Scrittori italiani contemporanei
Monica Battaglino
Ha pubblicato il libro

 
Monica Battaglino, Frammenti di inquietudine,
editrice Montedit, 1998, pp. 32, Lit. 6.000, ISBN 88-86957-38-6
 
Prefazione
 
"Ti sei mai sentito schiacciato dalle parole?" Con questa domandina messa lì come se niente fosse si chiude questa breve raccolta di poesie, opera prima della giovanissima poetessa piemontese Monica Battaglino. La poesia in questione si intitola Con dolcezza ed è delicatamente breve ed inquietante come quasi tutte le altre.
Qualcuno ha scritto che l'inquietudine è il vero male del secolo, lo scheletro nell'armadio dell'uomo contemporaneo (occidentale, industriale, atomico). E non a caso uno dei testi più rappresentativi degli ultimi cento anni si intitola proprio "Il libro dell'inquietudine", autore quel Fernando Pessoa che dalla sua scrivania di contabile osservava le nubi del cielo smaltato di Lisbona sospirando di sgomento. Perché l'inquietudine? Perché non il furore, l'odio, l'angoscia, oppure l'euforia, l'orgoglio, la vanità?
Come definirla? L'inquietudine, si potrebbe dire, è il prezzo del benessere. Il fatale risvolto della medaglia per chi ha puntato tutto sulla marca degli elettrodomestici e dei vestiti, come se davvero significassero qualcosa di più (la felicità?) di quello che in effetti sono: lavatrici e camicie. L'inquietudine, poi, si presta particolarmente bene a serpeggiare tra stati d'animo e parole. Ha un suo andamento tortuoso e una superficie lievemente viscida che la fanno scivolare tra le dita, sicché quel che resta appiccicato è solo la vaga sensazione di qualcosa che è sfuggito: un malessere indefinito, un oscuramento di orizzonti. Giusta punizione per chi pensava di avere tutto.
Così l'inquietudine emerge, paradossalmente, per assenza. E come era naturale, il luogo dove forse meglio di ogni altro si è manifestata è la poesia. In tanti versi dall'aria sospesa e tremula, dove le parole evocano il mondo interiore dell'uomo anche quando, per farlo, si servono di quello esterno. Parole sventrate, usate come armi o come veicoli di malattie dell'anima sconosciute ai nostri nonni. Parole che rivelano - attraverso i suoni, gli accostamenti, le pause - molto più di quanto non dicano. Parole in cui succede di sentirsi prigioneri: nel momento in cui si capisce che sono uno strumento dalle mille potenzialità, e mica tutte perfettamente dominate dall'uomo.
Può capitare, allora, di essere schiacciati dalla parole. Quando ci si accorge che conducono là dove non si pensava di andare, o addirittura proprio là da dove si voleva scappare: "come in una trappola, scrive la nostra poetessa, intessuta di lievi suoni e sguardi / dove presente, passato e futuro / si cuciono per cogliere le / tue incertezze e fartele / dolcemente franare addosso".
Scritta sotto il segno dell'inquietudine, la poesia di Monica Battaglino appare d'altro canto misurata, piuttosto sobria nella composizione e parca di situazioni o spunti concreti. È una poesia intima che nasce esclusivamente dalla meditazione, la quale trasforma e traduce i dati del mondo esterno, quando se ne serve, in qual cos'altro. Le persone, in questi versi, non esistono se non come suggestioni, ricordi, fantasmi, anche se spesso le poesie sono rivolte a un tu. Un tu che sembra nascondere, a volte, l'autrice stessa, che si proietta fuori di sé e tenta un'analisi delle proprie emozioni da un punto di vista esterno come a volerle rendere, in tal modo, universali: "la tristezza ti avvolge di dubbi / e qualcosa nel tuo cuore muta … Tutto si rovescia / come una coppa / che era piena di vino, di petali profumati, di inebriante essenza / sentendoti vuoto vedi ora ai tuoi piedi disperso / ciò che prima era certo (Tristezza)". Altre volte, invece, il tu è palesemente un altro: un altro che ferisce, come nella bella e breve "Sguardo di disapprovazione" (dove particolarmente efficace appare il trasferimento di significato dallo "sguardo" alla "lama", entrambi posti in fine di verso) o nella terribilmente autobiografica "Parole (del male che fai / se ne nutre una bestia quieta, satolla)"; oppure un altro che riassume e sintetizza un'intera stagione di tempo già trascorso ("In silenzio") o un'attitudine, un modo di porsi alla vita ("In un caffè, Tele di ragno").
Pur prediligendo, dunque, parole taglienti accompagnate da immagini nitidamente scolpite - che proprio in virtù di questa delimitazione precisa risultano ancor più drammatiche, e immediate (cos'è l'artista? "Un ragno che da giorni inutilmente tesse le sue tele". Così, senza pietà) - la Battaglino si abbandona in qualche caso a composizioni più propriamente liriche ("Lucidi frammenti", una delle rare poesie lunghe) o si spinge in direzione di esperimenti per così dire simbolisti ("Gelida carezza, La rosa").
L'insieme della raccolta, comunque, appare ben costruito e omogeneo, gravitante intorno al nucleo centrale dell'inquietudine (come si diceva prima) e sufficientemente impietoso da lasciare al lettore l'impressione di aver ricevuto uno strattone. E sia benedetto, ci sentiamo di concludere: siano benedetti quegli spintoni che ci portano a una migliore conoscenza di noi stessi, quelle parole che tolgono i veli dagli specchi e ci lasciano lì, a rifletterci "come un animale ferito / un pagliaccio con il trucco disfatto".
 
Bianca Cerulli
 

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"Frammenti di inquietudine"

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