LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

I grandi poeti contemporanei

 

Raffaele Carrieri
Da Lamento del gabelliere, (1945)
 
Lamento
Non pesa il fucile ad armacollo
né il pastrano né la cartucciera
lo stivale non pesa nella sera
né la brina sulla bandoliera.
È l'ora ventitue, manca un minuto:
il giro della luna s'è compiuto.
All'oscuro le pietre sono colte
da improvvisa tacita morte.
In cielo non scorre fiume
la foglia più non riluce
il muro è tornato muro
e lo stivale ancora stivale
sopra in cuore del gabelliere.
 
 
Attesa di niente
La luce non mi è stata compagna
sulla terra né l'acqua sorella.
L'affabile acqua piovana
che materna addormenta
il vecchio gabelliere
e la giovane rana.
Avrei voluto chiudere il cielo
come una semplice porta
per restare una giornata
acquattato sull'erba
in attesa di niente.
 
 
Muro sopra muro
Maledetto sia questo silenzio
che alza muro sopra muro:
il cielo separa dal corpo
lo sguardo dell'occhio.
Tra l'una e l'altra mano
c'è lo spazio di una valle.
Maledetto sia questo silenzio
che alza muro sopra muro.
 
Mio limone
I tuoi rami sono lunghe
mani di ragazze more
il cui polso garrulo suona
di verzicanti bracciali
 
Il tuo profuno è una scala
di tondi lisci gradini
che corrono a chiocciola
intorno alla luna.
 
La tua foglia è tre volte
verde come una verde
bandierina d'alga
di domenica siciliana.
 
Il tuo frutto ha sapore
di navigli nuovi
che prendono il mare
con risa di fanciulle.
 
Fine della giornata
A ogni fine di giornata
quando il cielo muore
con la gola tagliata
come la gallina nera
resto solo sul prato
con gli odori della sera
e il sacco di cenciaiolo
dove raccolgo la cenere
delle mie ore terrene.
 
Mi duole
Seguo la mia pipa
Come un cieco segue
Un altro cieco.
Cielo non v'è stasera,
non c'è neanche
un poco di cielo
su cui andare.
Mi duole la pipa, stasera.
 
 
Piccola morte
So questo, era un soldato
con un paio di scarpe nuove
che accanto gli stavano
a vegliarlo giorno e notte.
Aveva una fucilata nel petto
e ogni volta che tossiva guardava
con ceruli occhi le scarpe
che vegliavano come cani
la branda dell'infermeria.
Morì alle cinque del mattino
dicendo queste sole parole:
"mettetemi amici le scarpe
è venuta l'ora di andarmene."
Morì alle cinque del mattino
con gli occhi rivolti alle scarpe.
 
 
Chi mi cammina dentro
 
Chi mi cammina dentro
e orma lascia di fuga?
Chi rimuove l'antica collera,
chi brucia, chi mi fruga?
Chi si serve del mio piede
e attraversa la strada
non mia?
Chi l'amico percuote
con la mia buona mano?
Frammenti d'altre vite,
memorie di peccati
antichi io mi porto.
 
Morte del fiume
Non c'erano donne a piangere
la morte del fiume
né madonne con le spade
e fazzoletti: all'oscuro moriva
come un cavaliere caduto
da cavallo. Non c'era luna
a piangere né fidanzata
mentre i neri battellieri
percuotevano all'oscuro
con mazze e martelli
il corpo morto dei fiume.
Non c'erano monache a piangere
né orfanelle: non c'era l'angelo.
l'angelo delle sere d'inverno
chissà dov'era con la sua slitta
bianca e le sue lane.
 
 
Lamento delle 0,20
Signore, tu mi lavori senza tregua.
Nell'inverno mi lavori e nell'estate,
nei giorni delle feste consacrate.
Nei mesi pari e in quelli di trentuno
Col sole con la pioggia con la luna.
a ore, a settimana, a cottimo, a giornata.
Come il canuto operaio della ferriera
tu mi cuoci mi sciogli e non ti bruci.
 
 
 
Da Souvenir caporal (1946)
 
Coprifuoco
Una sera fra le sette e le novembre
una sera dell'ultimo inverno
allo scocco del coprifuoco
il cielo ha lasciato la terra
schiodando l'ultimo chiodo.
Una sera fra le sette e le nove
il cielo fuggì dalla terra
su un toro di fuoco,
una sera dell'ultimo inverno
allo scocco del coprifuoco
Una sera fra le sette e le nove
il sangue s'apprese alla mota
allo scocco del coprifuoco.
 
Compianto per Garcia Lorca
Al murp, il poeta al muro
dicevano i giornali,
Lorca fucilato al muro.
Per telegrafo un muro
è uguale a un altro muro.
Gli angeli non hanno pianto
non hanno rivolto domande
perché in paradiso è proibito.
Hanno guardato il muro
Hanno guardato il sangue
Come si guarda una rosa
Sopra un muro di calce.
Hai colto la rosa
E ti sei messo a giuocare:
era come alla fiera di Cordova
era come alla corrida,
era come alla porta del sole
il giorno di Sant'Isidoro.
Era bello vedere gli angeli
Incantati di te, Garcia.
Erano stati ragazzi a Siviglia
E ti apprezzavano.
All'improvviso furono tristi,
la rosa era più bianca
e tu più fioco.
Erano stati ragazzi a Siviglia
E sapevano che un muro
È diverso da un altro muro.
In cielo te lo sei portato
Perché ce ne fosse uno meno.
Gli altri portano cavalli,
portano cigni e colombe:
Tu, Garcia, un muro
Un muro che non si scavalca.
 
Lasciate che gli angeli piangano.
 
 
Da La civetta (1949)
 
Malia d'inverno
Malia d'inverno mi tiene
e fuochi al chiuso.
Mai più tornerò
alle notti nel mare
sotto il gaio Capricorno.
Mai più spargerò
foglie di ruta
sulla fronte d venere
né ascolterò al fresco
lo stornello grottesco
del venditore di terre
che passa a cavallo
con sette voci
come sette liquori.
 
Fiore di spina
 
Abbandono il festino
la tazza il tamburo
e torno al fiore di spina.
Il vostro modo di uccidere
di cantare e fare all'amore
non mi appartiene.
 
 
Dove vado io nessuno viene
 
Io non voglio aprire le braccia.
Non ho niente di buono
e dove vado io nessuno viene.
Terra dopo terra ancora terra.
Terra da pane e terra da vino
terra infine per morire.
 
Io non voglio aprire le braccia.
Non ho niente da dare
niente da ricevere
e dove vado io ci sono spine.
Spine la sera spine la mattina
spine per scendere spine per salire.
 
 
Io batto la terra
 
Io torno al bosco ai boschi
E batto coi piedi la terra
come si batte la donna amata
per capriccio o allegria:
in una mano ciondoli
e nell'altra ruscelli.
 
Io batto e batto la terra
come si batte lana di pecora
prima che la sposa si corichi.
Rauco più della cornacchia
e più stonato del violino di valle
io canto perché mi piace cantare.
 
Gioco dell'oca
 
L'allodola il fiume l'ocarina
l'immagine di te alla finestra
che ti pettini come uno suona.
I monti continuano i capelli.
Mie stanze di paglia e di fuoco
aprite tutti i cancelli: fra poco
l'allodola il fiume e l'ocarina
sarò io nei tuoi capelli.
 
 
 
Da Il trovatore (1953)
 
 
Forestiero in ogni luogo
 
Forestiero sono stato in ogni luogo
più del lucchesino in Brasile
che vende re di scagliola.
Sono andato di paese in paese
come il piccolo calabrese
astrologo e ombrellaio.
Ho risparmiato e sprecato.
sono stato più paziente del muratore
che attraversa il mare
per alzare un muro in Australia.
 
 
Sera d'Africa
 
I cammellieri fermarono i cammelli.
L'aria era piena di tamburi
come un cestello è pieno d'uova.
Disceso dalla mia torre di stracci
strinsi molte mani
e molto mi inchinai.
 
Quale giuoco interrotto ripresi?
I millenni divennero specchi
inganni e begli sguardi.
Sposai Sara con la vista.
i neri capelli furono miei
e il gelsomino dei seni.
 
Senza disfare veli
presi la via del mare.
Sara di nuovo nel tallero
conservato nella lana
suona ancora nell'aria
delle mie sere d'Africa.
 
Tavoliere
Quando scendo dagli Appennini
alla patria remota dei fieni
dell'orbo mi sovviene
asino delle cisterne
che lo zero ripete sempre
alla sete del Tavoliere.
Lunga sete zero cocente
muore l'acqua della sorgente.
 
 
Pietà cuori duri
 
Pietà, pietà cuori duri
pietà per l'uccello migratore
che ha perduto un'ala in volo.
Pietà per l'orfano gitano
che s'è giocato a carte
sella e cavallo
suicida in una prigione.
Pietà per il giovane Nessuno
ucciso in Cina
o un qualsiasi altro luogo
clima razza condizione.
Pietà per chi muore all'impiedi
dentro una camera d'affitto.
Pietà per chi cade
pietà per chi si lascia cadere.
Pietà, pietà cuori duri
voi che siete sempre seduti
e apprendete dai giornali
la morte degli altri.
 
 
 
Da Canzoniere amoroso (1958)
 
La morte mi confonde
Ancora la morte mi confonde.
Lapillo o fuscello
io sono quello
che muta spola e spoglia
al sangue che veglia.
 
Ancora la morte mi confonde
alle coste, alle sponde
dove non sono:
alla rondine che di me muore
chiedo perdono.
 
Qualcuno che mi somiglia
 
Una sera qui sul Quai Voltaire
qualcuno che mi somiglia
verrà a ricominciare
l'intesa delle ciglia.
Qualcuno che mi somiglia
fuggiasco come me
t'ingannerà coi suoni
rochi del fiume.
 
Qualcuno che mi somiglia
ti piegherà a giunchiglia.
 
Socchiuso ti sto a guardare
 
Socchiuso ti sto a guardare
fare lega col mare.
T'investe, ti scioglie
con spade e coppe
ti coglie.
Rovinoso prestigio
dell'indaco:
interrompo il giuoco
apro l'occhio
e ti faccio entrare.
 
Arpa d'acqua.
 
Che attenzione: l'udito, l'orecchio.
Che divertimento
distinguere, confondere
l'acqua
l'arpa
e il campanello della brina
che si rompe in aria.
Accoccolata ridi
del faceto muro
che ci divide.
 
 
Bagno di Sara
 
Quanti sguardi alle balaustre
e trapani nell'aria:
più nuda non potevi essere.
Da siepi e feritoie
spiavano i caprai,
ti tagliavano con gli occhi.
Più nuda non potevi essere
del pesce spada controvento.
 
 
Il cestino
 
Se le mani intrecci nel sonno
e fai un cestino
io so che vai al bosco negro
per fragole
e fuori mi lasci,
solo mi lasci fino al mattino.
 
Non dire al poeta
(a Ezra Pound nel Manicomio criminale di Washington)
 
Non dire al poeta che il pane
è più bianco del sale.
Non chiamare la guardia
se il poeta brucia.
Non dire quel che deve fare
se il mare è in tempesta.
Lascia che il poeta pianga
il cristallo ferito
nell'oscura trincea della miniera.
 
 
Toledo
 
La testa piena d'icone e di spine
vado con le spade
fuori Porta della Visagra.
Vado a Santa Maria la Blanca
vado sul ponte d'Alcàntara.
Vado al fiume coi cani ciechi
vado con tutte le pietre
e il Conte muore,
il conte muore in tutte le ore.
 
 
Manola a Valencia
 
Maestra è Manola a Valencia
e i cuori smaglia
al mercato delle selle.
L'antica arte degli occhi
qui è pregiata.
Con gli sguardi lavora Manola
come il sellaio col trincetto
e fa con tanti agnelli
una sola sella.
 
 
Volgiti dalla mia parte
 
Lascia pinze e pinzette
e le matite che riscrivono l'occhio.
Mia bella, lascia il rosso
che tinge il bicchiere.
Lascia scorrere la voce
come un liquore insensato
e non correggere il tempo
con l'ora tetra dell'orologiaio.
Mia bella, non aggiungere non sottrarre:
lascia al pettine il divagare
e volgiti dalla mia parte.
 
 
Non attendere
 
Quella che vedi tra le frasche,
incappucciata di rosa viola,
la susina è di San Martino.
All'albore d'ottobre matura
e se devi coglierla
non attendere l'inverno.
 
 
Funaiole
 
Una mi slega l'altra mi lega,
funaiole chi è che mi salva?
Mano forte fa lunga la corda
e forte stringe quello che ama.
 
Funaiole non fate più nodi
che niente ho da annodare:
tirando la canapa ai chiodi,
funaiole non fatemi male.
 
 
 
Da La giornata è finita (1963)
 
L'amico probabile
 
Se in tre sai dividere un capello
non fai per me.
Se meno stimo ilprato del cancello
non fai per me.
Se l'acqua discacci con l'ombrello
non fai per me.
 
 
Le strade
 
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade
dei paesi della sete.
Tufi lucertole spine,
bell'uva sulle colline
dove fui ladro di galline.
Strade di cenere e pomice
lavorate dallo scorpione.
Dove ramingo io vissi
la cicala ancora muore.
 
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade.
Una dice, scatenato!
E mostra le ferite
che fuggendo ho lasciato.
Dalle braccia di mia madre
dalle mani dell'amata
sempre fuggiasco sono stato.
Da me solo inseguito
braccato, colpito.
 
Re per un giorno
per cent'anni povero.
Soldato bracciante gabelliere:
su ogni nuova strada
nuovo mestiere.
Domandate ai sentieri della neve
alle doline alle cordigliere
quello che sono e sono stato.
Domandatelo alle strade.
 
Alla malora carte
cartigli e scartoffie
che potevano darmi gloria.
La vita ho consumato
su carta e inchiostro.
Mio Dio quanto ho limato
notte e giorno.
Mio Dio quanto ho penato.
 
 
Braccianti
 
Al chiuso restarono le donne
come ombre di rondini
sui muri di calce.
Su moli e gettate
nessuno pianse
la partenza dei braccianti.
 
 
L'asino di Gerona
(a Domenico Cantatore)
 
Il falegname che batte il legno
nulla sa di ciò che duole e non duole
e ha cura della sua mano
quando forte percuote.
Nessun legno ha mai detto:
ahi! falegname, mi fai male!
La pietra si lascia rompere
dal tagliapietre,
l'asino del padrone.
Questo povero animale
poggiato come un arnese
l'asino è di Gerona.
 
 
Il silenzio non mi salva
 
Il silenzio non mi salva
la parola non mi aiuta.
Muri aggiungo muri tolgo.
Più mi scopro più mi nascondo.
 
 
Fra la gente vivo
 
Fra la gente vivo
e ballo da solo.
Di ragione privo
un poco mi consolo
di ciò che manca.
musica, musica!
 
 
Le parole che dice
 
Le parole che dice
non dicono niente.
Ma quando ride,
e ride sovente,
il silenzio splende
la morte si diverte.
 
 
La mia barca
 
A secco ho tirato la mia barca
e l'acqua mi ha compianto,
ha compianto il vecchio marinaio.
Nella bonaccia nella tempesta
fedele sono stato alla mia barca.
Lontano va ilmare e non si stanza.
 
Quella io adoro
 
 
Adoro la donna pesce
dal riflesso sfuggente.
Quella io adoro
che all'oscuro
fa luce
e subito dispare.
 
 
 
Da Io che sono cicala (1967)
 
Io che sono cicala
 
Io che sono cicala
per te canto.
Per te canto
che stai zitta,
sola in ombra
nella casa grande.
 
Si addice al mio verso
 
Si addice al mio verso
l'andamento leggiero
e l'odore bruciato
del fuggiasco.
 
Si addice il vento caldo
che fa spuntare
astri all'aglio
nella fornace di sabbia.
 
Nasce per la rabbia
lo spinoso cardo
e la capra consola
col suo fiore.
 
 
A Siviglia una colomba
(a Roberto Scalabrini)
 
Nel meriggio di fuoco
dava cornate il sole
e mi strappava
senza sangue il cuore.
Fuggevole un'ombra,
una sola colomba
muovendo appena le ali
fresco rifece amore
coi suoi aliti.
 
 
Arlecchino mio buon principe
 
Arlecchino mio buon principe
delfino primo
del salto mortale,
stanca è l'arpa
per tanto suonare.
Alla fine di ogni bvita
stringe polvere la calamita.
 
 
Da La formica Maria (1967)
 
La formica Maria
 
In vita meno pesava d'ogni cosa
la formica Maria.
Per trattenersi ancora
nella cucina della fattoria
il tempo fermò con l'ombra sua.
 
In vita pesava meno d'una piuma
la formica Maria.
E quando divenne muta,
per non lasciarmi solo
il silenzio col piombo rifuse.
 
In vita pesava meno d'una foglia
la formica Maria.
E quando divenne pietra
in sei furono a sollevarla
per portarsela via.
 
 
Ora che se n'è andata
(a Francesco Messina)
 
Ora che se n'è andata
non voglio spezzare il pane
sulla sua tovaglia,
sciupare non voglio le pieghe
alle sue tele bianche.
Ora che se n'è andata
non voglio, non voglio sentire
il rumore delle stoviglie:
l'argento era suo, il lucore
di crete e caffettiere.
Spegnete la carbonella,
fuochi e lumi spegnete
perché la mia maestra
se n'è andata in una stella.
 
 
 
Da Stellacuore (1970)
 
Dimesso l'affanno
 
Dimesso l'affanno;
quieto, distante, separato
e infine perdonato
da quelli che mi amarono.
Questo mucchietto di cenere
in mezzo alla foschia
sono io; l'erba che sopra
vi cresce, ancora verde
la mia poesia.
 
 
 
Da Le ombre dispettose (1974)
 
Ho perduto vecchi amici
 
Ho perduto vecchi amici
che sembravano fedeli,
e altri più giovani e leggieri
sono usciti dai muri
come ladruncoli svaniti.
Se ne sono andati quasi tutti
in punta di piedi,
ballerini incapaci
che fingevano volare
verso frontiere assicurate.
Nessuno si voltò a guardare
dalla mia parte informe
dove, dopo le rovine,
la musica ricominciava.
 
Fra poco
Consumato l'ultimo
inchiostro, fra poco
fra poco sarò pronto. 
 
 
 
 
 
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Inserito 19 febbraio 1999