Scrittori italiani contemporanei
Giancarlo Frainer
Ha pubblicato il libro

Giancarlo Frainer, Canzone d'autunno, editrice Montedit, 1998,
pp. 64, Lit. 12.000, ISBN88-86957-28-9.
 
INCIPIT
 
Tornerà l'erba a crescere
 
Ancora attimi d'attesa,
l'ansia divide le ombre
in esterrefatte sequenze
di luce obliqua,
poi alla mia fonte
cadrà,
con azzurre trasparenze,
la sera.
Non ho mai chiesto
alla saggezza del tramonto
di interrompere i ricordi,
spegnere anche i pensieri,
di ottenere il silenzio
da strade gremite di vento
che mi assalgono, gridano,
sono brividi improvvisi
come di città frantumata
dal rumore dell'onda
che rotola conchiglie.
Chissà
se tornerà l'erba a crescere
dove è passato l'uomo,
ora che i sogni
non si inventano più.
 
 
Il linguaggio silenzioso
 
Che importa se il silenzio
è interrotto dai ricordi,
di tanti sogni
pochi i brividi rimasti
per la sera impreparata
al ritorno della luce.
Mescola fra le ore il vento
uno stupore dimenticato,
e così, come un sospiro,
svanisce in un attimo
il linguaggio silenzioso
del tuo corpo nudo
nella semplicità dell'aria,
nel volo basso della sera.
Altro amore non ho,
né altre immagini o rumore,
solo un suono arrampicato
che trascorre tra i rami
accarezzati dal vento.
 
 
Luci di città
 
Mi scopro stupito
ad ascoltare una voce,
mi parla
di un mare lontano,
del calore che la sabbia
conservava di notte.
Per un attimo,
per un attimo solo,
la voce, ebbe
la risacca negli occhi.
Frammenti di altre sere,
di altre lune pagane
disperse sulla pelle,
posate nude sul cuore.
È così il tuo volto
si perde nel grigio
della città senza buio,
dove luci e colori
ti esplodono addosso
una bellezza violenta.
 
 
Profumo del vento
 
Ti ho vista arrivare,
ed eri sola.
Portavi negli occhi
un luminoso futuro.
Poi, hai staccato
dal vento una lanterna,
oltrepassato rapida
l'ottusa soglia,
offuscata appena
dal ristagno della notte,
e giù, in fondo al bosco,
leggera,
come una parvenza di cielo.
Sto guardando me stesso
lasciarti andar via,
m'è rimasta accesa,
dentro la mano,
l'ultima bugia.
E nient'altro che vento.
 
 
Come chi torna a casa
 
Ho visto
dove volano le starne
appena
il nido è freddo,
so
della parola-pietra
quando significa paura,
di labbra
rassegnate al ghigno,
del vento freddo.
Corre lungo i muri
e uccide la memoria.
Ma io, qui, vengo
come chi torna a casa,
e impara,
di nuovo, a vivere.
 
 
Canzone d'autunno
 
Li conosco bene
questi vecchi desideri,
semi in terre aride,
germogli delusi e sparsi,
come parole senza suono.
Solo fanciulle e sogni
hanno grazia e candore
per rimuovere,
in un soffio, il margine,
la soglia del tempo.
L'ultima canzone d'autunno
illumina ancora
piccoli seni di ragazze,
non toccate dal fuoco
profondo, dell'esser dono.
Siamo una stanca bandiera,
e il vento nella valle
danza lento insieme
alla barca del fiume,
per estinguere, forse,
in un solo tramonto
quel dolce rumore di tacchi,
che batte forte sul cuore.
 
 
Niente era più dolce
 
Autunno! Franare composto
di giorni e di sogni
non più dilatabili
a misura di stupore umano.
Fra i pioppi
è diradato il verde,
e il canto della cicala
ha toccato
punti estremi della pena.
Con rauchi sussurri
la polvere dell'attesa
ha spezzato
il seme della vanità,
prodotto brividi.
Niente è più dolce allora
del caldo vento del sud,
delle tue labbra
che ricordo accese.
Ma niente
accenderà più un sorriso
sulla tua bocca delusa.
 
 
Si distende la sera
 
Oltre le nostre mani
si distende la sera,
e una memoria di rive
a nascondere i segni
lungo le vie della sete.
Si può vivere anche così,
immersi in giorni lontani,
nella vanità dell'autunno,
senza dover seguire
le onde infuocate
accese alle finestre
dalla danza dei tramonti.
Saremo,
nel vento inquieto,
pallide ombre remote
attraversate dai ricordi,
nell'errare cieco della luna
alle soglie del cuore
appena un frammento d'eterno;
una fiamma che vacilla
nella fragilità della sera.
 
 
Un'ora nascosta
 
Di nuovo la pioggia,
bagna il mio viso.
Esiliato dai campi,
ignorato dal grigio,
il grano si fa luce,
e passa
un suono chiaro,
svagato,
frammenti di risa.
Pian piano, in silenzio,
la pioggia
imprigiona il mio viso.
Aspetto un'ora nascosta,
un vento che non crolla,
e così lontana
è l'alba.
Mi ricorda che fu cuore,
e dal profumo dell'erba
una storia d'amore.
E fu
per l'ultima volta.
 
 
Altro non ho
 
C'è come un'attesa
in questo momento
che rotola
nel quieto paesaggio
con rassegnato silenzio.
Sono arrivato nel luogo
ove dormono i merli,
gli alberi e i prati
vestono la terra
con elegante noncuranza,
per questo
la mia nudità
non allarma.
E com'è acuto
il profumo della notte,
quando le ombre
hanno un nome,
un treno,
una partenza...
 
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aggiornato il 8 febbraio 2002