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Gaetano Maiorino
Ha pubblicato il libro

Gaetano Maiorino - Come la felicità


 
 
 
 
  
 
 
 
 
Collana I salici (narrativa)
 
14x20,5 - pp. 80 - Euro 7,50
 
ISBN 88-6037-156-2
 
 
  

In copertina
disegno di Ida Annarumma
Prefazione
Incipit 


Prefazione
 

"La cosa più affascinante della vita sono gli incontri"

(G.M.)

 
 
 
C'era una volta un lettore, che amava rileggere i libri appena terminati all'incontrario, sì, proprio dalla fine all'inizio, dall'ultima alla prima parola. A chi lo tacciava, sogghignando neanche troppo velatamente, di essere per lo meno un po' bizzarro, questi rispondeva senza scomporsi che tutto si capirebbe meglio se si cominciasse dalla fine, anzi, più di ogni altra cosa si comprenderebbe meglio la Vita proprio partendo dalla sua ultima battuta. "Se un libro non merita di essere riletto cominciando dalla fine, non merita nemmeno di essere letto", soggiungeva solenne, "e rido di coloro che non leggono un libro o non vedono un film perché già sanno come va a finire: non capiranno mai cos'è una Storia, cos'è il Tempo, cos'è la Vita!".
Ogni prefazione, in realtà, è un cominciare dalla fine. Perché chi la scrive ha già letto il libro. A questo punto, caro lettore, ti suggerirei proprio di lasciar perdere la prefazione e di tuffarti nella lettura di queste storie, che, lo vedrai, ti avvinceranno al punto che desidererai davvero, per assaporarle fino in fondo, rileggerle... all'incontrario.
Dunque, ci vediamo più tardi, quando, se vorrai, ritornerai alla presentazione.
 
...O
 
 
Ah, rieccoti! Che ti dicevo? Ne è valsa la pena. Hai letto e riletto d'un fiato.
Hai incontrato storie di uomini e donne qualunque che custodiscono tesori di vita, raccontate con mano leggera e profonda insieme. Storie che si staccano per un attimo dal bianco del fondo per vivere nella magia di una scrittura essenziale nella sua naturalezza, divenendo creature di carne, delle quali hai sentito il calore.
Hai raccolto frammenti di umanità vera e ti sei emozionato quando il respiro del racconto ti ha condotto nel cuore di un'esistenza al suo culmine, sorprendendoti con un epilogo inatteso.
Hai sorriso alla lieve ironia che, quasi con pudore, sta a velare dolori scavati dagli anni, d'un tratto colmati dalla fantasia della vita.
E, su tutto, ti sei imbattuto nel Tempo, signore della storia e delle storie, che si svolgono nel tempo e lo presuppongono, nel loro dispiegarsi come narrazione da un prima ad un poi, che, però, il giovane autore si diverte sapientemente a smontare, a rimescolare, in un andirivieni fra passato e presente che rende il racconto quasi un'inchiesta, costruita per indizi e tracce, un puzzle di tessere che si ricombinano solo con l'ultima parola, o con l'assenza di essa, impossibile.
 
Chi ha scritto queste righe introduttive è solo uno dei tanti lettori che, giunti all'epilogo, ha ricominciato, stregato dal misterioso fascino del Tempo e della Vita, a rileggere dalla fine queste storie, per accorgersi solo allora che nessun particolare era un caso!
 

Teresa Staiano

 



Come la felicità
 
 
 
 
Vai sempre alla ricerca dell'Emozione... di ciò che non hai... di ciò che desideri con tutte le tue forze.
Vivi per l'Emozione... cercala; scovala; inseguila. Aggrappati a Lei... e se ti sfugge non lasciarti andare... Rincorrila! Afferrala; tienila stretta... consumala fino in fondo... prendi tutto da Lei... dalle tutto te stesso.
L'Emozione è un sorriso o uno sguardo... che non ti incrocia o incontra, - sarebbe null'altro che uno sguardo o un sorriso - ma ti investe, ti travolge e ti trascina via... ed è inutile ogni tentativo di opporti o resistere... non puoi riuscirci. L'Emozione è un respiro... un soffio leggero capace di tramutarsi in tempesta dentro di te... l'Emozione ti estranea dal mondo che ti sta attorno... vita o morte... mare o deserto... non vedi più nulla! Non puoi guardarla negli occhi. È luce, abbagliante riflesso, ne senti la forza... ti riempie l'anima e non vuoi nient'altro.
 

Come il dolore
 

Il sarto
 
 
 
1
 
 
Ellermond è gelida stasera. Una volta camminavo qui ogni giorno. Erano anni che non ci tornavo, ma ora sono felice di essere nel mio paese. Quando passeggi su questa strada vedi il tramonto lontano appena dietro ai monti. Sì, proprio al centro come se due braccia di pietra si aprissero e accogliessero il sole stanco, rinfrancato da tanto affetto. Poi scompare, le braccia si richiudono svelte, non dura che uno o due minuti. È spettacolare, non ho mai visto nulla di più bello e perfetto. Nessun uomo lo potrebbe concepire.
È bello essere di nuovo qui. È qui che è iniziato il mio viaggio; è qui che ho visto per la prima volta mia madre, anche se non posso ricordarla; è qui che ho conosciuto i miei primi amici, che faranno ora?
Tutto è fermo in questo posto, come se il tempo non si muovesse più. Nemmeno l'orologio della torre va più avanti: le 4:11, pomeriggio! Ma se siamo al tramonto...
Ancora di ghiaia queste vie, forse si è fermato anche il progresso fuori di qui. C'è un qualcosa di primitivo, anzi no, primordiale; come se tutto potesse ripartire da qui: un giorno, una storia, un viaggio, un cuore, una vita.
Sospiri.
Ancora lasciano i panni ad asciugare al sole sulle corde tese tra finestra e finestra. Le legano appena sopra le teste dei passanti, con un filo sottile ma che ha una forza impensata. Chissà che succederebbe se si spezzasse. Forse quello che succede ogni vita, il tuo filo si spezza, il tuo vestito cade, si infanga, si lava, si rammenda e si tira avanti...finché non si spezza di nuovo...
È bello essere qui. Al tramonto è tutto perfetto, sembra divino. È qui che ho guardato la prima stella cadere, è qui che ho espresso il mio primo desiderio. A pensarci bene si è avverato, anche se solo in parte, sono partito. Non volevo più restare a Ellermond... e pensare che ora non desidero altro... per sempre.
 

2
 
 
Dio come pesa questa borsa, forse se provo su una sola spalla... ahi! È peggio! Non pensavo facesse così male... laggiù ci sono dei ragazzini, magari mi danno una mano.
"Ehi tu..."
"Sì... vieni qui..."
"Lo vuoi un soldo?"
"Due?! Sei caro!..."
"Ok prendi da questo lato la borsa..."
"Bravo. Ora andiamo: tu tieni da quel lato e io dall'altro"
"Sì, benissimo..."
"Quanti anni hai?"
"Ormai sei grande... e come ti chiami?"
"Che nome strano..."
"Te lo dicono tutti? Bè è un po' insolito, non me ne volere Telmio..."
Mi somiglia, ha anche la mia stessa età quando sono partito, tredici anni...magari vuol partire anche lui. Tornerà prima o poi, tutti tornano indietro, per loro volontà o per...
"Io? Da Matinale, a nord... è una grande città"
"No, molto più grande di qui. Ellermond è un paesino ormai"
"Non sei mai stato oltre i monti?"
"Sì i monti dove dorme il sole"
"Bè, lì dietro, dopo altre due colline e un fiume c'è Matinale... bel posto, un po' caro e freddo però..."
"No, non freddo come qui, è diverso... qui il freddo lo senti sulla pelle, lì non lo senti così, lo senti sotto... dentro"
"Sì, hai ragione è proprio gelido..."
Sorrisi.
"Siamo quasi arrivati, la casa dei Fànders è ancora lì dietro alla fine della strada? Sì? È lì che dobbiamo andare, sei stanco?"
"Dai, un ultimo sforzo"
"Sì, Màrcel Fànders... no, non Marcèl, Màrcel..."
"Un nipote del vecchio Doge, lo conosci Doge Fànders?"
"Non eri ancora nato forse... ci siamo ecco!"
"Tieni Telmio ecco tre soldi e grazie per l'aiuto"
"No, no, te lo sei guadagnato... ciao"
Caro ragazzo, simpatico e socievole. Ora mettiamoci all'opera. Queste serrature antiche di ferro e ottone sono così arrugginite che ho paura di spezzare tutto con la chiave. Meno male si apre. Uff... dovrò aprire un po' le finestre, qui c'è puzza di muffa e ragnatele ovunque... a pensarci bene forse possono anche restare chiuse, magari apro solo un po' questa che dà sulla strada. Il posto è perfetto, la sala da pranzo andrà bene. Vediamo se accendendo i lumi c'è abbastanza luce... sì, stupendo. Mettiamo a posto la sedia e poi dritto in chiesa...

 
3
 
 
Chissà se troverò ancora qualcuno a quest'ora. Il sole è già a letto, si sono svegliate le stelle. Dicono che Marte sia molto vicino stasera, forse è quell'astro lassù, uno così luminoso non l'avevo mai visto. Giallo acceso, una luce splendente...
"Ops... mi scusi"
Devo smetterla di camminare col naso per aria. Ma è così tenue e soffice questo manto di stelle che mi sento rapire e non posso non alzare gli occhi a quel buio luccicante. Meglio che mi fermi. Freddo questo scalino. È davvero infame vedere solo ora dopo tanto tempo. È così naturale e così straordinario insieme. Quando sei vivo non ci fai caso, non ti serve guardare, non hai tempo, devi vivere, mica si può stare con la testa fra le nuvole?!... eppure è così bello. Eccone una che sfreccia! È durato un attimo... mio Dio! Un... un desiderio... ho bisogno di un desiderio! Mio Dio! ...non ne ho...
"Signore la prego esprima un desiderio..."
"No, non abbia paura, ho solo visto una cometa e non ho un desiderio pronto!"
"Sì, l'ho vista io, ma magari si avvera anche se il desiderio è suo..."
"Ah capisco... non ci crede a queste cose... ok mi scusi... buonasera"
Si può non credere ai sogni... si può non averne più...
 

4
 
 
Dietro il Palazzo Ducale che fa a angolo con il corso Terzo la strada sale un po' fino alla prima traversa. Poi girando verso il municipio torna in discesa... qui a Ellermond è tutto così, non si sa bene che strada prendi finché non la prendi, si sale, si scende, così come viene, nessuna previsione possibile. Prima della chiesa circa a duecento metri a destra c'è uno spiazzo molto ampio. Ogni venerdì mattina c'era il mercato. Si animava di urla e di suoni per almeno sei ore, dalle sette all'una. Era sempre così. Tempo pigro...
Da bambino ci andavo spesso, invece di andare a scuola giravo con i miei amici tra i banchi degli ambulanti e le loro stoffe appese ai tetti bassi di legno e lamiera. C'era un profumo forte di caffè bollito, penetrante, veniva da un piccolo presidio di uno dei tanti mercanti che si fermavano qui. Era un piccolo tavolino con sopra aghi, ditali e bottoni, rinchiusi in scatole di latta di biscotti antichi. Il padrone si chiamava Moham, pelle scura e occhi neri lucenti nascosti dietro palpebre rugose. La barba rossa ricopriva il mento, ma non le gote, scavate e riarse. Non so di dove fosse, forse dell'Africa, o forse... Di sicuro era più antico delle sue scatole di biscotti piene di aghi, ditali e bottoni. All'inizio ci faceva un po' paura, poi pian piano cominciammo ad avvicinarci a lui, penso siamo stati gli unici per anni, e ogni venerdì mattina alle otto ci offriva il suo caffè bollito. Alla fine però lo bevevo da solo il suo caffè, lo beveva in una tazza più antica di lui, più antico delle sue scatole di biscotti traboccanti di aghi e ditali e bottoni. Alla nostra età diceva facesse male. Per farsi perdonare allora cominciava a raccontarci la storia dei suoi tesori. Tirava fuori un ago e un bottone giallo, infilava del filo blu e cominciava a parlare. Quel cotone diceva, era il primo filo della trama che un giorno un sarto - lo chiamava tailleur pour dames, parlava a volte in francese - il tailleur più bravo del mondo, aveva usato per iniziare la sua opera: cuciva e attaccava bottoni, senza fermarsi mai, senza usare altri strumenti se non chilometri del suo filo blu e sempre più bottoni gialli. Pian piano, ora dopo ora, giorno dopo giorno, aveva creato il manto più grande che si fosse mai visto su questa terra: milioni di bottoni gialli e incalcolabili metri di leggero cotone blu notte. E tutto solo dalle sue mani, e tutti indossavano questo manto, e tuttora lo indossano, il manto del suo tailleur du monde.
"È vero quello che dici?" gli chiedevamo. E lui con un cenno della testa rispondeva di sì.
"E il manto è il cielo?". Sì
"E le stelle sono i bottoni?". Sì
"Ma io ho visto una stella cadere, come me lo spieghi?". Hai mai perso un bottone?
"E il sarto sei tu?". Innocenza puerile... No.
"E chi è?". Quante domande...
"È Dio?". Forse, ma lui non lo chiamava così.
"E i desideri?"... Semplici spilli per tenerlo insieme...

 
5
 
 
La porta della chiesa del Sacro Cuore è sempre uguale, trent'anni, ma non cambia nulla, solo più polvere e più tarli. Porta massiccia, di legno, cardini verdi di muffa e rossi di vecchio. È aperto. Non me la ricordavo così piccola, scherzi dell'infanzia. Da bambino servivo messa, da quindici anni non entravo in una chiesa.
Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo... Amen
"Oh buonasera padre... non l'avevo vista. Sono arrivato troppo tardi?
"Oh no, non molto tempo, solo una breve confessione..."
"Grazie"
Non lo conosco questo padre Eric, penso non sia di qui...
"Sì, ecco padre, quindici anni, più o meno."
"No, nessuna ragione, forse stanchezza."
"Sì, forse stanchezza, o distrazione... ecco sì, distrazione"
"Sì, da Matinale, ma una volta vivevo qui."
"Bè, è una città abbastanza grande, penso almeno una dozzina di chiese"
"No, mai, da quindici anni" Tempo di colpa.
"Sì padre, ho peccato... credo"
"Non saprei iniziare... da dove si comincia? Non ricordo più ormai"
"Màrcel, padre..."
"No, scusi. Màrcel, non Marcèl..."
"Scusi..."
"Ecco io non so bene cos'è... ma somiglia all'apatia, l'apatia è un peccato?"
"Sì mi spiego, parlo di quella sensazione che ti viene un giorno senza che tu te ne accorga, e magari pensi «mi sento strano, passerà» e invece giorno per giorno non passa, e ti scava dentro, ti toglie energie, e ti senti solo..."
"Sì padre, dirigo un'azienda di trasporti internazionali, la Fànders & Associates"
"Abbastanza per vivere bene... se si può vivere bene..."
"No nessun figlio, mia moglie non ne ha voluti..."
"No, non più..."
"Non so dove sia, penso molto lontano da me, mi ha lasciato quindici anni fa..." Tempo traditore.
"E dicevo, ti senti vuoto"
"Sì padre, almeno penso di sì, penso di credere."
"Lo so padre, la fede si ha o non si ha, ma io....come dire... ho dei dubbi"
"Sì, ora le spiego: vede, già questa storia di Adamo ed Eva, non per cominciare subito a far polemiche fin dall'inizio, ma a me sembra un po' come dire... impossibile. Sarebbe stato meglio la storia di un grande sarto che cuce il mondo e..."
"Me l'ha raccontata Moham, padre"
"No, non è un vescovo indiano, era un commerciante di bottoni che raccontava storie"
"Sarà pure strana, ma è strano anche credere che una mela ti cambia l'esistenza, padre"
"È Dio che ti cambia l'esistenza?! Moham non lo chiamava così"
"In realtà non lo so come lo chiamava, non gliel'ho mai chiesto..."

 
6
 
 
Mi sa proprio che padre Eric abbia perso la pazienza, o forse l'ho confuso un po'. Ma che posso farci se a me sembra molto più credibile il vecchio Moham?!
Sono sempre le 4:11, pomeriggio. Tempo bloccato.
Merda! Sul mio orologio sono quasi le dieci, è tardissimo! Devo correre a casa.
Su per la terza, giù per il corso, dietro l'angolo del Palazzo Ducale e via sulla strada di ghiaia. Di questo passo ce la posso fare ad arrivare in tempo. Questo è l'unico appuntamento che non posso mancare, sono qui apposta. Dopo tutti quelli perduti nella mia vita, ora non posso fallire anche questo.
Anf... non ho più il fisico per andare così svelto, centosei chili si fanno sentire, e poi queste stradacce in salita, o in discesa... chi ci capisce più nulla... Uff... respiro a fatica... devo fermarmi.
E quello cos'è? Bagliori che si muovono?! Ma tu guarda gli scherzi della stanchezza... o sono torce?! Devo avvicinarmi... Sì, sono torce, fuoco, bagliori. E lì per terra? Non vedo bene...
Quella radura appena fuori del bosco di noci e querce era un posto proibito per noi ragazzi... c'erano strane credenze... Ci sono due uomini ora. Fanno volteggiare delle torce accese con dei fili, delle corde e all'estremità il fuoco. Volano nell'aria, il buio li fa risaltare... mai vista una cosa del genere. Fuochi, ali di falco che planano verso il suolo sulla preda, la sfiorano ma non la toccano. Ora vedo, a terra c'è un uomo. In ginocchio, ha il busto dritto. Le braccia e le mani scendono parallele al suo corpo e alla luce confusa delle torce volanti risalta il suo petto nudo. Ha i capelli color del ghiaccio. Il freddo nella testa, è fermo, immobile. Le mani non si muovono, le torce infuocate gli girano attorno. Un vecchio. Un uomo alla fine circondato da segni di vita, da fiamme che bruciano. Uno strano rito, non l'avevo mai visto fare da queste parti.
Fulmini. Squarciano il cielo. Pioverà... spegnerà tutto...

 
7
 
 
"Madame... Madame..."
"Mi scusi signora...come si chiama?"
"Nadine...piacere io sono Màrcel"
"No. No. Proprio Màrcel, non Marcèl... vabbè lasci stare. Lei è di Ellermond?"
"No, volevo solo sapere se il cannone della torre spara ancora alle 11:00"
"Pensa di sì? Bene..."
"No, no, nulla di importante... mi serve solo per...un affare.... Un appuntamento ecco! Ma ora non posso spiegarle. Magari ci rincontreremo Nadine, un'altra volta, chissà quando!"
"Grazie mille e auguri per la dolce attesa..."
"Di nulla, mi è stata davvero preziosa... sa se è maschio o femmina?"
"Ah maschio... come si chiamerà?"
"Capisco, non lo sa ancora... la prego, se posso intromettermi...non lo chiami Telmio"
Sorrisi.
"Buonanotte madame..."

 
 
8
 
 
Finalmente a casa. Sta per piovere, meglio sbrigarsi. Ecco la sedia così starò più comodo... è tutto pronto, sono le 10:58 sul mio orologio.
Il biglietto l'ho scritto, inchiostro nero su carta gialla, l'unica che ho trovato in casa. Andrà bene lo stesso... per chi lo leggerà.
Strano, non ho paura.
Preghiera: Dio, se esisti... non pensare a me. C'è troppa gente che ha più bisogno della tua attenzione di un pover'uomo che non sa nemmeno se credere o no. E poi fra due minuti per me sarà tutto diverso. Chissà se davanti a te, sempre se esisti, mi mostrerò tutto intero o con una brutta bruciatura alla tempia e un bel po' malridotto in viso. Ti chiedo scusa già adesso. Mi sarebbe piaciuto molto sapere il tuo nome, o almeno quello che ti dava Moham, sempre se è vero, come ho creduto all'inizio, che fossi tu il suo tailleur du monde, sempre se esisti...
Se davvero ci sei, e se mi ascolti, allora te lo dico: il mio tempo è finito, il mio saluto è scritto e il tuo dono di padre io non lo voglio più. Non so come sono nato, non voglio saperlo. So che non ho mai smesso di camminare, di andare da parte in parte, di vagare dall'est all'ovest dalle magnifiche albe dei ghiacciai agli abbracci di questi monti al sole che cala. E so anche che è grazie ai miei desideri finiti che sono qui oggi con te, sempre se esisti, a... pregare...?! Diciamo a parlare, suona meglio. Caro il mio sarto del mondo, sempre che sia tu, e sempre se esisti, spero che il mio vestito stasera ti piaccia, sempre che tu possa vederlo. Per quel che mi riguarda non penso mi stia più addosso da quindici anni e allora ho deciso di appenderlo a un filo sospeso sulle teste degli uomini, sperando smettessero un momento di vivere per alzare la testa e vederlo...Tempo di illusioni... oggi il mio filo si spezzerà...
Sono le 11:00... ma perché non spara? Sì, sono le 11:00 il mio orologio va bene...
Merda! Le 4:11, pomeriggio! Tempo inerte!
E...e ora?! Non posso mancare il mio appuntamento... è tutto pronto... è tutto perfetto... non posso...

 
9
 
 
Ha cinque anni il piccolo Màrcel - non Marcèl - di Ellermond. Corre veloce, gira l'angolo del Palazzo Ducale, giù per il corso e via la strada di ghiaia. Sfreccia di fronte alla radura e si ferma davanti a una finestra semichiusa. Incastrato nella veneziana, a lottare col vento che vuol portarselo via, un biglietto: inchiostro nero su carta gialla.
Màrcel ha cinque anni. Ieri sera ha visto la sua prima stella cadere, il primo bottone che si stacca dal suo manto del mondo, e ha espresso il suo primo desiderio... Tempo felice e innocente...
Nadine lo raggiunge strillando, un po' stanca e un po' preoccupata, mai severa. Il bambino, anima viva, le dà il foglio che ha trovato e le chiede di leggerlo...
"È stato bello essere qui..."
M. F.
Lei piange!

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