Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Annalisa Lovat
Con questo racconto ha vinto il sesto premio al concorso
Fonopoli - Parole in movimento 2003, sezione narrativa

L'uomo grasso
 
Oreg viveva solo. Pagava l'affitto di un piccolo monolocale al terzo piano di un vecchio palazzo, nel quartiere popolare di Sharp Rock. una zona non troppo movimentata e tutto sommato abbastanza tranquilla.
All'incrocio tra St. Agostin Street e la via principale c'era il negozietto di frutta e verdura di Ben. Non erano molti i clienti che vi si rifornivano, ma non mancavano mai quei pochi e fedeli abitudinari come la signorina con tacchi a spillo e immancabili occhiali da sole che passava regolarmente ogni mattina, non dopo le 8. Era magrissima. Oreg non conosceva Ben, né la magra ragazza della mattina, né tantomeno gli altri pochi clienti, ma da sempre osservava dalla finestra del bagno il Ben's Store e i suoi avventori. Allo stesso modo le mattine si metteva alla finestra del cucinino e guardava la vecchia scuola: alle otto i bambini entravano, alle 10.15 uscivano per la ricreazione, alle 13 tornavano alle loro case.
Poi c'era la finestrella della camera da letto, che dava su un vicolo cieco: una via stretta e buia, chiusa tra due alti e vecchi palazzi. Qui di giorno i barboni si aggiravano tra i bidoni dell'immondizia alla ricerca di chissà quali tesori. Di notte solo i grossi gatti randagi animavano il luogo con i loro miagolii e le loro zuffe.
Erano, quelle finestrelle, gli unici punti di contatto tra Oreg e il mondo esterno. Dal bagno l'incrocio delle due strade con il negozio di Ben; dalla cucina la scuola; dalla camera da letto il vicolo cieco.
Oreg era un uomo solitario e riservato, e piuttosto grasso. Diciamo pure molto grasso. Non amava la compagnia della gente e l'unica persona con la quale scambiava qualche forzata parola era, per una volta al mese, il fattorino della spesa.
Da sempre quel ragazzo (ma era poi sempre lo stesso?) saliva ogni mattina al terzo piano e lasciava fuori dalla porta dell'appartamento di Oreg un sacchetto di carta. Nel sacchetto c'erano sempre 4 pagnottelle di pane, una vaschetta d'alluminio con qualche unto prodotto di rosticceria, un contenitore con dell'insalata russa, un tubetto di maionese, lattine o bottigliette di bibite varie, confezioni di caramelle.
In questo modo Oreg aveva ogni giorno il suo pranzo e la sua cena. Solo l'ultimo giorno del mese il ragazzo bussava alla porta, Oreg apriva con il denaro già pronto in mano e, ritirato il conto consegnava, al giovane la somma dovuta. L'istinto di chiudere la porta all'istante era sempre forte, ma ogni volta il ragazzo attaccava con le solite domande: chiedeva a Oreg se il servizio continuava ad essere di suo gradimento, cosa avrebbe dovuto portare la volta successiva, se andava bene che passasse come sempre alla fine del mese per il pagamento e formalità di questo genere.
In pochi istanti, con risposte secche e precise, Oreg lo liquidava e, rinchiusa la porta, se ne tornava alla sua lorda poltrona nel mezzo di quella stanza di cinque metri quadri che fungeva da soggiorno, tra lattine vuote e piatti di plastica che per giorni avevano colato olio ora rappreso sul pavimento.
Amava le persone, Oreg, ma le amava a distanza: adorava osservarle dal suo nascondiglio, ma non ne sopportava la vicinanza. Per questo le sue giornate trascorrevano tra una finestra e l'altra, tra i barboni del vicolo cieco, i bambini della scuola e i clienti del Ben's Store. Oreg scrutava ogni persona con la medesima intensità e con immutata dedizione, senza privilegiare o preferire nessuno in particolare. Per tutti aveva pronta una storia, un nome, spesso anche un destino.
Prendiamo Claude, ad esempio. Era uno dei tanti straccioni che si aggiravano nel vicolo cieco, e Oreg aveva stabilito che quello era il suo nome. Aveva poi deciso che Claude era nato in una qualche grande città della Francia, all'interno di una famiglia importante e molto agiata. In seguito al fallimento di un amore, efficacemente ostacolato proprio dalla sua famiglia, Claude era diventato pazzo ed era fuggito di casa. Eccolo quindi lì, dopo chissà quante e quali peripezie, a frugare e dormire tra i bidoni, sotto la finestra della camera da letto di Oreg, da dove lui l'aveva osservato per mesi, forse anni. Ne aveva inventato il passato e aveva fantasticamente concluso che un giorno la morte l'avrebbe sicuramente colto proprio in quel vicolo che ora gli faceva da casa.
Una mattina gli operatori della nettezza urbana avevano trovato il corpo del pover'uomo, ormai senza vita (infarto?), riverso tra lattine di birra e bucce di patata. Oreg non aveva visto l'ambulanza che portava via il cadavere, e neppure aveva letto i giornali del giorno dopo. La prima pagina riportava a caratteri cubitali la notizia del ritrovamento, dopo anni dalla misteriosa scomparsa, del corpo purtroppo esanime di Claude-Frederique Girard, figlio di un noto industriale francese.
E la magrissima signorina che tutte le mattine faceva un po' di spesa al Ben's Store? Si chiamava veramente Lavinia, proprio come Oreg l'aveva battezzata. Poi, come lui aveva deciso, lavorava in qualità di commessa in un piccolo negozio di libri. Qui un datore di lavoro burbero e sfruttatore, coadiuvato da un paio di colleghe che sembravano i cloni delle sorellastre di cenerentola, la costringeva alle più misere fatiche e umiliazioni. E Lavinia resisteva, non avendo il coraggio di ribellarsi e di imporre le sue giuste ragioni. Oreg la vedeva così: debole e incapace di difendersi, e proprio in questo modo la povera ragazza viveva.
E di storie come queste ce n'erano state e continuavano ad essercene a bizzeffe. Oreg osservava le persone, attribuiva loro nomi e generalità, poi per ognuno ideava storie e vicissitudini di tutti i tipi. Oreg si limitava a questo, e non sapeva che ogni storia e ogni nome inventati da lui per puro diletto e passatempo, corrispondevano poi sempre a verità.
Da un po' di tempo (qualche settimana? qualche mese?), c'era un nuovo personaggio nelle storie di Oreg. Dalla finestra della vecchia cucina, le mattine osservava la scuola . tra le frotte di scolari che andavano e venivano, soli o accompagnati, aveva notato una bambina. Minuta, capelli neri sempre legati con un fiocco giallo. Dolores. Viveva in una casetta di periferia, la piccola Dolores. Un'abitazione modesta, ma in fin dei conti di tutto rispetto. Il papà impiegato alle poste, la mamma sarta, il fratello maggiore apprendista meccanico nell'officina dello zio. Un quadretto felice. Una famiglia serena.
Così fantasticava Oreg, e ogni giorno scrutava il gruppo compatto di bambini che attraversavano il cortile della scuola, fino a che non scorgeva quel nastro giallo, quella bambina timida e piccina.
Poi l'illuminazione. ... la famigliola felice... Doveva succedere qualcosa.
Il fattorino era passato da poco. Oreg aveva raccolto il sacchetto delle vivande lasciato dal ragazzo fuori della porta e, seduto nella sua sozza poltrona, sgranocchiava coscette fritte di pollo e pensava a Dolores. Ecco, la scuola era finita e la piccola tornava verso casa, ma... incontrava qualcuno? ... Sì, bussava a quella porta..; No: perché avrebbe dovuto farlo? ... Una porta socchiusa, piuttosto: curiosità di bambina. E dietro quella porta qualcosa, qualcuno di terribile... e la fine.
Oreg fantasticava sempre, nella sua solitudine. Guardava la gente, inventava delle storie, e non sapeva che queste diventavano realtà. Ancora non lo sapeva.
Lo sbattere della finestra lo destò dai suoi pensieri. Una corrente d'aria: la porta non si era chiusa bene. Davanti a lui una bambina: capelli neri e un fiocco giallo in testa.

 Clicca qui per leggere la classifica del
Premio Fonopoli - Parole in movimento 2003

Torna alla sua
Home Page

PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it
Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella Email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori - Cas. Post. 68 - 20077 MELEGNANO (MI)» inserendola in una busta già affrancata. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2004 Il club degli autori, Annalisa Lovat
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 
IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
 Ins. 17-01-2004