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Martina Cavallarin

 

 

Si è classificata 2a nel concorso Age Bassi 1997 con questa poesia:

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Forse dovremmo insistere
e spingerci
sopra la tenera massa di follia
anche se il silenzio
ci sembra crudo
e la direzione
un ignoto desiderio.
Coglieremo il profumo
e la magrezza dell'uomo,
bisognerà chiudere la pagina
ed imparare a vivere
ancora un poco.

Altre poesie:

Crediamo sarà eterno


Crediamo sarà eterno.
Uno sguardo
istante di una scintilla
ed è carne sulla carne
liquidi con liquidi
unghie sulla schiena
vita nella vita
dolori suoi nel grembo mio
cibo condiviso
o porte chiuse dietro, dentro noi.
Così l'amore diventa tempo insieme
crediamo sarà eterno
ore comuni
luoghi nostri, progetti di idee.
Poi qualcuno guarda fuori
non per malignità
solo distrazione
e quell'eterno diventa
una nuvola di schegge di vetro
bufera veloce improvvisa
tristezza per il tutto che se ne va,
ma se ne vanno soprattutto i nostri giorni
piangiamo per quelli
concessi a noi una volta soltanto.
Perché l'amore lo troveremo
verrà di nuovo
verrà ancora
sarà bello potente vorticoso
sarà ancora amore
e noi due saremo altri sue
incrocio di cellule differenti
pensieri diversi
ma con la stessa, incorreggibile,
apparenza d'eternità.

Esistere malgrado


L'arsura dell'estate
non brucia meno degli istanti
consumati nel rimpianto;
quando è il sole
ad affaticarti la vista
cammini svuotato
sul dorso di una duna
fatta di sabbia
e di speranza mai nato
pensieri già morti
idee mai realizzate
gesti che nessuno
guardando
ha reso vivi;
perché ci sei tu
in questo deserto di mondo
ma se l'altro non è con te
la tua esistenza conta ancora
esisti comunque
esisti malgrado
bastano le tue impronte
su quella sabbia
a farti credere che sei vivo davvero.

Smarrirsi


Se non sentissi più le mie mani
potrei forse credere che non esistono più
se non riuscissi più a muovere i miei passi
potrei forse credere di aver già compiuto il mio cammino
se non assaporassi più il gusto del cibo
potrei forse credere di aver già mangiato abbastanza,
ma se non sentissi più la mia coscienza
se non riconoscessi più il mio volto nello specchio
se le mie parole non rappresentassero il mio pensiero
allora avrei davvero paura.
L'anima rantola in un buio tremendo
quando smarrisci il senso della tua vita
ed in quell'immensa oscurità
puoi sentire le mani
puoi muovere lunghi passi
puoi assaporare il cibo
ma quando ti chiederanno il tuo nome
tu non saprai rispondere
e se ti domanderai chi sei
la risposta sarà solo nulla.

Barriere


Potrei edificare con la nuda forza delle mie braccia
barriere invisibili e mura spesse
dove rifugiarmi e nascondermi
senza più rumori né turbolenze.
Fuori la pioggia batterebbe incessante
orologi giganti scandirebbero gli istanti
ma dentro lì solo la quiete di un'anima
appesa in un dolce delirio di sogno.
Solo un lampo d'incertezza
turba questo stato di quiete:
consapevolezza di non partecipare
all'onda che cresce
al sole che sempre sorge
al bimbo che incerto piange
Siamo cavalli senza briglie né staffe
corriamo in un'apparenza libera
ma il nostro spazio ha confini tracciati da altri.
Allora non voglio costruirmi barriere invisibili
voglio nuotare nella mischia di questa confusa esistenza.

Solo un'evanescente emozione


Sono il mio cuore che
palpita e tonfa
sangue incalzante risale le vene
batte e ribatte tamburo impotente
scandisce il suo ritmo
racchiuso nel petto;
senti il sussulto
che ritma la vita
scandisce i tuoi istanti
come balzi felini;
la gola è una morsa
che strozza la vista
mascella contratta
ed arsa saliva
ti affidi al tatto di agili dita
cerchi controllo nel pensiero bollente.
Poi tutto passa,
tutto tace,
si acquieta,
era soltanto un'evanescente emozione.

Pioggia


Vorrei scrivere della pioggia
quella scrosciante e rissosa tra i miei capelli
oppure pioggia pigra, pioggia lenta,
che si posa frenante sui petali
e scorre sugli steli senza reciderli,
senza violenza
Ci sono poi gocce come vapore,
evanescente pesantezza di un cielo sempre grigio ma mai cupo
e ancora pioggia acidula, acida, malata,
lacrime della natura intossicata dalla scelleratezza.
C'è ancora pioggia brillante
tra i raggi del sole presente,
talvolta assente poi ancora presente.
Pioggia di primavera
chiassosa ed allegra
o pioggia incessante,
col ritmo di un tamburo
che diffonde il suono lontano lontano.
Vorrei scrivere della pioggia
tracciare parole con gocce d'inchiostro
simile ad acqua che si tinge posandosi su fragile glicine.
Ma ancora di più
vorrei pioggia sul viso, sulle mani, sul mio corpo tutto
per festeggiarne l'indomabile freschezza.

Parola


Qual'è il peso di una parola
eterea acquosa evanescente
espressione di uomo
canzone di donna amante guerriera
sillabe a milioni
lettere concatenate espressioniste sensibili
parole disgiunte da menti rugginose
note abbaglianti di nude smorfie.

Abitare qui


Hai diritto alla segretezza della tua esistenza
anche se occhi ed orecchie sconosciute
scrutano la tua vita
si chiedono l'un l'altro chi sei
ciò che sei;
giardini violati
mura scrostate e corrose
graffiti ribelli di vietate parole
segni che valgono un battito ed un respiro;
vaghi nella città di muti silenzi
ma nell'angolo deserto
un'altra battaglia insensata ti svena;
scorre laggiù un rivolo sanguigno
mistura di anime
che rantolano senza capire
anime che non si capiscono
sorridono ma non ascoltano
rapiti uomini figli di ombre
umanità marchiata da vuoto profondo.


Condannato a morte


Condannato a morte
la storia è tutto ciò che hai
anima dannata
marchiata
aneli una via d'uscita
un riscatto d'opportunità;
affannosa la ricerca
in un mondo
che non ti vedrà vivo una seconda volta;
quello che hai è ciò che sei
istanti già trascorsi
tratti indelebili del tuo volto futuro.
È come una cicatrice
solco sulla guancia giù fino al petto
e dalle labbra
sboccia una domanda di fede;
chiuso in quei metri bui e circondati
lanci grida silenziose
suoni senza suono
e lacrime di sangue
per un Dio che non c'è mai stato
un Dio che non è mai sceso sulla tua terra
e che non verrà ora tra le tue sbarre;
volti estranei ti parlano di speranza
mani sconosciute gesticolano di pace
mentre dentro te
l'uomo muore
arso dalla sua stessa fiamma.

Parigi, agosto '96


Sfilano con pesanti passi
senza ritmo né cadenza
senza ordine
moltitudine colorata
pelle scura e occhi vivi;
vagano senza appartenenza
cacciati da una città che non è mai stata loro
orfani di terra crudele
avida e ingenerosa
da cui scappare è solo salvezza.
Seguono le tracce
aride e salate della diversità
mentre bianchi manganelli
minacciano il loro cammino
servi vigliacchi di una società sbagliata
ospiti negati
di una terra nata senza confini
e confinata dall'odio
dalla bramosia e dal potere;
nell'aria voglia di riscatto
ma negli occhi ombre di rassegnazione;
squarci, abbracci, cammino,
sassi paludi arsure
poi, più lontano nel tempo
anche i fiori s'inginocchieranno
a quella moltitudine.

Madre


Legami sdruciti
ribelli forzati
legami dolcissimi tra volti distanti
comunque figli di carne e sangue
desideri lontani che però ci appartengono;
stretti nell'ordine di questo universo
che ha imposto padrone la sua gerarchia
scegliamo amori e incontri brevissimi
ma c'è un volto dal quale la fuga è impossibile
mani carezzevoli sul nostro corpo bambino
occhi attenti ai nostri passi indecisi
menti concentrate
concentriche spirali
dove il mio cuore è sempre il suo cuore
viso di madre che segue il mio destino
viso di madre che vedi solcarsi
tremore sulle labbra e sul corpo stanco
mentre il tuo crescere è il suo morire.
Dolore impotente d'ingiusta esistenza
vorresti un guscio che ti copra per sempre
perché la sua fine non è la tua nascita
perché la sua morte ti fa solo male
terrore destino unanime e universale
mentre il suo corpo vecchio bambino
appassisce imprecante tra le tue braccia.

 


©1996 Il club degli autori , Martina Cavallarin.
Se desideri comunicare con l'autore spedisci una E mail a clubaut@club.it


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