Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Juan José Maria Gimenez
Con questo racconto ha vinto il sesto premio del concorso Concorso Letterario Marguerite Yourcenar 2000 sezione narrativa
 
L'elefante non dimentica
 
Era un tenebroso giovedì sera e novembre colava giù dagli edifici; tutto annunciava una serata piuttosto tranquilla.
La grossa berlina grigio scuro, attraversava l'ultimo incrocio che la separava dalla galleria del ricevimento. L'autista Rashid conduceva a fatica l'auto tra l'intensa pioggia opaca ed il caotico traffico serale.
Nessuno aveva pronunziato una sola parola, ma era consuetudine.
Lui era seduto comodamente sui sedili posteriori, immobile osservava il cemento nero e lucido: gli sembrava vivo.
Nell'istante in cui la mano destra accarezzava il suo corrispettivo ginocchio, Rashid interrompeva quel lungo silenzio meditativo:
"Siamo arrivati sig. Suerte!".
Il tempo di curvare il collo che a lato della portiera posteriore si era piazzata una signorina in soprabito chiaro, che agitava la mano, tenendo nell'altra un grosso ombrello nero.
"Rashid, hai la serata libera, la macchina portala via con te, questo sono l'extra per stasera, non bere troppo, ci vediamo domani".
Elencò Ernesto Suerte, pittore cileno trapiantato a Venezia.
"Grazie..." Aveva balbettato l'autista nella solitudine di una macchina vuota.
"Sono felicissima d'incontrarla sig. Suerte, tutti la stanno attendendo". Erano le parole che lo accompagnarono dalla vettura all'ingresso della galleria. Una scrollata all'ombrello fuori la porta, poi definitivamente dentro. Lungo il corridoio della moquette rossa, lui avanzava insieme al suo bastone in ebano con la testa di giaguaro e la sua gamba artificiale, col far sicuro di chi sa il fatto suo.
Per l'occasione non aveva fatto neanche la barba.
Troppa gente questa sera, la maggior parte di loro mi vedrà per la prima volta e farà finta di conoscermi, pensava.
Sinceramente era la minima parte di tutto quello che rovesciava sin dal pomeriggio, in quella cava a forma di testa.
Qualcuno si accorse del suo arrivo ed il brusio si fece più intenso, straripando in un applauso naturale che stranamente lo commosse. La sala crepitava.
Lui sorrideva con il giaguaro in mano.
Dopo pochi minuti, nauseato dai soliti complimenti si era spostato verso il tavolo del rinfresco, con l'aria di chi ha bisogno di appartarsi per non vomitare in mezzo alla sala; mentre automaticamente portava la sua gamba dietro l'altra, continuava a domandarsi il perché non avesse optato per la solita serata in solitudine, a casa, degustando qualcosa e fumando una delle sue sette pipe, magari cariche d'erba, ascoltando l'intreccio musicale di Bach.
Solo punch al mandarino, ma che razza di rinfresco è questo?
Prese la bottiglia di minerale e se ne servì un bicchiere.
Sentiva il gorgogliare dell'acqua e la sua testa si era allontanata di un paio di continenti. Si capiva da quella ruga di fianco alla bocca, simile alla smorfia per un morso d'asino.
"Mi scusi, io volevo veramente complimentarmi con lei, non credo che possa capire, io la ringrazio per quello che fa, insomma, lei senza saperlo mi dà la forza, non so se mi comprende".
"Lei si preoccupa troppo di farsi capire e lascia perdere l'istinto. Si ricordi una cosa..." schiocco di dita, s.o.s.
"Laura, mi chiamo Laura".
"Beh... Laura, si ricordi che può risultare fondamentale seguire il proprio istinto, e comunque la ringrazio per avermi aspettato con l'ombrello. Se non sono bagnato lo devo a lei". Disse lui con tono molto formale.
Addosso Laura non aveva più l'impermeabile chiaro, e lui la stava a guardare, fissandola e senza aspettare che la conversazione continuasse.
Quanti anni aveva e perché lo stava aspettando fuori con l'ombrello scuro come il cemento?
"A che ora la vengono a prendere?".
"Me ne andrò in taxi fra poco". Esternò Ernesto ammiccando una sottile complicità, che lasciò anche lui un po' spiazzato.
"Vuole per caso fingere un malore?". Sorrideva come una bimba.
"Bell'idea".
"Non sia sciocco, non la lasceranno mai andare via in taxi se si dovesse sentire male. La adorano tutti, se n'è mai accorto? Facciamo così, lei finge qualche fitta intercostale, ed io poi penso ad accompagnarla con la mia macchina. Sempre se non le dispiace".
Era una scheggia, mentre pensava cosa rispondere, la sua bocca pronunciò un "perché no?".
L'ultimo sorso di minerale, quasi a prendere coscienza di una probabile ambiguità in una situazione normale; "di prassi", avrebbe detto Carlo Mentarini, suo unico amico e responsabile delle sue pubbliche relazioni.
Mentre nella sala di quadri poco brillanti l'aria si riempiva di un mormorio di commenti, Ernesto stava entrando a fatica dentro l'auto non troppo piccola ma decisamente più scomoda della sua.
Si sentiva un ragazzino, era eccitato come quando aveva conosciuto sua moglie, defunta insieme alla gamba in un incidente stradale.
Lui non guidava, le stava accanto, nei sedili posteriori.
L'anima di un uomo poteva scindersi dal proprio corpo ed Ernesto Suerte ne era la prova vivente.
"Ma si sente bene?". Quasi squittì Laura.
"Certo, stavo pensando a dove potrebbero essere le chiavi di casa!".
"Spero che non si offenda se le chiedo di entrare a casa sua, tanto per non terminare il sabato sera in questo modo".
"Lei lo sa che io ho una gamba artificiale?".
"Certo, crede che voglia venire a letto con lei?".
"Mi scusi, è che sono un po' stanco: un bicchierino con qualcuno non può farmi che bene".
"Non frequenta molta gente, vero?".
"La gente mi schifisce, frequento poche persone".
Dopo di che silenzio.
Probabilmente erano soddisfatti di ciò che si erano detti, e stavano godendo la regolarità ed il rispetto del loro incontro.
La strada, asfaltata d'acqua, sembrava essersi allungata, ed il tempo dilatatosi rendeva i silenzi più partecipi.
Si trovavano già nel salone della grande casa, spuntata in mezzo al verde come un fungo, non commestibile.
Al centro della stanza dominava una grande scrivania di legno scuro, piena di carte. Sopra di queste, un sasso, delle dimensioni di un melone: un fermacarte a forma di elefante.
"Sembra un elefante!". Indicò Laura con l'indice, sottile, bianco, dito curioso.
"La sala dove bere qualcosa è da questa parte".
Fece andare avanti la ragazza minuta, dal soprabito chiaro, perché si agitava quando qualcuno lo seguiva e poteva osservarlo.
Lei camminava a testa in su, studiando il soffitto affrescato, stringendo le braccia incrociate al petto, sperando di trovare un camino acceso, perché lì dentro l'aria sembrava gelida.
Entrarono in una stanza più piccola che deludeva il gran corridoio. Sorpresa e contenta si sedette sul divano trapuntato di velluto bordeaux, di fronte al camino stranamente acceso, quasi scenografico.
"Rahid deve essere già rientrato". Spiegò indicando il camino.
"È stupendo... lei è un uomo fortunato". Disse lei con il naso ancora all'insù.
"Ti prego chiamami per nome, ma soprattutto non credere mai a ciò che vedi".
Si era fermato di fronte ad un tavolino basso e rotondo, il legno con cui era costituito sembrava perdersi nella quantità d'alcolici che lo sormontavano.
Ernesto ammiccò un sorriso in direzione del suo ospite, disse che era abituato a berlo liscio, precisando che la pancia che si presentava prima della sua persona non era dovuta al Whiskey, ma al fatto che apparteneva a forchette troppo viziose.
Lei rispose assecondando ogni sua dichiarazione, sostenendo d'avere problemi di linea e di rischiare lo sfascio totale se si dovesse far guidare dalla propria gola.
"Ti dispiace se mi metto comodo?".
"Ti pare? Anzi volevo chiederti se mi potevo togliere le scarpe".
"Okay, intanto potrei mettere su un po' di musica, hai preferenze..."
"Qualcosa d'inglese".
Lui zoppicò sino alla fine della stanza, dalla parte opposta del camino, frugò qualche secondo nella libreria infestata da materiale audio, video e carta stampata, si girò di scatto dicendo solamente:
"SMITHS!".
Un piccolo stereo prese vita; "This Charming Man" accompagnava fuori lo zoppicante pittore.
Alla fine della seconda traccia, mentre Laura terminava di mettere due tronchetti di legna dentro il camino, Ernesto entrò in stampelle, senza la metà della gamba destra. Solo dopo qualche secondo Laura notò il suo pigiama blu, pigiama in doppio petto.
"Ti senti in imbarazzo?". Disse lui, sperando non la prendesse come una provocazione, perché si divertiva a farlo.
"No, scherzò. Che hai fatto?".
Altro Whiskey, disse lui, mentre lei si apprestava a sedersi sul divano bordeaux.
Lo guardava in volto senza preoccupare il suo animo di sembrare scortese e notò per la seconda volta quella ruga incontrata al tavolo rinfreschi.
"Mia moglie stava per partorire; io ed un giornalista che mi stava intervistando a casa correvamo veloci nel traffico di mezza sera per portarla in ospedale: erano passati quasi sette minuti da quando le si erano rotte le acque, c'era tutto il tempo ma lui continuava a correre come un pazzo. Io ero eccitato, fatto d'adrenalina, la velocità m'infastidiva, solo perché preoccupava mia moglie. Aveva iniziato ad urlare all'uomo al volante, che continuava a correre come un pazzo ripetendo di non preoccuparsi perché aveva il patentino da pilota...
Esplosi dopo che mia moglie mi ferì l'occhio facendolo sanguinare.
Il giornalista guardò nello specchietto retrovisore giusto il tempo per far fondere la macchina attorno ad un albero, o un lampione, non ricordo. Mia moglie sul cofano a pancia in giù, il giornalista di fianco alla macchina che si lamentava, io ero uscito vomitando sangue dalle orecchie e in queste condizioni".
Il dito indicò il divano di fianco alla gamba sinistra.
"Io mi scuso, ti prego perdonami, hai tutto il mio rispetto, scusa".
Disse lei cercando di non scusarsi nuovamente per non doverlo rifare. Lo aveva abbracciato, commossa, sola, anche Rashid non era mai rincasato.
"Servo un altro goccio".
"Bene, può essere utile". La voce era la sua ma Ernesto fece difficoltà a riconoscersi.
Traccia 12: "Some girls are bigger than others".
Alle volte perdo la ragione, e faccio cose che in altri momenti reputerei devastantemente compromettenti, tanto da poter vessare tutta la passione per la pittura, mi mangerei una valigetta di colori ad olio, m'inietterei acrilico in vena... morte sicura e veloce. Ma me ne sono sempre fregato della velocità e della morte. Forse non sempre, ma in tutto questo tempo ho definito che la morte è come una vincita... se la cerchi è difficile che ti venga incontro.
Sapeva di naufragare e ne conosceva anche il motivo: il bacio umido, morbido, caldo quanto il camino, al Whiskey, inalato, inaspettato, lo fece quasi gemere.
Il bicchiere che con un lancio atletico si sarebbe dovuto infilare dentro il camino, si era sbriciolato sul lato sinistro dello stesso, rendendo impraticabile il suolo per tutta l'ampiezza del divano.
Ernesto Suerte: condannato a sudare per togliersi i vestiti di dosso.
 
Il sangue cola giù dal cofano dell'autovettura, quasi sente il vagito provenire dal motore, abbracciato al palo più solido di questa terra.
Non dovevamo essere già arrivati?
Respira ti prego, non mi senti? Respira e girati che ti fai male, Amore ti stai schiacciando la pancia.
Il fumo, la gente che passa indica e poi riparte, una rondine si nutre della placenta come un avvoltoio: fragole rosse fatte poltiglia.
Non riesci a girarti?
Il giornalista idiota parla di colpe, lui ha famiglia, ripete. Striscia chiedendo scusa.
Non ti avvicinare, testarda testa di cazzo, non mi tirare... dove sta la mia gamba?
Il cemento è liquido, porpora, fumante di sangue. Questo è l'ultimo "mi dispiace" che pronuncia questo nano baffuto lacchè di belzebù, che ora sfoggia in mezzo alla fronte una grossa pietra, incastrata nel cranio come fosse preziosa.
La pietra a forma d'elefante accucciato, ritorna nella mano del Davide ormai zoppo, per sparire con un balzo al lato della strada, nella savana d'erbacce.
Prima di rimbalzare per l'ultima volta, un barrito assordante si miscela ad urla spettrali e disumane del dolore, alimentato dal ferroso e dolciastro sapore di denso sangue.
 
Elefanti, urla, rondini carnivore, si leggevano scritte con il sudore nel pigiama poggiato sul petto nudo d'Ernesto.
La stanza era vuota di lei, ma la luce chiara del giorno spazzava via la paura degli incubi intrapresi in solitaria.
Echeggiava il barrito del sasso elefante, ma era solo il telefono, nella stanza della grande scrivania.
"Pronto". Grugnì Ernesto.
"Ciao, sono lo stronzo che gestisce le tue pubbliche relazioni, nonché il tuo unico amico. Ho saputo che ieri sera te la sei svignata con la figlia del gallerista: era incazzato nero, pensa che per calmarlo ho dovuto raccontare che oltre che zoppo sei anche impotente. In ogni modo è andata benissimo. Sono subito da te".
"Oggi no Carlo". Chiuse il telefono.
L'unico piede che aveva pralinato al vetro; ci mise circa un'ora per estrarne i pezzi dalla pianta.
Giusto il tempo di ricapitolare.
Poi si girò verso la sinistra, fissò il sasso guardiano di carte e vide che vi era attaccato un post-it, con sopra scritto:
"Preparati per le 21,15, passo io. Baci, Laura".
Davanti allo specchio ascoltava il suo riflesso che continuava a spiegargli che nell'universo le cose andavano così:
l'uomo muore, una stella collassa,
l'uomo uccide, un buco nero si succhia un astro,
un pittore intraprende una nuova strada, un sole esplode e crea il caos.
La solita ruga aveva trovato compagnia, accoglievano le estremità di un sorriso, spontaneo proprio come il caos.
 
Concorso Marguerite Yourcenar 2000 a sez. narrativa  
 
PER COMUNICARE CON L'AUTORE speditegli una lettera presso «Il Club degli autori, cas.post. 68, 20077 MELEGNANO (Mi)». Allegate Lit. 3.000 in francobolli per contributo spese postali e di segreteria provvederemo a inoltrargliela.
Non chiedeteci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2000 Il club degli autori, Juan José Maria Gimenez
Per comunicare con il Club degli autori: info@club.it
 
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 

IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |

agg. 3 novembre 2000