Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Tiziana Stanzani
Ha pubblicato il libro
Tiziana Stanzani - Altre favole
 
 
 
 
 
 
 
 

Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 12x17 - pp. 64 - Euro 8,40 - ISBN 88-8356-523-1

Presentazione
Incipit


Presentazione
Diceva Andersen: "Le storie mi stavano nella mente come un granello, ci voleva soltanto un soffio di vento, un raggio di sole, una goccia d'erba amara, ed esse sbocciavano". Senza arrivare a tanto possiamo ben dire che in queste undici favole, estensivamente fiabe, Tiziana Stanzani racconta con estrema dolcezza di avvenimenti straordinari che hanno per protagonisti sia personaggi del mondo della realtà come il vecchio apicoltore Tommaso ma soprattutto di quello dell'immaginazione e della più fervida fantasia come il Mago Magone, la Fata delle Primule, l'Elfo bicolore e tanti altri.
Nel leggere queste favole si sente la parola profonda e genuina di chi scrive, si percepisce quella bonarietà spontanea e la dolcezza invidiabile nonché quel profondo senso di serenità anche nelle sorti avverse: in poche parole Tiziana Stanzani sembra serbare ancora in fondo al cuore il mondo dell'infanzia, quel mondo fantastico che si rivela, senza limiti né confini, come quando da bambini si stava ad ascoltare chi leggeva, anzi a volte inventava lì per lì, le storie più fantastiche: e ci si lasciava trasportare dalla voce calda e affabulante fino al regno di Morfeo.
Nello stesso modo anche queste brevi favolette nascono dalla fantasia e prendono corpo sulla pagina bianca come frutto, tenero e delicato, di un abile miscellanea degli ingredienti conosciuti anche grazie ad una innegabile sapienza favolistica di Tiziana Stanzani.
A volte si insinua un particolare minimo che rende poi onore ad una osservazione più profonda come quando il Mago triste osserva al microscopio le lacrime per capire di cosa son fatte e scopre che sono il "sangue dell'anima ferita", sono fame, malattia, guerra, morte che da sempre accompagnano l'uomo nel suo cammino: non gli resterà infine che aprire il proprio cuore e far sbocciare il fiore dell'amore.
Altre volte lo spunto creativo è offerto dall'elfo bicolore Groll che si trova davanti allo specchio dell'Essere ai piedi della montagna dell'Io o dal mattarello d'oro della ragione del Mago Canapone grazie al quale la piccola Betta potrà salvare la madre ammalata e infine come dimenticare il principe degli increduli, il gatto magico e il pesciolino rosso.
In poche parole ritroviamo i personaggi e le suggestioni, le visioni e le magie di quel mondo fantastico con le sue meraviglie che da sempre portiamo con noi fin dai tempi della nostra fanciullezza: fondamentale è rendere evidente quell'armonia di sentimenti in modo estremamente trasparente senza indulgere in eccessivi incantamenti e Tiziana Stanzani vi riesce con facilità offrendo sagge riflessioni, immagini e figure che sembrano nascere da una ispirazione poetica ed è per questo che vi si legge qualcosa in più, così vicino alla fragilità umana e al desiderio improrogabile d'amore.
Infine corre l'obbligo ricordare le belle illustrazioni presenti all'interno del libro che sono opere dell'autrice stessa: così delicate e dense di magica atmosfera da far scorgere ancor più e pienamente una purezza sentimentale, un autentico candore.
 
 

Massimo Barile

 


Altre favole

a mia madre

e a mio padre


Mago magone
 
Il Mago Magone era sempre tanto triste; bastava che una nuvola oscurasse il sole e cominciava a piangere e se gli si slacciava una stringa della scarpa gli venivano i lustrini agli occhi; piangeva perfino ogni volta che starnutiva, gli veniva il mestolino qualunque notizia sentisse alla radio e si affliggeva terribilmente quando guardava tramontare il sole.
Insomma: non gli andava mai bene niente, sia che avesse la pancia piena oppure vuota.
 
Finché un giorno si accorse di aver finito le lacrime, ma ciò non lo fece piangere: lo preoccupò talmente che perse anche l'uso della parola. Allora si diede a correre in lungo e in largo per il suo enorme castello; era disperato e guardò in tutti i cassetti in cerca di una preoccupazione, dentro tutti gli armadi per trovare un dispiacere, sotto tutti i letti per scovare un mal di pancia, ma niente da fare; mise a soqquadro la casa, ma dentro ai cassetti trovò solo chili di salute, negli armadi tonnellate di lavoro e sotto i letti monete d'oro a non finire.
La cosa brutta era che non poteva chiedere aiuto a nessuno visto che era diventato muto, e comunque, a forza di piangere, col tempo la gente lo aveva lasciato solo, quindi doveva risolvere questo problema per conto suo. Si sedette davanti al camino e, a forza di fissare quelle fiamme che guizzavano allegramente, assicurandogli che in fondo la vita è bella anche se brucia, giunse in breve alla conclusione che prima di parlare bisogna pensare (cosa che lui non aveva mai fatto) e a forza di pensare riuscì, dopo qualche giorno, a dire delle cose sensate.
Per la prima volta in vita sua, il Mago Magone era contento! Non lo preoccupava più il fatto di aver finito le lacrime così, non sapendo che fare, si recò al fossato, ai piedi del castello e il coccodrillo, appena vide il Mago Magone che correva a gambe levate verso di lui, incominciò a piangere; aveva appena mangiato un'anatra e gli dispiaceva molto (del resto in quel castello piangevano tutti, e spesso non sapevano neppure perché, così piangevano anche per questo). Il Mago Magone - che era un mago vero - si affrettò a raccogliere le lacrime del coccodrillo (il quale probabilmente pensava invece che avrebbe ricevuto un sonoro rimprovero), in una boccettina di vetro, e le portò in cima alla torre più alta, nel suo laboratorio; non si era mai domandato di che cosa fossero fatte le lacrime. Lui pensava che fossero senz'altro costituite più d'acqua salata che di buon vino bianco, ma fu proprio in quella strana circostanza che gli venne la curiosità di accertarsene; lui non ne possedeva più neanche una goccia, perciò depositò sotto la lente del microscopio (s'inizia sempre così) quel prezioso campione. Ma cosa vide!
Vide che cos'erano la fame, la malattia e la sofferenza; vide la guerra, l'odio e la morte; vide madri disperate piangere per i loro bambini e bambini piangere per le loro paure. I vecchi piangevano per i loro rimpianti e i giovani per i loro rimorsi. Poi guardò in faccia l'invidia e la gelosia mentre danzavano, ridendo fino alle lacrime, intorno al mondo. Vide che anche molti animali piangevano, specialmente quelli chiusi in prigione; piangevano i fiori recisi, i pesci nel mare sporco, e anche le montagne quando venivano scavate con le trivelle fin nel loro cuore. L'aria stessa lacrimava a causa del fumo degli incendi che facevano piangere i boschi. Vide infine piangere gli occhi di Gesù e quelli di Buddha. Scoprì così che esistono diverse specie di lacrime: molte sono causate dal dolore, altre dalla compassione, alcune perfino dalla gioia oppure dal sollievo. Certe, come quelle che sgorgavano fino a qualche tempo prima dai suoi propri occhi, addirittura sembrava non avessero una causa apparente, e invece erano pur'esse lacrime di sofferenza: perché anche il vuoto è dolore; forse, quel dolore, è persino più acuto perché non si sa come spiegarlo a sé stessi o agli altri.
Il Mago Magone capì che le lacrime di tutte le creature contengono queste cose poiché esse non sono affatto semplice acqua salata oppure buon vino bianco; sono il sangue dell'anima ferita.
Mentre pensava a ciò non si accorse - tanto era immerso in quelle visioni - che due lacrimoni gli rigavano le guance, scorrevano lungo la sua folta barba bianca e cadevano ai suoi piedi, trasformandosi in due enormi diamanti.
Perché fu in quel tormento che il suo cuore si aprì per far sbocciare il fiore dell'amore.
 
Quando se ne accorse si vergognò molto per tutto il tempo che aveva perduto a piangere per niente, anche se quel niente lo aveva spinto a farsi queste stupefacenti domande.
 


L'ELFO BICOLORE
 
Era una notte di tempesta
 
La Fata Pepolina si stava addormentando quando sentì picchiare contro il portone della sua casa.
A pigri passi si avviò ad aprire e... che vide? Un minuscolo elfo dei boschi che, nella foga del picchiare, era rotolato all'interno dell'abitazione e rischiava di essere inghiottito dalla brace del camino ancora fumante, se la fatina, con tempismo, non si fosse messa davanti.
Questo piccolo elfo era verde. Un po' per sua natura e un po' per il freddo.
Il suo nome era Groll e si trovava per caso in quella parte del bosco. Egli era là solo per una cosa: ritrovare se stesso. Si era smarrito già da molto tempo e non riusciva più a trovarsi, nonostante avesse cercato dappertutto. Tuttavia, a notte fonda, non era certo il caso di proseguire la ricerca.
 
La Fata Pepolina lo asciugò, gli diede qualcosa di caldo da mangiare e gli promise che l'indomani, se avesse smesso di nevicare, lo avrebbe aiutato a ritrovarsi. Ci volle molta pazienza, ma alla fine la fata riuscì a calmare il piccolo Groll, che infine si addormentò. La Fata Pepolina, invece, rimase sveglia tutta la notte e all'alba, quando ormai stava per prendere sonno, le venne un'intuizione: nessuno avrebbe potuto ritrovare il piccolo elfo, se non se stesso. Gli altri avrebbero potuto solo consigliarlo o consolarlo, poiché 'egli' si sarebbe fatto vedere soltanto da lui.
Così, appena sveglio, il piccolo Groll fu informato dalla fatina di ciò e questo lo rese blu dalla rabbia, poi rosso per la disperazione e, dopo una lieve tonalità gialla di rassegnazione, tornò verde speranza. Al momento si preoccupò, ma quando la fata gli parlò con amore e lo consigliò, il piccolo Groll comprese che, se fosse stato più attento, tutto questo non sarebbe successo.
E così la Fata Pepolina prese a parlargli dello specchio dell'Essere, una polla d'acqua limpidissima e cristallina, che si trovava ai piedi della montagna dell'Io, molto lontana da quel punto ma raggiungibile in un batter d'occhio se la si pensa intensamente. Se ci si ritrova là, dall'altra parte del mondo, in un attimo, significa che quello che si va cercando si trova sotto l'acqua.
Il piccolo elfo s'intristì; trovava troppo difficile quell'impresa...
Lui, che si sentiva così minuscolo e indifeso, come avrebbe potuto concentrarsi a tal punto?
«Non sono mica uno stregone» - disse - «come il Mago Coticone che può fare balzi di cinque chilometri ad ogni passo...»
La Fata Pepolina, che sapeva leggere nel cuore delle creature, posò Groll sul tavolo e disse:
«Se io lo voglio, posso volare!» - e volò per la stanza dagli immensi soffitti, così alti che pareva impossibile si potessero trovare all'interno di un tronco cavo qual era la casa della fata. Tornò giù e disse:
«Tu lo hai scacciato, e non sei neppure tanto sicuro di volerlo indietro, il tuo Io più sincero... In realtà non credere che sia poi così lontano; egli è molto più vicino di quanto tu possa pensare, tanto meno c'è bisogno che tu diventi un mago per scovarlo!»
A quel punto il verde esserino serrò gli occhi e si vide roteare in un'enorme sventagliata variopinta, finché cadde in acqua e, nel risalire a galla, la montagna nel cielo parve muoversi.
Non si accorse subito di tenere qualcuno per mano, eppure sentiva che doveva portarlo in superficie a tutti i costi, anche a rischio di perdere la propria vita. Si portarono entrambi a galla.
Entrambi? Il piccolo Groll vide di fronte a sé una creatura simile a lui, anzi: uguale.
Anzi: opposta! Il suo Io era rosso e scoppiarono a ridere tutti e due quando si avvidero del fatto che avrebbero potuto respirare anche sott'acqua.
L'elfo dei boschi divenne bicolore quando capì che il verde senza il rosso non può esistere. Abbracciò forte il suo rosso amico, strizzò di nuovo gli occhi, tornò nel vortice di colori e, quando li riaprì, si ritrovò a rimbalzare sul materasso della fatina che lo aveva ospitato.
 
Era pomeriggio inoltrato e aveva smesso di nevicare.
Il piccolo Groll rimase per qualche momento con le braccia avvolte fino alla schiena...
«Dove sono finito?» - si chiese, ma sapeva bene che non ci sarebbe stato più nulla da temere: non si sarebbe mai perduto una seconda volta. Si era ritrovato, esattamente come quando uno cerca gli occhiali e li ha sul naso.
La Fata Pepolina sorrideva, un po' più in là, su una sedia a dondolo, mentre il piccolo elfo ora piangeva dalla gioia. Non se ne andò subito: regalò alla fatina tutti i colori che possedeva e si tenne per sé solo il rosso e il verde.

 



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Ins. 11-07-2003