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- Il tuffo
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- Grazie D. e M. Risi
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- Che Gigi fosse una persona speciale non credo
sia possibile negarlo. Aveva nel cuore qualcosa che
tutti avrebbero voluto nel loro, come diceva Kerouac
del piccolo Pic. Un fisico da atleta e un animo
generoso, la gioia dei suoi genitori. In piscina ne
parlavano come di uno sportivo d'altri tempi. Tanto
per dire, qualcuno riconosceva in lui la fierezza di
Coppi e la fede di Bartali.
- La giornata era stata splendida. Nizza sotto il
sole brillava delle sue auto lussuose, delle sue
fuoriserie e all'ingresso dei grandi alberghi gli
usceri in livrea sorridevano ai turisti e se ne
stavano un po' meno fissi del solito.
- Le palme sui larghi viali si lasciavano
accarezzare da un brezza leggera e fresca e ci
concedevano preziosi angoli d'ombra. Al Negresco, si
diceva, sarebbero arrivati nella sera il Conte
Blomberg, con moglie e figlia. Nella hall si leggeva
eccitazione ed ansia sulla faccia del direttore e su
quella dei suoi fedelissimi.
- Quel giorno Io me ne stato sulla spiaggia,
sotto il sole gentile delle sette e un quarto, con un
libro tra le mani e un asciugamano umido sotto il
culo. Di tanto in tanto alzavo lo sguardo per posarlo
sul fondo schiena di qualche bella fanciulla
abbronzata. Ce n'erano di interessanti e senza dubbio
erano meglio di qualsiasi pagina di Hemingway, anche
le sue migliori. Poi tornavo a leggere e quando
trovavo una frase interessante o una zampata geniale
me l'annotavo. Mi annoiavo, insomma.
- Gigi arrivò in quel momento, mentre mi
stavo annoiando. Avevo sentito delle gomme fischiare e
un motore che andava su di giri e poi si spegneva e
avevo sperato fosse lui.
- Io non lo vidi, ma sono certo che prima di
scendere dalla sua coupè decappottabile, si
guardò nello specchietto retrovisore,
passandosi una mano fra i capelli biondo scuro, e che
quando fu in strada controllò la situazione,
girandosi a destra e a sinistra, fingendo indifferenza
e avviandosi verso la spiaggia.
- Quando mi fu vicino, prese uno dei tanti sassi
bianchi e lo tirò sulle pagine del mio libro: -
Salve, brutto figlio di una buona donna! - gli dissi e
lui mi salutò allo stesso modo e si mise a
sedere al mio fianco. Ripeteva sempre la prima frase
che gli rivolgevo. Gigi amava fare lo sbruffone o far
saltare i nervi alla gente, anche a quelli che gli
volevano bene, come me, eppure restava ugualmente
amabile. In genere riuscivo ad abbronzarmi più
di lui, per quella mia mania di libri e culi, che mi
inchiodava in spiaggia anche otto ore di seguito,
eppure la sua pelle così delicata e lucida
faceva impazzire tutte quelle ragazzine, che nemmeno
si accorgevano di me e riuscivano a farmi sentire
già vecchio.
- - Questa sera arriva il conte - disse
Gigi
- - Lo so - risposi senza particolare entusiasmo
- ve ne andrete in giro per locali e sale da gioco per
tutta la notte, mentre sua moglie se la fa con il
facchino più giovane dell'albergo e sua figlia
la dà a un nonno ricco e bavoso?
- - Le cose andranno più o meno in questa
maniera. Perché non vieni con noi?
- - Hemingway si offenderebbe e poi devo
concludere un lavoro
- - Palle!
- - No! Il giornale mi ha chiesto due colonne per
lunedì
- - Vorrà dire che faremo a meno della tua
compagnia, non capisco perché diavolo ti ostini
ad odiarlo così tanto
- - Non lo odio
- - Lo disprezzi... è più o meno la
stessa cosa
- - Non è la stessa cosa e poi non ho
voglia di parlare di quel tipo. Sei mica venuto in
spiaggia per cantare le lodi del Signor
Blomberg
- - Sei sempre il solito, se la gente non
apprezza il tuo lavoro o non s'inchina di fronte alla
gloria dei tuoi romanzi, non riesci proprio a mandarla
giù.
- Questa storia dei miei romanzi è vera,
ma non sopporto che mi venga rinfacciata e poi quel
conte era davvero una persona odiosa. Un uomo vicino
ai cinquanta, con un fisico asciutto, i capelli sempre
ordinati e un portafoglio piuttosto generoso. Quel
genere di uomini che una società democratica
dovrebbe ripugnare. Una vita intera passata a spendere
denari e consumare fortune, sicuro che una rendita
grassa potrà sostenere ogni suo capriccio. Qui
sulla costa trovava sempre una bella donna disposta a
tenergli compagnia per una notte o due. La riempiva di
champagne e le offriva un giro sulla sua fuoriserie
perché l'aria frizzante e le bollicine del vino
l'aiutassero a smarrire quel briciolo di buon senso
che la sorte le riservata, poi se ne andavano
ubriachi e leggeri fino al molo, dove stava ormeggiata
la trenta metri del conte, tanto la moglie se ne stava
in albergo e la figlia era già brilla ospite di
chissà quale altra barca lussuosa.
- Blomberg aveva conosciuto Gigi in una delle
poche serate in cui preferiva passeggiare lungo la
costa, tutto solo nel suo abito di lino elegante e
leggero, con un lungo e spesso sigaro tra le labbra.
Di umano Blomberg aveva quella storia del suo figliolo
morto dopo appena due mesi per una malformazione
congenita al cuore. Gli amici più intimi
sostengono di averlo visto piangere più volte
al cimitero dove sta sepolto quel corpicino innocente
e che nelle sere in cui se ne va da solo per le strade
pensa a quel bambino. Ma la gente come quel conte in
genere dedica troppo poco tempo ai propri dolori.
Così a qualsiasi cosa stesse pensando quella
sera, Blomberg, quando vide Gigi scendere dalla sua
auto in quel modo che ho detto, gli fece un fischio e
lo chiamò a sé.
- - Che programmi hai per questa notte, ragazzo?
- disse con quella sua voce roca e fastidiosamente
calma
- - Dice a me? - rispose Gigi, sempre troppo
sicuro di sé e in vena di burlare la gente -
Veramente avrei un appuntamento con sua figlia... o
forse non avrei dovuto dirglielo?
- Gigi conosceva già il conte, tutti lo
conoscevano sulla costa. Spesso si era fermato ad
osservarlo mentre sorseggiava un Martini in un locale
della città vecchia. Avrebbe voluto
avvicinarlo, lo affascinava quel suo modo di fare
morbido e un po' lascivo che io detestavo tanto, ma la
sua faccia tosta e quel suo muso sbarbato e
indisponente non avevano mai osato tanto. Nella testa
di Gigi il conte rappresentava tutto ciò che
lui avrebbe voluto per sé, una bella moglie da
mostrare agli amici e riempire di inutili regali, una
figlia che lo chiamasse Papi e lo riempisse di
schifosissimi baci ruffiani e soldi, tanti soldi, che
poi significava liquore e altre donne, ma soprattutto
voleva dire auto lussuose e potenti per correre con i
capelli al vento e sorpassare in curva le facce
incredule e un po' invidiose di tutti gli
altri.
- - Sarei contento se mia figlia scegliesse uno
come te, invece di andarsene con uno dei suoi
vecchietti - rispose Blomberg senza mostrare
risentimento per quella uscita di Gigi
- - Non volevo sembrarle scortese Signor
Conte
- - Non lo sei affatto e poi quella ragazzina
impunita se lo merita
- - Se non sbaglio spetterebbe a lei di occuparsi
della sua educazione, io non lascerei andare mia
figlia in giro con gente senza scrupoli e troppo
più grandi di le
- - Hai ragione ragazzo! Come di chiami?
- - Gigi, sign...
- - E non chiamarmi signore, ti prego
- Aveva questo, il Signor Blomberg riusciva
addirittura a sembrarti simpatico, affabile e per
nulla borioso e il mio amico ci cascò. Da
quella volta presero a uscire insieme quasi tutte le
notti. Si ubriacavano e facevano innamorare le ragazze
più facili e le mattine successive Gigi non si
tirava su dal letto prima di mezzogiorno, mi
raggiungeva in spiaggia e mi raccontava per file e per
segno tutto quello che aveva passato col
conte.
- La notizia che quella sera sarebbe arrivato
Blomberg mi aveva messo di malumore. L'avevo sentito
dire quella mattina mentre sorseggiavo il mio
cappuccino e sfogliavo Le Monde, ma ero riuscito a
dimenticarmene prima che Gigi me lo ricordasse sulla
spiaggia. Fu in un attimo, sistemai il mio libro e i
miei quaderni nella borsa di paglia e mi poggiai
l'asciugamano sulla spalla. - Buon divertimento -
dissi - ci si vede domani mattina e per favore, quando
farai ritorno per chiudere la tua notte di baldorie
cerca di non svegliarmi - e me ne andai sentendo sulla
mia schiena i graffi del suo sguardo tra lo
sconcertato e l'indispettito. Non mi
salutò.
- Va da sé che quella notte Gigi non
tornò per la cena e io non riuscii a prendere
sonno, come una vecchia madre che attende brava brava
il suo figliolo ricamando o lasciandosi addormentare
dalla voce elettrica di una televisione seduta su una
sedia scomoda e fredda. Mi rigirai mille volte nelle
lenzuola, mi alzai per bere qualcosa di fresco e alla
fine non mi restò che pregare perché il
sole e il suo giallo arrivassero prima del solito quel
giorno.
- Non appena il cielo si fece più chiaro
saltai su dal letto e preparai e svuotai
meccanicamente un'intera caffettiera. Mi affacciai
alla finestra del mio appartamento nella speranza di
vedere tornare il mio amico, ma riuscii a vedere solo
Freddy, il vecchio clochard che dormiva a cinquanta
metri da casa mia. Mi salutò con una bottiglia,
sbandando per la sbornia, e io gli risposi
augurandogli una buona giornata. Scrissi due righe per
Gigi su un pezzo di carta sono in spiaggia - ci
vediamo più tardi mi infilai sotto la doccia e
dieci minuti dopo me ne andai a lasciarmi cullare
dalla voce del mare con i miei libri e tutto il resto.
I culi quella mattina non mi interessavano davvero,
eppure era capitato altre volte che Gigi non
rientrasse la notte. Quel litigio prima di separarci
non ci voleva, ma quel Blomberg... s'era portato via
il mio amico. Certo, io e Gigi non passavamo molto
tempo insieme, io avevo i miei libri e lui le sue
corse in auto e le sue ragazze, ma quando dico che
s'era portato via il mio amico intendo dire che Gigi,
quando quel Blomberg era nei paraggi, nemmeno passava
dalla spiaggia alle sette e un quarto per salutarmi e
sapevo che sarebbe stato così anche quella
volta, per questo avevo reagito a quel modo, cristo.
Così quella mattina non lessi nulla e nemmeno
riuscii a buttar giù due righe. Provai a far
due passi sul bagnasciuga, ma la spiaggia era troppo
affollata e me ne tornai a sedere solo e
silenzioso.
- Gigi aveva un cara amica, Caroline, una ragazza
bruna dai capelli lunghi e sempre vestita d'azzurro,
in tutte le sue sfumature. Spesso Caroline veniva a
trovarmi in spiaggia, si sedeva acconto restando senza
parlare per un po', prendeva i miei libri, li
sfogliava con interesse, intuendone appena il
significato, ma senza capirli davvero perché
non parlava italiano, e riponendoli dove li aveva
trovati. Credo che nutrisse per me una certa stima,
dopo aver toccato i libri mi parlava della sua
famiglia, di quale gran cuoca era la madre e di quale
gran lavoratore era il padre e poi parlavamo di
Gigi.
- Si erano conosciuti quando avevano appena
sedici anni, si erano innamorati l'uno dell'altra e da
allora erano rimasti amici e confidenti, anche
d'inverno si scambiavano per corrispondenza lettere
interminabili, trasformando in tragedie piccole
disavventure quotidiane e bei momenti in esperienze
straordinarie. Anche Caroline non sopportava Blomberg,
me lo diceva spesso e lo ripeteva anche a Gigi. Glielo
diceva in un solo modo strano, alzando gli occhi e col
volto scuro e lasciando calare pesanti silenzi subito
dopo, roba che io non sarei stato in grado di
resisterle nemmeno un secondo. Le avrei chiesto scusa
mille volte, l'avrei baciata e abbracciata, le avrei
detto che lei era l'unica donna della mia vita e che
avrei voluto sposarla e crescere con lei un'intera
cucciolata di piccoli d'uomo, invece lui non faceva
che vergognarsi e accampare scuse e giustificazioni
grossolane.
- Insomma Caroline mi stava proprio simpatica.
Riusciva ad essere amica di Gigi senza stare ai suoi
giochetti, così quella mattina quando mi venne
incontro correndo, tutta rossa in faccia e con i
capelli in disordine e quel suo faccino sempre liscio
e rilassato tutto rigato di lacrime, fui piuttosto
contento di vederla. Correva nella mia direzione e
correndo già urlava, chiamava il mio nome con
la voce strozzata dalle lacrime e dal fiatone: -
David, David... - aspettai che mi fu vicina e
offrendole un fazzoletto: - Cosa è successo,
piccola? - i singhiozzi le smorzavano la voce e allora
le accarezzai la schiena e la avvicinai a me:
- - Caroline, sta calma
- - David... - soprafatta dal pianto - Gigi... -
con le g scivolose e francesi
- - Cosa è successo a Gigi?
- - Quella notte...
- Oh no, non le lasciai finire la frase
perché certe cose si possono intuire, ma non si
vorrebbero mai sentire. - Blomberg è in
osped... - e di nuovo le lacrime non le consentirono
di terminare la frase. La abbracciai forte e lei
posò il suo viso bagnato sul mio petto
insicuro. Non riuscivo a muovere un passo, la testa mi
girava e da dentro, dai piedi persino mi saliva una
rabbia verso tutte quelle persone che mi stanno
intorno, sdraiate per prendere il sole o con una
bibita fresca da sorseggiare e il mare, non sopportavo
il mare, calmo e calda era l'aria. La rabbia divenne
in un secondo impotenza e poi venne il pensiero di
dover avvertire i parenti di Gigi, in fondo lui era
con me in vacanza, questo sapevano loro. Pensai che
sarei dovuto andare in ospedale per sapere dai medici
i dettagli dell'accaduto. Pensai a quel Blomberg e
pensai anche che ancora non sapevo nulla di ciò
che era accaduto veramente. Mi dimenticai di Caroline
aggrappata al mio busto e in lacrime, immaginai di
dover rientrare a casa per il pranzo perché
ormai era ora e immaginai di dover comprare il
giornale per non restare a corto di notizie quel
giorno. - David... - continuava a ripetere il mio
nome, Caroline - Gigi... - e quello del nostro povero
amico. Intorno un ragazzino con la sua paletta scavava
una buca e quella buca mi fece impressione, un altro
sollevò il mio fazzoletto che Caroline aveva
lasciato cadere sulla sabbia. Ringraziai il piccolo e
lui se ne andò camminando all'indietro,
guardandoci e chiedendosi perché diavolo due
persone su una spiaggia, piena di seni all'aria e
gente che rideva e inseguiva l'agognato riposo, due
potessero stringersi così forte e piangere
copiosamente e silenziosamente. Lo ringraziai anche
per quel caro pensiero.
- Certo, non potevamo restare tutto il giorno
là, così accompagnai quella ragazza
distrutta dal dolore a casa, dai suoi genitori. Dissi
loro di non lasciarla sola e la madre, che oltre ad
essere un'ottima cuoca era una donna di gran cuore,
capì e l'abbracciò subito. Corsi in
ospedale per l'inutile conferma, incidente stradale e
quel Blomberg l'aveva scampata con poco.
- Era balzato subito fuori dall'auto, il conte,
Gigi invece era precipitato giù nel burrone
oltre una curva insieme all'auto. All'ospedale c'erano
la moglie e la figlia di Blomberg, ma non volli
avvicinarmi, piangevano in una maniera disgustosamente
raffinata. Riuscivano ad essere raffinati anche nel
dolore, oh maledettissimi ricchi. Poi venne il momento
della telefonata ai genitori di Gigi, ovviamente la
notizia li aveva già raggiunti, ci aveva
pensato l'ospedale. Il ragazzo aveva con sé i
documenti ed era stato facile risalire al numero di
telefono dei suoi. Dall'altra parte della cornetta
arrivavano urla strazianti e incomprensibili, che
riuscirono a farmi sentire in colpa, le parole
disordinate della madre mi chiedevano implorandovi di
rispondere e senza lasciare il tempo per rispondere se
per caso il loro non fosse stato un buon figliolo, se
si fosse meritato quella lurida fine. Li salutai
dicendo che ci saremmo sentiti presto e consigliai
loro di pregare per il figlio. Io, io che consiglio a
qualcuno di pregare... è strano come si
reagisca in certe situazioni estreme, non riuscii a
non notare che la madre non mi chiedesse di Blomberg,
avrei voluto sentirla urlare e inveire contro quel
riccone bastardo e ladro di amici, ma quella era la
mia rabbia e non il dolore di una madre distrutta nel
petto. Passai il resto della giornata in casa,
sdraiato sul mio letto e volgendo lo sguardo su quello
di Gigi ogni tre minuti e aspettando che calasse la
notte con la stessa ansia con cui avevo atteso quel
giorno. Riuscii addirittura a chiedermi se non fossi
stato io a dare fretta a quei due, desiderosi di
bruciare la vita e fare follie, e mi mandai a quel
paese per quell'idea malsana. La sera non ebbi fame e
non mangiai, mi vestii e andai allo scoglio.
- Era l'angolo del mondo che il destino mi aveva
riservato. Tutti, credo, ne abbiano uno, è il
posto dove si va quando si è troppo tristi o
troppo felici e si ha voglia di stare da soli per
bestemmiare e urlare contro il buon Dio, chiedendosi
se per caso non si sia ammalato, oppure per pregarlo e
ringraziarlo e farci due risate grosse e sane.
Nell'angolo del destino un uomo nemmeno porta la sua
donna, quello è un posto dove trovano spazio
solo i propri pensieri e la propria rabbia e
l'entusiasmo o l'inizio di una sfida o di
un'avventura, oppure dove prendono il volo le grandi
scelte. Un sentiero che solo io riuscivo ad
individuare arrivava fino lì, allungandosi tra
i pini bruciati della salsedine e i rovi, davanti se
ne stava la città, Nizza, sdraiata come una
bella donna sulla costa che si accarezzi i capelli e
goda della sua bellezza e più lontano
Montecarlo più caparbia e coraggiosa,
aggrappata con orgoglio alla montagna che arrivava
fino al mare. Di notte la costa diventa un immenso
luna park pieno di luci e suoni e musiche e parole che
s'intrecciano, si confondono e a volte non
s'incontrano. Se la luna è piena disegna nel
mare come un dito che punta in direzione dello
scoglio.
- Dito tremulo d'argento liquido su di me fai
ricadere le colpe di quelle notti di vizi ed
eccessi.
- Quella notte la luna era piena e quel suo dito
si mostrava più imperioso che mai, dritto verso
la mia fronte Nizza e Montecarlo si divertivano e
giocavano coi loro turisti e amanti e il mare pareva
olio o petrolio, calmo, s'increspava appena sulla
superficie per un alito leggero, restando compatto,
pesante, come una divinità severa che non sia
disposta ai compromessi, né abbia intenzione
tornare indietro sulla propria decisione. Quel mare
m'inchiodava ad un pauroso silenzio dell'anima,
confondeva i ricordi e chi mi tornava alla mente non
era il mio Gigi, ma quel lurido Blomberg, coi suoi
capelli ordinati e il suo fisico asciutto, la sua voce
rauca e i suoi modi raffinati.
- Lì, in piedi e solo, tremavo. Tutta la
notte, stando sveglio a indovinare la faccia scura
della luna, schiva e vergognosa o misteriosa e
potente, scrigno e miniera dei quesiti insoluti degli
uomini, ti volgi senza mai mostrarti.
- Ognuno ti insegua e diventi folle nella
speranza di vederti. Perché Gigi e
perché Blomberg, o semplicemente perché?
Come un muro di gomma, che non sono solo le losche
trame dei maligni o i perfidi piani di oscuri
strateghi, ma tutte le domande degli uomini che
cominciano in quel modo, faccia scura della luna. A
questo pensavo, quella notte. Questi pensieri
soffocavano il dolore per la scomparsa del mio amico,
nel mio angolo del destino. Mi tornarono alla mente le
ultime scene di quel film di Risi, quando piove e
tutti piangono e ridono perché se pure risposte
la luna non vorrà darne nessuno potrà
impedire agli uomini di chiedere perché.
Così raccolsi tutte le mie lacrime e l'urlo che
avevo trattenuto per tutta quella interminabile
giornata e, guardando la Signora d'argento, offrii
tutto al mare. Dissi forte: - Gigi perché? E mi
tuffai, spaccando quell'acqua dura e immobile, come
l'ancora gettata in un oceano di metallo
fuso.
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