
-
- "La coperta
rossa"
-
- È stato come vivere perennemente
ciondolate su un'altalena, perennemente incapace di
poggiare i piedi per terra. Mi nascondevo in una vita
parallela, dondolando il mio copro pesante e
rivolgendo gli occhi lontano da un terreno sterile ma
sicuro, rifugio di un potere accertato.
- Ho iniziato il mio percorso leggendo libri per
bambini saggiamente anziani, quand'anche mi si
avvertiva che questo non andasse fatto, che non
avrebbe giovato ad una normale crescita: quello era
tempo per Il mago di Oz o Hansel e Gretel, ma mi
annoiavo, erano storie che conoscevo già prima
di venire al mondo.
- Appena riuscivo a liberarmi dalle ragnatele che
mi imprigionavano il viso, correvo a piedi nudi sulla
sabbia, ricercando, fra pagine nere d'inchiostro, una
mia verità sfuggente alla luce. A volte,
convinto di averla in pugno, mi accingevo a riposare
sotto il mio albero con il cuore colmo di meraviglia e
stupore, ma il giorno mi faceva nuovamente sprofondare
nel buio della vertigine. Mi sembrava di essere un
volatile che da suo ramo maledetto fissa il davanzale
delle persone, becca le briciole che queste gli
offrono e ruba sorrisi e parole a tradimento, senza
desiderare una dimora calda di cui però essere
schiavo.
- Ho iniziato così, a scrivere, tante e
tante volte, per piegare le persone al mio
dolore.
- In uno stato quasi ipnotico, il carboncino
tracciava segni di disfatta su artificiali vergini
supporti, chiedendo solo una cosa: la comprensione, la
possibilità di vomitare spettri avvilenti in un
tombino, e di carezzare i capelli di una donna dal
sorriso intelligente, dall'allegria che conosce il
pianto. Una di quelle che divorano gli attimi con una
particolare sensualità penetrante. Non mi
è mai piaciuta la bellezza sfacciata di quelle
donne che nascondono le labbra sotto rossetti
colorati, l'odore della pelle sotto fragranze
nauseabonde e obbligano lo sguardo di ogni uomo a
cadere nelle loro volgari scollature. Adoro la
bellezza spontanea ma curata di un essere che sceglie
fra tanti chi conquistare: ella sa come muovere le
mani per non integrarlo, come lasciarlo di stucco
nell'ascoltare la sua voce calda e come guardarlo per
farlo prigioniero.
- Scrivevo, scrivevo e ricevevo in cambio monete
di compassione o elegio, da un pubblico che utilizza
solo due parametri di giudizio: brutto o bello. Non
arriverà mai a capire che dietro il bello si
nasconde spesso la vertigine, l'orrore, la paura di
affogare, il timore di non essere all'altezza; dietro
al brutto, il fascino dell'imperfezione, la spinta a
migliorare, la nudità di un cuore che ha
provato a rivelarsi, ma è stato marchiato
appena varcata la soglia dell'arena.
- Piangevo senza versare lacrime, sfoggiando al
mondo l'orgoglio, la forza e la banalità che ti
si domanda per poter andare avanti
dignitosamente.
- Molte sere mi sono sdraiato sul bagnasciuga in
attesa che la spuma delle onde rientrante in mare
consumasse il mio corpo: il contatto era tremendo,
ogni volta più insopportabile, come se strati
di pelle si staccassero lentamente e lasciassero un
rottame di ossa, che pescatori inorriditi avrebbero
scoperto con occhi pietosi ma sadicamente
beati.
- Non morivo mai e, lasciando alle mie spalle
confusi desideri di elevazione, fingevo di sentirmi un
normale essere umano: mentivo, fumavo, bevevo drinks,
convincevo, calpestavo marciapiedi e tappetini di
lussuose macchine sportive.
- Colei che recitava la parte della mia fidanzata
aveva capito come curarmi, appena davo segni di
vacillamento: mi iniettava morfina, placava i miei
sensi e mi portava in giro, cosciente che è
necessario accettare il proprio ruolo nella
società e pienamente a suo agio nel
farlo.
- Una mattina andai in cima ad una collina che,
sebbene io conoscessi molto bene fin da bambino, mi
sembrava quel giorno essere illuminata da una luce
particolare, come se lì, i polpastrelli del
sole stessero carezzando la neve o una pioggia di
stelle cadenti riponessero affrettati baci su papaveri
eccitati: volevo ubriacarmi e urlare tutta la mia
infelicità, il mio bisogno di liberare l'anima
da stoffe e bottoni non suoi.
- Vidi di lontano una sagoma che si muoveva su
una coperta rossa. Mi avvicinai incuriosito e
riconobbi in lei una donna dai lunghi capelli neri e
il seno audace.
- Stava ballando senza sandali, senza abiti o
veli, con il viso pieno di colore per lo sforzo e gli
occhi brillanti di rabbia e gioia, di tenerezza e
sesso.
- Era tutto surreale, tutto senza freni o
tabù: lei mi afferrò il braccio e mi
portò sulla coperta a ballare, incurante della
sua nudità. Mi guardava gli occhi, la bocca e
le spalle, imprimeva baci sul collo brividinoso e
premeva i polpastrelli sul petto per farmi uscire gli
spettri di dentro.
- Mi spiegò che avrebbe potuto calarsi
nello stomaco e spingerli fuori lei stessa, ma che non
voleva farlo: un polpastrello aiuta a provare, una
tenaglia, come un antibiotico, ti rende
passivo.
- Quasi non riuscivo a respirare nel vedere i
fantasmi del passato, le allodole ubriache schiacciate
per anni in bauli polverosi sotto foglie e lenzuoli,
giornali vecchi e reti da pesca, uscire ad una ad una
dal mio corpo, lasciando che la mia melodia interrotta
dallo schianto di un timoniere impazzito, riprendesse
a suonare.
- Quel ballo non si è mai concluso ed io
ho tentato di spiegare che esiste una coperta rossa
dove non servono mezzi estranei per toccare il cielo.
Dove piangere ti insegna a ridere, dove si paga con un
bacio un debito di guerra e dove i nei sulla schiena
di un uomo, ardono dal desiderio di parlare:
accompagnato da un organo di Barberia sono andato per
le strade di molte città a recitare la mia
verità, a scrivere manifesti e dipingere
immagini sui muri, ma ho rischiato un nuovo e fatale
arresto.
- Ho proclamato pubblicamente di essere un folle
e mi hanno lasciato libero, a patto che tornassi sulla
collina con la mia gitana. Lei mi ha mostrato la via:
ha rubato il segreto dalla bisaccia di una lucciola di
passaggio e ogni notte me lo sussurra nelle orecchie,
mentre io annuso il profumo dell'erba e le tengo la
mano.
-
-
|