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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
I grandi poeti del '900
Lino Curci

presentato da Gianmario Lucini

Nacque a Napoli nel 1912 e in seguito si trasferì a Roma dove visse e operò sino al 1975, anno della sua morte. Curci non ha una importante produzione poetica e forse non è da considerarsi un poeta da inserire in un ipotetico "canone" del novecento (la sua scrittura infatti presenta, come esporrò in seguito, limiti vistosi, aspetti poco convincenti e credo storicizzati), ma merita un ricordo per il suo impegno, sostenuto da una visione antropologica personalista, che ne fanno un cantore del dolore dei più umili, una coscienza critica vigile contro la spersonalizzazione dei rapporti umani, l'avvilimento della dignità umana. Egli analizza nelle sue poesie il suo tempo, cercandovi le tracce di una tragedia quotidiana che viene ignorata dallo sguardo distratto e ansioso dell'uomo contemporaneo. Cerca di leggere segni e interpretarli, sempre alla costante presenza della finitezza e all'ombra, si può dire, del sentimento di un destino di morte. Alla luce di questa consapevolezza e di questa presenza della fine, tutto acquista un aspetto diverso e il carattere della vita postmoderna si tinge di disumano, di alienato. La sua scrittura risente dunque di una forte vena esistenziale (va anche detto che il suo tempo coincide con il tempo di maggior vigore dell'esistenzialismo filosofico e letterario, sia in campo cristiano &endash; Jaspers, Marcel, Ricoeur, Pareyson &endash; che laico Heidegger, Sartre). Con altri scrittori di analoga ispirazione (Gino Nogara, Bortolo Pento e soprattutto Margherita Guidacci) egli leva una voce di denuncia, anche se non di ribellione, alle ricerca di un senso per la sua poesia, concepita come un impegno morale, civile e religioso.
I suoi libri sono ormai introvabili e quindi sono costretto a costruire questa presentazione sull'unica opera in mio possesso, "Con tutto l'uomo" (Rizzoli, 1973), l'ultima sua opera che, con "Gli operai della terra (Rizzoli, 1967) rappresenta la produzione più alta di poesia.
 
 
 
Con tutto l'uomo (1973)

Il verso di Curci è (almeno in questa raccolta) caratterizzato da alcuni aspetti particolari. È, prima di tutto, un verso libero. Poche sono le caratteristiche ipersegniche. Il linguaggio è volutamente dimesso, quasi minimale, colloquiale, in taluni passi molto vicino al "parlato". Pochissimi sono gli "enjambements" e gli elementi ritmici che vadano a turbare un fluire prosodico quasi sonnolento (a parte "Lo spreco", che qui abbiamo trascritto, che forse è la migliore poesia di tutta la raccolta). La scrittura sovrabbonda di anàfore, ripetizioni anche di interi versi, che conferiscono al tono un alone ieratico. La missione di carattere morale di cui il poeta evidentemente si sente investito, spesso lo fa scivolare su toni un po' retorici, che al nostro gusto forse troppo smaliziato dall'ironia dissacratoria che caratterizza la nostra forma mentis iper-riflessiva, possono sembrare vetusti e decadenti. Si ha come l'impressione che una certa vena filosofica (che certo non può essere assente dalla buona poesia), preponderi e soverchi gli elementi di più schietta ispirazione. Il poeta spesso indulge in descrizioni e in "spiegazioni" affatto inutili, che appesantiscono i testi e ne diradano la forza. Anche l'uso del "Voi" (cioè del poeta che si rivolge a un "pubblico" immaginario) è un elemento retorico e vatico che urta il nostro senso estetico, perché impedisce una immedesimazione nel vissuto interiore del poeta, ce lo rende distante, quasi in perenne posizione accusatoria, al di fuori di una com-partecipazione alla condizione comune (ho comunque evitato di trascrivere le poesie che hanno marcatamente questo tono, anche perché di solito sono le più lunghe). Più forza e più immediatezza hanno invece le poesie brevi (non molte nella raccolta), nelle quali credo che il poeta offra un buon esempio di scrittura.

Vi è inoltre da soggiungere, a parziale correzione di quanto scritto precedentemente, i "limiti" che ho ritenuto doveroso rimarcare sono comunque frutto di una lettura parzialmente influenzata dal gusto personale, distante dal tempo in cui le opere sono state pubblicate, forse più ascrivibili a un certo "gusto" del tempo, e quindi all'aderenza dello scrittore a quel particolare gusto, piuttosto che ad aspetti peculiari dello stile del Curci. E, d'altra parte, questa solennità dell'incedere che a noi (a me) oggi sembra tanto greve, è pur una scelta (forse un po' ideologica) consapevole e voluta dal poeta (si veda nel merito l'ultima poesia che ho trascritto in appendice: "Controcorrente", che è anche l'ultima della raccolta).

Ma insieme a quelli che ci appaiono limiti nella scrittura del Curci, è giusto ricordare anche i pregi, che forse non sono da ricercare nello stile letterario a noi così lontano, ma piuttosto nel messaggio poetico, per la sua carica di umanità di cui ho scritto già sopra. Inoltre, il messaggio di Curci e dei non pochi poeti che, fuori dal clima delle avanguardie e delle ideologie organizzate hanno espresso una ricerca orientata più sull'uomo che sul modo di intendere l'arte, diventerà una nota costante nella poesia degli anno '70 e parte degli anni'80, quella poesia che si sofferma ad analizzare i moti interiori della persona, che cerca di focalizzarsi sui rapporti interpersonali, che tenta un'operazione ermeneutica del vissuto quotidiano, partendo dall'Io poetante. Le radici di questo sviluppo vanno a mio avviso cercate anche nelle "dimesse" opere di autori come Curci. Si tratta insomma di testi che ci permettono di ricostruire filologicamente in gusto di un momento storico (quasi trent'anni ormai sono trascorsi) e capire da dove e per quali strade la poesia italiana degli ultimi decenni è passata. Se infatti i "grandi" rappresentano lo "scarto", vale a dire la pattuglia avanzata di una evoluzione linguistica, i meno "grandi" ci permettono di comprendere anche il senso stesso di questo "scarto", la sua portata storica.

Vi è inoltre da soggiungere, ad onore del nostro autore ed a biasimo di molti sedicenti poeti, che se pure lo stile del Curci mi sembra un poco retorico e greve, nondimeno il nostro poeta è alieno dalle banalità. Non vi sono concetti che non abbiano spessore e pregnanza in tutta questa corposa raccolta, anche se in parte sono riflessioni condivise da una "koiné" culturale di matrice cristiana, e non certo messaggi nuovi in assoluto (non è infatti necessario che un poeta debba sempre e soltanto scrivere cose "nuove"). Il mondo viene filtrato dalla onesta sensibilità del Curci, fatto oggetto di considerazione e riflessione, soppesato, caricato di senso, rimbrottato, criticato anche con veemenza, vissuto con il senso di tormentata partecipazione che caratterizza questa scrittura. E non mancano, ancora a correzione della nota sullo stile, anche sequenze di versi decisamente belli e degni di essere ricordati, in cui i "difetti" che prima ho rilevato, non appaiono e lasciano spazio a una scrittura musicale, a un ritmo gradevole, a un verso più denso e polisemico.

 

Da "Con tutto l'uomo", 1973

Bibliografia
 
Opere di poesia
Canti del Sud (1942)
Mi rifarò vivente (1951
L'esule e il regno (1955)
Un fuoco nella notte (1959)
Gli operai della terra (1967)
Con tutto l'uomo (1973)
Clicca qui per leggere alcune poesie

 

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©1999 Il club degli autori, Lino Curci
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Inserito il 19 febbraio 1999