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- Thriller
nomentano
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- Stefania aveva 20
anni.
- Ogni giorni, dal
lunedì al venerdì, verso l'una e trenta
scendeva dal 65 e tornava a casa. Era l'autobus che la
portava all'università, dove frequentava il
2° anno di lettere.
- Ci si era iscritta
perché le piaceva la lettura e voleva
condividere questa sua passione con altre
persone.
- Era una ragazza che
quando camminava dritto davanti a se, e anche se a
volte si voltava per guardare qualcosa, non lo
memorizzava.
- Una volta scesa
dall'autobus, per rientrare, prendeva Vicolo della
Fontana, percorreva cinquanta metri e arriva in Via
delle Isole n° 4, dove appunto
abitava.
- Quel giorno era
sabato, la mattina era stata in centro a trovare una
sua amica, aveva fatto tardi e quando scese dal
pullman erano le ore 14,00. Mentre si avvicinava verso
casa, un uomo le passò davanti, la
guardò ma lei non si accorse di lui. Quando era
quasi davanti al portone, l'uomo, che ora le stava
dietro ad una certa distanza, la fissava.
- Stefania,
nonostante fosse in ritardo, si fermò e invece
di infilare la chiave, si girò e lo
vide.
- I due non si
conoscevano, o meglio lui la seguiva già da
tempo e ne conosceva gli spostamenti, mentre lei non
lo aveva mai visto. Si guardarono per dieci secondi,
lei aveva il cuore che le batteva fortissimo, non era
proprio paura era come se avesse capito che da quel
momento la sua vita sarebbe cambiata
definitivamente.
- Il viso di lui era
inquietante: sembrava quello di una donna molto
anziana, gli occhi erano sorridenti, ingenui ma
coscienti di incutere paura.
- Stefania
entrò di corsa, sbattendo il portone dietro di
lei, salì le scale a due a due e finalmente
arrivò a casa.
- Non c'era nessuno,
andò subito in camera sua e si affacciò
dalla finestra che dava sulla strada, vide l'uomo che
si allontanava da Vicolo della Fontana e andava verso
Via Nomentana.
- Ora aveva
paura.
- Chi era quest'uomo?
Da dove spuntava fuori? Che voleva?
- Nel momento in cui
non lo vide più avrebbe voluto urlare dalla
finestra, gridare a tutti che quell'uomo l'aveva
spaventata, lei non aveva mai fatto niente di male,
perché le stava accadendo questo?
- Si sedette sul
letto e si mise le mani nei capelli, stette
così a pensare: forse non era niente,
può darsi non volesse farle del male, forse lei
era soltanto nervosa e stava ingigantendo tutto. Il
problema era che la strada dove lei abitava, con la
sua famiglia, le aveva sempre fatto paura, stava bene
lì, non le era mai successo niente, ma una
serie di sensazioni e di circostanze l'avevano sempre
inquietata.
- Di notte, prima di
andare a dormire, s'affacciava sempre dalla finestra
della sua stanza che dava anche su Villa Paganini e
guardava nel buio del giardino, come se aspettasse che
alla fine succedesse qualcosa. Invece non succedeva
mai niente di strano e parte qualcuno che fumava, si
baciava o dormiva.
- In quel momento,
mentre era sul letto pensò addirittura che la
gente che frequentava il parco l'aveva spiata per
tutto il tempo e che ora aveva mandato uno di loro per
ucciderla.
- Doveva calmarsi,
per fortuna in quel momento arrivò suo padre,
Stefania gli si lanciò contro e iniziò a
piangere.
- Quando si fu
calmata gli iniziò a raccontare l'accaduto, lui
la ascoltò con molto interesse e alla fine le
disse di non preoccuparsi, che avrebbe chiesto in giro
per il quartiere se qualcuno aveva visto un uomo con
quella descrizione. Stefania sorrise, prese un
fazzoletto e si asciugò gli occhi, era
più tranquilla ora: l'essersi sfogata l'aveva
aiutata a stare meglio.
- Si sentì
aprire la porta, era Anna, sua madre.
- Le raccontarono
subito tutto, lei si allarmò molto stata anche
per sentirsi male, sostenne che era meglio andare alla
polizia e farsi consigliare da loro su come
comportarsi in questi casi. Stefania non voleva
andarci e dovette sforzarsi non poso per convincere i
suoi genitori, soprattutto suo padre che a questo
punto, forse suggestionato dalla moglie, era il
più preoccupato di tutti.
- Quella sera rimase
a casa, non volle uscire, cercò di studiare,
anche se distratta com'era non riuscì a
combinare molto. Ogni tanto si affacciava dalla
finestra, guardava giù e ritornava alla
scrivania. A vederla dall'esterno sembrava stesse
aspettando qualcuno che doveva venire da un momento
all'altro, ma lei non aspettava nessuno, era ancora
agitata.
- Era come un forno
che ha appena finito di cuocere ma che ancora emana
calore.
- La sensazione che
provò, quando decise di andare a dormire, fu
quella di sentirsi svuotata, "rapita", come se quello
che le stava intorno fosse completamente nuovo per
lei.
- Decise di non
raccontare niente né ai suoi amici, né
al suo ragazzo, voleva affrontare da sola questa
spiacevole situazione, sempre se c'era veramente da
preoccuparsi, ma lei questo non poteva
saperlo.
- Quella domenica
dormì fino a tardi, quando si svegliò a
tavola era già pronto, non aveva molta fame,
mangiò solo poca pasta e un pò di
pane.
- Stefania nel
pomeriggio uscì, andò a trovare il suo
ragazzo che abitava non molto lontano da lei: in Via
Catanzaro, dall'altra parte di Via Nomentana. Appena
la vide arrivare, egli notò subito un
cambiamento in lei, ma fece finta di niente, di solito
lei era allegra ma a volte cambiava d'umore e non
diceva più niente.
- Quando si sentiva
così sembrava che con lo sguardo vedesse quello
che le stava davanti ma che con il pensiero cercasse
qualcosa, forse un punto d'appoggio.
- Alberto,
così si chiamava il suo fidanzato, cercò
d'essere allegro e di non farle capire, che lui aveva
intuito qualcosa; quando fu mezzanotte si fece
accompagnare a casa, anzi, sotto il portone di casa.
Fu un bacio lungo, appassionato senza pensieri, ci si
tuffarono entrambi e presero il largo.
- Stefania quando
rientrò in casa trovò che tutti stavano
dormendo, si preparò lo stesso una tazza di
latte caldo con il miele e dopo andò a letto.
Fu una notte calda, afosa e umida, inconsueta per un
mese come aprile.
- Erano da poco
passate le 06,30 del mattino quando il telefono
iniziò a squillare, Stefania rispose al quarto
squillo, nonostante l'unico telefono della casa, era
vicino al suo letto, sul comodino, accanto alla
poltrona.
- Era la madre di
Alberto, si scusava per aver chiamato a quell'ora ma
suo figlio non era ancora tornato a casa, da quando
era uscito con lei, la sera prima.
- Stefania persa
conoscenza, cadde per terra, sembrava che le avessero
staccato la corrente improvvisamente.
- Svegliati
dall'improvviso suono del telefono, i suoi genitori
entrarono nella sua camera e la videro in terra
"addormentata".
- Durante il giorno
fu un vero via vai: polizia, la madre e il padre
d'Alberto, il dottore e persino uno psicologo
dell'A.S.L. RM/C.
- Degli investigatori
le fecero vedere delle foto segnaletiche dove lei non
riconobbe nessuno, inutilmente, i genitori di Alberto
cercarono di parlarle, neanche il dottore e lo
psicologo ci riuscirono.
- Fecero delle
ricerche nella zona, misero persino una volante ferma,
sotto casa sua, ma dopo due mesi se né
andò.
- L'ispettore
affermò che forse il ragazzo era partito per un
paese lontano, che molti giovani della sua età
lo facevano e che dopo un certo periodo, ritornavano a
casa.
- Invece, Alberto non
ricomparve più e Stefania rimase chiusa nel suo
silenzio per molto tempo.
- Dal giorno della
scomparsa, di notte, questa volta attraverso le
persiane, prima di andare a dormire, stava un
pò di tempo in finestra osservando il parco,
cercando, forse, di scoprire qualcosa.
- Come sempre, non
successe mai nulla di strano.
- Le persone
continuarono a frequentare la villa anche di notte;
lei ci avrebbe voluto parlare, era convinta, ormai,
che sapessero qualcosa, ma l'unica cosa che
riuscì a fare, per molto tempo, fu soltanto
piangere.
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