Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Andrea Marchini
Con questo racconto ha vinto il settimo premio del concorso Fonòpoli - Parole in movimento 2001-2002, sezione narrativa
Re di pietra

I
Una grande ombra copriva il piccolo paese di Crissolo, un borgo di montagna che a stento raggiungeva il centinaio di abitanti.
"Il tempo non promette nulla di buono..." disse Carlo, indicando con una mano la scura serie di nuvole che si stavano radunando attorno al Re di pietra, il Monviso.
"Hai ragione, speriamo che per domani migliori, altrimenti dovremo rinunciare alla spedizione".
Cosa dici Ettore? Sai che è il sindaco a pagarci e che vuole avere entro la prossima settimana una cartografia completa del Re, dice che attirerà gli escursionisti quest'estate. Abbiamo già aspettato anche troppo, domani partiremo e basta"
"Non sottovalutate il Monviso, sono già in troppi quelli che l'hanno fatto. Non ti ricordi del vecchio Favro? Vuoi forse fare al sua stessa fine? E poi, per quello che m'importa, il sindaco se li può anche tenere i suoi villeggianti".
Carlo guardò l'amico negli occhi e scoppiò a ridere. "Ettore, stai davvero invecchiando, secondo me in futuro sarà proprio il turismo che ci permetterà di tirare avanti".
"Bah, quando ero giovane io, negli anni settanta, di forestieri non ce n'erano, ma si viveva lo stesso!"
"Il 1870 è lontano, ora tutto è cambiato, siamo alle soglie del novecento. Ad ogni modo vedrai che il tempo non ci darà noie..."
 
II
"Mamma, dove andate a quest'ora?" Chiese la piccola Elisa, "Fuori è quasi buio!"
"Te l'ho già detto cara, domani avrà inizio l'escursione al Monviso, sarà un giorno molto importante per il villaggio e questa sera gli adulti si riuniranno nella sala del consiglio per decidere quali dovranno essere gli uomini che prenderanno parte alla spedizione".
"Andrà anche papa?"
"Non lo so, vedremo stasera. Ora è tardi dobbiamo andare. Mi raccomando stai brava e non fare uscire Sisal"
"Va bene mamma" disse e le diede un affettuoso bacio sulla guancia.
 
III
Quando i genitori fecero ritorno a casa la mezzanotte era superata da un pezzo ed Elisa dormiva tranquilla nel suo letto. Sisal, il piccolo bastardo di sette mesi che la bambina aveva trovato la settimana precedente, era assopito al fondo delle coperte.
La madre, una bella donna prossima ai quarant'anni, entrò nella camera della figlia e la chiamò.
"Che ora è... cosa volete..." rispose lei senza aprire gli occhi.
"Alzati, ti dobbiamo parlare".
"Ma è tardi... ho sonno..."
"Forza, non fare storie"
Dopo qualche minuto tutti e tre i membri della famiglia erano seduti attorno al grande tavolo di legno scuro della cucina.
Il primo a parlare fu il padre: "Elisa, conosci vero la grotta che c'è sopra al paese, la grotta di Rio Martino?!"
"Certo"
"E sai cosa dicono gli anziani del villaggio a proposito di quel posto?"
La bambina sbadigliò e si stropicciò gli occhi con le piccole mani chiuse a pugno.
"Ho sentito dire che è abitata dalle masche, che provocano temporali e valanghe"
"Esattamente" continuò il padre.
All'epoca si diceva che durante la notte si incontrassero nel grande antro streghe e spettri ed innominabili esseri infernali, che perpetravano ai danni del paese orrendi malefizi, che puntualmente si manifestavano con temporali, valanghe e altre calamità.
"E saprai anche che per ottenere il favore degli spiriti, ed avere la loro protezione, talvolta bisogna fargli delle offerte..."
Elisa fece cenno di sì con la testa, anche se in realtà non aveva mai sentito parlare di quest'usanza. Sperava però che quell'assurda conversazione finisse il più presto possibile e che lei potesse tornarsene a letto.
"Questa notte tu e tua madre dovrete recarvi là a fare delle offerte alle masche, perché ci proteggano domani durante la scalata".
"Io e la mamma...? Perché proprio noi?"
"La mamma è stata scelta dal consiglio, ma non se la sente di andare da sola, così dovrai accompagnarla. L'avrei fatto io, ma devo riposarmi, domani mattina non potrò permettermi di essere stanco".
La stanza era buia, la lampada al centro del tavolo si limitava a diffondere un fiaco baluginio. Il volto della madre era avvolto dall'oscurità ma, guardandola, a Elisa parve di vederla piangere.
 
IV
La salita alla grotta avveniva attraverso un ripido e scosceso sentiero. Quella notte le nuvole coprivano quasi totalmente la volta celeste, ma la luna era visibile attraverso lo strato di nubi e diffondeva la sua cinerea luce sul bosco. A metà tragitto cominciò a piovigginare e il sentiero divenne fangoso e scivoloso. Elisa cadde un paio di volte sporcandosi di terra e lacerandosi il vestito; aveva paura che la madre la sgridasse, ma stranamente non disse nulla.
"Mamma, cos'è che offriremo alle streghe?" Chiese Elisa.
"Fra poco lo vedrai".
Dopo una buona mezz'ora di cammino giunsero alla grotta. L'ingresso era imponente, si apriva verso l'alto come fosse la volta di un'immensa cattedrale di pietra immersa nel buio. La madre si tolse di spalla la bisaccia, frugò al suo interno per qualche istante, come in cerca di qualcosa: "Non trovo più i fiammiferi, devo averli persi durante la salita. Ora vado a cercarli, tu riparati nell'antro della grotta, tornerò fra poco". La sua voce tremava.
"Ma mamma, non si vede niente, come farai a ritrovarli?"
"Vedrai, ci metterò un attimo. Fino a qualche minuto fa ero sicura di avere ancora la scatola in tasca. Devo averla persa qui vicino".
Elisa si offrì di aiutarla, ma la madre rifiutò: "È inutile bagnarsi in due..." disse.
In quel momento un fulmine illuminò i loro volti. Questa volta Elisa fu sicura di vedere il viso della mamma rigato dalle lacrime "Perché piangi?" Chiese con preoccupazione.
"Non è niente, aspettami nella grotta" disse, si voltò e scomparve dietro ad un grande albero.
Cominciava a fare freddo e quel posto le metteva i brividi. Un vento gelido usciva dalla caverna.
"Elisa" le parve di udire.
"Elisa" echeggiò nuovamente nell'oscuro antro.
"Chi c'è?" Urlò lei in preda al panico.
Nessuna risposta.
"Mamma... Sei tu?"
Qualcosa uscì dalla grotta. Elisa a quella vista fu scossa da spasmi di terrore: "Cosa ci fai qui?" Chiese.
Dalla caverna era uscita Beatrice, la giovane figlia del falegname del paese.
Era una bionda bambina di undici anni, scomparsa inspiegabilmente l'anno precedente, la migliore amica di Elisa.
"Ciao Elisa... vieni con me nella grotta..." mormorò.
"No... ho paura... dove sei stata tutto questo tempo?"
"Non fare la stupida, sono sempre stata qui, nella grotta. Dove se no? Vieni anche tu, forza". Alle spalle di Beatrice un bagliore accompagnò l'arrivo di altre persone.
Erano tutti bambini. Alcuni le parve di averli già visti, altri le erano completamente sconosciuti, altri ancora indossavano abiti stranissimi, che lei non aveva mai visto e che le sembrarono appartenere ad un'altra epoca. I bambini erano tantissimi, maschi e femmine, e in pochi istanti riempirono l'antro della grotta.
"Entra... resta con noi..." recitarono all'unisono "Non devi avere paura... starai qui con noi... per sempre..." le loro giovani voci, tutte assieme, le ricordarono il ronzio di un insetto. Terrorizzata tentò di voltarsi e scappare, ma le gambe non volevano saperne di muoversi. Credette di essere stata paralizzata da qualche fattura o incantesimo, nuove paure si aggiunsero a ciò che già provava e le mancò il fiato. Poi, d'improvviso, il suo corpo reagì e si piegò alla sua volontà, ruotando su se stesso e iniziando a correre all'impazzata. Stava per raggiungere il sentiero quando dinnanzi ad un gigantesco abete, lo stesso dietro al quale sua madre aveva svoltato qualche minuto prima, comparve una donna. Aveva i capelli rossi e la carnagione chiara. Due magnifici occhi azzurri spiccavano sul suo volto. Era la donna più bella che avesse mai visto e nonostante l'orrore che provava se ne sentì attratta.
Camminando sinuosamente raggiunse Elisa.
"Chi... chi sei?" chiese la bambina.
"Non l'hai ancora capito? Sono una masca ed ora tu mi appartieni". Alzò la mano sinistra, socchiusa, verso il cielo, e a quel gesto Elisa si alzò in volo. Provò una stupenda sensazione di leggerezza, che per un istante la lasciò stupita, quasi dimentica del terrore che sentiva. Dopo qualche secondo riprese a gridare.
"Nella grotta!" Ordinò la donna, ed Elisa raggiunse volando, come sospinta da una brezza inesistente, l'antro della spelonca. Vide gli altri bambini voltarsi, contemporaneamente, come fossero un unico essere, ed entrare nella tetra caverna. Poi, anche lei, scomparve dietro la parete di roccia che copriva l'ingresso della grotta.
"Mamma..." si udì.
Poi più nulla.
 
V
La madre di Elisa fece ritorno al villaggio, piangendo.
Tutti gli abitanti di Crissolo erano fuori dalle loro case e l'attendevano.
"È andato tutto bene?" Chiese il più anziano di loro.
"Sì" rispose la donna, poi corse dal marito e lo abbracciò.
"Non è giusto" mormorò al suo orecchio.
"È il prezzo da pagare". Rispose lui con indifferenza.
 
VI
La sera seguente, dopo che i ventidue migliori uomini di Crissolo erano partiti, Elisa ricomparve al villaggio.
Nel giro di pochi minuti tutti gli abitanti del paese erano usciti dalle loro case e la osservavano. I vestiti che indossava erano strappati e laceri. Sul suo corpo e sul suo volto erano visibili ferite e bruciature. Era scalza, la sua caviglia sinistra era gonfia e arrossata. Chiedeva disperatamente aiuto, invocando il nome della madre.
Piangeva.
Tutti la guardavano con aria severa, immobili. Nessuno le parlò o la soccorse.
"Mi hanno rapita... le streghe..." disse con voce rotta dal pianto "Ho cercato di liberarmi, ma mi hanno picchiata... torturata... ma poi sono riuscita a scappare... e sono corsa qui..."
Sorrise e il suo cuore si colmò di gioia quando, tra la folla, riconobbe la figura del nonno; gli si avvicinò carponi e lo salutò. Egli tacque.
A prendere la parola fu ancora una volta l'anziano del villaggio: "Stupida... stupida bambina, non dovevi scappare. Ora gli spiriti della grotta saranno infuriati, i nostri figli che sono partiti periranno per colpa tua".
Una vecchia si fece largo tra la folla: "Sei solo una sciocca!" Gracchiò, alzò una mano al cielo e le scagliò contro una pietra.
"Ma... cosa significa... cos'ho fatto?" Biascicò confusa.
Il vecchio parve ignorarla e continuò: "Ora dobbiamo placare la loro ira... dovrai pagare".
E alzò il suo bastone contro la bimba.
Altre pietre la raggiunsero.
Altri bastoni la colpirono...
 
"Perché...?"
 
VII
Il mattino seguente il sole splendeva e non vi erano nubi all'orizzonte.
La vetta del Re si stagliava contro l'azzurro del cielo.
 
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 Ins. 03-10-2002