Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Attilio Toffanin

Con questo racconto ha vinto il nono premio all'edizione 2007 del Premio di Scrittura Creativa Lella Razza



Nella stessa vita

Ogni mattina ti vedo scendere, il passo stanco un ciuffo argenteo tra i capelli, una mano portata alla fronte asciuga il sudore. Il cesto è pesante, chissà cosa ti spinge, forse la speranza di trattenere il tempo. Il lavatoio è deserto, le mani s'immergono nell'acqua; quante volte la stessa sensazione. Il freddo è pungente, il corpo s'irrigidisce, il bianco dei panni riflette quel poco di luce che il sole regala in questi giorni invernali; le mani si colorano di rosso, i movimenti sono semplici; continuo a seguirti, il cesto si riempie... posso sentire il profumo di bucato. Il lavatoio si anima, altre mani non curanti del freddo lavorano instancabili senza sosta. Un vocio si alza, le notizie corrono, vecchi sguardi d'intesa, sembra di vedere la vita in bianco e nero. Il fardello ora è più pesante, vorrei correrti incontro, allungarti una mano... no non mi è possibile. Il cigolare delle cerniere arrugginite preannuncia la fine del cammino, rumori vari ora animano la casa. Il calore della cucina, il crepitio del camino, il caffè sul fuoco, rammento le nostre chiacchierate. Amica mia, ricordo ancora il nostro primo incontro, adagiate sui nostri carri all'arrivo in questo nuovo paese, i nostri sguardi si incrociarono per la prima volta tra il grigio dell'atmosfera invernale. Eravamo bambine, un lungo cammino ci aspettava. Le nostre case di corte stagliavano imponenti di fronte a noi, i terrazzi dove in seguito passammo anni a giocare erano enormi; la facciata ricoperta di arbusti all'apparenza secchi ma con qualche foglia morta attaccata, ricordavano l'estate appena passata. Le nostre abitazioni grandi quanto basta e tuttavia troppo umide necessitavano di cure, così come i caminetti inutilizzati da molto tempo... ci innamorammo subito di quel posto. Passammo i primi giorni a studiarci in lontananza con sguardi furtivi, da parte mia la voglia di conoscerti, di fare amicizia, dalla tua l'indifferenza e la durezza del tuo carattere che ti ha accompagnata tutta la vita, bastò poco a far nascere il legame che ci unì per il resto dell'esistenza. Le famiglie impegnate nella ricerca di un lavoro, l'opportunità presa al volo di gestire un vecchio mulino, proprietà di un fattore ormai troppo attempato. Le prime giornate di lavoro al rientro da scuola, la ruota di legno girava lentamente, uno spettacolo per gli occhi, i genitori indaffarati all'interno, il fattore che di tanto in tanto ci allietava con qualche remota storia. La sera stanche e con gli abiti ricoperti di farina si tornava a casa. Dopo cena a letto rivivevo le storielle che mi raccontavi per suscitare quelle paure che mi tenevano sveglia per intere nottate. Rammento i primi giorni di scuola, la stesso banco sempre insieme. Le lezioni troppo noiose per non renderle allegre; i miei scherzi, il tuo grembiule sporco d'inchiostro, le mie mani arrossate dalle bacchettate della maestra, il mio viso che faceva capolino da dietro la lavagna adornato da quel buffo cappello dalle lunghe orecchie che tanto ti faceva ridere. Fuori intanto la neve copriva ogni cosa, il suono della campanella dava il segnale, le porte si aprivano, fuori un paradiso niveo ci attendeva. Decine di bambini si davano battaglia, nell'aria raggi di polvere facevano da cornice ai nostri movimenti... Le risate ci toglievano il respiro nelle folli discese, a cavallo di slittini lanciati a tutta velocità. Stanche e bagnate, al ritorno a casa ci attendeva uno schiaffo per l'ennesimo ritardo o per gli abiti rovinati e una tazza di latte caldo bevuto avidamente.
Il Natale alle porte, il fermento dei preparativi, il paese avvolto da lunghi striscioni di cartapesta, le vetrine dei negozianti decorate a festa, il profumo di pane appena sfornato, noi due, corriamo tra le vie, suggestionate da mille colori sopraffatte dai desideri, le nostre lettere, il fatidico giorno, la mattina mani ansiose, la nostra prima bambola di stoffa... che gioia! Poi la primavera con i suoi colori, il risveglio degli abitanti della campagna, le prime rondini, gli alberi in fiore, le giornate trascorse alla costruzione di aquiloni dai molteplici colori e dalle forme più bizzarre, svolazzavano in cielo liberi. Le domeniche mattina all'oratorio dopo la funzione, accompagnate dai nostri genitori... posso sentire ancora il gusto delle meringhe. Il nostro diario, piccoli segreti appuntati; le corse in bicicletta seguendo strade sterrate tra campi di grano e finalmente il nostro rifugio all'ombra di una
quercia - distese - steli d'erba ornavano i nostri capelli. Ore trascorse ad ammirare lo stellare passaggio dell'acqua, scambiandoci promesse. Tutto sembrava un sogno, le corse a perdifiato per raggiungere casa all'ora di cena, le nostre famiglie raccolte intorno ad un tavolo, la voglia di fuggire nuovamente per consumare ogni istante di quel sogno. E di colpo adolescenti con la voglia di scoprire il mondo. L'estate con i suoi colori sgargianti portava le prime serate passate a ballare all'ombra del campanile. Lo sguardo d'approvazione dei genitori ai primi sorrisi maliziosi. Le gote arrossate, il primo bacio, un brivido lungo una vita. Purtroppo non andò così, il matrimonio, i nostri uomini portati via dalla guerra, il doloroso momento della separazione dai nostri cari, uno alla volta sottratti alla vita dal naturale decorso del tempo. I piani andati in fumo, lettere ricevute dal fronte di uomini persi per sempre. Il coraggio di ripartire, la forza attinta chissà dove. Il bisogno di mantenersi, l'orgoglio, che ci accomunava, di non chiedere nulla a nessuno. Il vecchio mulino rimesso in funzione, giornate trascorse a lavorare senza sosta, per provvedere al fabbisogno familiare, l'avvento delle grosse industrie ci portò a chiudere definitivamente e a piegare le nostre schiene nelle risaie. Quante battaglie, «penso che non sia stata una gran vita la nostra...» dicevi sempre tu, ora so che tutta la sofferenza ha contribuito a rendere incancellabile il ricordo di un'amicizia che ci ha donato tanta forza. Ora che sono qui, vedo le cose da una prospettiva diversa. Quanto impegno richiede un rapporto come il nostro, rammento la fatica nel restare vicine, quando il fato per te decise che il tuo unico figlio fosse diverso dagl'altri. La tua rabbia, l'invidia, la disperazione riversata su me e sul mondo e mi rivedo al tuo fianco ugualmente, perché questo e solo questo è il modo che conosco di amare una persona. La vecchiaia alle porte, io distesa il viso perlato dal sudore per la sofferenza, le tue mani così care nell'intento di portarmi sollievo, il tuo spirito forte nello starmi vicina, ma di notte potevo sentire il singhiozzo soffocato delle tue lacrime. Ora sola aspetti il tuo momento... io sarò qui ad attenderti per continuare insieme a consumare questo sogno che si chiama amicizia.

Attilio Toffanin


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Lella Razza 2007

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