Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Davide Ficagna
Ha pubblicato il libro

Davide Ficagna - Sogni

 

 

 

 

 

 

 

Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 12x17 - pp. 68 - Euro 6,20 - ISBN 88-8356-607-6

Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l'autore è 2° classificato nel concorso letterario "M. Yourcenar" 2002


Presentazione
Prefazione
Incipit

 

 


 
Presentazione
Quattro racconti decisamente "ispirati" spaziando nel tempo, accompagnati da un alone di mistero e dalla più fervida immaginazione: il sogno è il filo sotterraneo che lega tra loro le quattro dimensioni temporali delle storie narrate: ammalianti frammenti di una visione più complessa. Smuovere dal torpore, dare una scossa all'uomo perso nell'oblìo, ridare valore al sogno: dall'alchimista Hermes che conduce ad assaporare la magia del volo umano, all'esile e malfermo mercante Erasmo che si presenta al mercato solo con due misteriosi sacchi di merce. Figure simboliche che hanno solo una cosa da offrire o dispensare: i sogni.
 

Massimo Barile


Prefazione

sógno: sm. insieme delle immagini che si presentano

nel sonno e il loro contenuto|

fig. immaginazione, fantasia|cosa irreale, vana.

 

Dal "Dizionario della Lingua Italiana"

 

 
Cos'è in definitiva un sogno?
Possiamo accontentarci di una fredda definizione o siamo più dell'idea che non possa essere imprigionato e limitato da una sola espressione tecnica?
Forse i sogni sono un po' in tutto quello che facciamo, nelle nostre parole e nelle nostre più intime aspirazioni. Sono il mistero di una e di mille notti, la scintilla dell'immaginario personale; fanno da molla per l'ambizione e alimentano il fuoco sacro della creatività.
In ogni tempo e in ogni luogo hanno caratterizzato l'esistenza degli uomini oltre ad aver contribuito a mantenere in vita storie e leggende dal sapore epico.
In questi quattro racconti ho provato a spaziare in epoche diverse, cercando interpretazioni differenti e contesti disparati per poi, finalmente, riunirli con l'unico filo conduttore: il sogno.
Passiamo così da un ipotetico medioevo (il passato) agli anni sessanta (i giorni nostri, in senso lato), da un futuro ormai molto prossimo (il domani, vicino a venire) ad una dimensione surreale lontana eppur simile alla nostra realtà di celluloide (l'immaginazione a briglia sciolta, fuori dal tempo e dai suoi schemi comuni).
Potremmo vivere senza sogni? Senza le nostre speranze o i nostri incubi notturni, saremmo ugualmente uomini?
Quattro scritti per provare a dare un'umile risposta, quattro minuscole pietruzze per provare a completare il mosaico infinito di sensazioni che è il Sogno.
Niente di eccezionale o che, molto probabilmente, non sia già stato espresso in altri modi ma, comunque, un piccolo contributo all'immaginaria biblioteca della fantasia. Aperta a tutti.
D'altronde, chiunque si può riconoscere nelle parole di un grand'uomo: "I have a dream..."
 

L'Autore


Sogni

Un sentito ringraziamento al cantautore Luciano Ligabue e a suo fratello Marco per la gentile concessione della citazione d'apertura al racconto "La Fabbrica dei Sogni".

 

E grazie infinite a Nancy che mi ha sempre ascoltato e saggiamente consigliato.


 

IL TRATTATO
 
Il vento smuoveva dal loro torpore le affollate fronde dei platani al limitare del bosco. La luce, evanescente e striata di rame di un tramonto primaverile, dava alla scena una parvenza irreale, soporosa, quasi magica.
Ed il sapore di magia non si fermava al limitare, passava al di là degli ultimi arbusti, a lato dei cespi di agrifoglio, oltre le mura di spessa pietra del piccolo maniero e si spingeva fin nelle stanze più buie di Hermes l'alchimista.
Il sole prendeva la sua ripida discesa proprio dietro i tetti ed il campanile del villaggio, appena visibili dalla finestra della torre più alta del piccolo maniero.
Hermes si affacciò dallo spiraglio che dava ad est per contemplare l'azzurro intenso che caratterizzava la parte di cielo che quasi nessuno osserva quando c'è un tramonto. È un colore che vuole resistere, che recita la sua parte pur conscio dell'inutilità della competizione in atto, un azzurro come mai, in altri momenti della giornata, si può osservare. Uno che non si arrende. Un po' come lui.
L'attenzione di Hermes venne distolta dal rumore di un carretto che passava velocemente sul vialetto, verso il bosco ed il paese.
Tutti passavano velocemente, se proprio erano costretti a passare accanto alle sue mura.
Era la paura. Loro non conoscevano, non potevano capire e di conseguenza avevano paura.
Lo temevano, non osavano avvicinarglisi e men che meno rivolgergli la parola.
Eppure nei primi anni correvano da lui. Non aveva fatto in tempo a spargersi la voce dei suoi miracolosi medicamenti che già si formava la fila alla sua porta.
Gotta, colpi della strega, malanni di stagione: ne aveva viste e curate di tutti i colori.
Anni di ricerche e studi sulle erbe medicinali avevano fatto di lui un esperto in materia e, allo stesso tempo, lo avevano fatto apparire agli occhi dei villici come un mago.
Si vociferava dei suoi presunti "poteri" nelle botteghe e nelle taverne, tra ceste di pane nero e otri di sidro. E, prima o poi, tutti arrivavano dinanzi la sua porta.
Prima o poi, tutti si ammalavano e si aggrappavano all'ultima speranza, che stava di casa nel piccolo maniero dopo il limitare del bosco. Verso est.
Hermes riprese ad osservare il cielo che, in pochi minuti, aveva assunto una tonalità di blu più adatta ad accogliere l'arrivo della notte.
Si tirò su il bavero per scacciare la sensazione di freddo che gli si era insinuata nelle ossa e s'incamminò per le scale ripide e vetuste che portavano giù dalla torre.
Proprio davanti alla porta del suo studio, aspettava Giorgio, colui che si poteva definire il suo assistente tuttofare.
Se ne stava immobile, in piedi, con in mano un lume acceso che porse al padrone senza dire una parola. Ad Hermes bastò un rapido sguardo per cogliere la domanda che stagnava nei suoi occhi.
Tutto in lui tradiva preoccupazione, apprensione e paura.
Giorgio si allontanò, sempre in silenzio, e zoppicando vistosamente.
Era così che l'aveva conosciuto. Ancora ai tempi in cui gestiva quella piccola bottega d'erboristeria in una contea lontana.
Lo aveva salvato dalla folla inferocita che voleva giustiziarlo, facendolo nascondere nel suo scantinato. Aveva rischiato grosso per lui. E neppure lo conosceva.
Ma come poteva restare indifferente a quello che stava accadendo? Come avrebbe mai potuto sopportare una simile vista senza intervenire?
L'unica colpa di Giorgio era l'essere zoppo dalla nascita. I suoi vecchi l'avevano nascosto agli sguardi del popolo: l'avrebbero accusato d'avere "il piede caprino", inconfondibile segno demoniaco.
L'avrebbero strappato all'affetto dei suoi e, peggio che mai, alla vita da storpio che meritava comunque di vivere.
Poi, un bel giorno, i due vecchi muoiono in un incidente al fiume ed ecco arrivare al villaggio un carretto con le salme trainato da uno zoppo.
Giorgio era sempre vissuto in aperta campagna, forse perfino ignorava l'esistenza di un villaggio ma, più forte del suo timore, fu il desiderio di cercare aiuto per i suoi genitori. Per quelli che, fino a quel momento, gli avevano garantito un'esistenza dignitosa.
Agli occhi della gente, ubriacata dalle deviazioni del cristianesimo e dell'inquisizione, la scena si presentò come inequivocabile sfida del demonio: un emissario diabolico che trainava un carretto con due cadaveri gonfi e bluastri non poteva aspettarsi alcuna pietà.
L'ignoranza andava ben al di là dell'umana comprensione e tutto tornava a vantaggio di predicatori senza scrupoli. I soldi muovevano il mondo, la convenienza faceva chinare i potenti alla vista di una croce e la follia ardeva negli animi degli inquisitori più incalliti.
Nemmeno un processo sommario spettò a Giorgio, tanto evidente era considerata la sua flagranza di reato e l'efferatezza del suo delitto.
Hermes lo salvò mischiando alle fascine, sistemate per il rogo, alcune sostanze di sua preparazione che scatenarono una nube densa ed impenetrabile, come una nebbia improvvisa e fittissima.
I popolani si limitarono a gridare e fuggire in tutte le direzioni, considerando l'accaduto come un'ulteriore prova che il diavolo fosse davvero tra di loro.
L'erborista si avvicinò alla vittima sacrificale di quel rito tragicamente ridicolo, lo liberò dalle corde e lo condusse nel suo angusto scantinato.
Hermes divenne la nuova famiglia di Giorgio, lo curò come avrebbe dovuto fare con un bambino e gl'insegnò tutto quel gli riuscì di far entrare in quella zucca abituata al solo lavoro manuale.
Dovette tenerlo nascosto per alcuni mesi, mesi nei quali lo zoppo imparò a parlare correttamente e a far di calcolo.
Poi venne il viaggio verso una terra lontana, ai margini del regno.
I sospetti sui suoi rimedi naturali e sulle sue pozioni, convinsero Hermes a cercare casa in luoghi per cui, regnanti e predicatori, mostravano poco interesse.
Ma anche il piccolo maniero al limitare del bosco non era più sicuro.
E Giorgio lo sentiva meglio di chiunque altro.
Hermes aprì la pesante porta del suo studio-laboratorio, poggiò il lume sul vecchio tavolo ricavato da mezzo tronco di quercia e diede un'occhiata ai suoi ultimi appunti.
Poi aprì un cassetto ed estrasse un volume dal peso non indifferente.
L'aveva letto mille, forse un milione di volte.
Il suo trattato. L'insieme della sapienza di diversi studiosi, alchimisti, filosofi e letterati del mondo intero. Su quelle pagine ingiallite, le parole erano scritte col sudore, col sangue e col sacrificio di menti illuminate in tempi di buio ed ignoranza.
Hermes aveva approfondito e continuato gli esperimenti di chi, prima di lui, aveva impegnato la vita intera alla scoperta dei segreti della fisica, dell'anatomia e della chimica.
Aveva riletto quei passaggi tanto da impararli a memoria e vi aveva aggiunto perfezionamenti fondamentali e preziosi.
Ora era al termine. Il trattato che insegnava all'uomo come realizzare uno dei suoi sogni più antichi e proibiti era finalmente completato.
"Quante volte ancora pensi di riguardarlo?"
La voce di una donna lo fece sussultare. Elena stava sulla soglia della porta spalancata nelle sue vesti preziose e con i capelli biondi sciolti sulle spalle.
"Lo riguardo per soddisfazione personale. Ormai è completato e lo sai. Manca solo l'esperimento finale".
"È proprio questo che mi preoccupa. Per quanto ancora credi che riuscirò a proteggerti? Per quanto ancora credi che mio marito tollererà la tua presenza sulla sua terra? Quel monaco maledetto non fa che tacciarti di stregoneria in giro per il villaggio. Le sue parole sembrano aver fatto dimenticare alla gente tutto quel che hai fatto per loro".
Mentre parlava, cominciò ad avvicinarsi. I suo occhi verdi parevano gemme e la sua pelle candida proprio non si addiceva a quelle zone brulle e selvatiche.
Suo marito. il signorotto di quelle terre, era un uomo abbastanza accondiscendente e certamente incantato dal fascino della moglie. Elena lo guidava come una marionetta ed era grazie alla sua sola intercessione se Hermes non era ancora stato catturato per comparire davanti al tribunale dell'inquisizione.
Al momento, il signorotto, lo considerava inoffensivo e indegno della sua attenzione. Ma l'idillio non sarebbe durato a lungo. Effettivamente le prediche accorate del monaco sconosciuto stavano sortendo il loro ipnotico effetto e la gente si stava rivoltando contro chi, fino a pochi giorni prima, li aveva amorevolmente curati.
"Devi andartene". sentenziò Elena. "Non puoi star qui ad aspettare che vengano a prenderti".
"Verrebbero dovunque. Il mondo intero è sotto quest'influsso maledetto. Non c'è un solo posto che sia sicuro per degli uomini di scienza o per uno zoppo ritardato".
Quella era la verità, quello dei vagabondi il futuro che gli spettava.
Ma lui aveva la soluzione. Il trattato del sogno dell'uomo, la sua più promettente creatura era anche la sua arma segreta.
"Questo!" esclamò battendo la mano sulla copertina in pelle del tomo "Questo sarà la mia salvezza e la mia via di fuga".
"Quello è una sciocchezza". ribattè Elena senza scomporsi "Come puoi essere così sicuro che possa funzionare? Come puoi sperare di riuscire dove altri hanno fallito nel corso dei secoli?"
"Io ho raccolto tutto il loro sapere e corretto tutti i loro errori di valutazione. Sono pronto Elena. Non mi prenderanno. Nessuno avrà il piacere di arrostirmi su di un rogo".
Elena non rispose; la cocciutaggine di quell'uomo era pari solo alla sua intelligenza e alla sua bontà d'animo.
Non poteva nascondere la sua preoccupazione per un esperimento tanto pericoloso ma, una flebile vocina dentro di lei le diceva di fidarsi, di concedere il beneficio del dubbio alle sue folli teorie e di sostenerlo come solo lei poteva fare.
"Fuggirai così allora?" gli domandò sinteticamente e con la voce leggermente tremante.
"Lo so cos'hai sempre pensato del mio trattato, ma devi credermi. Ho ragione. Io realizzerò il più grande sogno dell'uomo e ridicolizzerò tutti quelli che spacciano fandonie per dogmi e vie di salvezza. Andrò più in là di quanto non si sia mai spinto un uomo".
"Spero che, da dove ti spingerai, tu possa far ritorno".
Detto questo si voltò e s'incamminò verso l'uscita. Non si aspettava di riuscire a farlo desistere ma nemmeno si aspettava una così sincera ed orgogliosa difesa delle sue teorie. Quanti prima di lui erano periti nel tentativo di mettere in pratica gli insegnamenti di quel volume? Quanto le sue modifiche alle formule gli avrebbero garantito il successo?
Si soffermò a guardarlo un'ultima volta. Mentre una lacrima le solcava il viso pulito, cercò di mostrargli un sguardo fiero ed intenso. In fondo aveva fiducia in lui e non poteva che augurargli il successo e la realizzazione del suo sogno. In ogni caso l'avrebbe perso e, nonostante tutto, non le riuscì di dirgli addio.
 
La notte portò con sé una brezza dal sapore ancora invernale che scuoteva le fronde e raggelava le membra.
Hermes bussò forte all'uscio della stanza di Giorgio. Il ragazzone venne ad aprire già vestito.
Sapeva quello che stava per accadere e sapeva quello che il suo protettore aveva programmato per lui e per la sua incolumità.
"È l'ora Giorgio. Il cavallo che ha portato Elena è sul retro con le sacche già piene di viveri ed acqua. Ti ricordi tutto?"
"Sì. Credo".
"Non è difficile. Devi sempre scappare verso est, oltrepassare i confini del regno e rintracciare Homertio l'alchimista. Ricorda di non scendere mai da cavallo se non è strettamente necessario o se c'è qualcuno che ti può vedere. Fino a che sarai nel regno sei in pericolo per via del tuo "piede caprino". È tutto chiaro?"
"E voi?" chiese abbassando lo sguardo Giorgio.
"Lo sai. Applicherò per la prima volta il trattato completo. Ho già pronte tutte le pozioni e presto comincerò gli esercizi mentali e fisici. Non aver paura per me. Probabilmente arriverò da Homertio prima di te. Sarò là ad aspettarti davanti ad una bella tisana bollente e pronto a descriverti le facce stupite di quei quattro bigotti che avranno avuto il coraggio di venire a prendermi".
"Io vi credo. Ma credo anche che avreste fatto bene a fuggire con me".
"No. Questa è l'occasione per dimostrare a quei venditori di fumo l'importanza della scienza. Devo mostrare loro cosa posso fare adoperando il mio cervello e le nozioni tramandate dai grandi del passato. Non possono cancellare tutta la conoscenza dei nostri avi con la scusa della "semplicità d'animo" e con la convenienza di menti plasmabili al loro volere. Io lo impedirò e con la mia fuga segnerò la prima, grandiosa vittoria a favore dei miei studi e della libertà di sognare".
Il discorso non andò avanti a lungo: Giorgio sapeva benissimo che, per nessuna ragione al mondo, il suo protettore avrebbe rinunciato alla sua idea e mai sarebbe tornato sui suoi passi.
Se non c'era riuscita Elena, figurarsi come poteva pretendere lui d'avere voce in capitolo.
Hermes e Giorgio scesero insieme, ed in perfetto silenzio, le scale che portavano al retro del piccolo maniero dove un bellissimo cavallo sauro stava placidamente legato ad un paletto conficcato nel terreno. Elena doveva aver fatto sparire quel magnifico destriero dalle stalle del marito perché, i villici, era praticamente impossibile che possedessero una così splendida bestia.
"Stringi i denti!" rincarò la dose Hermes, "Cavalca più che puoi ed evita i villaggi troppo popolati. Non ti ho salvato la prima volta per poi vederti finire alla forca per una stupida distrazione".
Giorgio, per tutta risposta, gli gettò le braccia al collo, cingendolo in una stretta che significava molto più di quello che avrebbe mai potuto dire. Quel pazzo da laboratorio era per lui un padre, un fratello maggiore, uno da seguire anche solo per la sincera bontà dei suoi ideali.
Quante volte l'aveva visto pentirsi per aver aiutato gente ingrata e quante volte ancora era ricaduto nel suo errore? Quante notti insonni aveva passato a rimuginare sulle pagine di quel trattato per non pensare che fosse davvero nel giusto?
Una volta in sella, il ragazzone zoppo, era normale. Nessuno lo avrebbe mai accusato di "piede caprino" e nessuno gli avrebbe negato il saluto sulla via che conduceva fuori dal regno.
"Tutto ad est!" gridò e partì al galoppo verso una meta sconosciuta, lasciandosi alle spalle l'unico uomo che gli aveva concesso una possibilità senza giudicarlo per il suo aspetto.
 
Sapeva che sarebbero arrivati presto.
Forse già con le prime luci dell'alba. Da quanto ne sapeva, facevano sempre così: nessun avvertimento specifico e poi, di sorpresa, si presentavano in un numero spropositato (manco dovessero combattere una guerra) alla porta del cosiddetto "emissario del demonio".
Era un'intuizione, una specie di sesto senso che gli aveva consigliato d'anticipare la fuga di Giorgio e che gli suggeriva di cominciare a preparare tutto per l'esperimento.
Aprì il solito cassetto e ne trasse il volume che già migliaia di volte era passato tra le sue mani.
Ripassò con leggerezza l'ordine degli esercizi mentali e cominciò a praticare quelli fisici per sciogliere la muscolatura.
Poi si lasciò cadere sul letto, ripensando a tutti gli anni spesi in ricerche, a tutto il sapere che era contenuto in quel tomo. Era qualcosa più grande di lui, qualcosa che stava cercando di manipolare ben conscio che, forse, le sue forze non sarebbero state sufficienti.
In fondo, era spaventato. Spaventato dalla sua cocciutaggine, dalla sua ostentata sicurezza e dalla sua incondizionata fiducia nelle sua capacità.
Tutto sembrava perfetto, i calcoli erano esatti e ogni teoria combaciava con l'altra.
Avrebbe mai più rivisto Elena? E Giorgio?
S'immaginò piombare dal cielo a cavallo di un destriero alato, bello e tremendo come la più terribile punizione che i monaci potessero mai aspettarsi arrivare da lassù.
S'immaginò portatore di pace ed armistizi ma, soprattutto, di luce e verità.
Perso tra i suoi pensieri, non si accorse che un flebile chiarore penetrava dalla sua finestra rischiarandogli un poco il viso.
Si destò completamente quando udì uno sferragliare in lontananza. E poi voci, canti e passi sempre più vicini.
Guardando da una fessura riuscì a scorgere le fiaccole dei popolani che venivano a prenderlo per giustiziarlo. Guidava la carovana il monaco senza nome che tanto aveva propagandato contro di lui e la sua arte medica.
Era giunto il momento. Non avrebbe più potuto tirarsi indietro e nemmeno avrebbe potuto permettersi un fallimento.
Completò qualche altro esercizio di scioglimento supplementare e iniziò a meditare.
Le prime voci si facevano grosse al limitare del bosco: erano in molti e questo bastava a non far loro temere nemmeno il diavolo in persona. Pensare che erano quelle stesse persone che a lui si erano rivolti per la febbre del figlioletto e le stesse che, giorni prima, passavano a tutta velocità pur di non sostare accanto alle sue mura.
Cominciarono i primi insulti, i primi richiami al pentimento e le intimidazioni ad uscire senza fare uso delle arti demoniache. Il Signore era con loro. Dicevano.
Intanto il cinguettìo dei passerotti si mischiava alle voci esaltate, la luce del sole mortificava quella delle torce e la Natura al gran completo sembrava essere corsa lì per assistere all'atto finale.
Hermes si legò alla schiena una sacca di tela nera, vi infilò il tomo del trattato e salì di corsa le scale che portavano alla sommità della torre.
Aspettò qualche minuto prima d'affacciarsi, minuti in cui ripassò ulteriormente le fasi dell'esperimento e raccolse tutto il coraggio di cui disponeva o di cui poteva disporre in casi disperati come quello.
"Se confesserai avrai una morte veloce!" intimavano dal basso.
"Bruciamolo qui prima che possa scomparire nel nulla!" incalzava qualcun altro.
Ed Hermes si affacciò.
Si portò in piedi sulla merlatura della torre cosicché, tra lui ed i sui presunti giustizieri, ci fosse solo un salto di una quindicina di metri.
Non sentiva più alcun rumore, non una parola ma poteva vedere le loro facce storpiate dalla foga di gridare e da smorfie di sdegno e timore.
Tutto intorno a lui si era fatto silenzio.
La concentrazione che aveva raggiunto, seguendo gli insegnamenti dei saggi orientali avuti per vie traverse, era totale, ermetica e decisamente funzionale al suo scopo.
I primi villici cominciarono a darsi da fare per sfondare la porta e qualcuno improvvisò un'improbabile lapidazione dal basso verso l'alto, senza mai arrivare a colpire l'oggetto di tanta ferocia.
Hermes era indifferente ad ogni provocazione: non si curava delle pietre che, in qualche caso arrivavano a sfiorarlo, ma pensava solo a raggiungere lo stadio di preparazione necessario a compiere il grande passo.
Con uno schianto tremendo la porta d'ingresso crollò.
Hermes lanciò un'occhiata carica di significato verso Elena che, nel frattempo, era giunta nei pressi del piccolo maniero a fianco del marito.
Non si poteva attendere oltre.
"Ora vedrete!" urlò Hermes con quanto fiato aveva in gola.
Sotto, tutti si bloccarono un po' per lo spavento, un po' per vedere che mai avrebbe potuto escogitare quel demonio per levarsi dai guai e da una fine certa.
"Voi siete ciechi!" continuò con voce forte Hermes "Io sono la stessa persona che vi ha curato, che ha mangiato al vostro stesso tavolo e bevuto alla vostra stessa fonte. Non mi riconoscete più forse? Ora non merito più la vostra miserabile fiducia? Non mi importa! Se volete seguire la via della prostrazione a chi vi comanda e del terrore per chi giudica la vostra moralità, fate pure. Io ho aperto gli occhi e non ho mai abbassato la guardia. Guardatemi! Io ho la conoscenza! Sono il novello Icaro! State per assistere alla realizzazione del più grande sogno dell'uomo. Io volerò! Volerò perché sarà la scienza e non la magia a permettermi di farlo. Restate pure in balìa di infondate credenze e di uomini senza scrupoli. Io volerò via, cercando un luogo dove le diversità saranno interpretate come ricchezza e dove le menti saranno aperte al rispetto della vita. Io VOLERO' VIA!"
E detto questo, spiccò un aggraziato balzo nel vuoto.


Torna alla sua Home Page
 

Se desideri acquistare questo libro e non lo trovi nella tua libreria puoi ordinarlo direttamente alla casa editrice.
Versa l'importo del prezzo di copertina sul Conto Corrente postale 22218200 intestato a "Montedit - Cas. Post. 61 - 20077 MELEGNANO (MI)". Indica nome dell'autore e titolo del libro nella "causale del versamento" e inviaci la richiesta al fax 029835214. Oppure spedisci assegno non trasferibile allo stesso indirizzo, indicando sempre la causale di versamento.
Si raccomanda di scrivere chiaramente in stampatello nome e indirizzo.
L'importo del prezzo di copertina comprende le spese di spedizione.
Per spedizione contrassegno aggravio di Euro 3,65 per spese postali.
Per ordini superiori agli Euro 25,90 sconto del 20%.
PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it Se l'autore ha una casella Email gliela inoltreremo. Se non ha la casella email te lo comunicheremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera indirizzata a «Il Club degli autori, Cas. Post. 68, 20077 MELEGNANO (MI)» contenente una busta con indicato il nome dell'autore con il quale vuoi comunicare e due francobolli per spedizione Prioritaria. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2003 Il club degli autori, Davide Ficagna
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
 
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit

 

 

IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
 
Ins. 15-12-2003