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                     Da Lamento del
                     gabelliere, (1945)  LamentoNon pesa il fucile ad armacolloné il pastrano né la
                  cartuccieralo stivale non pesa nella serané la brina sulla
                  bandoliera.È l'ora ventitue, manca un
                  minuto:il giro della luna s'è
                  compiuto.All'oscuro le pietre sono colteda improvvisa tacita morte.In cielo non scorre fiumela foglia più non riluceil muro è tornato muroe lo stivale ancora stivalesopra in cuore del gabelliere.  Attesa di nienteLa luce non mi è stata
                  compagnasulla terra né l'acqua
                  sorella.L'affabile acqua piovanache materna addormentail vecchio gabellieree la giovane rana.Avrei voluto chiudere il cielocome una semplice portaper restare una giornataacquattato sull'erbain attesa di niente.  Muro sopra muroMaledetto sia questo silenzioche alza muro sopra muro:il cielo separa dal corpolo sguardo dell'occhio.Tra l'una e l'altra manoc'è lo spazio di una valle.Maledetto sia questo silenzioche alza muro sopra muro. Mio limoneI tuoi rami sono lunghemani di ragazze moreil cui polso garrulo suonadi verzicanti bracciali Il tuo profuno è una scaladi tondi lisci gradiniche corrono a chiocciolaintorno alla luna. La tua foglia è tre volteverde come una verdebandierina d'algadi domenica siciliana. Il tuo frutto ha saporedi navigli nuoviche prendono il marecon risa di fanciulle. Fine della giornataA ogni fine di giornataquando il cielo muorecon la gola tagliatacome la gallina neraresto solo sul pratocon gli odori della serae il sacco di cenciaiolodove raccolgo la ceneredelle mie ore terrene. Mi duoleSeguo la mia pipaCome un cieco segueUn altro cieco.Cielo non v'è stasera,non c'è neancheun poco di cielosu cui andare.Mi duole la pipa, stasera.  Piccola morteSo questo, era un soldatocon un paio di scarpe nuoveche accanto gli stavano a vegliarlo giorno e notte.Aveva una fucilata nel pettoe ogni volta che tossiva guardavacon ceruli occhi le scarpeche vegliavano come canila branda dell'infermeria.Morì alle cinque del mattinodicendo queste sole parole:"mettetemi amici le scarpeè venuta l'ora di
                  andarmene."Morì alle cinque del mattinocon gli occhi rivolti alle scarpe.  Chi mi cammina
                  dentro Chi mi cammina dentroe orma lascia di fuga?Chi rimuove l'antica collera,chi brucia, chi mi fruga?Chi si serve del mio piedee attraversa la stradanon mia?Chi l'amico percuotecon la mia buona mano?Frammenti d'altre vite,memorie di peccatiantichi io mi porto. Morte del fiumeNon c'erano donne a piangerela morte del fiumené madonne con le spadee fazzoletti: all'oscuro morivacome un cavaliere cadutoda cavallo. Non c'era lunaa piangere né fidanzatamentre i neri battellieripercuotevano all'oscurocon mazze e martelliil corpo morto dei fiume.Non c'erano monache a piangerené orfanelle: non c'era
                  l'angelo.l'angelo delle sere d'invernochissà dov'era con la sua
                  slittabianca e le sue lane.  Lamento delle 0,20Signore, tu mi lavori senza tregua.Nell'inverno mi lavori e
                  nell'estate,nei giorni delle feste consacrate.Nei mesi pari e in quelli di
                  trentunoCol sole con la pioggia con la
                  luna.a ore, a settimana, a cottimo, a
                  giornata.Come il canuto operaio della
                  ferrieratu mi cuoci mi sciogli e non ti
                  bruci.   Da Souvenir caporal
                  (1946) CoprifuocoUna sera fra le sette e le novembre
                  una sera dell'ultimo invernoallo scocco del coprifuocoil cielo ha lasciato la terraschiodando l'ultimo chiodo.Una sera fra le sette e le nove il cielo fuggì dalla terrasu un toro di fuoco,una sera dell'ultimo invernoallo scocco del coprifuocoUna sera fra le sette e le nove il sangue s'apprese alla motaallo scocco del coprifuoco. Compianto per Garcia LorcaAl murp, il poeta al muro dicevano i giornali,Lorca fucilato al muro.Per telegrafo un muroè uguale a un altro muro.Gli angeli non hanno piantonon hanno rivolto domandeperché in paradiso è
                  proibito.Hanno guardato il muroHanno guardato il sangueCome si guarda una rosaSopra un muro di calce.Hai colto la rosaE ti sei messo a giuocare:era come alla fiera di Cordovaera come alla corrida,era come alla porta del soleil giorno di Sant'Isidoro.Era bello vedere gli angeliIncantati di te, Garcia.Erano stati ragazzi a SivigliaE ti apprezzavano.All'improvviso furono tristi,la rosa era più biancae tu più fioco.Erano stati ragazzi a SivigliaE sapevano che un muroÈ diverso da un altro muro.In cielo te lo sei portatoPerché ce ne fosse uno meno.Gli altri portano cavalli,portano cigni e colombe:Tu, Garcia, un muroUn muro che non si scavalca. Lasciate che gli angeli piangano.  Da La civetta
                  (1949) Malia d'invernoMalia d'inverno mi tienee fuochi al chiuso.Mai più torneròalle notti nel maresotto il gaio Capricorno.Mai più spargeròfoglie di rutasulla fronte d venerené ascolterò al
                  frescolo stornello grottescodel venditore di terreche passa a cavallocon sette vocicome sette liquori. Fiore di spina Abbandono il festinola tazza il tamburoe torno al fiore di spina.Il vostro modo di uccideredi cantare e fare all'amorenon mi appartiene.  Dove vado io nessuno viene Io non voglio aprire le braccia.Non ho niente di buonoe dove vado io nessuno viene.Terra dopo terra ancora terra.Terra da pane e terra da vinoterra infine per morire. Io non voglio aprire le braccia.Non ho niente da dareniente da riceveree dove vado io ci sono spine.Spine la sera spine la mattinaspine per scendere spine per
                  salire.  Io batto la terra Io torno al bosco ai boschiE batto coi piedi la terracome si batte la donna amataper capriccio o allegria:in una mano ciondolie nell'altra ruscelli. Io batto e batto la terracome si batte lana di pecoraprima che la sposa si corichi.Rauco più della cornacchiae più stonato del violino di
                  valleio canto perché mi piace
                  cantare. Gioco dell'oca L'allodola il fiume l'ocarinal'immagine di te alla finestrache ti pettini come uno suona.I monti continuano i capelli.Mie stanze di paglia e di fuocoaprite tutti i cancelli: fra pocol'allodola il fiume e l'ocarinasarò io nei tuoi capelli.   Da Il trovatore
                  (1953)  Forestiero in ogni
                  luogo Forestiero sono stato in ogni luogopiù del lucchesino in
                  Brasileche vende re di scagliola.Sono andato di paese in paesecome il piccolo calabreseastrologo e ombrellaio.Ho risparmiato e sprecato.sono stato più paziente del
                  muratoreche attraversa il mareper alzare un muro in Australia.  Sera d'Africa I cammellieri fermarono i cammelli.L'aria era piena di tamburicome un cestello è pieno
                  d'uova.Disceso dalla mia torre di straccistrinsi molte manie molto mi inchinai. Quale giuoco interrotto ripresi?I millenni divennero specchiinganni e begli sguardi.Sposai Sara con la vista.i neri capelli furono mieie il gelsomino dei seni. Senza disfare velipresi la via del mare.Sara di nuovo nel talleroconservato nella lanasuona ancora nell'ariadelle mie sere d'Africa. TavoliereQuando scendo dagli Appenninialla patria remota dei fienidell'orbo mi sovvieneasino delle cisterneche lo zero ripete semprealla sete del Tavoliere.Lunga sete zero cocentemuore l'acqua della sorgente.  Pietà cuori
                  duri Pietà, pietà cuori
                  duripietà per l'uccello
                  migratoreche ha perduto un'ala in volo.Pietà per l'orfano gitanoche s'è giocato a cartesella e cavallosuicida in una prigione.Pietà per il giovane Nessunoucciso in Cinao un qualsiasi altro luogoclima razza condizione.Pietà per chi muore
                  all'impiedidentro una camera d'affitto.Pietà per chi cadepietà per chi si lascia
                  cadere.Pietà, pietà cuori
                  durivoi che siete sempre sedutie apprendete dai giornalila morte degli altri.   Da Canzoniere amoroso
                  (1958) La morte mi confondeAncora la morte mi confonde.Lapillo o fuscelloio sono quelloche muta spola e spogliaal sangue che veglia. Ancora la morte mi confondealle coste, alle spondedove non sono:alla rondine che di me muorechiedo perdono. Qualcuno che mi somiglia Una sera qui sul Quai Voltairequalcuno che mi somigliaverrà a ricominciarel'intesa delle ciglia.Qualcuno che mi somigliafuggiasco come met'ingannerà coi suonirochi del fiume. Qualcuno che mi somigliati piegherà a giunchiglia. Socchiuso ti sto a guardare Socchiuso ti sto a guardarefare lega col mare.T'investe, ti sciogliecon spade e coppeti coglie.Rovinoso prestigiodell'indaco:interrompo il giuocoapro l'occhioe ti faccio entrare. Arpa d'acqua. Che attenzione: l'udito,
                  l'orecchio.Che divertimentodistinguere, confonderel'acqual'arpae il campanello della brinache si rompe in aria.Accoccolata rididel faceto muroche ci divide.  Bagno di
                  Sara Quanti sguardi alle balaustree trapani nell'aria:più nuda non potevi essere.Da siepi e feritoiespiavano i caprai,ti tagliavano con gli occhi.Più nuda non potevi esseredel pesce spada controvento.  Il cestino Se le mani intrecci nel sonnoe fai un cestinoio so che vai al bosco negroper fragolee fuori mi lasci,solo mi lasci fino al mattino. Non dire al poeta(a Ezra Pound nel Manicomio criminale di
                  Washington) Non dire al poeta che il paneè più bianco del
                  sale.Non chiamare la guardiase il poeta brucia.Non dire quel che deve farese il mare è in tempesta.Lascia che il poeta piangail cristallo feritonell'oscura trincea della miniera.  Toledo La testa piena d'icone e di spinevado con le spadefuori Porta della Visagra.Vado a Santa Maria la Blancavado sul ponte d'Alcàntara.Vado al fiume coi cani ciechivado con tutte le pietree il Conte muore,il conte muore in tutte le ore.  Manola a
                  Valencia Maestra è Manola a Valenciae i cuori smagliaal mercato delle selle.L'antica arte degli occhiqui è pregiata.Con gli sguardi lavora Manolacome il sellaio col trincettoe fa con tanti agnelliuna sola sella.  Volgiti dalla mia
                  parte Lascia pinze e pinzettee le matite che riscrivono
                  l'occhio.Mia bella, lascia il rossoche tinge il bicchiere.Lascia scorrere la vocecome un liquore insensatoe non correggere il tempocon l'ora tetra dell'orologiaio.Mia bella, non aggiungere non
                  sottrarre:lascia al pettine il divagaree volgiti dalla mia parte.  Non
                  attendere Quella che vedi tra le frasche,incappucciata di rosa viola,la susina è di San Martino.All'albore d'ottobre maturae se devi coglierlanon attendere l'inverno.  Funaiole Una mi slega l'altra mi lega,funaiole chi è che mi salva?Mano forte fa lunga la cordae forte stringe quello che ama. Funaiole non fate più nodiche niente ho da annodare:tirando la canapa ai chiodi,funaiole non fatemi male.   Da La giornata è
                  finita (1963) L'amico
                  probabile Se in tre sai dividere un capellonon fai per me.Se meno stimo ilprato del cancellonon fai per me.Se l'acqua discacci con l'ombrellonon fai per me.  Le strade Quello che sono e sono statodomandatelo alle stradedei paesi della sete.Tufi lucertole spine,bell'uva sulle collinedove fui ladro di galline.Strade di cenere e pomicelavorate dallo scorpione.Dove ramingo io vissila cicala ancora muore. Quello che sono e sono statodomandatelo alle strade.Una dice, scatenato!E mostra le feriteche fuggendo ho lasciato.Dalle braccia di mia madredalle mani dell'amatasempre fuggiasco sono stato.Da me solo inseguitobraccato, colpito. Re per un giornoper cent'anni povero.Soldato bracciante gabelliere:su ogni nuova stradanuovo mestiere.Domandate ai sentieri della nevealle doline alle cordiglierequello che sono e sono stato.Domandatelo alle strade. Alla malora cartecartigli e scartoffieche potevano darmi gloria.La vita ho consumatosu carta e inchiostro.Mio Dio quanto ho limatonotte e giorno.Mio Dio quanto ho penato.  Braccianti Al chiuso restarono le donnecome ombre di rondinisui muri di calce.Su moli e gettatenessuno piansela partenza dei braccianti.  L'asino di
                  Gerona(a Domenico Cantatore) Il falegname che batte il legnonulla sa di ciò che duole e non
                  duolee ha cura della sua manoquando forte percuote.Nessun legno ha mai detto:ahi! falegname, mi fai male!La pietra si lascia romperedal tagliapietre,l'asino del padrone.Questo povero animalepoggiato come un arnesel'asino è di Gerona.  Il silenzio non mi
                  salva Il silenzio non mi salvala parola non mi aiuta.Muri aggiungo muri tolgo.Più mi scopro più mi
                  nascondo.  Fra la gente
                  vivo Fra la gente vivoe ballo da solo.Di ragione privoun poco mi consolodi ciò che manca.musica, musica!  Le parole che
                  dice Le parole che dice non dicono niente.Ma quando ride,e ride sovente,il silenzio splendela morte si diverte.  La mia barca A secco ho tirato la mia barcae l'acqua mi ha compianto,ha compianto il vecchio marinaio.Nella bonaccia nella tempestafedele sono stato alla mia barca.Lontano va ilmare e non si stanza. Quella io
                  adoro  Adoro la donna pescedal riflesso sfuggente.Quella io adoroche all'oscurofa lucee subito dispare.   Da Io che sono cicala
                  (1967) Io che sono
                  cicala Io che sono cicalaper te canto.Per te cantoche stai zitta,sola in ombranella casa grande. Si addice al mio verso Si addice al mio versol'andamento leggieroe l'odore bruciatodel fuggiasco. Si addice il vento caldoche fa spuntareastri all'aglionella fornace di sabbia. Nasce per la rabbialo spinoso cardoe la capra consolacol suo fiore.  A Siviglia una
                  colomba(a Roberto Scalabrini) Nel meriggio di fuocodava cornate il solee mi strappavasenza sangue il cuore.Fuggevole un'ombra,una sola colombamuovendo appena le alifresco rifece amorecoi suoi aliti.  Arlecchino mio buon
                  principe Arlecchino mio buon principedelfino primodel salto mortale,stanca è l'arpaper tanto suonare.Alla fine di ogni bvitastringe polvere la calamita.  Da La formica Maria
                  (1967) La formica
                  Maria In vita meno pesava d'ogni cosala formica Maria.Per trattenersi ancoranella cucina della fattoriail tempo fermò con l'ombra
                  sua. In vita pesava meno d'una piumala formica Maria.E quando divenne muta,per non lasciarmi soloil silenzio col piombo rifuse. In vita pesava meno d'una fogliala formica Maria.E quando divenne pietrain sei furono a sollevarlaper portarsela via.  Ora che se n'è
                  andata(a Francesco Messina) Ora che se n'è andatanon voglio spezzare il panesulla sua tovaglia,sciupare non voglio le pieghealle sue tele bianche.Ora che se n'è andatanon voglio, non voglio sentireil rumore delle stoviglie:l'argento era suo, il lucoredi crete e caffettiere.Spegnete la carbonella,fuochi e lumi spegneteperché la mia maestrase n'è andata in una stella.   Da Stellacuore
                  (1970) Dimesso
                  l'affanno Dimesso l'affanno;quieto, distante, separatoe infine perdonatoda quelli che mi amarono.Questo mucchietto di cenerein mezzo alla foschiasono io; l'erba che sopravi cresce, ancora verdela mia poesia.   Da Le ombre dispettose
                  (1974) Ho perduto vecchi
                  amici Ho perduto vecchi amiciche sembravano fedeli,e altri più giovani e
                  leggierisono usciti dai muricome ladruncoli svaniti.Se ne sono andati quasi tuttiin punta di piedi,ballerini incapaciche fingevano volareverso frontiere assicurate.Nessuno si voltò a guardaredalla mia parte informedove, dopo le rovine,la musica ricominciava. Fra pocoConsumato l'ultimoinchiostro, fra pocofra poco sarò pronto.      Home page di
                  Raffaele Carrieri
                  
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