Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Elisabetta Antichi
Con questo racconto si è classificato dodicesimo al concorso Marguerite Yourcenar 1999
Il racconto
 
Quella che era entrata nel mio ufficio in un pomeriggio di primavera simile a tanti altri non era certo la prima aspirante scrittrice con cui avevo a che fare: ne ricevevo anzi a decine ogni settimana. Era il prezzo che avevo accettato di pagare per la mia disponibilità. Il fatto è che non me la sono mai sentita di rifiutare un minimo di attenzione a qualcuno che si impegna al punto di ideare una storia, batterla a macchina, rivederla, fotocopiarla e venirmela a consegnare personalmente e da quando dirigo questa rivista mi sono visto sfilare davanti gente di tutti i tipi. Quella ragazza, tuttavia, era diversa, proprio perché a prima vista non aveva niente di insolito.
Negli ultimi anni ho avuto a che fare con individui con i capelli di tutti i colori dell'arcobaleno, con tatuaggi di dimensioni anche spropositate, con anelli infilati in varie parti del corpo più o meno appropriate, con vestiti che neanche uno stilista malato di mente potrebbe inventare e questo solo per limitarsi al loro aspetto esteriore. La ragazza che avevo di fronte avrà avuto intorno ai venticinque anni ed era un tipo assolutamente incolore: né bella né brutta, portava i capelli legati in un'ordinata coda di cavallo, gli occhiali rotondi, un pullover celeste, jeans e scarpe da tennis.
Mi ritrovai a domandarmi dove diavolo andasse a prendere delle idee originali una persona tanto comune... subito dopo mi sentii superficiale e anche un po' ingiusto nei suoi confronti, ma abituato com'ero a trattare con giovani donne se non più belle quantomeno sicuramente più appariscenti di lei, non potevo proprio fare a meno di ridicolizzare segretamente il topolino di biblioteca che ora sedeva dall'altra parte della mia scrivania.
La ragazza mi sbirciava da dietro le lenti spesse degli occhiali, e pareva decisamente emozionata. Con voce bassa e incerta mi confessò che quello era il primo racconto che avesse mai scritto, che si rendeva conto che rivelandomi una cosa del genere non ne guadagnava certo in credibilità, ma che comunque (e qui colsi una punta di orgoglio) credeva nelle potenzialità del suo lavoro e mi sarebbe stata estremamente grata se le avessi voluto concedere una possibilità.
La rassicurai meglio che potevo e attesi pazientemente che si decidesse a mostrarmi il racconto; finalmente prese il suo zainetto a righe dall'aria banale come lei e ne tirò fuori una busta gialla, grande ma poco voluminosa... un particolare che non ho mai mancato di apprezzare ogni volta che mi sono trovato a esaminare uno scritto. Mentre prendevo la busta dalle sue mani mi disse che sarebbe stata onorata di vedere il suo racconto pubblicato sulle pagine della mia rivista, ma mi chiese se per favore potevo aspettare che se ne fosse andata prima di leggerlo. Fu inevitabile: provai un moto di tenerezza per quella ragazza così timida, e mi vergognai di averla presa mentalmente in giro fino a pochi minuti prima. Le sorrisi incoraggiante e le promisi che le avrei fatto sapere qualcosa al più presto. Lei si alzò, mi tese la mano per salutarmi, e fu allora che incrociai il suo sguardo dietro gli occhiali; per un attimo mi parve di cogliervi qualcosa di bizzarro, qualcosa che stonava con la sua immagine complessiva. Se fosse stato reale, quello sguardo avrebbe potuto gettare luce su un mondo interiore accuratamente occultato e assai diverso da quello che traspariva dal suo modesto aspetto fisico... solo che doveva per forza essersi trattato di una mia impressione, perché niente del genere poteva nascondersi dentro a una ragazza così semplice.
La guardai uscire dal mio ufficio; aprii la busta, estrassi il racconto e cominciai a leggere. Non c'era nessun titolo, soltanto poche frasi:
«Mi guardi uscire dal tuo ufficio; apri la busta,
estrai il racconto e cominci a leggere.
Non c'è nessun titolo, soltanto poche frasi.
È tutto ciò che serve.
Questi fogli ti donano il potere di ottenere
tutto ciò che desideri.
Sii prudente: qualsiasi cosa tu chieda, sarà tua».
Il resto della pagina, così come i quattro fogli successivi, era ricoperto di lettere senza senso. Non mi concessi il tempo di pensare e neanche di chiedermi chi era quella ragazza; meno che mai di essere prudente.
Chiusi gli occhi, strinsi i fogli tra le mani, formulai il primo desiderio.
E divenni Dio.
 

 

Classifica Concorso Marguerite Yourcenar 1999 sezione narrativa
 
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Inserito 5 novembre 1999