LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Valerio Pinelli
Valerio Pinelli alias Ahbleza
 
Per leggere la poesia 9 classificata al concorso Poeti dell'Adda 1998
 
Il verde e il ferro
 
I figli di Babilonia sono morti.
 
Ho visto Tarek oggi, in ospedale
circondato da camici bianchi e neri,
sporgeva solo gli occhi dal lenzuolo, spenti
stento a riconoscerlo così minuscolo,
gli ho portato le arance, così vicine al sole
tanto per ricordare i calci al pallone.
 
I figli di Babilonia sono morti.
 
L'acqua è poca e cattiva
da quando i diavoletti nascosti dietro le stelle
l'hanno toccata con le unghie;
Tarek non mi ascolta mai molto,
meglio aver sete che berla, gli dicevo
ed ora non ci sono medicine per lui, solo sogni lontani.
 
I figli di Babilonia sono morti.
 
A scuola ci arrangiamo
ci prestiamo penne e quaderni,
ho fatto vedere il mio a Tarek,
un disegno di un delfino che vola alto nel cielo
azzurro, con le ali di argento triste;
non capisco, lo voleva strappare.
 
I figli di Babilonia sono morti.
 
La mamma piange spesso
perché non abbiamo molto da mangiare,
ma io sono forte, riuscirò a finire la scuola
e da grande, ci sarò io a pensare a lei;
io e Tarek avremo una barca
e milioni di pesci per dimenticare la fame.
 
I figli di Babilonia sono morti.
 
Il cielo è diventato verde stanotte.
I folletti della foresta sono arrabbiati,
forse loro non ci vedono, siamo piccoli qua sotto,
in verità, le nuvole vomitano schegge di ferro;
meglio non dirlo a Tarek,
potrebbe aver paura.
 
Domani non porterò le arance a Tarek,
mi hanno detto che l'ospedale non c'è più.
 
 
Vespro di Torano
 
Mi piace ascoltarvi,
vi ho cercato per questo,
al fresco dei muri di pietra
nella brezza della sera
che sale umida dal torrente
giù in basso,
fra queste montagne
nere di faggi e castagni,
ferite dai tagli del marmo,
grondanti lacrime e terrore
di quel tempo lontano
annegato nell'intolleranza,
che io non ho vissuto,
ma che ribolle di continuo
nelle mie vene.
 
Osservo le vostre storie
intrise di fame e paura
quando l'aria sapeva di barbarie,
le canne dei fucili puntate
sui petti di donne e bambini,
le nuvole tetre di carne bruciata,
i ragazzi appesi ai rami degli alberi,
l'adolescenza perduta in pochi attimi
fra le stoppie riarse
imbracciando il moschetto;
i massacri
a S. Anna, al Forno, a Castelpoggio, a Vinca...
in questa terra dura e ostile
gravida di nervi vivi,
sventrata dal diluvio dell'odio.
 
Se tendi l'orecchio
li puoi sentire salire su dalla valle,
il lugubre scalpiccio
degli scarponi ferrati dei Tedeschi
ed il frusciare infido delle camicie nere;
ogni ramo, ogni pietra, ogni pozza d'acqua
invasi dal livore fetido,
e sembra che dai tetti
un fiume rovente di sangue
si riversi nei vicoli antichi.
 
E adesso,
che senso può avere
il perdono
di tanta disperazione?
E voi,
che ne volete cancellare la memoria,
e glorificate il denaro dei potenti,
oggi come allora,
mi fate ancor più schifo.
 
Valerio, agosto '98
 

 

 

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Inserito 29 gennaio 1999