Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Carmelo Mario Lanzafame
Con questo racconto si è classificato terzo al concorso Marguerite Yourcenar 1999

Angelina

 
1
 
Sul fatto che i topi e gli scarafaggi avrebbero ereditato il mondo, Angelina non aveva dubbi.
Angelina continuava nel frattempo a costruire case sui pilastri.
I pilastri ancorano gli edifici e ne sostengono il peso.
Ogni giorno bisogna essiccare e dissodare il terreno per preparare le fondamenta e quindi tirare su i pilastri.
Perciò Angelina sceglieva assistenti e aiutanti, le carriole e i praticabili, le ruspe e le escavatrici, i tipi di cemento e le ditte d'appalto.
Questo naturalmente era deciso di comune accordo con i geometri, la proprietà e gli uffici tecnici.
Così nuovi cantieri si aprivano, le giornate di Angelina si riempivano e le cubature della città aumentavano.
Dopo il progetto si parte naturalmente a lavorare alle fondamenta. E il lavoro da qualche anno sembra non finire mai.
Le fondamenta sono importanti, servono a tenere su tutta la casa: qui sono collocate le cantine, casa naturale dei topi e degli scarafaggi.
Ma questo si sa: tutte le case, anche le case più nuove, sono subito abitate da questi ospiti prima ancora che dagli inquilini.
E ci mancherebbe che Angelina e i suoi pensassero anche ai topi e agli scarafaggi. Nessuno più muoverebbe un dito, metterebbe un po' di cemento, alzerebbe pilastri!
Per completare l'opera, spesso, occorre scavare e ristrutturare, per ricostruire e tirare su, gettare calce e ghiaia, usare la mazza e tirare via piastrelle e mattonelle e la cazzuola e le gru. Ci sono anche le ruspe e le betoniere, la calce e l'asfalto. Certo.
E poi si chiamano squadre di elettricisti, idraulici e tecnici vari. Certe volte bisogna buttare giù muri e tetti, mettere putrelle e fissare sostegni: ma anche questo è nell'ordine delle cose. Poi arriva il turno di imprese di pulizia e derattizzazione, espurghi per cessi e fogne intasate, aziende municipalizzate e artigiani fuorilegge per piccoli e grandi ritocchi.
Anche i pensionati nei vari momenti della giornata si mettono all'opera: raccolgono foglie secche, spazzano le strade presso i passi carrai, rastrellano la ghiaia, oppure chiacchierano ai lati di una buca o guardano gli operai che sbadilano.
Comunque sia per tirare su una casa, a meno che non piova, basta qualche settimana di duro lavoro o al massimo qualche mese, anche se Angelina sapeva che ci vuole spesso molto tempo per prosciugare la terra perché di acqua, nelle falde superficiali, ce n'è davvero tanta.
E l'acqua arriva dappertutto, come i topi e gli scarafaggi.
Però per l'acqua si può fare qualcosa e comunque bisogna fare qualcosa, sennò addio lavoro, addio pilastri e case. E Angelina pensava che non avrebbe mai vissuto in una palafitta.
Anche gli operai di Angelina conoscono l'ordine delle cose, perciò ogni tanto lavoravano di più e ogni tanto meno. Sanno anche che Angelina era generosa e comprensiva perché aveva passato anni ad imparare il mestiere, sulle impalcature, in alto sui ponteggi dei grattacieli, senza mai tremare guardando giù, portando carriole e sacchi sulle spalle senza mai fiatare.
 
2
 
Angelina lavorava sodo, molto più del normale, molto più di tanti altri, molto più che se avesse scelto un altro lavoro. Ma lei credeva che anche questo fosse nell'ordine delle cose.
Poi il lavoro le piaceva perché dal nulla vedeva crescere qualcosa di solido dove lei aveva messo materialmente le mani, mescolando e impastando materia e pazienza, cura e attenzione.
Cosa insolita nel mestiere ma molto apprezzata dai suoi, quando la ditta finiva una nuova casa, Angelina ordinava chili di paste e del vino bianco frizzante per festeggiare perché, diceva, le sembrava di essere un pasticcere alle prese con il suo capolavoro per il matrimonio del figlio maggiore.
Ecco, così si esprimeva. E chi era entrato da poco nella sua squadra, la guardava con ammirazione e un po' stupito perché non capiva come mai stesse lì quella strana donna.
Oltre all'orgoglio di tirare su pezzi della sua città, il suo era dunque un lavoro che le permetteva di conoscere tanta gente, diverse maestranze, tanti professionisti e, costruendo appunto parti della città, s'immaginava che le persone incontrate avrebbero abitato chi nella villa, chi nel condominio, chi nel complesso residenziale e così via.
Cioè in pratica Angelina ci metteva davvero anche del suo, oltre ad essere una vera esperta di questo duro mestiere. E un po' della durezza del mestiere era diventata parte di lei, si capisce, stando fuori a infradiciarsi le ossa per limitare i tempi di consegna, oppure d'estate con il torso coperto solo dal reggiseno che staccava nettamente con la schiena diventata una crosta bruna.
Sempre, i più giovani della squadra, proprio d'estate, la vedevano assomigliare davvero a un incrocio tra un mammifero, del quale conservava la pienezza dei seni e le rotondità dei fianchi e del ventre, e uno scarafaggio su due zampette rinsecchite, in piedi a lanciare ordini e urla agitando altre due zampette più corte, con il muso in aria a annusare la polvere.
Angelina però restava a suo modo bella, soprattutto per i due figli, un po' meno per il marito, si capisce. Il marito avrebbe voluto trovare la sua mogliettina a casa, tutta bella pulita e profumata, grata e disponibile a consolarlo dalle sue faticose e noiose ore lavorative, colmandolo di affetto e coccolandolo.
Invece si era trovato sposato con un capomastro che l'aveva catturato con la sua passione e la sua forza nell'amare. E in quei giorni il marito di Angelina si chiedeva come mai era potuto succedere. Cercava di ricordare come e quando era successo.
Cioè si ricordava il perché e le parole che aveva detto, ma non riusciva a capire, adesso, cosa avesse provato di tanto forte per decidersi a sposarla.
Angelina comunque gli ripeteva sempre, nei momenti di intimità, di essere rimasta fin dal primo incontro colpita dalla grazia delle sue mani. "Sono belle le tue mani, così piccoline e tenere" e se le portava vicino alle labbra per baciarle e rosicchiarle.
Così Angelina gli spiegava in questo modo il suo amore, mentre il marito restava silenzioso, con il passare del tempo sempre più spesso.
E questo accadeva da molto tempo ormai, da troppo almeno per il marito, anche se i figli crescevano bene. Il più piccolo addirittura disegnava sempre case e forse sarebbe diventato geometra, quando fosse cresciuto naturalmente.
Qualche volta, com'è naturale, Angelina puzzava di sudore e aveva le mani sporche, anche se si lavava bene, ma certi lavori comportano anche questo e la città non ne può fare a meno.
Pensa, si diceva Angelina, se i quartieri, le case, le ville, i grattacieli avessero pure il naso per tenere dietro ai nostri odori.
La vita comunque scorreva tranquilla, almeno per Angelina. E infatti Angelina rallegrava le serate domestiche raccontando le barzellette che aveva ascoltato in cantiere, anche se talvolta un po' spinte.
Una volta la settimana faceva l'amore con suo marito, in genere il sabato sera. Il marito quando godeva faceva un verso strano, come un fischio o uno squittio da topolino.
Però Angelina l'amava con tutto il suo cuore e si addormentava serena e sognava fondamenta, cantine, solai, tutte popolate da città di topi e scarafaggi che giocherellavano, scherzavano, si raccontavano favolette a quattro o otto zampe.
 
3
 
Di giorno si deve lavorare, anche se c'è sempre qualcuno che lavora di notte, se è necessario. Poi, a seconda della stagione o del tempo, si lavora più o meno, a seconda se le cose e gli affari vanno bene o male.
Comunque sia tegole e serramenti, calcestruzzi e gabbie, gru ed escavatori sono sempre là, sparsi per la città che non è poi tanto piccola come dicono, almeno agli occhi di chi la sa guardare.
Angelina, nelle pause del lavoro, magari aspettando che finisse il temporale, pensava spesso alla sua grande casa, a quanto tempo ci aveva messo a costruirla, ora dopo ora, giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, così per anni pieni di sacrifici, invecchiando con lei.
Ed è bella la sua casa. È senza fondamenta e cantina: Angelina l'ha costruita sopra un'altra casa, praticamente ancorando le pareti e i pavimenti sui solai e sulle mura portanti di quella sottostante. E aveva ottenuto tutti i permessi e le licenze necessarie, visto che lei era del settore e sapeva dove rivolgersi.
Ultimata l'aveva chiamata il castello, anche se dà l'idea di una strana palafitta. E il marito di Angelina era stato d'accordo, ammirando la forza e la tenacia di sua moglie, anzi, addirittura vantando l'originalità del suo manovale personale presso gli amici o i colleghi di lavoro.
La mia donna è creativa, così diceva in quegli anni, è in gamba e sa cosa vuole dalla vita. Diceva e, mentre lo diceva, non sapeva esattamente cosa c'entrasse lui con Angelina. Ma all'epoca tutto ciò gli bastava. Poi, si capisce, tutto il gran daffare di Angelina intorno al castello lo aveva rapito, o almeno aveva rapito quella parte di carattere che provava malinconia verso la sua giovinezza che gli sembrava essere stata molto creativa.
All'epoca cioè il marito di Angelina non aveva ancora capito che in fondo la sua giovinezza era stata la giovinezza e neppure tanto creativa se non perché la giovinezza può essere definita creativa come altre età, basta semplicemente vivere. Cioè la giovinezza ti è data da vivere, ecco tutto.
Invece il marito di Angelina pensava che la sua fosse stata appunto creativa, solo perché adesso non più giovane, viveva noiosamente lo scorrere dei suoi giorni.
E così il marito di Angelina non faceva altro che pensare all'indietro, cioè ricordava e basta, un po' come un vecchio prima del tempo. Passava cioè il suo tempo a rimpiangere la sua giovinezza creativa, almeno come se la raccontava.
E neppure badava a quello che succedeva e come stava passando il suo tempo.
Tornava a casa dal lavoro, faceva la spesa, salutava figli e moglie, accendeva la televisione e faceva finta di guardarla. E pensava all'indietro, per ore e ore. Pensava e ricordava la sua giovinezza che diventava sempre più creativa.
Angelina invece era contenta e soddisfatta del suo castello e del suo lavoro, della sua famiglia e di suo marito, cioè viveva.
In più i suoi aiutanti e la sua squadra non mancavano di gratificarla dicendole sempre brava, facendole i complimenti e restando a bocca aperta ammirati del castello, quando erano invitati a cena o l'accompagnavano dopo il lavoro.
E Angelina sapeva che fintanto che la sua casa fosse stata il castello non ci avrebbe abitato nessun topo e nessuno scarafaggio, forse qualche ragnetto e, d'estate, le zanzare e le mosche, tanto alla natura non ci si può certo ribellare.
Il castello poi ha anche un grande solaio, tanto ampio da tenerci tutte le cose e i bauli e i vecchi mobili e stendere i panni e conservare i vecchi quaderni dei figli che crescono. Certo, se Angelina fosse stata un'artista o un astronomo, il solaio l'avrebbe impiegato per la sua arte o i suoi studi, almeno così gli aveva suggerito il marito.
Invece Angelina non si preoccupava molto delle sue possibilità artistiche o scientifiche e il solaio lo usava come solaio.
È un solaio ampio, di molti metri quadrati, con tante finestre che guardano verso tutti i punti cardinali, così che il sole lo può sempre riempire di luce. Qui, mentre stendeva ad asciugare i panni, Angelina si concedeva una sigaretta di nascosto dal marito, che non solo non fumava, ma cercava di convincerla che le faceva male.
Ma Angelina amava andare a stendere i panni nel suo solaio luminoso e, tutta sola, amava accendersi la sigaretta davanti a uno dei quattro finestroni ai quattro angoli cardinali.
Ecco, pensava tra una boccata e l'altra, forse qui i topi e gli scarafaggi non ci abiteranno mai davvero.
 
4
 
Il marito ormai era stanco del suo lavoro e della vita che conduceva svogliatamente, lui che da giovane aveva avuto tante idee ed entusiasmo.
Ormai lavorava in un noioso ufficio, dove ripeteva le stesse noiose cose con altre annoiate persone. Si domandava spesso, mentre andava in ufficio, come era potuto succedere che lui, così creativo e curioso, fosse finito proprio lì, con colleghi che si mangiavano la faccia per decidere i turni delle vacanze e colleghe vanitose e ignoranti. Si domandava, certo, ma non trovava una risposta. Solamente guardando indietro, gli appariva sempre più luminoso il ricordo della sua giovinezza, di quell'epoca così creativa, curiosa ed appassionata. E non si rendeva conto neppure di come poteva avere amato un giorno Angelina, anzi, quasi neppure si ricordava quando si erano conosciuti e chi aveva per primo scambiato un'occhiata o una parola.
Così, un giorno che sono arrivate le tre nuove segretarie del concorso, ha conosciuto Giulietta.
Giulietta è una ragazza colta. Le piace andare alla stagione di prosa, frequentare persone interessanti, leggere i libri giusti. Nutre, come si dice, diversi interessi culturali, oltre che essere anche una tipina carina, almeno come dicono i colleghi.
E così, scambiandosi opinioni durante le pause caffè, il marito di Angelina e Giulietta si sono trovati a letto spesso.
E così il marito di Angelina telefonava a casa dicendo che si fermava per straordinari lavorativi, ritagliandosi poche ore per stare con Giulietta.
In questo modo si sentiva ritornato ragazzino, con tante energie e idee che neppure sospettava di avere.
Giulietta ama le farfalle, almeno così dice, ma non i bruchi che le fanno schifo.
Giulietta ama anche, almeno così dice, il marito di Angelina e forse perché vede in lui lo sposo di una donna capace di costruire una casa tanto bella come il castello.
Giulietta cioè ama il marito di Angelina di riflesso, ammira cioè che un uomo possa avere sposato Angelina e che Angelina, donna come abbiamo visto un po' fuori dalla norma, sia così creativa.
Ecco, ma questo Giulietta non lo sa, il marito di Angelina e Giulietta si amano in realtà di riflesso, si amano attraverso Angelina e la sua vita. Per il marito non è che sia ben chiaro, anche se in realtà è perché non ne può più né di Angelina né della sua vita, però certamente sa che vuole adesso una donna che non sia Angelina. Giulietta invece, per quello che abbiamo detto, vuole il marito di Angelina in fondo perché crede che il marito di Angelina sia anch'esso, da qualche parte, creativo.
Cioè si dicono ti amo e qui e là, ma non riescono a comprendere non tanto i perché del loro amore, ovvio, ma la necessità. Il problema cioè è che neanche tanto sessualmente si sentono attratti, e la loro vita sessuale non è, infatti, tanto distante dalla loro vita d'ufficio.
Eppure si sono trovati, così. E pare che funzioni.
Comunque sia anche Giulietta ha notato lo strano fischio che emette il suo amante quando gode e, infatti, lo chiama caro topino mio peloso.
Il marito di Angelina è, in effetti, pieno di un folto pelo, molto virile a prima vista e ama di Giulietta il solletico che le provoca sulla pelle sottile e delicata, forse un po' anemica. E questo è tutto quello che tra di loro esiste di tenerezza o erotismo.
Il resto sono cinque minuti di coito, posizioni canoniche o mutuate da riviste di sussidio, come chiama i porno Giulietta, e una soddisfazione tranquillizzante reciproca. Almeno da parte del marito di Angelina.
Giulietta, poveretta, non ha da dire nulla su questo piano. Purtroppo dalle sue precedenti storie non ha ricavato altro che un paio di orgasmi completamente casuali e sui quali non ha potuto neppure costruire niente altro. Le sembra cioè di ricordare che c'entrasse il fatto di essere in automobile in una carraia e che quindi fosse la situazione a eccitarla e ad averla portata alla felicità.
Così con il marito di Angelina, Giulietta fa finta. Finge di godere. Ed è molto brava. Giulietta d'altra parte non pensa mai a chi potrebbe subentrare all'uomo in caso di estinzione, né si pone la domanda ritenendola fuori luogo per una professionista in videografica.
Non è cattiva di carattere anche se talvolta un po' ombrosa, non puzza mai, ha la pelle sempre liscia e profumata, le dita pulite anche se non ha il cuore generoso come Angelina.
Ma il marito di Angelina è così soddisfatto della relazione con Giulietta che non ricorda più la sua giovinezza e, ogni sera, torna a casa sua felice di stare al mondo.
Naturalmente arrivato a casa nasconde il suo stato d'animo, per non creare inutili e fastidiosi sospetti.
Così facendo va al lavoro più contento, continua ad obbedire ai suoi doveri coniugali e affronta con noncuranza la sua età che si sta facendo matura.
Nel suo caso, perciò, potremmo dire che effettivamente il sesso aiuta.
Dopo qualche mese, recuperando a suo modo la creatività perduta della sua giovinezza, ha anche regalato a Giulietta un topino dentro una gabbietta perché in tal modo lo ricordasse in sua assenza.
Giulietta ha gradito il regalo e si diverte molto a vederlo correre sulla sua ruotina fino a farsi scoppiare i polmoncini.
Giulietta poi sorride verso il viso del marito di Angelina arruffandogli i capelli, distesa sul divano, sussurrandogli piccolo topino mio peloso.
Comunque sia anche le cavie sono nell'ordine delle cose e non ci sono altre domande cui rispondere, almeno così pensano il marito di Angelina e Giulietta mentre si preparano al loro rito.
 
5
 
Il castello è ben costruito, solido sebbene non abbia fondamenta. I pavimenti sono di cotto e le camere per gli ospiti rivestite di parquet. Anche questa soluzione l'ha decisa Angelina perché diceva che agli invitati dava una sensazione più intima, più di casa, come forse era un tempo. Anche se la famiglia faceva poca vita sociale e gli amici di fuori città si contassero sulle dita di una mano, Angelina aveva voluto così.
Certo era una problema in più per Angelina quando doveva usare la lucidatrice e, prima ancora, quando doveva pulire con l'aspirapolvere, perché una casa, per essere una vera casa, deve essere sempre in ordine con ogni cosa al suo posto, quasi da un momento all'altro dovesse ospitare un ambasciatore in visita ufficiale.
Almeno su questo concordavano Angelina e il marito dividendosi il lavoro. Le sedie del tavolo della cucina devono essere sistemate così, gli oggettini devono occupare i tavolini della sala in quest'altro modo e, se aveste aperto la dispensa o il congelatore, avreste visto allineate patate e melanzane, cosciotti e filetti di merluzzo come tanti soldatini sui campi di battagli degli scorsi secoli.
I muri sono stati tirati su con speciali materiali isolanti e mattoni, mentre Angelina col marito ha dipinto le pareti in gradevoli colori pastello, con tempere speciali lavabili perché i bambini erano ancora piccoli e, allora, sai che lavorate ogni volta a pulire e ridipingere!
L'arredamento non è né troppo moderno né eccessivamente ricercato ma, con un buon gioco di luci giostrato su lampade e nell'assenza di lampadari, crea una piacevole sensazione di accogliente intimità.
Non girano animali domestici nel castello, anche se forse nella cantina della casa di sotto già vivono famiglie di topi e gli scarafaggi possono liberamente riprodursi.
Ciascuno però deve stare al suo posto, nel suo spazio: topi e scarafaggi di sotto, Angelina e la sua famiglia nella casa senza cantina e la luce del sole libera su in soffitto.
 
6
 
Pioveva molto in quei giorni e questo era un problema per Angelina al cantiere: la sua squadra avrebbe dovuto lavorare di più per prosciugare la terra ed asciugare i cementi in modo da rispettare i tempi dell'appalto. Per non parlare poi degli intonaci e delle tinteggiature che, com'è logico, con l'umido avrebbero richiesto ancora più tempo.
Martedì non ci fu verso di lavorare da tanta acqua che veniva giù e così Angelina era tornata a casa presto con un regalo per i bambini. Era una bella scatola Lego per costruzioni, con i suoi mattoncini colorati e alcune figure della confezione che illustravano le diverse possibilità di assemblaggio.
I bambini ci presero subito gusto a inventare castelli, chiese, palazzi e capanne ma senza seguire una logica precisa o le istruzioni allegate, seguendo soltanto la loro fantasia. Costruivano e davano il nome, costruivano e mescolavano tetti, finestre e porte. Il più piccolo, poi, aveva realizzato uno strano acquario per tartarughine che fece vedere a papà quando tornò.
Stavolta Angelina aveva fatto trovare alla famiglia riunita un buon pasto caldo: un bel brodo di gallina aspettava di essere consumato insieme ad una fonduta di formaggio.
Il brodo, infatti, la sera, come è noto, è un vero toccasana: concilia il sonno e asciuga l'umidità della giornata.
Quando Angelina andò a letto, cercò di far l'amore con il marito ma lui le disse che era stanco e con un forte mal di testa.
Angelina si addormentò ugualmente serena e sognò di visitare la casa dei guardiani delle dighe.
 
7
 
Mercoledì mattina si prospettò un'altra giornata alluvionale e la perturbazione atlantica, almeno nelle previsioni della sera precedente, avrebbe imperversato ancora vari giorni. Nel cantiere, dentro il recinto di lamiere e di legni, tra i materiali ammucchiati, ci sarebbero stati molti problemi.
Si discusse a lungo, nel prefabbricato, se provare un carotaggio del suolo per verificare la futura consistenza di alcuni pilastri della gettata, ma Angelina e il caposquadra rimasero dubbiosi.
Si era scavato troppo per accelerare i tempi e adesso i buchi erano pieni d'acqua, anche grazie alla consulenza sbagliata di un ufficio tecnico cui l'impresa si era affidata.
E poi, voglio dire, va bene accelerare, ma i tempi sono pur sempre sacri, guai a dimenticarsene negli affari.
Il tempo lavora solo per i topi e gli scarafaggi, ma non per l'uomo. L'uomo e la donna stanno troppo poco sulla terra per metterci anche fretta.
Ogni cosa va fatta a suo tempo, con tranquillità, come quando si fa un bambino: ci vuole caldo, calma, amore e passione, ma non certo fretta.
Così pensava Angelina che era anche madre. Così Angelina, piuttosto che far proseguire i lavori, decise di fare un controllo col geometra.
Mentre si arrampicavano e si spostavano sulle impalcature, guardando attentamente e valutando con perizia, Angelina scivolò sul legno di un pontile bagnato.
Disse solo ohh e cadde giù.
Angelina, dopo un discreto volo accompagnato dalle urla del geometra, cadde in una delle buche dei pilastri, piene d'acqua e forse perché aveva battuto la testa e era caduta in fondo, non si riuscì a tirarla fuori prima che il fango riempisse i suoi polmoni.
Nello stesso momento, in quella che doveva essere la pausa per il pranzo, il marito vede la cavietta di Giulietta rosicchiare coi suoi dentini le sbarre della gabbia, ci rimane male e dice a Giulietta che a Natale le avrebbe regalato una collezione di farfalle.
Giulietta dice no, che non vuole cose morte alle pareti.
Stanno per il resto del tempo a discutere che è più giusto tenere cose morte alle pareti piuttosto che animali vivi dentro le gabbie, litigano e finalmente si dicono in faccia che non ne possono più l'uno dell'altra. Volano parole di fuoco ma neanche troppo sincere: alla fine concludono che si prendono del tempo per riflettere. In realtà sanno bene che si rivedranno non appena avranno voglia di fare del sesso.
Il marito così mentre torna a casa all'oscuro di tutto, talmente si è reso irreperibile, vede nel giardinetto di un condominio un gatto con un topolino in bocca.
Pensa che sia giusto così, che lui ha fatto il suo lavoro, il suo dovere anche verso la sua famiglia e che la terra non sarebbe stata ereditata dai topi né dagli scarafaggi, sicuramente senza alcun dubbio.
E si sente all'improvviso come tornato più giovane, mentre rincorre il ricordo di quando aveva accompagnato sulla canna della bicicletta Angelina dieci anni prima.

 

Classifica Concorso Marguerite Yourcenar 1999 sezione narrativa
 
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In serito 5 novembre 1999