Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Andrea Della Bella
 
Con questo racconto ha vinto il decimo premio del concorso Città di Melegnano 2000, sezione nerrativa
 

Il gioco

 
Era una città ad una dimensione.
Non c'era sole, non c'erano nuvole, non pioveva: le condizioni meteorologiche erano ininfluenti sulla vita di quel luogo e su chi percorreva quelle strade, vie, vicoli e piazze.
Era una città fatta di quartieri, di vie che tracciavano percorsi obbligati. Se ti trovavi in Largo Augusto per il destino della sorte, diciamo un lancio di dadi sordi ad ogni esigenza, e per caso, saresti voluto andare alla "città degli studi", poniamo Piazza Università, l'unico percorso possibile t'imponeva il passaggio dai Bastioni Gran Sasso.
Era una città strana, senza divieti di sosta, senza sensi unici, anzi con un unico senso direzionale, senza panettieri, macellai, fruttivendoli, fiorai, supermercati, ma con una banca gigantesca.
La banca sorgeva, non proprio nella città, ma al suo fianco come fosse una strana entità incombente su quel dedalo ridotto ai minimi termini.
Una città strana, nella quale, per vivere, per non essere una semplice comparsa occorrevano soldi, molti soldi.
Soldi da investire nel mercato del mattone; non esistevano piccoli risparmiatori, inutile tenere un conto bancario.
Soldi. Tanta pecunia e tutta da custodire in lungo sicuro: sotto un lembo di cartone.
Una città piatta (la segnaletica orizzontale o verticale era inesistente), se si escludono quelle casette verdi tutte uguali, che sorgevano qua e là per uno scriteriato gusto di un'èlite di deus ex machina sconosciuta agli abitanti.
Casette verdi, anguste, che a guardare bene, più che a dimore confortevoli, assomigliavano all'acne dei visitors (ammesso che questi ne soffrissero; per lo meno in età puberale).
Anche questa, come ogni città che si rispetti, nella sua esagerata stranezza (quattro inutili stazioni dalle quali nessun treno partiva e arrivava. Effetto dell'era tangentopoli?), aveva quartieri signorili e sobborghi.
Funghetto...
Dai, non stupitevi del nome, non l'avevate ancora capito?
In una città strana volete veder passeggiare i signori Rossi, il ragionier Colombo, l'impiegata Bianchi?
Dicevo, cioè scrivevo...
Funghetto passeggiava... no... no, scusate... transitava nella desolazione di Vicolo Corto: solo un pazzo avrebbe costruito su quel terreno fuori delle grandi lottizzazioni causa l'infima rendita.
Vicolo Corto... il nome era tutto un programma, tanto è vero che iniziava e finiva lì; spesso succedeva che nessuno rivendicava il pedaggio per il transito.
Vicolo Corto... una terra di nessuno (e nel caso fosse stata di qualcuno, questo si vergognava a raccontarlo in giro) dove a volte potersi riposare, se non fosse... troppo corto appunto; o se una "probabilità" maligna non deviava direttamente nella strada ad esso adiacente e altrettanto scomoda: Vicolo Stretto.
Funghetto non teneva molti soldi sotto il lembo del cartone, per quel motivo forse si sentiva al sicuro in quell'abbandono edilizio, ma purtroppo gli toccava.
Si trovò, quasi senza accorgersi, trasportato ai Bastioni Gran Sasso dove un tempo Ochetta, ex prostituta ed ex tenutaria di bordelli, assolveva i suoi affari.
Il nulla o quasi anche lì.
"Allora è vero!" pensò Funghetto riferendosi alle voci che circolavano con insistenza.
Si diceva, infatti, che Ochetta si fosse sistemata grazie ad un paio d'eredità (impreviste per gli altri, ma probabili secondo i conti di lei), e ora probabilmente gestiva alberghi nella "hall" del quartiere residenziale...
Si, bravi, proprio dalle parti di Piazza Giulio Cesare, vicino all'acquedotto.
"Dovrò sicuramente passare a trovarla" pensò Funghetto "è un po' che non mi riesce d'incrociare quella vecchia..." l'ultima parola, scortese e inopportuna per una signora che si era laccata la vita con i soldi, gli rimase sospesa.
Pensare alle fortune di Ochetta faceva male, gli tornarono alla mente i suoi affari (andati a... con le ex colleghe di Ochetta) e avvertì sopra la sua testa di legno la mano gigantesca che avrebbe segnato la sua fine; quella mano che, quando meno se l'aspettava, anche se l'aspettava, l'avrebbe sollevato dall'onere di una deambulazione obbligata e dal gioco dentro al quale, involontariamente, era caduto.
Una mano premurosa, ma che nonostante tutto l'avrebbe deposto nella bara comune ai cittadini deceduti: una scatola bianca, quadrata, con tanto d'epigrafe sul cofano.
Fermo.
Funghetto era fermo ad aspettare chissà cosa, pareva abbandonato, quando il suo vecchio cellulare squillò, o così gli parve, perché di soldi per la scheda dell'Omnitel non se ne parlava neanche.
"Parco della Vittoria" fece una voce strana, un idioma straniero e roboante che gli parve giungere, non dall'apparecchio, ma da sopra la sua testa, "un grosso... grossissimo affare... soldi. Tanti. Forse un gioco un po' sporco..."
COMUNICAZIONE INTERROTTA.
Da Via Roma sino al Via era situata la zona più ambita dai magnati palazzinari e aguzzini; un quartiere dove nessun piano regolatore era riuscito a porre limiti a faccendieri, monarchi dal mattone, i quali spesso si susseguivano al controllo degli affari con quella facilità con cui una mano lancia i dadi.
Funghetto ne impiegò di tempo per arrivare dove l'anonima voce l'aveva indirizzato; non che volesse partecipare all'affare (le sorti si decidevano nei piani alti della gerarchia, non all'aperto, nelle strade della città), era curioso, ma anche obbligato da un motivo che faticava a comprendere.
In ogni caso doveva esserci.
"Cosa sono questi?" chiese ad alta voce al nulla "L'ultima volta che sono passato non c'erano", continuò nella sua perplessità.
"Alberghi" rimandò una voce alle sue spalle "se intende fermarsi, anche solo per un'occhiata, deve pagare..."
Lo riconobbe anche se non ricordava il nome dello strano individuo, ricordò che a volte lo incrociava al parcheggio (senza macchine in sosta. Suere!).
"Mi scusi... ma su questi terreni non aveva costruito le sue fortune Candelabro il finanziere?"
"Eh, mio caro, lei piuttosto mi sembra fuori della grossa partita che qui si sta giocando!
Sa...un conto è avere due o tre villette a schiera e gestire i soldi di un piccolo giro; ma... gli alberghi" fece ponendo l'accento sull'ultima parola e alludendo continuò "se non sei dentro a certi meccanismi...; capito l'antifona?"
Funghetto parve molto più perplesso, non capiva.
"Tu hai tra le mani un affare che credi concluso e redditizio", continuò lo strano individuo leggendo l'interesse crescente sul volto di Funghetto, "ti va male. Una bella botta. Poi, metti pure, che qualcuno ambisca ai tuoi averi... aggiungi una soffiata a quelli delle tasse di lusso..., una a quelli della patrimoniale... un bell'imprevisto, ipoteche e...
Il cerchio si chiude: FALLIMENTO! Morto. Qualcuno dice suicida..."
Ma subito aggiunge con voce sibillina la sua sentenza: "Io non ci credo".
Veloci presero ad allontanarsi, quel tratto di strada scottava sotto i loro piedi.
"E qualcuno ci avrà guadagnato", concluse Funghetto, mentre iniziava a capire gli arcani meccanismi che sovrastavano le loro teste.
Scivolò su quel tratto di strada sul quale qualcuno, in rosso, aveva scritto "VIA".
Non si domandò il senso di quelle tre lettere, ma attendeva ciò che gli spettava: due pezzi di carta marrone, un vitalizio sociale concesso dalla fredda mano del banchiere che in quel momento tardava a compiere il proprio dovere.
L'atmosfera si fece cupa e pesante; nel cielo di Funghetto, un tempo asettico, si stagliarono due grosse ombre.
Egli per la prima volta alzò gli occhi e squarciò un mistero: vide due individui enormi che discutevano animatamente; "gli dei" pensò.
"Ma quali ventimila lire" fece il primo che intuì essere il banchiere "Parco della Vittoria ora è mio e mi devi pagare il transito".
"Ma tu sei pazzo, fuori dalle regole. Leggi... leggi..." fece il secondo con un foglio tra le mani "chi fa il banchiere non partecipa alle sorti del gioco".
L'altro truce "non farmi ridere, questo gioco va aggiornato e la realtà è che chi ha i soldi, ha il potere e stabilisce le regole, quindi... FALLITO" urlò con un ghigno strafottente, mentre la mano, quella mano, un tempo, dispensatrice di denaro, afferrò Funghetto per gettarlo in triste compagnia dei suoi concittadini.
Funghetto aveva capito, non era servito a nulla, ma aveva capito il suo ruolo. Pedina di un gioco più grande di lui.
"Solo un gioco", penserai tu lettore, ora che sei giunto alla fine. Ti sbagli!
Guardati attorno, rifletti: pedine... pedine in questo mondo, nelle mani di coloro che si sono stancati di giocare a Risiko! con i carri armati di plastica o a Monopoli.
Oggi si gioca con gli uomini...
LORO, lo trovano più divertente.
 

 

Classifica Concorso Città di Melegnano 2000 sez. narrativa
 
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inserito il 13 dicembre 2000