Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Franco Camilli

Con questo racconto ha vinto il primo premio del concorso Club Poeti 2001-2002, sezione narrativa

Salmastro in rosso
 
Spazio-tempo, due linee che nella mia vita emotiva difficilmente riescono ad incontrarsi. Scatole cinesi o matrioske russe racchiudono i miei stati d'animo e come scrigni avari sembrano moltiplicarsi nel corso dei giorni, degli anni. So che un nucleo esiste, ma è per me difficile collocarlo in questo spazio, in questo tempo.
 
Il piacere ed il dolore non si mescolano mai sulla mia tavolozza; non producono un grumo grigio argenteo, ma si separano, si racchiudono vicendevolmente non lasciando intercapedini di coscienza, di pura ragione. Il prodotto dell'esistere è intricato e la ragna-matassa dilaga al di là del pensiero prima che si faccia verbo.
 
Sono qui e guardo indietro attraverso un diario che, perdendo il suo potere descrittivo, si lascia sedurre dalla memoria. La radiografia oggettiva del quotidiano non fa per me. Non riesco a scandire in parole la serie infinita di azioni - di atti - di movimenti - di pensieri. Mi faccio trasportare dalla mente che quasi mai è conscia della melodica gabbia della memoria.
 
Sono io, da solo con me stesso. Io sono solo verbo che pronuncia altro verbo. Io solo sono molteplice forma deforme che attende completezza anelante il caos.
 
Non cerco; eppure son braccato.
 
Il passato è lì.
 
Al pensiero di un'onda che si sta per abbattere sulla battigia, già mi faccio risacca; anticipo per esplorare quell'io inespugnabile che cerca luce e batte dentro costantemente.
 
Tu, machiavellico dolore perché giungi sempre prima dell'onda? La sottendi e come sorgiva trovi in me facili pertugi, in questa sabbia porosa.
 
Son qui e questo non-diario, inesorabilmente, me lo ricorda.
 
Lo spazio si apre davanti a me ed è natura, alberi, luce, case, guardrail, asfalto; interminabili linee e infiniti punti, colori, vuoto, scorrono accanto-sopra-sotto-davanti a noi. La mia percezione visiva è mutata; l'altezza di un fuoristrada arancione ha spostato la prospettiva: inizia il viaggio.
 
Parto, quasi senza accorgermene. Non sto lasciando niente, così come non attendo niente. Solo il tempo mi aspetta e io lo voglio cannibalizzare per distanziarmi sempre più da quello che è stato, da quello che aspettava vana soluzione, da quello che in realtà non c'era.
 
Altra scatola cinese impercettibilmente più grande ha, in modo indolente, rinchiuso la sottostante e privandola di aria e di luce l'ha resa inoffensiva. Sono forse libero? Forse, ma per poco ed il peso della lignea bambola russa è lì attaccato al mio sinistro piede.
 
Il ragno che è in me ha prodotto un nuovo filo che attende di essere reciso o di poter ridiscendere per attorcigliarsi a qualche sasso o traliccio o uomo siciliano.
 
La sorgente alba, non presaga della calura estiva, illumina i nostri volti ancora assopiti. Gli occhi si aprono. Inizia la retina ad archiviare immagini; forme che troveranno senso solo col tempo.
 
I copertoni lasciano un'invisibile serpentesca scia, per centinaia di chilometri. Viaggio. Io viaggiatore non solo sono composto di altre parti. Si muovono, parlano, pensano; formano un noi che risulterà non trino, ma doppio.
 
Una giovane appendice si mostrerà, ben presto, secca; priva di quella forza vitale capace di non attrito. Solo uno, per ora, voglio che sia nitido e l'altrui respiro deve, per me, rimanere solo riflesso di non miei pensieri. Siamo fisicamente in tre dentro questo involucro viaggiante, ma la percezione inconscia si ferma a solo due anime.
 
Il mare, dopo molte ore, ci affianca immobile, eterno e per il momento ancora a noi muto. Arriviamo. Il filo che ho lanciato forse ha tardato per un po' la sua parabola. Non lo vedo, non c'è, ma lo sento.
 
Sono solo. Io solo sono qui e il riflesso del notturno mare tenta di comunicare ondose dialettali parole siciliane. Non capisco. Allora dormo.
 
Risveglio. Caldo aggravato da sotterraneo etneo magma inespresso. Solo il giorno scorre ed attraversa repentini pensieri. -Cosa faccio qui? Sento me stesso di troppo; la virtuale coppia ancora non è un fatuo ologramma.
 
Non ascolto; non mi cerco. Solo io - io solo respiro.
 
Scorre il mare, l'ora, il giorno e mi ritrovo sempre più incastrato. Voglio fuggire, ma sono inerte. Mi faccio trasportare per caotiche notturne stradine. Soste necessarie mi conducono ad un non ancor mio ritrovo. In non volente attesa su un pietrificato gradino, attorniato da una miriade di volti fintamente espressivi. Alessandrinei amici mi salutano, si presentano. Simpaticamente socializzano, ma indolente il mio io non sembra scalfirsi.
 
Arriva alle mie spalle lui ; lo riconosco, ha un ragno-filo legato al deserto piede. Aracno filamento, deviando il (par)(di)abolico percorso era già arrivato, ma a Messina.
 
Piacevole logorrea sgorga, irrefrenabile, dalla mia bocca e forma stupore imprevisto. Lui grezzo diamante si presenta, affiancato da una translucente perla, mi parla.
 
Non presago il niente, da me atteso, perde forma.
 
Sinergia. Nudi pensieri si mostrano al nostro cospetto mentre sguardi reciproci annullano il circostante caos: potere di seduzione. Stordito non capisco; cerco dentro me un barlume di indifferenza, ma non lo trovo.
 
Lui è qui; le sue parole levigano già le cuspidi marmoree del mio fatuo nascondiglio. -Perché ora? -Perché qui?
 
Silenzio ! Solo silenzio intorno e dentro; volutamente affogo domande che affiorando dal mio io potrebbero incrinare la nascente stele di vetro. Devo sottrarmi, lo so. Eppur rimango come fragile sasso trasportato dalla corrente.
 
Irretito il mio io si flette come sospinto da melodica brezza. Si copre il mio riverso dorso di diamantico salmastro mentre il cuore ascolta un nuovo purpureo andamento.
 
Procrastinato il contatto: crea tensione di attesa. Ore solari separano il momento. Speranzosi, i frammenti di interposti messaggi incalzano. Condotto verso il tangibile pensiero, tento di porre vanitosa resistenza.
 
Ora. Piscina invasa da musicali onde colorate è lì, accanto a noi. Le mie-sue parole, preambolo di irrefrenabili baci, si perdono in pungente corrente ventosa. Sono solo iridi arrossate; solo sono specchi trasparenti del suo meandrico io. Ed io già vi nuoto dentro.
 
12 ore, spartiacque di nuove attrazioni, si affiancano ai dodici giorni. Empirea visione di sottostanti costieri bagliori crea l'attimo di fuggenti contatti. Rossa musica esplode in anfiteatrica greca perfezione. Lacrime sonore seguono il ritmo di una chimerica sirena che, perdendo caleidoscopiche spore, ci avvolge nel suo manto vocale. Rinchiuso per due ore - 2 giorni, nel nucleo-io, inizia a franare spinto da sua argillosa paura. Ed io accanto inerme ancora; ancora non vedo la lontana inarrestabile caduta, flebile bagliore offuscato da mie archetipiche attese.
 
Ancor nodo di non pura reciprocità, si scioglie in tre mattutini messaggi. Dita frenetiche danno forma a nitide sensazioni. L'argine si rompe esondando in notturne particelle pensanti -7:30 -7:31 -7:32 "Da quattro lune, in un'ansa dell'incessante flusso taorminese, hai fermato il mio corso. Inaspettata tensione emotiva si è impreziosita nel centellinarsi di sensazioni violacee. Da lungo in attesa, la fredda mia madreperla si sta rivestendo di purpurei sentimenti... Piacevole quel silenzio che lascia mormorare il mondo - là, in fondo".
 
Linearità, sospesa su un piatto mare solcato da pescanti reti, accompagna il finire della mia notte.
 
Si fa attendere un'invocata risposta. Per ore alterno pensieri; arriva un intermittente suono, mai così atteso: «1,2,3... li moltiplico, me ne approprio, li congiungo ad altri stupori. Quei sette colori di gocce e luce partirebbero dal mio fianco, oggi, se piovesse. E tutto posso musicare. In questo sacchetto bianco di cotone ho il motivo di una danza al tuo cospetto».
 
Correspondance.
 
Dirompendo da cuneiformi parole il significante dilaga e lascia me inerme e sbalordito. Tu, acqua lambente renaria sponda rimuovi il Sé più segreto.
 
En attendant
 
Un verdeblu faro ci ricongiunge indicandoci la strada; fuoco fatuo di un falò. Scheletrica torre non più elettrica si erge sopra noi, duplicandosi al di là del mare. Oh, acquatico istmo che separi le coste, rispondimi con intermittenti bagliori di effimeri reticolati visivi. Scorrono mercantili silenziosi e come trasportati da forza divina solcano l'oscuro mare, emettendo cetacei richiami.
 
Le mie sporgenti ossa penetrano ora il suo petto. Egiziana seta ci avvolge. Due sincopati respiri soffocano le circostanti parole. Orgasmo epidermico scuote i nostri anelanti corpi, coperti da coltri di bruma marina. Le scatole cinesi, per un attimo, si aprono rivelando il non-senso del loro geloso contenuto.
 
Giorno. Notte. Reiterando l'eterno momento, un ombrellone chiuso ci osserva. Sospiri trattenuti invadono una petrosa isola bella. Orgasmo mentale. Il mio io, non più conscio, freme. Respiro non-più-solo. Io solo-non-più respiro allo scadere del mio trentesimo anno; limite di una maturità più volte mancata.
 
Dello Stretto le correnti si fanno ragione di periglioso movimento. Trasportati da frazioni di tempo guardiamo noi-stessi : ilari e felici, persi nell'attimo.
 
Noi. E i riflessi di ondeggianti spadare. Uomini, su sospesi avamposti marini, scorgono l'affiorante mistero della vita.
 
Noi. E viene l'umida notte, carica di sensuali movimenti. Distaccato, mi vedo come corpo attorcigliato ad altrui élan vital. Spazio-tempo si perdono per sempre nel puro progressivo sentimento di fisici orgasmi.
 
Noi. E viene il caldo tirannico giorno. Ultimo bagliore di scricchiolanti cattedrali tardo gotiche. Sospesi ogivali sciolgono il loro eterno sovrapporsi. Muore la funzione portante di architravi ormai vinte dal tempo.
 
Conscio solo del suo esistere, scorre l'ignaro ultimo giorno. Non altre ore si sovrapporranno ad esso. Sospeso; parto.
 
Oh, lacrime cristallizzatevi sul mio volto; fatevi raccogliere sul palmo della mano per potervi donare a lui e come fugaci pietre preziose scioglietevi solo al calore di colui a cui tutto posso dare.
 
Ma ormai freddi blu, ondosi moti e spiroidali vortici, mi allontanano, in carontea zattera, da lui. Il mare silente è partecipe di me che approdo su una terra assente di te. Mancante, arrivo là io solo; solo io là, in vana attesa.
 
Il profumo tangibile dei limoni in me, per sempre, si dissolve.
 
Illusoria è la speranza in un amore che ancora non si dà.

 Classifica Concorso Club poeti 2001 sezione narrativa

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ins.2 maggio 2002