulle labbra ed un rumore di fondo nei pensieri.
A guardarla sotto le luci della strada, sembrerebbe che quell'ombra oscilli estranea al ritmo dei suoi passi affrettati. Ma uno sguardo più accorto noterebbe quel leggero agitarsi delle mani, che disegnano lo spazio come farfalle alla vigilia di un temporale.
Distinguerebbe, fra lo scompiglio dei capelli, le attese mutilate e l'ostinazione del naufrago.
 
Nina traccia il diagramma della sua giornata e di quella appresso. Spera nel riparo di un sogno durante la notte e nelle piccole mani dei suoi bambini.
Nina corre. A volte incespicando sui tacchi, altre sulle superfici sismiche della vita.
Mentre corre raccoglie le forze e le immagini migliori.
Sorride pensando alle sue mani grandi che la sollevano dal selciato dissestato della piazza del palio durante un viaggio lontano. A lui che guardava con tenerezza le sue mille fantasie. E le distrazioni quotidiane.
Ripensa a lui che, dopo un po', esigeva l'onore della vittoria persino dentro le mura domestiche. A lui che aveva cominciato ad usarla come specchio o come termine perdente di paragone.
A lui che se n'è andato via insieme alle vesti rosse di un fantasma di carne e di febbri ritrovate.
Nina rovista nel mosaico in frantumi della sua vita. Ormai conosce la tessera mancante.
La tessera mancante era già lì, sul divano che da mesi, ogni sera, ospitava i suoi sonni improvvisi. Lì, dove lei lo vedeva crollare sotto un ingorgo di stanchezza &endash; pensava - e di fatica quotidiana. Gli si sedeva accanto, sul tappeto, e in silenzio lo guardava dormire. Con un gesto della mano chiedeva ai bambini di non fare rumore. Papà ha bisogno di riposare. Guardava quella pelle bruna che avrebbe voluto ancora sfiorare, esplorare come un viaggiatore, come un visionario, col tocco appena accennato delle labbra, con la curiosità primordiale delle dita.
Certo non è possibile scrutare nell'inviolabilità dei sogni che non ci appartengono. Ma immaginarsi ancora dietro il sipario di quelle ciglia chiuse sì. Magari ogni tanto.
Bisognava poi mettere a letto i bambini. Il tempo per fantasticare sfumava in dissolvenza.
Da mesi, ogni sera.
E poi il bucato. Ogni indumento steso come bandiera del quotidiano. E poi la colazione e il pranzo del giorno dopo. Per nutrirli quei suoi tre ometti. Lui perché non si sentisse trascurato, i bimbi perché crescessero e gli somigliassero, come piccoli eredi di un profilo amato.
E poi di corsa, tutti a dormire, ciascuno nel suo letto. Tranne papà. Anche lei, con un po' di pazienza, da sola come su una spiaggia d'inverno. E il mattino dopo, in piedi, infreddolita da un'altra notte disabitata, ancora pronta ad inseguire il ritmo di un nuovo giorno. Accompagnare i bambini a scuola. Andare a lavorare. Le porte dell'Accademia aperte, per fare spazio ai giovani allievi. A loro bisogna suscitare uno sguardo altro, che affiori per accorgersi dei visi o degli oggetti come fosse la prima volta. Che veda di più fra il chiaro-scuro dei tratti.
Ogni giorno a tentare, senza darlo a vedere, di conciliare la fretta con quello sguardo. Di mistificare, sapendo che i pensieri corrono senza sosta.
Anche lui corre, al mattino presto col suo bisturi traccia sul ventre dei suoi pazienti il segno della salvezza.
Lui lo sa. Quando torna a casa le ricorda delle sue glorie e delle responsabilità. Le ricorda dei suoi impegni senza costrutto, trascorsi tra i colori a spennellare fantasie che non mettono al riparo dal dolore.
Anche quando è più di quel che potremmo sopportare. Sotto la lama impazzita del suo bisturi, lanciata diritta sulla sua esistenza. Traiettoria troppo infallibile per essere improvvisa.
La tessera mancante.
L'auto di Nina si ferma in mezzo al traffico. L'ora di punta, all'uscita da scuola. Il bambino accanto. Le mani abbarbicate al volante, strette per non precipitare, smunte per il sangue che non può scorrere dentro la morsa. Gli occhi spalancati sulla trasparenza del parabrezza, troppo nitido per nascondere la verità. Nina fissa i contorni a sorpresa del suo dolore. E, fuori, lì davanti a lei, naturali come la luce, assumono la linea snella di una giovane donna. I capelli biondi frastornati dal vento, le dita di lui fra le ciocche quasi sfiorassero un nido di pettirossi, l'altra mano a tenerle la vita, gli occhi con l'espressione dei sogni, la linea del sorriso come una curva di felicità. Lei muove passi leggeri accanto a lui, quasi di danza. Gli offre le perle del suo sorriso come un calice da bere.
Nina precipita immobile dentro al perimetro di quella tessera mancante.
Il bambino le siede accanto, con un'espressione di supplica negli occhi. Mamma, sei bellissima, le dice prendendole la mano.
 
Nina non può più fermarsi. Non adesso, non ancora. Il passato non vuole abbandonarla e le scaglia addosso i colpi incontenibili della memoria.
 
Nina corre verso casa con una piega amara sulle labbra ed un moto di stupore fra le dita.
Corre scansando le buche del lastricato, apertesi in un istante a tradimento.
A volte cade. E una nebulosa di corpi opachi le si chiude sul capo.
Altre ci prova. Salta la sorpresa di un crepaccio sognando un'altra vita.
 
Nina corre senza segni sulla pelle. Ed una ruga sul cuore.

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 Ins. 30-11-2007