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Pasquale Fiacco

Scende la sera

 

 

Se onestamente riconosci

D'aver agito sempre con saggezza

E portamento irreprensibile

Non dolerti mai

Dei giorni già vissuti.

 

Scende la sera

 

Scende la sera;

Mi toglie le ombre

Che sensuali sirene allucinanti

Immutabili mi spiano

 

Le nasconde in meandri segreti

Dove l'essere e il non essere

Il reale e l'orpello

Il razionale e il metafisico

Si fondono in tormenti

 

Tormenti ossessivi

Che sagaci domande

Cui non è facile rispondere

Compongono alla mente

 

Tese le orecchie

Attendono risposte

 

Frantuma l'assurdo silenzio

Silenzio di pietre bruciate

Di cielo orpellato di nuvole

Di deserto increspato di dune

Serbanti sepolte

Memorie nudate di orme.

 

Ardente desiderio

 

Miriadi di cirri bianchi

Decorano

Inorpellano lo spazio

Che con la nuova alba

Incomincia ad azzurrare

 

Come errante nuvola

In mezzo a loro aleggia il pensiero

Per osservare da lontano

Bellezze e meraviglie

E cupe ombre del pianeta terra

 

Vola sale e scende

Per i tormenti e le tristezze

Catturare che l'affliggono

E dei lamenti e dei sussulti

Ascoltare l'eco

 

Raggio vorrebbe essere di sole

Per il sentiero lucere di notte

E difendere dal freddo i viatori

 

Ovvero in vento forte convertirsi

Per dissipare nuvole

Che dinanzi al sole celano il fulgore

 

Ardente desiderio sente

D'essere pittore

Per i sogni della gente

Dipingere d'azzurro.

 

 

Domani il vento

 

Tanto m'addolora

Quel velo di tristezza

Che il tuo viso oggi

M'asconde iridescente

 

È vaga nuvola compatta

Gravida di pioggia

Che del cielo adombra

Il fulgore dell'azzurro

 

Domani il vento, Valentina,

Spazzerà via la nuvola

E negli occhi tuoi il sole

Asciugherà le lacrime.

 

 

In solitario incedere

 

In solitario incedere

Con giallo velo corallino estatica

La leziosa luna ascolta

Nel nudo bosco sotto bruma

Lo stormire delle fronde

Dimenate dal favonio

 

Ascolta del ruscello

Che tra pietre levigate

Geme ed implora

Dei gorghi fragorosi nel silenzio

Lo strosciare profumato di viole

 

Galleggiante nel vuoto

In struggente sensuale abbandono

Stordita ascolta

Il mio parlare sottovoce

Che su sentiero a spire salgo

Tra drappi d'edera

Sul colle degli olivi

Sotto il peso della croce.

 

 

Tramonto sul mare

 

Volto sfibrato sul tramonto

Con luce toccante il sole lambisce

Con riflessi di cobalto

Il mare cinico e sprezzante

Di quanto di magico accade

 

Si tingono di rosa

Le rive le dune deserte

Le nude scogliere

E le desolate colline

Naufraganti nelle valli

 

Con lunghi drappi

Di nuvole macchiate

Il fatuo azzurro del cielo

Si sbriciola aleggiante nel vuoto

 

A poco a poco la sera

Si spande convulsa

In botrale infinito

Costellandosi di tremole lucciole.

 

 

Cosa importa

 

Cosa importa

Se in sfera di cristallo

Sogni stravaganti

Illudono la mente

 

Cosa importa se il presente

A briciole riducono d'antico

E l'animo gettano frusto

In groviglio di roveto

 

Anche se inumano

Vorrei essere certo

Che il tuo animo crudele

Sia caduto in oblio

 

E che in te

La ruggine del tempo

Abbia abraso l'indelebile

 

Liberami dall'affanno crudele

Di sognarti temerario

Dopo non importa naufragare

Nel mare d'incertezza

 

Non credo ai fantasmi

Eppure brancolante

A luce di fatue faville

Vivo prigioniero

In vortice d'immagini inventate.

 

Sempre come nuovo

 

Lambisce stemperato

Nel lontano limite

Quasi sfiora il mare

 

Attutito il suo fulgore

Sta affogando il sole

Com'una sfera di cristallo

Tinta di vermiglio

 

Brulichii di ali

Di uccelli e di gabbiani

S'intrecciano nell'aere

Che impallidisce

E rapido si fa scuro

 

Sulla battigia si colorano

Di fuggevole violetto

Le onde che approdano

Adorne di spuma

 

Sul mare sulla riva sulle dune

Nella pianura sui colli sui monti

Ambrata di luce di luna

Serena s'adagia la sera.

 

 

Quasi rituale salmodia

 

Quasi rituale salmodia;

Da lontana alboreta

Melodico canto mi giunge

D'usignolo solitario

 

Come note di violino

In sacrale silenzio

Toccate con dolcezza

Viatico porta

Al mio animo turbato

 

Ammutiti

Immobili sotto la luna

La magnolia l'albicocco

Le rose le tuie

Ascoltano,

I lecci del giardino,

 

Attoniti

Umidi di brina

Origliano i campi

Assopiti

Sotto velo di caligine

 

Specchianti la luna

Ascoltano inerti

Cullando licheni

Le limpide acque

Del lago di Ninfa

Increspate alla brezza

 

Tremole dall'alto

Odono le stelle

I pianeti le galassie

I frammenti di nuvole vaganti

Nell'immane platea

 

Strepita infine la notte

Impietosa

Impone il silenzio

Il canto si placa

E l'usignolo s'addormenta.

 

 

Come libero aquilone

 

Come libero aquilone

Ti portò via il vento

Lasciandomi a ricordo all'anulare

Una piccola reliquia

 

Dallo stagno del silenzio

Di questa notte interminabile

Di tua voce vieta

Ho riconosciuto il timbro

 

È giunta ad addolcire

L'acrimonia della sera

Della notte

La tortura dell'insonnia.

 

 

Tu chi sei?

 

Giungi come vento

Marezzando il pensiero

 

Appari e scompari

Come sole rutilante

Tra squarci di nuvole vaghe

 

Tu chi sei?

 

Un angelo che abbacina

Di luce riflessa

O un frutto proibito

Che non matura?

 

Un eros divino

Senza magiche fantasie

O un drago senza fascino

Un fantasma senza immagine?

 

Accendi la lampada

E la lasci consumare

Restando nel buio

 

Accendi il camino

E ti nascondi

Per tema di bruciare.

 

Tu chi sei?

 

 

Ascolto la tua voce

 

Mentre la luna si diverte;

Nel silenzio infausto della notte

Da sciacquio infranto

Dell'onda sulla proda

Ascolto la tua voce

Echeggiare nella mente

 

Carezzevole lasciva l'ascolto

Vibrare sillabe sommesse

Che lente fluiscono

Melodiche dall'anima

E come fragili farfalle

Vagano nel buio della stanza

 

Come in sonno chiudo gli occhi

E &endash; magica illusione

Ch'antiche rinnova emozioni &endash;

Ti rivedo come ieri apparire

Sotto l'ombra di platani spioventi

Di viale Margherita.

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