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Attilio Bertolucci

Un articolo di Olivia Trioschi

Attilio Bertolucci è nato a San Lazzaro (1911, Parma) da una famiglia della borghesia agraria. Dopo la laurea in Lettere ha insegnato per molti anni storia dell'arte a Parma; nel dopoguerra si è trasferito a Roma dove ha svolto una fitta opera di organizzatore culturale con collaborazioni a Rai Tre, consulenze editoriali e redazione di riviste lettararie come «Nuovi Argomenti», «Paragone», «L'Approdo letterario». Va anche segnalato il lavoro di traduttore, specie di narratori di lingua inglese, nonchè l'antologia Poesia straniera del Novecento, da lui curata, che informa anche sulla sua poetica. Una delle sue grandi passioni, il cinema, ha trovato sbocco in una saltuaria attività di documentarista ed è stata trasmessa al figlio, il noto regista Bernardo.
L'attività di lirico di Attilio Bertolucci risale già agli anni prima della seconda guerra mondiale ed è raccolta nelle sillogi Sirio del 1929 e Fuochi di Novembre del 1934; l'opera che lo ha definitivamente introdotto nel panorama della grande poesia contemporanea, La capanna indiana, è del 1951. A questa è poi seguita, nel 1971, Viaggio d'inverno, definita come "il secondo tempo di Bertolucci" poichè in essa, pur mantenendosi alcune tematiche di fondo già introdotte nelle precedenti raccolte, si è prodotto un profondo cambiamento di stile e in parte anche di contenuti. Le prime raccolte sono infatti caratterizzate, secondo le parole del grande critico e poeta Franco Fortini " dalla scelta di una lingua umile per dire paesaggi e situazioni georgiche, sentimenti misurati e decorosi"; uno stile, dunque, volutamente tenuto su un tono minore che ha fatto di Bertolucci un isolato nel panorama poetico del secondo dopoguerra. Ma non per questo meno grande; poeti come Sereni, Luzi e Pasolini mostrano vivo interesse e notevole apprezzamento per la sua opera. In particolare Pasolini pone l'accento sul tema dell'autobiografismo, ostinatamente riproposto da Bertolucci, notando come sia sempre permeato da vaghe inquietudini e sottili allarmi, sentimenti questi stemperati nella dolcezza dello scrivere versi. C'è dunque una tenace e orgogliosa contrapposizione della propria e personale storia alla Storia, caratteristica che diventa ancor più evidente in Viaggio d'inverno. Qui "permangono intatte le splendide qualità pittoriche" del primo Bertolucci "con un ancora più struggente attaccamento agli spettacoli fuggevoli dell'esistenza" (P.V.Mengaldo); nel contempo lo stile si complica, si fa meno armonioso e compaiono dissonanze, pause e spazi bianchi dettati dai battiti del cuore più che dalla perizia tecnica. La sotterranea inquiuetudine delle liriche precedenti si fa sempre più manifesta ed è simboleggiata dal tema del viandante che attraversa gli spazi della propria esistenza nell'eterna ricerca, o attesa, dell'ultimo fatale incontro.
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Agg. 26 marzo 1999