Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Juri Toffanin
Con questo racconto ha vinto il nono premio del concorso Fonòpoli - Parole in movimento 2001-2002, sezione narrativa
Professione: Rosso Cremisi
 
C'è poco da dire, a riguardo: timido è timido, eccome. Qualsiasi cosa gli accada riesce a metterlo in imbarazzo.
Sudava freddo quando o professori lo chiamavano alla lavagna e abbassava il capo se un automobilista lo insultava mentre cercava di attraversare le strisce pedo,ali. Ma era nell'arrossire che riusciva ad esprimere fino in fondo il suo indiscutibile talento. Era capace di raggiungere decine di sfumature diverse, a seconda che il disagio derivasse dalle proposte ardite di una fanciulla o dal complimento di una zia, dall'essere inciampato in mezzo ai tavoli della mensa o dall'aver ciccato una palla durante una partita tra amici.
Era una peculiarità che coltivava dall'età di sedici mesi, quando inghiottì una chicco d'uva che gli restò in gola. Per fortuna la madre s'accorse in tempo del dramma che si stava consumando e, con un ceffone sulla schiena, fece schizzare l'acino lontano dalla bocca del bambino e, consolandolo, riuscì a riportarlo ad una colorito decente.
Col passare degli anni cominciò a fare qualche pensierino sul futuro. Ma non aveva ancora le idee chiare e la cosa cadde lì.
In terza elementare, mentre un bullo lo teneva a terra con un ginocchio nella pancia e le mani attorno al collo, una compagna domandò loro che le usassero la la cortesia di rimanere immobili, corse dalla maestra e la trascinò sul posto per chiederle quale fosse il nome preciso del colore che aveva pervaso il volto del poveretto.
-Cremisi, mia cara, si chiama rosso cremisi- rispose maternamente l'insegnante, carezzando i capelli della piccola.
-Bene, ora me lo segno, così domani la mamma me lo compra e posso colorare il naso del mio pagliaccio- sussurrò la bambina, zompettando via senza nemmeno dire grazie.
Una Volta lberato dalla morsa, pianse per ore, vomitò per tutto il dì e passò la notte a rigirarsi nel letto, ipnotizzato dal ticchettio della sveglia che, sommessamente, pareva scandire all'infinito quelle due parole: rosso cremisi…rosso cremisi…rosso cremisi…
 
Gli anni passarono, ma quel ticchettio no. Dovette accantonare gli studi per prestare il servizio militare. Fu un inferno: non c'era commilitone che non si prendesse gioco di lui o graduato che perdesse una sola occasione per infierire sulla sua timidezza. Una notte fu sorpreso a dormire durante la guardia. Destatosi, si vergognò al punto che gli venne dato un mese di consegna per aver agevolato il nemico illuminando la torretta.
La naja fu dura ma, bene o male, si concluse pure lui. A ventinove anni, dopo essersi laureato e aver atteso invano per qualche mese che il lavoro lo cercasse, prese la solenne decisione.
-Farò il semaforo!- esclamò una sera a tavola, mentre i genitori sorseggiavano una saporitissima minestra di verdure.
Nemmeno staccarono gli occhi dallo schermo, quei due.
Prese il telecomando e azzerò l'audio del televisore.
-Farò il semaforo, chiaro?- urlò afferrando una bottiglia e tirandola in testa al padre, che si limitò a rispondere, pacato: -Fai un po' quel cacchio che ti pare… Cara, ti dispiace alzare il volume?
Mortificato, uscì dalla cucina rosso in volto e nero dentro.
Giurò a se stesso che avrebbe fatto di testa sua -Farò il semaforo!- ringhiò di nuovo, fermandosi sui suoi passi. Dalla cucina giunse, cara, la voce calda della amdre: -Hai sentito cosa ha detto tuo padre? Fai quel cacchio che ti pare…
 
L'indomani scrisse una lettera all'assessore all'urbanistica, sleccò busta e francobollo e imbucò il tutto nella cassetta della posta. Rapito improvvisamente da un dettaglio, rimase immobile per dieci minuti a contemplare il contenitore rosso fuoco, impassibile. Quindi fece un profondo respiroe trattenne il fiato.
Con un cenno deciso fermò una coppia di anziane e col dito fece loro intendere che lo osservassero in viso. Poi, sempre a gesti, le invitò a confrontare il colore del volto con quello dalla buca delle lettere. Infine sbuffò, riprese fiato, tirò una profonda boccata d'aria, a pieni polmoni, e chiesealle donne se avessero notato quanto il suo rossore fosse più intenso di quello della cassa di metallo.
-Notevole giovanotto- fecero placide. -Davvero notevole.
- Voglio fare il semaforo! -esclamò allora lui, tutto entusiasta, sfornando un sorriso a trecentosessanta gradi.
-Faccia unn po' quel cacchio che le pare giovanotto!- dissero in coro e si presero sottobraccio per rimettersi al passeggio.
Ci rimase un po' male, ma gli passò presto: ormai quel commento cominciava a suonargli familiare.
 
Passarono le settimane, e quando ormai si stacva dando per spacciato ricevette una convocazione dall'ufficio dell'assessore.
La notte non dormì, assediato dall'emozione. Ripeteva e ripeteva le frasi di saluto e mandava a memoria tutte le espressioni di circostanza che avrebbero potuto aiutarlo a perorare la causa.
Quando entrò nell'ufficio dell'assessore, si trovò schierati di fronte il Sindaco, con tanto di fascia tricolore, il Comandante della Polizia Municipale, il Capo dei Pompieri e l'assessore in persona.
-S'accomodi- lo invitò quest'ultimo, imbarazzandolo -La sua richiesta è un po' anomala, ma le confesso che ci ha incuriositi? Sa coi tempi che corrono e il bilancio che ci ritroviamo…
-Un bilancio in rosso!- proruppe il Capo dei Pompieri, interrompendolo. Tutti risero di gusto e il Sindaco si alzò dalla poltrona per stingere la mano all'autore della vivace battuta. Anche gli altri si congratularono, a rotazione.
-Dicevo- proseguì l'assessore -che coi tempi che corrono per noi è diventato doveroso prestare la più meticolosa attenzione a tutte le voci di bilancio e risparmiare su tutto, compresa la corrente deii semafori. Si preparano grandi tagli, e i cittadini dovranno stringere un poco la conghia- e così dicendo fece una smorfia di indicibile cordoglio. Poi proseguì; -Se lei fosse perciò così gentile da mostrarci quel che dice di saper fare e fosse disposto ad accettare uno stipendio, per così dire simbolico- e cercò il consenso dei presenti, che fecero di sì col capo, a occhi chiusi -allora potremmo prendere seriamente in considerazione la sua proposta.
Il Sindaco s'alzò in piedi e accennò un applauso, compiacendosi per quelle parole così chiare e puntuali, di facile assimilazione anche da parte del cittadinp non avvezzo alle faccende tecniche? L'assessore si schermì, invitando le altre autorità a rimanere pure sedute.
Lui accettò: non attendeva altro che un occasione, e l'occasione era lì, davanti ai suoi occhi, prendere o lasciare.
Lo misero subito alla prova. A turno i quattro dignitari indicavano questo o quell'oggetto rosso che si trovava nell'ufficio e lui, dopo breve raccoglimanto in assoluta concentrazione, si lanciava nello sforzo di raggiungere l'esatta tonalità didel colore dell'oggetto prescelto. Al culmine di quell'impeto quasi agonistico, l'aspirante semaforo strabiliò gli interlocutori, imitando alla perfezione il tono purpureo della papalina indossata dal cardinale zio dell'assessore, presente nella stanza sotto forma di fotografia collocata in bella mostra sulla scrivania.
Quell'ultima dimostrazione, peraltro non richiesta, impressionò i giudici al punto che decisero all'istante di mettere fine alla prova.
Poteva bastare così. Tra applausi, abbracci e fischi all'americana, al giovane venne subito notificata l'immediata ssunzione.
Lui pianse, e lasciò l'ufficiodell'assessore, felice. Felice come forse non lo era mai stato in tutta la sua vita.
 
Come primo incaricò gli è stato assegnato l'incrocio tra Via Roma e Corso Ardenne, nodo nevralgico del traffico cittadino. Nei giorni di gran confusione, quando è impossibile raggiungere la concentrazione per ottenere la tonalità di rosso adatta a svolgere il lavoro, gli viene affiancato un vigile urabano, incaricato di ripetergli, ogni quarantacinque secondi :- Hai il pisello che esce dalla patta!-
Allora lui arrossisce a puntino. Poi, per riportarlo al normale incarnato, il vigile gli sussurra che si è trattato solo di uno scherzo.
Diciamolo pure: il suo punto debole è il verde?
Per i primi tempi i geometri dell Ufficio Tecnico hanno chiuso un occhio, lasciando che il semaforo si limitasse semplicemente a segnalare il rosso e il non-rosso. Ma è giunto il momento di mettersi in regola con la normativa europea e gli è stato imposto di seguire un corso, in cui gli vengono date lezioni i verde.
 
Ieri mattina, mentre era in servizio, ha intravisto da lontano la zia Assunta, che attendeva l'autobus alla fermata.
-Ehi, zia!- l'ha chiamata, tutto gaio. -Visto? Faccio il semaforo…
-Fai un po' quel cacchio che ti pare!- gli ha risposto la zia, facendo segno all'autista di accostare.
Lui non se l'è presa. Ha sorriso, ed è tornato a concentrarsi sul lavoro, mentre l'autobus rombava all'orizzonte.
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 Ins. 03-10-2002