LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Giovanni Zappalà


Giovanni Zappalà è nato a Cuvio (VA) e risiede a Varese. E' pubblicato su alcuni periodici locali. Selezionato per le antologie del premio letterario Marguerite Yourcenar 1995 e 1996 è risultato tra i finalisti nelle edizioni 1997 e 1999, Melegnano (MI); Finalista nei concorsi letterari Il club degli autori 1996-97 di Melegnano (MI) e Dialogo 1997-98 di Olgiate Comasco; Primo premio Trofeo Comune di Varese nella seconda edizione del concorso Liberi voli 1998; Menzione d'onore al XIX premio nazionale di poesia Nino F. Ciccia, Acireale (CT), maggio 2000; Secondo classificato al XXI premio nazionale Giornale dell'Etna di Acireale (CT), marzo 2001; Primo premio di poesia Haiku nella quarta edizione del premio Poesia e Immagine, Urania di Cislago (VA) settembre 2002; Secondo premio al XXIV concorso nazionale di poesia Jonel-la Strano di Acireale (CT), marzo 2003; Primo premio all'8° concorso nazionale di poesia Città di Laveno Mombello, novembre 2003. Premio Speciale al l° Premio di poesia Ninfea d'oro-Centro Culturale Amerigo Ponzellini-Biandronno (VA), febbraio '04. Secondo premio al primo concorso nazionale San Primo di Leggiuno (VA), 1° maggio '04. Primo premio al 2° concorso di poesia Don Michele Manzi di Cadrezzate (VA) settembre 2004. Terzo premio al 9° al concorso nazionale di poesia Città di Laveno-Monbello, giugno 2006. La sua prima raccolta di poesie Sotto il segno della vergine, edizioni II veliero blu Varese 1999 ha ottenuto i seguenti riconoscimenti: Primo premio nazionale alla prima edizione del concorso letterario Città di Somma (VA) gennaio 1999; Quarto premio al concorso nazionale Dialogo di Olgiate Comasco (CO) aprile 2000; Terzo premio al secondo concorso nazionale di Poesia, narrati-va e saggistica Jonella Strano, Catania,giugno 2000. Immagini e dissolvenze, la seconda raccolta, per le edizioni II veliero blu, Varese, esce nel giugno '05. Nella rassegna Poeti ed editori sulla nuova scena varesina il 7 nov. '05 viene presentato presso il Teatro Apollonio- Rossi d'Angera di Varese".

Ora che tutto ci appartiene


Ora che tutto ci appartiene
non assaporiamo più i frutti dell'attesa
e il nostro cuore si è fatto cavo.
Inutilmente
s'ingombra di astri il cielo
a seminare sogni
per un domani
già annegato nei computers,
negli schermi colorati senza fondo,
nel quotidiano gioco del bianco e del nero,
nel desiderio subito appagato,
nelle pillole del giorno prima
e del giorno dopo,
nella polvere di neve
che il cervello brucia
e non disdegna l'uso del coltello.
Ora che tutto ci appartiene
ci è indifferente il sole
e il suo tramonto,
come il pianto di un bambino
o il palmo vuoto di una mano tesa,
dimentichi,
della sacralità dei sentimenti
e dell'esistenza.


 
Sogno

( a Giancarla Bezzecchi)



Vorrei sedermi e guardare il mare
dove piano scorre il tempo,
dove par sospeso ad aspettarmi.
E ascoltare il frangere dell'onde,
il costante rinnovarsi,
delle sirene il canto
che, forse, io solo sento.
E qui lasciare pensieri, angosce,
l'anima dubbiosa,
il corpo stanco di trascinar se stesso.
E levitare leggero nell'azzurro,
tra scogliere a picco,
verdi margini ed anfratti
e goder di nuove albe,
di giovanili labbra
e trasparenze.
E colmarmi di silenzi
e melodiosi arpeggi,
trovare per incanto
il gomitolo dei giorni
e indovinare
il giusto nodo degli estremi.


 
Come un clown


Puro,
tra sante bugie,
felice correvo i prati dei sogni.
Tra incertezze ora dondolo.
È tremendo
sentirsi oscillare tra speranze
e delusioni,
tra doppie verità
e sorridere ugualmente
quando,
dentro,
il cuore è in disarmo
come per chi spera la riva
che appare e sparisce
tra nuvole inconcluse.



 Non sono come tu mi vedi


 
Talvolta sto sulla mia collina
solo,
nella mia torre di cristallo
dove la tua voce non arriva.
Ora che il tempo mi regala tempo
ancora indietro volge il mio pensiero,
ai giovanili sogni,
non così l'anima curiosa
che mille lingue vorrebbe capire,
le mille culture,
e d'ognuna conoscere il suo Dio
e scoprire, forse, che è lo stesso mio.
E donarsi al solidale impegno
di fermare mani assassine
e capire dove vanno i venti,
le preghiere
e le menti durante il lungo sonno
e perché i bambini si perdono nel viaggio,
se i loro occhi grandi
ti vedono di dentro.
E il linguaggio muto delle stelle,
dei continenti la deriva
e le voci che talvolta sento
e se l'amore, poi, svanisce o resta.
Io non sono come tu mi vedi.
Talvolta sto sulla mia collina,
solo,
nella mia torre di cristallo
come nel grembo di una nuova madre
mentre fuori, il tutto, troppo grande,
scorre.
 


Chi?
 
All'improvviso quell'odore azzurro
che ben conosco, di sigaretta,
che fu anche mia,
e ti vidi, per un attimo, eri tu!
Grigi i tuoi capelli radi,
ancora bruno il viso,
ancora con quel vestito, padre,
e mi guardasti...
Tra la folla ti ho rincorso e t'ho perso ancora!
Stanotte non riesco a prender sonno.
Talvolta la mente elabora segnali,
un profumo basta, un odore,
un rumore, un suono
e inattesi giungono sconosciuti luoghi
o conosciute immagini lontane.
Talvolta mi guardo attorno e mi domando:
chi veramente ci cammina accanto?
 



Plenilunio estivo
 
Entra
dalla finestra aperta
pura luce chiara,
riflessa,
impallidendo i muri,
i nostri corpi nudi che sembrano sculture.
Fuori
penetra recessi
e il silenzio tinge d'azzurrine iridescenze
e tutto magico diventa.
Si sospende il tempo a segrete fantasie
e senza peso, ombre o solchi
noi, corpi di nuova luce,
in un solo accordo uniti
e nuove geometrie,
come angeli diventiamo,
irraggiungibili.
 


 MATER, MADRE, SPOSA


Mater,
quercia d'amore
hai sofferto il dolore più atroce:
di tuo Figlio l'estremo supplizio.
Madre,
d'ogni vita prima culla,
fonte prima,
sorgente d'amore puro,
divina
materia creatrice.
Di consigli sempre feconda
grembo sacro
e braciere,
calice d'ogni lacrima di pianto,
di ogni colpa consolatrice.
Sposa,
sogno dal nulla nato,
sei amore,
musica e poesia,
rondine pronta a migrare,
angelo custode,
d'ogni ferita argilla
e medicina.
Mater, madre, sposa,
il mistero, la vita
e la terra viva.
 

luglio '04

 



SILENZIOSE RIVE

Calme acque,
silenziose rive di verdi e fresche ombre,
qui le ore sembrano più lunghe.
Le onde
come frammenti di liquidi specchi
concavi e convessi
riflettono immagini scomposte
mai a se stesse uguali
in un continuo, materno cullare.
A loro
m'abbandono
e mi giunge, intensa,
nell'aria l'armonia accesa della vita,
la mia,
quella del cosmo,
di Dio
l'irraggiungibile altezza.
 
 

5 luglio '05




LA NOSTALGIA DI MIO PADRE

Lo sorprendevo talvolta
alla ringhiera
guardare lontano
oltre i vecchi tetti delle case,
le ciminiere,
oltre le nebbie afose dell'estate.
Trasaliva
al passo mio leggero
e leggera la sua mano bruna
stringeva piano quella mia, acerba,
restando lì, a lungo muto.
Tra le folate della sera
sentiva, forse, del suo mare le onde
dove "Nessuno" accecò il gigante
e del gelsomino
i profumati effluvi
che quella casa piatta e chiara
quasi sulla riva ornava
come velo il volto di una sposa.
La nostalgia ti invadeva il petto,
padre,
come la terra fredda, oggi, di Lombardia
che hai saputo amare come quella tua,
nel tremolio di stelle e di lampare.
 
 

6 maggio 2006

 



 
LE NOSTRE MANI


Le nostre mani
si cercano,
si trovano,
si parlano.
Parlano un linguaggio tacito,
conosciuto,
cantano un sapere
fatto di gesti,
di tempi lenti e lontani,
di infiniti rituali.
Le nostre mani
complici, sapienti,
si sfiorano,
si stringono,
le nostre mani... sanno.
Le nostre mani
a gettare sassi in uno stagno
per conoscere i cerchi delle vita,
unite in preghiera
o ancora incandescenti
in un etereo amplesso.
Le nostre mani... sanno.
 

aprile 2006

 



Dove fu estate
 

D'alluminio il cielo traspare
dai rami nudi del bosco
dal loro ricamo.
E più vicino si ode il lontano
portato dalla brezza leggera
del tempo dei morti:
il latrato di un cane,
le ripetute note di un piano,
la sorda campana di un chiostro,
un motore che parte e che muore.
A ondate una vecchia canzone,
a ondate i sussurri del vento
e quando il giorno cede alla sera
le voci lunghe dei richiami di madre.
Qui in disparte
sugli stessi segreti sentieri
dove fu amore
dove fu estate
ora si rincorrono echi... e foglie cadute.
 

Novembre 2001

 



 
Alle sue spalle


 
Tutto era sospeso,
nulla era cambiato
come se ad uno squillo
da tempo noto
lui dovesse entrare
come non si fosse mai assentato.
Ma mi sbagliavo.
Dentro le sue parole
serene,
sommesse,
tra le pieghe distese del suo viso,
delle sue labbra
che ancora conoscevano il sorriso,
chiaro il mistero.
Invisibile,
lui era già lì,
alle sue spalle.
 

Ottobre 1997

 



Azzurrina


 
Insisteva ancora
l'odore del cibo che conosco.
Iniziò a sgombrare la tavola per due
quel giorno di piovosa noia
tua madre
da molti, lunghi anni, sola.
Quella tenerezza di gesti,
lo sguardo, sereno,
erano ad altri giorni volti.
Ti disse:
"È appena stato qui tuo padre,
ma se n'è già andato.
Ha sempre poco tempo per fermarsi".
Tacemmo, per non demolire quel sogno,
ma oltre il pensiero giunse
un fievole alito di fumo.
Azzurrina l'aria nel salotto buono.



Il pullman
 

C'è sempre un pullman
che a qualsiasi ora
parte a ritroso nel tempo.
Spesso lo prendo
per fuggire dall'oggi
dai blasfemi del sacro
dagli echi di guerre
da sbarchi di uomini e madri,
nudi per fame,
dagli illustri sovrani del nulla,
nudi per svago.
Andare via, lontano,
da questa infinita Babele
deluso dal tempo che pensavo di avere
da quello perduto per le inutili cose.
Sfuggire alla tarda materia
rivedere momenti d'albe lontane:
la mia donna gioire
per i suoi più bei doni di madre,
di mio padre i tramonti della sua terra,
del mio cane le corse sfrenate,
la mia cinquecento,
il maggengo che imita il mare,
il concerto di Bindi che si perde nel vento.



Questa pioggia di novembre
 

Com'è insistente
questa pioggia di novembre
ostinata
da giorni uguali e grigi
pesanti come pietre.
Le gocce,
come dita di fantasmi,
la notte suonano
ringhiere
e le lamiere
ferme nelle strade.
Acqua su acqua
piove il cielo
nelle pozze scure,
luccica
lo squame delle case.
Com'è insistente
questa pioggia di novembre,
d'inverno già malata.
E inutilmente scaccio
la malinconia
aggrappata alla schiena
e dentro
dove batte il cuore,
intensa
come un addio.



Lamento per il sud


 
Non so se sono barche o bastimenti
o forse i miei pensieri vagabondi
diretti ad altri lidi, oltre
a dove curvo pare l'orizzonte
e l'acqua blu viola diventa.
Fuggire da questo involucro
che ogni giorno si accartoccia
come d'autunno foglia
che molla la sua presa.
Forse la mia metà in esilio
tornar vorrebbe alla sua isola
degli aranci e del vulcano
agli infantili affetti ingigantiti.
Disfa il tempo l'arazzo di chimere
dalla fantasia ordito quando
gli anni si adagiavano su due mani.
Ma intatti restano i tramonti
accesi di vermiglio,
di bianche zagare le albe,
il mare, il fuoco,
le ceneri, i profumi,
il profano, le preghiere,
in assurdo contrappunto come
il desiderio
e questo mio lamento.
 

 
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Agg. 27-09-2008