Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Aurora Ganz
Con questo racconto ha vinto il nono premio al concorso
Il Club dei Poeti 2004, sezione narrativa

Stracci di pensiero
 
Mi affogherei. Senza di te sono perso, totalmente perso nell'inutilità delle altre cose. Mi affogherei. Senza di te è difficile pensare, respirare, è impossibile vivere. Sì, mi affogherei. Senza di te niente ha più senso, niente ha importanza, niente esiste. Mi affogherei nelle acque più agitate, più gelide, più assassine. Mi affogherei. E mi odio. Mi odio perché so, lo so che mi è impossibile affogare. E quindi sono costretto a soffrire, crogiolare nel dolore straziante senza trovarvi mai una fine. Vedi cosa mi fai? Rendi i miei pensieri contorti, pesanti, impossibili da digerire. Hai in mano la mia vita, ma non te ne rendi conto. Continui a gesticolare e ogni tuo movimento mi stravolge completamente. Non mi riconosco più. Due persone vivono in me, coabitano pur disprezzandosi l'un l'altra. I miei comportamenti hanno raggiunto l'eccesso e non c'è freno, non trovo un freno alla mia pazzia. Fortunatamente la maschero bene. I miei passi lenti, i gesti pacati, la sicurezza della mia voce, i movimenti controllati alla perfezione, non ammettono sbavature. Solo a volte, quando i ricordi di te inondano la mia mente, lascio affiorare l'altro me. La mano si innervosisce, me ne accorgo, ma la lascio tremare. Mi porto la sigaretta alle labbra e inspiro veloce. Non aspetto nemmeno che il fumo esca dalla mia bocca e faccio subito un altro tiro. Lo sguardo si perde nel vuoto, immerso in te, nel tuo profumo, nei tuoi colori, nelle tue melodie. E mi sento stupido. Tu, che profumi di vita, cosa puoi trovare in me, che odoro ancora di latte? Mi sento un emerito idiota, mi faccio quasi pena per essermi svenduto così. Ma il mio orgoglio non c'entra con questa storia. Lui mi ha abbandonato tempo fa. È stato un passaggio sofferto, da lui, non da me, io nemmeno mi sono accorto. Troppo immerso in te per accorgermi di quello che mi succedeva. Eppure non voglio rinnegare ciò che è stato. Ora che ti vedo mi viene subito in mente perché ho lasciato che il mio orgoglio mi abbandonasse. Tu vali molto di più. Cerco di abbracciarti, di sfiorarti dolcemente, di spettinarti. Ma mi sfuggi. Allora mi rendo conto che i tuoi occhi verdi, la tua pelle olivastra, le tue labbra carnose non sono che vapore che si dissolve appena il campanello suona. E io? Io puzzo ancora di latte.
 
Non era nessuno di importante. Prima intendo, alla porta. Il postino mi ha lasciato qualche busta, ma non riconosco nulla di tuo. E ora che ci penso, mi viene in mente che non ho mai visto la tua calligrafia. Fortunatamente però posso sempre immaginarla. Che fortuna avere l'immaginazione! Dà sempre rifugio dalle tempeste, anche le più violente, luogo sicuro e intoccabile, gli uomini non possono chiedere di meglio.
Immagino le lettere grandi e schiacciate, un po' elementari, ma ben impresse nel foglio. Immagino che passandoci sopra il dito si possa sentire il rilievo della carta. Immagino sbavature e pasticci. Ma posso solo immaginare, allora mi arrabbio e capisco che l'immaginazione è un rifugio di carta.
Oggi sono particolarmente stanco. Sai, ho avuto una di quelle giornate pesanti di cui da sempre mi lamento. Faccio fatica a tenere le palpebre aperte e a reggere la sigaretta tra le dita. In parte sono contento di essere esausto, così mi addormenterò prima e potrò finalmente vederti.
Stamani sono andato a vedere una mostra in città. Tra le mille opere esposte sono riuscito a scovarti. Eri lì, ti ho visto. Eri tra le braccai di un altro, nella vita di un altro, nella gioia del nuovo amore che hai trovato.
Per un attimo ho odiato Rodin e gioito della sua morte. Ma l'odio si è presto trasformato in gratitudine per avermi dato la possibilità di vederti ancora una volta. Ah quanto eri bella! Nessuno avrebbe potuto renderti meglio, più perfetta, più viva. Ho creduto di morire di gelosia, ho invidiato quell'uomo che ti possedeva e ho avuto pena per me che sono invidioso pure della pietra. Ma tu come hai potuto innamorarti di un uomo di marmo? Come hai potuto preferirlo ad un uomo in carne e ossa? Ma cosa sto dicendo? È sbagliato, non posso, non posso biasimarti per una colpa che pure io commetto. Anch'io, d'altronde, amo solo un'illusione della mia mente malata.
 
Non ho fatto a tempo a voltarmi, guardare cosa stava dietro di me, che in un attimo tutto è cambiato. Zeffiro è arrivato, ha rubato nuvole, foglie e con loro ha trascinato via anche te. Al contrario io, che sono un fuoco incandescente, alla brezza leggera ardo sempre più. Ora ho smesso di amarti. Vado oltre all'amore, lo trascendo e lo supero. Penso a te senza pensarti, ti vedo senza vederti, ti sento senza sentirti. Ti sei radicata in me, edera assassina, e adesso non mi lasci respirare. Poi ti faccio pena, allora molli lentamente la presa, ma senza darmi la possibilità di riprendere fiato, avvicini le labbra giusto per darmi l'ossigeno che mi basta per farmi rinvenire e ritornare a soffrire.
 
Ripensavo al primo giorno che ci siamo conosciuti, un misto di confusione, amore, gioia e anche sofferenza. Sofferenza per un amore così diverso da come l'avevo sognato e sperato... Diverso il primo incontro, diverso il primo bacio, diverso il primo sguardo, diversa tu, diverso io, diversi gli altri. E alla fine più ci penso più mi sembra perfetto. Tu mi sembri perfetta.
Perfetta come le figure di Picasso. Perfetta nelle tue mille sfaccettature che non ho ancora conosciuto. Hai più occhi con cui guardarmi, più bocche con cui baciarmi, più braccia con cui stringermi, ma solo un cuore che non vuoi darmi. Mentre io ti ho donato tutto. E ora ti dedico questi stracci di pensiero, pur non sapendo se con me un giorno affogheremo anche loro.

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Premio Il Club dei Poeti 2004

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 Ins. 17-08-2004