Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Davide Ficagna
Ha pubblicato il libro
L'eredità di Caino - Davide Ficagna


  
 
 
 
 
 
 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
 
12x17 - pp. 48 - Euro 6,20
 
ISBN 88-8356-977-6
 
 

Pubblicazione realizzata con il contributo de
IL CLUB degli autori in quanto l'autore con il racconto
«Il ferito» si è classificato 1° nel concorso letterario
«Marguerite Yourcenar» 2003   
 

Presentazione
Incipit

 

Presentazione
Il sangue scorre lungo il cammino dell'Uomo e la speranza di porre fine alle tragedie della guerra pare ormai, al giorno d'oggi, un'illusione tenacemente cullata da "sognatori". In questi cinque racconti, Davide Ficagna, sbatte in faccia la maledetta guerra che sporca l'animo dell'Uomo ma con il suo modo di osservare e scrutare nelle pieghe più nascoste, riesce a fermare il sapore acre della polvere, il sibilo e il fragore delle armi, la paura e lo sconforto, il caldo infernale dell'aria che brucia, fino al silenzio irreale del campo di morte. Nelle sue parole la guerra diventa "esperienza e analisi" dell'Umanità, tragedia dopo tragedia, in una sequenza narrativa che ha il prodigio della verità, della "morte inutile". Alcune vicende rimangono impresse nella mente grazie alla capacità narrativa e alla estrema chiarezza che Davide Ficagna, sempre dimostra di possedere, nel descrivere con intelligenza alcune immagini e riportare travagliati stati d'animo fino a regalare, guardando il cielo di notte, l'ultima amara considerazione: "...non sembra vero che sotto quel telone di velluto nero tempestato di brillanti, tutti i giorni, si combatta una stupida guerra".
 

Massimo Barile


Prefazione

Quelli che non sanno ricordare il passato

sono condannati a ripeterlo

 

George Santayana

 
 
 
Come si può non parlare della guerra?
Come si può ignorare la notizia principe di ogni telegiornale, il sale di troppi talk-show e la primaria fonte di ogni disgrazia umana?
In questo piccolo libro ho voluto affrontare un tema così difficile e vario come quello dei conflitti bellici, aggirando la visione classica di questi con lo stratagemma di racconti brevi e finali a sorpresa.
Ho qui riunito cinque episodi di "quotidianità" da guerra cercando strade diverse per quanto riguarda ambientazione e punto di vista dei protagonisti.
Tutto per rimandare alla realtà odierna, per sottolineare che, dai tempi dei Romani al Medioevo, dalle Crociate ai conflitti mondiali, purtroppo nulla sembra cambiato guardando l'umanità con distacco oggettivo.
Ci restano gli aforismi dei grandi (spesso ignorati a tal proposito) e la consapevolezza che dobbiamo imparare dai nostri errori. Ed il fatto concreto che lo si fa praticamente mai.
I miei racconti non hanno niente di così pretenzioso come il voler insegnare qualcosa ma, penso possano almeno rientrare in quella parte di comunicazione scritta che aiuta a riflettere.
Sono storie di fantasia che assomigliano crudelmente alla realtà.
La speranza è quella di essere riuscito a ricreare su carta l'atmosfera voluta, quella sorta di leggerezza che sopravvive alla tragedia della guerra e che ammicca complice al giornalismo noi non schierato; la speranza è quella di aver ricostruito momenti che, per fortuna, molti di non hanno vissuto sulla propria pelle ma che erano la base di tutti i racconti dei nostri nonni.
Forse tra cento, o forse tra mille anni saremo finalmente liberi dalla schiavitù delle battaglie figlie di necessità economico-politiche; forse raggiungeremo quel livello di civiltà a cui aneliamo da sempre.
Forse.
Per ora resta la certezza che molto sangue, troppe vite innocenti sono diventate storia. E la spiegazione, anche con la cura del tempo, non è mai davvero soddisfacente.
Buona lettura!
 
 

L'autore


 
L'eredità di Caino

 Questo libro è dedicato alla mia famiglia e a tutti i miei amici di sempre (la mia seconda famiglia...) per il loro sostegno e per il semplice fatto di restarmi vicino.

 

Diario d'Africa

 
 

Ancora tuona il cannone,

ancora non è contenta

di sangue

la bestia umana [...]

 

Francesco Guccini

"La canzone del bambino nel vento"

 

12 Maggio
Qui l'aria brucia.
Brucia perché è calda e secca, non come su da noi, brucia perché il sole sta alto nel cielo per un numero spropositato di ore e perché, troppo spesso, quello stesso cielo è attraversato da stupidi colpi di mortaio.
Sto aprendo il mio diario di viaggio. Voglio che, di questa mia esperienza, resti una traccia scritta, quasi un lascito ai posteri.
È solo qualche giorno che ho deciso di scriverlo ma già avrei mille piccoli episodi da raccontare; proprio per questo devo cercare di essere il più possibile selettivo, altrimenti finirei per riempire le pagine di cavolate forse insignificanti per chi dovesse trovarselo un giorno tra le mani.
Ammetto che, l'idea di tenere un diario, è nata anche da un desiderio irreprimibile di stare meglio con me stesso: non è facile convivere (anche se da poco) con la guerra, con colleghi per lo più stranieri e con una moltitudine di volti che si somigliano in modo incredibile.
Sento una specie di pacato entusiasmo. So che sembra strano (e lo sembra a me per primo), ma mi riesce ancora facile alzarmi al mattino e attendere con ottimismo quel che la giornata mi riserverà.
Non riesco a leggere la stessa cosa sui visi dei miei colleghi: sono tutti qui per loro scelta, ma hanno un'aria stanca, debole, che lascia traspirare un nonsoché di metodico e rassegnato in quel che fanno. Non voglio diventare come loro, devo cercare di affrontare le disgrazie degli altri (che di riflesso sono poi le mie) in modo sereno. Ecco, l'atteggiamento giusto è la serenità. Mi piace l'idea di aggirarmi per l'accampamento con il viso traboccante di "serenità"; credo possa solo far bene anche a chi mi guarda.
Certo non sarà affatto facile. Qui è molto più probabile cadere in depressione a forza di sentire il rimbombare dei colpi durante la notte e le grida disperate di giorno.
E poi c'è questo caldo infernale. Come ho già detto, qui l'aria brucia per davvero.
 
15 Maggio
Ho passato il giro di boa della prima settimana al campo. Posso affermare di essere fiero di me stesso per come ho superato un ostacolo che altri, o almeno così mi è stato detto, hanno trovato insormontabile. Forse si tratta anche di un pizzico di fortuna: non ho avuto interventi gravissimi e, tra le fazioni, va per la maggiore una specie di tattica del "mordi e fuggi": si stuzzicano un po', rigorosamente a turni e sempre di notte.
Gerard dice che stanno solo aspettando rifornimenti, che non sono tipi da guerra di strategia e che questa calma non lascia presagire niente di buono. L'inclinazione di Gerard, a quanto ho potuto osservare fino ad ora, tira pesantemente verso il pessimismo ma credo che, dopo due anni al campo, sappia bene quel che dice.
Dal canto mio, cercherò di sfruttare queste giornate "scariche" per conoscere meglio i miei colleghi, approfondire il mio francese e magari imparare qualche parola dagli indigeni che stanno qui a dare una mano.
 
16 Maggio
Oggi è stato rimandato a casa Michael. Era arrivato solo un mese prima di me con la spedizione che precedeva la mia. Non ho assistito alla scena perché ero in turno di riposo ma quello che mi hanno raccontato basta e avanza.
A Michael è toccato un servizio di routine e, alla fine, è crollato. Parlano di un cedimento dovuto allo stress, al caldo insostenibile e al fatto che, ultimamente, mangiava molto poco.
Era anche arrivato al campo nel momento di maggiore attività e, questo momento di relativa calma, potrebbe avergli causato una qualche specie di rilassamento psicologico. Si sa che, nell'attimo in cui si rende necessario uno sforzo, le forze sembrano aumentate ed inesauribili e poi, subito dopo, ci si sente molli e fiacchi. Quello che non capisco è la sua resa immediata. Ci avevo parlato qualche volta e non mi pareva affatto il tipo da arrendersi al primo cedimento. Aveva sempre anche lui quell'espressione un po' rassegnata nonostante il suo modo di agire determinato e sicuro.
Non ho avuto nemmeno il tempo di salutarlo visto che ha approfittato del primo mezzo della forza internazionale per tornare nella capitale. So che non dovrei pensarlo, eppure l'idea di tornare alla vita normale non dispiacerebbe nemmeno a me.
 
20 Maggio
Le funeste previsioni di Gerard non si sono ancora avverate ad oggi.
Spero vivamente che non si avverino mai e specialmente ora che al campo si respira un'atmosfera diversa: si sta un po' meno sul chi vive, si riesce a scherzare su cose frivole che prima non si aveva neppure il tempo di considerare e ci si sente più come un gruppo in gita.
 
21 Maggio
È una notte stupenda. La prima, da quel che ricordo, in cui non si sentono i colpi in lontananza. Sono felice (ed è ben strano a dirsi) che mi sia toccato il turno notturno in una serata come questa, con un cielo stellato e una temperatura quasi gradevole soprattutto se confrontata con la sauna che ci tocca ogni giorno dall'alba al tramonto.
Sono contento che in turno con me ci sia Giorgio così possiamo parlare italiano senza doverci cimentare in un francese maccheronico.
Oggi pomeriggio sono arrivati tutti gli equipaggi italiani che attendevamo e, finalmente, entrerò a far parte delle squadre in uscita. Non mi andava sinceramente più di fare la riserva a quelle anglo-francesi, un po' perché se parlavano in fretta non riuscivo più a seguire i loro discorsi, e un po' perché la tentazione di stare in prima linea cominciava a farsi strada nella mia testolina.
Ora smetterò di scrivere: voglio godermi la tiepida brezzolina, il silenzio irreale (interrotto solo dalle barzellette sporche di Giorgio) e la comoda sedia di vimini.
Non sembra vero che sotto quel telone di velluto nero tempestato di brillanti, tutti i giorni, si combatta una stupida guerra.
 
1 Giugno
Sono stanco, sporco. Ho quasi voglia di piangere, anzi, oggi in servizio credo di averlo già fatto.
Comincio a chiedermi che ci faccio qui, perché ho abbandonato la mia vita normale per buttarmi di proposito nella più profonda fossa dell'inferno.
Gerard aveva ragione, i rifornimenti sono arrivati ed ora piovono granate, bombe a mano e colpi di mortaio ad ogni ora del giorno e della notte. Non ho mai visto tanto sangue né sentito tante grida. Vorrei gridare anch'io quando sto tra i feriti o quando le nostre sirene fischiano così forte da coprire gli urli di quelli che non riusciamo a caricare al primo viaggio.
Ieri un nostro mezzo è stato colpito per errore. Nessuno dei nostri si è fatto male ma non credo che riuscirò mai a scordare gli occhi gonfi di terrore di Franco e Alessandro mentre correvano via dal Ducato lacerato sulla fiancata. Dicono che qualcuno pagherà per questo.
Solo stasera ho trovato dieci minuti per aggiornare il mio diario e mi sono commosso nel rileggere le pagine dei miei primi giorni qui. Allora non sapevo a cosa stavo andando incontro e non avevo idea di cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco.
Invidio Michael che ora sarà a casa sua con le mani pulite e non impiastricciate di sangue secco.
Lo invidio e un po' me ne vergogno.
 
11 Luglio
Ho paura.
Ho paura di cosa potrebbe piovermi sulla testa, di trovarmi morto da un momento all'altro senza sapere né perché né come e di passare improvvisamente dall'altra parte.
Il confine tra noi della Croce Rossa e i combattenti, a volte è sottilissimo: stiamo lì, nello stesso posto, sotto le stesse bombe e solo per un motivo diverso.
Nell'ultimo mese ho scoperto sul mio viso quell'espressione metodica e rassegnata che tanto avevo criticato nei miei compagni d'avventura. Credo sia l'effetto dello schifo che provo per l'intera umanità, per esseri che di umano hanno ben poco e che nemmeno sono paragonabili agli animali più feroci. Qui si uccide col machete, a fucilate in pieno volto, con mine antiuomo.
Passo intere giornate senza la voglia di parlare con qualcuno ed altre in cui senza uno sfogo potrei impazzire. Rimugino su quali assurdi ideali possano spingere a massacrarsi l'un l'altro e a come sarebbe facile, su da noi, schierarsi da una parte o dall'altra in base alle parole dei potenti, di chi non sta in prima linea. Penso anche al sacrificio di quelli di Emergency o di Medici senza frontiere, forse perché è difficile abbandonare una carriera d'oro per un ideale o forse perché quel senza frontiere è involontariamente rivolto alle migliaia di interventi che si trovano ad eseguire e che vanno ben più in là di ogni macabra fantasia.
Ora i volti degli indigeni non mi sembrano poi così uguali: differiscono per il modo in cui soffrono, per lo sguardo che ci implora pietà quando arriviamo a sirene spiegate.
Continuo ad essere stanco e sporco ma il peggio è che mi sento impotente di fronte alle disgrazie altrui. Non voglio mollare ma, sopportare urla, bombe e l'inspiegabile accanimento degli uomini contro sé stessi, è estremamente difficile.
E poi c'è questo caldo infernale.
Come ho già detto, qui l'aria brucia.
Per davvero.

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Ins. 23-11-2005