Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Barbara Serdakowski
Con questo racconto si è classificato undicesimo al concorso Marguerite Yourcenar 1999
Volare
 
L'uomo entra veloce, rassegnato nel residence, mantiene gli occhi bassi mentre percorre i lunghi corridoi. Entra di scatto nella stanza della madre. Si lascia cadere su una poltrona scomodissima di rattan e si appoggia la mano sul viso per affrontare il lungo silenzio che segue... Il silenzio, come fanno spesso i silenzi di questo genere, comincia a pesare e lui inizia improvvisamente a monologare sui diversi problemi amministrativi del residence e su come certe cose...
 
«Tu dici sempre quello che penso...» (tono accusatorio) - interrompe lei...
«Se tu non lo dici mai qualcuno deve pur farlo»
«Ma l'avrei detto... sai?»
«Certe cose non possono aspettare».
 
L'uomo andava di fretta e quindi, con un gesto indisposto gli tolse lo sguardo. Senza sguardo l'attimo morì e lui si alzò e uscì fuori, dove la vita si reggeva da sola, dove non c'era bisogno di sostenere uno sguardo zattera che cercava disperatamente un punto fisso. Sentiva il buco forato in qualche angolo della sua anima ma si rifiutava di affacciarsi su se stesso per paura di vedere quanto era diventato trasparente a causa di quel buco. Ma adesso che era fuori più camminava più i suoi passi si alleggerivano, più si alleggerivano e più camminava veloce, veloce, veloce così tanto veloce che si mise a volare.
 
La donna, rimasta sola, sfiora con la mano i propri capelli. La mano trema, sembra si stia accarezzando, si stia confortando. Le parole vengono da sole, rotolano, parole gonfie, pesanti che si spaccano come meloni maturi fermentati al sole. Parole cariche di ricordi:
«Signora, che bel bambino, signora, ma quanti ricciolini... ma tu aiuti la mammina?... che bel bambino... quanti dentini... fa vedere... ma taaaanti...»
La vecchia d'impulso si toglie la dentiera e si mette a contare: «... 2, 4, tanti dentini fa vedere alla signora ma taaaaanti dentini...
 
«Vedi... guarda là... lontano... sopra gli edifici! È un'aquila... sai, non ce ne sono quasi più ma tu diventerai grande e forte come loro»
«Potrò anche volare come loro?»
«Volare no... ma sai, non sono sicura, se sei molto bravo credo potrai volare anche e chi lo sa?»
«Ma io non voglio andare via, io voglio restare sempre con te»
«Un giorno diventerai grande grande e avrai tante di quelle cose da fare che non potrai più stare sempre con me. Quando io diventerò vecchia tu verrai a vedermi e mi porterai dei fiori e io ti racconterò come eri bello e bravo quando eri bambino».
«Io starò sempre con te, non diventerò mai grande, io odio le anguille...»
«... le aquile...»
«Io odio le aquile... pum, pum... io ammazzo le aquile».
La donna ride e le mille finestre degli edifici luccicano al sole; l'aria è leggera e l'aquila colpita dal fucile immaginario del bambino bello cade ferita mortalmente dietro i grattacieli senza che nessuno se ne accorga.
 
Le parole si susseguono, le sue labbra flaccide ondeggiano attorno alle sue gengive tale un contorno, movente a un abisso buio dal quale sgorgano parole sue, parole di altri, parole lasciate per dopo, parole senza fine che si precipitano dalla sua bocca, si intrecciano sulla sua lingua, si aggrappano ai suoi capelli bianchi per restarle vicine più a lungo ma che poi irrimediabilmente si staccano e volano via anche loro. Le parole ormai libere e lontane l'hanno sollevata dal loro peso...
 
«Sono pronta...» disse la vecchia all'infermiere.
«È sicura?»
«Non lo saprà nessuno, vero?... non lo saprà nessuno che è successo così?»
«Ma no, già gliel'ho detto, lei non è la prima... ne ho aiutati tanti come lei...»
«È tempo, è tempo...»
Un attimo ancora, un'ultima voglia... ma no... Con un sospiro di sollievo si lascia andare, il vuoto la chiama, insistente... e lei risponde.
 

 

Classifica Concorso Marguerite Yourcenar 1999 sezione narrativa
 
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Inserito 5 novembre 1999