LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

I grandi poeti contemporanei

 

Patrizia Valduga
Alcuni testi dell'autrice:
 
da Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi, 1989)
 
Sa sedurre la carne la parola,
prepara il gesto, produce destini...

 
Nel luglio altero, lui tenero audace,
sensualmente a me lanciava da là:
prima di sera io ti scopo. Ah.
Fra trafficar di sguardi dove pace,
 
dove l'incompenetrabilità...
dove il tempo in quest'ombra... Lui tace
in un empio silenzio a farne fornace.
Poi apri, m'intima, apri... più dentro già
 
si spinge con suo tal colpo segreto.
Umidore, pare bacio di calore
su ammucchiarsi d'umano, alto m'accappia.
 
O inverni e lirici slanci (con metodo).
Mi sale... mi scende... io come granata
esplosa, contusa, to', che si sappia.
 

 
L'altra simulazione:
l'animo che non sa curare i sensi
o l'animo curare con i sensi.
 

 
Ulteriore finzione:
eternità, assenza
di fine, morte che muore, efficienza...
 

 
Di tutto ciò far senza,
e del troppo sognare...
E sulla terra in levità passare.

 
E nottetempo la gente si arrappa,
s'ingrifa, al serra serra si disgroppa.
Ah... eh... ah... bada ansimare... di tappa
in tappa svelta s'accoppia, s'aggroppa.
 
Ponte sui sensi, avendoli, s'acchiappa
Con mutua trappola, greve s'intoppa
fino allo scoppio... gioca stringichiappa
a strappa strappa e a cervello di stoppa
 
por toppa... E intanto la notte scappa
da razionalità antidotata
e imperata... Io dolente, in gola un groppo,
 
il mio universo d'assenze e la mappa
dei miei giorni ridesti mi sciroppo,
di pensamento in abuso incappata.
 
La stessa rigirata
d'angoscia in margine all'esiguo e al troppo:
il succo della notte invero allappa.
 

 
In me cogli anni crescono, a mio merito
o demerito, quei danno d'ascrivere
interi a plurime carnali sterili
dilettazioni in cui involta o proclive
 
m'affatico... a diletti semiseri
e periferici... alle loro derive...
così che non mi viene dal preterito
Il come e tanto meno il cosa vivere,
 
che in questi giorni persi neri e duri
se qualcosa mi resti non ho prove,
se qualcosa qui o altrove per me duri,
 
e non so se la sera ora congiuri
contro di me, o sui drudi miei dall'ovest
induri, sui passati e sui futuri.
 

 
Né so passare a nuoto ora la notte.
 

Sa sedurre la carne la parola,
prepara il gesto, produce destini...
È martirio il verso,
è emergenza di sangue che cola
e s'aggruma ai confini
del suo inverso sessuato, controverso.
 
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O datemi qualcuno che mi ascolti,
ché di parole straripo.. qualcuno
che mi prenda per mano e dei sepolti
dei fatti polvere e niente al raduno
mi porti... di occhi ho paura... di volti...
Non mi restava ormai niente e nessuno,
e come sanguinando intorno intorno
pesantemente in me cadeva il giorno.
 

 
Mi dispero perché
non ho che poche erose scrofolose
parole, a darsi all'ozio intente,
che non sanno far niente.
 
 
 
Da La tentazione, (ristampa 1997 - Einaudi)
 
In questa maledetta notte oscura
con una tentazione fui assalita
che ancora in cuore la vergogna dura.
 
Io così pudica, così compita,
vedevo un uomo a me venire piano
e avvolgermi quasi avido la vita;
 
un altro ne veniva e con la mano
oh delicatamente lui mi apriva,
e un altro e un altro e un altro ch'era vano
 
a guerra apparecchiarmi d'armi priva
già incatenata, e senza una catena,
nel tempo che la vita non par viva.
 
"Non vuoi? piccola piccola sirena..."
Posso io non volere e star da lato?
"Oh lasciatemi!" e respiravo appena,
 
il cuore dalla sua sede saltato.
Con cento mani vinte le mie braccia
Tutte le ossa mi avevano contato,
 
ad ogni cavità davan la caccia;
nel denso, nelle viscere spremuta,
in una tomba di carne che schiaccia
 
e macina e mette al niente... perduta.
Che mai feci, che mai feci mio Dio?
Mercè, pietà, perdono, chi mi aiuta?
 

"Il vostro sguardo insolente dovrà
chinarsi... Voi, bastardi tracotanti,
l'alba che viene tutti squaglierà!"
 
"Si squaglieranno solo i tuoi amanti
in quell'alba che tutti i sogni smura,
goffi fra tremiti e vene, spïanti
 
lì per giocarti, per farci paura.
So che lo sai..." "Non so nessuna cosa,
puliscimi la tua slumacatura."
 
"Come sei altera e disdegnosa!
Sconcialtela così che me la prenda
e disbrami la voglia che mi posa."
 
Poi col le reni in una morsa orrenda,
"Or godi e taci, or... ti resti dentro".
E mi convien tacere, per ammenda.
 
"Vedi come veloce in te m'inventro,
vedi come lo vuoi e tieni tutto,
vedi che piangi umore dal tuo centro...
 
ecco rientro, e coli dappertutto.
Via di qui, voi, che più non mi resiste,
in piacere si volta il suo gran lutto."
 
Altra doglia e delizia insieme miste
intorno ad un calore ch'io non so
m'ingolfavano il cuore e fu ben triste
 
venire a resa pur gridando "No!",
per fame di carne grassa di grasso
e sangue.. e per mia scusa che dirò?
 
"Sento l'alba salire passo a passo,
con lei ti lascio, anima confusa;
il tuo cielo ho innalzato ch'era basso
 
e più non fonderai come ti ho fusa
fuor dei denti di ieri e di domani.
Se la vista del sole non ti è chiusa
 
vinca tua guardia i movimenti umani!"
E tu, alba, giungi ben tardi e greve,
se ancora par che tocchino le mani
 
e il ventre palpita geme e beve
dalle sue vene salive segrete...
Questo è il mio schifo, il mio dover tra breve
 
tirarmi su, venir dove voi siete,
vere ombre e fantasmi e larve vere.
Odio voi, odio il giorno e la sua rete,
 
ma nel mio buio so quasi tacere.
 
 
 
 
 
 
 
 
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Inserito 14-06-1998