Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Anna Vasta
Con questo racconto si è classificato terza al concorso Parole in Movimento Fonopoli

Una favola per te

 
«C'era una volta…».
«Che cosa, che cosa?».
«Uhmm…».
«Che cosa, dimmi, che cosa?».
«Non lo so bene. non è facile scrivere una favola per te».
«C'era una volta?».
«C'era una volta… C'era una volta…
E va bene. Una volta c'era un sogno. No, non era un sogno qualsiasi. Né un sogno che poteva sognare soltanto qualcuno. Era il sogno di tutti. Ma non tutti lo sapevano.
E non tutti si accorgevano di poterlo sognare. Anche se tutti sicuramente tanto tempo fa, in un ieri ormai dimenticato, l'avevano, almeno una volta, già sognato.
Un sogno con due occhi grandi di infinito e una risata bellissima che svegliava dal sonno senza sogni chiunque la sentisse.
Era un sogno difficile da incominciare a sognare. Difficile da interrompere. Difficilissimo da proseguire. Impossibile fermare.
Lui andava avanti e chi lo sognava gli andava dietro rapito, come se davvero seguisse qualcosa che stava fuori, un qualcosa da fare e da vedere adesso… un qualcosa che fosse definito… rotta segnata… domani desiderato.
Desiderato… Eh sì! Quel sogno era proprio un desiderio.
Il desiderio di qualcosa dimenticato. Perduto chissà quando chissà dove e che adesso si doveva ritrovare. Qualcuno lo chiamava il Viaggio. Qualcuno la Strada.
L'Opera. Il Destino. Qualcuno lo chiamava perfino…
Il Cantiere.
Ma qualcuno sapeva che era l'Amore.
E nel Viaggio, nell'Opera, nella Strada, nel Destino e perfino nel Cantiere era facilitato. E non si svegliava.
Neanche quando il sogno sembrava diventare un incubo e faceva paura.
C'era sempre una stella accesa lì sul comodino e dentro il cuore. Che se nel buio più fitto della paura si riusciva a non chiudere gli occhi, si vedeva sempre. Sempre si vedeva.
E non era vero che non si poteva andare avanti.
Un giorno, proprio mentre camminava per strada, inciampando in mille trappole che non poteva vedere perché portava una maschera che gli copriva gli occhi e anche il cuore, un uomo incontrò quel sogno.
Ed era proprio il suo.
Non lo riconobbe subito… anzi non lo riconobbe affatto.
Ma lo stesso si fermò.
Il sogno certo non aveva di questi problemi. Il sogno non aveva né occhi né mani. Né oggi né domani… E neanche un vero perché.
Era lì e non poteva essere che lì.
Di fronte a quell'uomo con la maschera sugli occhi e sul cuore, giusto in tempo per provare a svegliarlo dal suo sonno senza sogni.
Sei tu, gli disse.
E l'uomo sentì, per un attimo sentì, quella voce nel cuore.
Che voce era?… Come poteva parlargli una voce invisibile senza maschera e senza suoni?
Stava per muoversi. Per andare via. Ma non lo fece.
C'era qualcosa…
C'era qualcosa che forse gli ricordava qualcosa.
Che cos'era?
Allungò le mani per toccare ciò che con la maschera non poteva vedere. Ma non trovò niente. Solo un impressione… Uno strano impercettibile calore. Allora annusò forte e sentì che quella cosa aveva un odore familiare.
Un odore che conosceva bene… familiare come il suo.
Ed ebbe un sussulto. Era proprio il suo! Come aveva fatto a dimenticarlo?
Ma che cos'era?
Che cos'era questa strana cosa che non c'era, che faceva calore, che gli parlava nel cuore senza parole e che portava addosso il suo odore che aveva dimenticato?
Voleva vedere…
Ma anziché aprire gli occhi si appiccicò un po' di più la maschera sul volto e forse indietreggiò.
Sì, sei proprio tu… disse quella cosa avvolgendolo di tenerezza come se scuotesse la testa… Sei tu e sei bellissimo!
Certo che lo sono! rispose lui, anche lui senza parole.
E mentre lo diceva senza dirlo si accorse d'improvviso che era veramente cosa assurda che pur sapendo di essere bellissimo continuasse a tenere stretta una maschera sul volto… Strano… Non ci aveva mai pensato. Da quanto tempo andava avanti questa cosa? Restò così per qualche attimo… Forse di più. perplesso.
Gli sembrava che non parlasse con qualcuno da una eternità. E in realtà era vero.
Io non posso fermarmi, disse la cosa interrompendo i suoi pensieri, io devo andare.
Andare dove? Chiese l'uomo allarmato da quello che gli sembrava un improvviso commiato.
Qui, rispose la voce.
Qui dove?
Qui dentro.
Qui dentro?
Adesso sì che veramente non capiva.
Qui dentro dove?
All'improvviso però sentì che qualcosa gli si apriva in mezzo al petto, sotto la maschera, proprio nel cuore.
Gli si apriva e lui non poteva farci niente.
Vuoi venire? disse ancora la voce che da quel qualcosa che si apriva nel cuore arrivava più nitida e chiara.
Sembrava quella di una donna. Di una donna che conosceva. Ma anche quella di un uomo che conosceva ancora meglio… Sembrava che parlassero insieme.
Chi erano?… Proprio non se lo ricordava.
Che cosa c'è qui dentro?
Non lo sai? rise la voce stupita… Sì che lo sai.
No, non lo so. Disse l'uomo con voce dimessa. Bassa bassa. A capo chino… Tanto che la maschera per un pelo non scivolò d'un colpo dal volto e dal cuore.
C'è una montagna… disse tranquilla la voce.
Adesso era proprio una donna.
Ma io ho le vertigini, replicò l'uomo che adesso però aveva una gran voglia di vedere quella voce.
Basta non guardare mai sotto né indietro, lo incoraggiò la voce di donna, e continuare andare avanti.
Seguì un lungo silenzio. Senza vederla e senza sentirla l'uomo sapeva che quella cosa era là. Che continuava a parlargli senza parole. Proprio dentro quel lungo difficile silenzio che veniva da dentro. Da quel qualcosa che da sotto la maschera si apriva nel cuore.
Era qualcosa che tremava…
Doveva fare qualcosa si disse. Doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi. Anche se non sapeva troppo tardi per cosa.
Non potremmo andare al mare? propose goffamente, sai, io so nuotare.
E da sotto la maschera, quasi fosse un miracolo, una luce lo inondò. Una luce strana. Impalpabile. Piena di pagliuzze colorate di colori che non aveva visto mai e che brillavano come un abbraccio. Era il sorriso di quella cosa, si disse.
Quella cosa senza suoni e senza consistenza che gli dava calore e che profumava del suo odore addosso. Eh sì, non poteva essere che questo.
E mentre aspettava una risposta, qualcosa gli entrò dentro da quel qualcosa che si apriva dentro il cuore.
Sembrava una piccola spinta. Qualcosa che si faceva posto.
Ma con dolcezza.
Perché no? gli disse la voce nel cuore.
Andiamo… Andiamo qui nel tuo mare.
E allegramente, proprio allegramente, si tuffò. L'uomo non credeva ai suoi occhi. O meglio non proprio ai suoi occhi che non potevano vedere… E neanche alle sue orecchie perché quella cosa infatti non faceva nessun rumore.
Eppure nonostante tutto adesso stava nuotando.
Esattamente nel suo cuore. E sembrava esserne felice.
L'uomo provò invidia…
Un'invidia piena di qualcosa che sembrava tristezza.
Proprio perché quella cosa che lui non vedeva e non faceva rumore e che portava il suo odore sembrava felice.
E lui non lo era… Avrebbe voluto seguirla. Avrebbe tanto voluto seguirla tuffandosi con lei in quella luce colorata di colori che non aveva mai immaginato, ma non sapeva come fare.
Ci sei? chiese.
Ci sono! rispose la voce senza impazienza.
Ma lui questo lo sapeva già.
Io non intendevo questo… e lo disse come se si giustificasse.
Davvero? Chiese la voce.
Davvero… E si fece cupo. Perché sentiva che stava per perdere qualcosa.
Ma da sotto la maschera quel mare sembrava nero nonostante la luce. E lui ne aveva paura. E non capiva perché e come mai nel suo mare quella cosa sembrasse così libera e felice.
Chi sei?
Ma nessuno rispose.
Chi sei? gridò allora così forte e così impaurito da sembrare arrabbiato. Ma ancora nessuno rispose.
Da sotto la maschera l'uomo riusciva a vedere solo la punta delle sue scarpe.
Le sue scarpe… Neanche di questo si era mai accorto prima. Neanche del fatto che le portasse nonostante gli sembrava che non sapesse a cosa servissero.
E si ricordò che un tempo… Ma quando?
Camminava a piedi nudi… Ma dove?
E in quell'istante proprio in quell'istante sentì l'acqua.
Fresca, viva, proprio sotto i suoi piedi. E gridò. Senza emettere alcun suono gridò.
Un grido di gioia che mosse tutta l'acqua, tutti i colori, il calore di quella voce, mentre tutt'intorno si spandeva il suo odore, che era buono, che era un respiro, che era sereno.
Cercò di muoversi. Mentre l'acqua gioiosa come la risata di un bambino gli si faceva incontro festosa e saliva su. Saliva… Ed era già quasi al ginocchio… Ma non ci riuscì.
Voleva chiamare la voce. Ma non sapeva se era uomo o donna, né quale fosse il suo nome. E questa cosa all'improvviso gli sembrò sinistra.
Mentre l'acqua saliva e la sua ansia cresceva. Perché proprio non riusciva a muoversi.
Vieni, disse la voce in un sussurro che lo supplicava.
Non posso.
Sì che puoi.
Dammi dammi una ragione.
È il tuo cuore.
No, non è il mio cuore.
Ti prego, credimi, non c'è niente di cui aver paura… Devi solo abbandonare quella maschera e lasciarti andare.
Non posso.
Sì che puoi… Io sono nata per te e tu di certo oggi non puoi morire.
Non posso… gridò l'uomo adesso veramente terrorizzato, perché l'acqua aveva già raggiunto la maschera e stava per soffocarlo.
E aveva freddo. E non vedeva più nessuna luce.
Mentre il suo odore si perdeva nell'acqua.
E le sue mani restavano aggrappate alla maschera come se fosse la sua unica salvezza… Ma stava affogando.
È colpa tua… Gridò a quella voce… E lo gridò propri con odio. Tutto l'odio della sua paura… E fu un attimo.
Di colpo si trovò di nuovo solo. Fermo esattamente su quel punto di strada in cui, senza riconoscerlo, aveva incontrato il suo sogno.
Aveva ancora le sue scarpe ai piedi. La sua maschera sul volto e sul cuore. E nulla che si apriva dentro.
Nessuna luce. Nessun colore.
Sospirò di sollievo.
Un incubo… Era stato solo un incubo.
Ma non sentiva più il suo odore.
E così ricominciò a camminare, anzi a correre, nella sua vita di sempre.
E furono giorni… Così l'uomo viveva…
Giorni e giorni… Accanto ai suoi anni…
Troppi giorni… Incontrando maschere, evitando tranelli.
Ma alla fine di ogni giorno… Per fortuna poi… La notte arrivava sempre.
Nel silenzio. Un silenzio avvolto di penombra che taceva le menzogne. Che ricordava i ricordi. E raccontava, a bassa voce, verità.
L'uomo non si capacitava. Ma quella voce nel silenzio gli tornava in mente. Come se fosse l'unica che avesse mai udita. Nel cuore. E adesso si sentiva solo.
Che importanza poteva mai avere se fosse uomo o donna… O entrambi insieme…
Quella voce gli aveva dato calore.
Un calore che di notte lui sentiva ancora. Che aveva l'odore del suo odore. E la sensazione viva dei suoi piedi nudi nell'acqua.
Come aveva potuto mandarla via?
Adesso nel suo letto di sempre, nelle sue notti senza sonno e nel silenzio del mondo finalmente addormentato, nulla faceva più tanta paura.
Ed era nostalgia. Una nostalgia da non vivere.
E fu così che in una notte senza sonno e senza paura l'uomo capì. E le mani allentarono la presa. Ma siccome stava sdraiato nel suo letto di sempre la maschera restò lì. Ferma.
Allora l'uomo respirò forte. Proprio come se stesse preparandosi a quel tuffo che non era riuscito a fare, nonostante sapesse di saper nuotare.
E lentamente. Col fiato sospeso. Tirò giù quella maschera che gli copriva gli occhi e, certo, anche il cuore.
La sentì cadere… Come dalla cima del monte più alto che potesse immaginare.
E per un attimo pregò. Pregò Iddio che quel piccolo rumore non svegliasse il mondo delle illusioni e dei tranelli.
Poi aprì gli occhi. E guardò la notte.
Era una notte chiara… Chiara come uno specchio pulito.
Una stella stava accesa lì sul comodino e una brezza calda lo accarezzava col suo odore, mentre lui galleggiava leggero in un mare di colori…
Che aveva già visto, sì, aveva già visto. Poco tempo fa.
Ci sei? chiese piano senza parole.
Ci sono! rispose il suo cuore.
Allungò le mani nella notte.
E con le sue mani, con i suoi occhi, con tutto il suo cuore, l'uomo, finalmente, si sentì. Era una cosa bellissima.
Con due occhi grandi di infinito e una risata bellissima che svegliava dal sonno senza sogni chiunque la sentisse».
 
«E poi?».
«E poi la favola è finita».
«Com'è possibile?… A me sembra che incominci proprio adesso!…».
«È vero!… Ma adesso puoi scriverla solo tu».
«Io?… No!… Io non ci riesco».
«Eh no!… Non vorrai certo che te la racconti un'altra volta!».
«Va bene, va bene… Hai ragione!… Allora… Da dove comincio?».
«Comincia da te…».
«OK! Ora ci provo… Tu resti?».
«Sì. Io resto».
«Ma davvero ho una risata bellissima e gli occhi con l'infinito dentro?».
«Sì… Davvero!».

 

Classifica Concorso Parole in Movimento Fonopoli 1998 sezione narrativa
 
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inserito il 27 ottobre 1998