LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Stefano Marinucci Truffaldino

Stefano Marinucci Truffaldino, vincitore del premio letterario Profondo Giallo- Mondadori 2006, è stato nominato Patafisico da Tania Lorandi, come Arrotino Ciclista dal vertiginoso travestitismo letterario. Nasce a Roma nei primi anni settanta. Ha cominciato a scrivere sin dalle scuole elementari, quando al posto delle merendine si portava piccoli sassi che ricopriva di storie d'avventura e di fantascienza. La maestra pensava che fosse una triste reincarnazione di qualche scapigliato fine ottocento. Alle medie le storie si trasformarono in invenzioni grottesche su personaggi inesistenti. Oggi vive in una soffitta piena topi e di malmignatte.
 
 

 
MANI SULLE COSTOLE
Oggi la maestra ci ha detto di scrivere una storia sulla prima trombata.
La maestra mi piace perché ci racconta la città senza utilizzare le sedie. È anche simpatica perché dice che scriviamo come cani randagi. Io mi diverto tantissimo quando ci insulta, quando sale sul suo trono azzurro e scarnifica le nostre malattie. Ci inumidisce l'anima, anche, con la sua saliva policromatica, piena di trofei e di profumi. Ma io non mi metto mai in prima fila. Mi nascondo negli ultimi posti, con le mani sulle costole.
Di me dice che sono un masochista della scrittura e che assomiglio a Leopold von Sacher-Masoch. Ogni tanto mi chiama anche con questo nome, Leopold von Sacher-Masoch, e tutti gli altri in coro: Sacher-Masoch, Sacher-Masoch, Sacher-Masoch! Non so che significa masochista, io non so molto delle parole, preferisco il suono ai significati, le risate ai libri, i rumori alle cerimonie. In aula io sono il più matto di tutti. Scrivo poco, anzi non scrivo affatto, farnetico a volte, e con le mani faccio sacher-masoch sulle costole, cioè batto forte i pugni sul torace, e produco un tonfo simile al suono di queste due parole messe insieme. Questa è una forma rara di convulsione, mi hanno detto. Mi viene quando ho paura. Quando non riesco a capire oppure quando vogliono darmi la minestrina in bianco.
Appena la maestra ci ha detto di scrivere una storia sulla prima trombata, gli altri mentecatti hanno fatto il diavolo a quattro. Si sono alzati dalle sedie, si sono sputati, toccati, abbracciati. Una giornalista addirittura mi ha promesso che scriverà un articolo sulle bare, ma non sulla prima trombata. Poi s'è tolta le scarpe e ha raggiunto gli altri in corridoio. Io sono rimasto da solo con la maestra, sacher-masoch, sacher-masoch! Io non so neanche che significa prima trombata.
A casa l'ho detto a mia madre. Di questa storia che bisogna scrivere. All'inizio non la trovavo, mia madre. Non la trovo mai quando mi serve. Sono rimasto per diverse ore seduto con le mani sulle costole e la schiena appoggiata alla parete di un muro qualsiasi. Poi m'è venuta in mente la cucina. Mia madre era là, in piedi davanti ai fuochi, mentre il vapore usciva dalla finestra. Lei ha smesso di preparare la minestrina in bianco, mi ha guardato e ha posato gli arnesi da cucina sul tavolo. Poi senza dire una parola è andata in una stanza, non mi ricordo che stanza, forse la sua, quella dove ci sta il letto grande per tre persone, e ha preso un libro. È un vocabolario, mi ha detto. Cercati la tua parola là sopra. Poi sparisci, mi ha sussurrato. Io ho cercato subito la parola.
Trolley, tromba, tromba, trombaio, trombare, trombata. Trombata: derivato di trombare. Trombare: tirare l'acqua con la tromba idraulica; pompare.
Ho strappato la pagina e sono corso da mio zio al casolare.
* * *
Spesso vado a giocare con mio zio nel suo terreno. Lui ci vive da solo, con alcuni cani e un pozzo nero che fa paura solo a guardarci dentro. Lo vedo che tramite una macchina tira su tanta acqua e poi la porta nel suo casolare in grandi secchi d'acciaio. Il sudore gli si appiccica sulla camicia e lui diventa ancora più brutto. Il viso sembra senza movimenti, rigido, come un sasso sul fondo di un fiume. A me fa ridere, più che altro. Ma se mi vede ridere lo dice a mia madre e addio giochi. Non mi ha mai visto ridere di fronte a lui. Rido sempre di nascosto, e i giochi che mi fa fare sono con i cani, oppure con un pallone sgonfio che tiene in cantina. Il pallone puzza di formaggio e di vino. Ma poi quando lo prendo a calci la puzza svanisce piano piano, e il pallone si colora di verde e di fango.
Così oggi ho detto a mio zio se mi faceva trombare con la pompa sacher-masoch.
Mi ha guardato come se fosse sorpreso da quella frase.
Gli ho spiegato che la maestra voleva un storia sulla prima trombata, che gli altri mentecatti erano tutti contenti di questo esercizio come se avessero visto la madonna, che anche la giornalista era contenta, che voleva scrivere l'articolo sulle bare ma non sulla prima trombata, che io ho capito che cos'è trombare e che in aula mi chiamano Leopold von Sacher-Masoch.
Gli ho fatto vedere la pagina del libro dove ci sono tutte quelle parole, trolley, tromba, tromba, trombaio, trombare, trombata.
Mio zio mi ha lasciato lì da solo, ed è ritornato al pozzo.
Io mi sono toccato le costole, ma più lentamente, non con forza come faccio sempre. Le ho quasi accarezzate. Un cane dello zio è venuto verso di me e mi ha leccato le mani.
Da lontano vedevo lo zio che faceva su e giù con la pompa, ma stavolta l'acqua non usciva dal tubo e non finiva nel secchio d'acciaio. Sentivo solo il rumore metallico della macchina che faceva su e giù nel pozzo, sentivo tutto un tramestio di ferri, bulloni, catene, su e giù, su e giù nel buco nero del pozzo, clangori, sferragliate, lamenti d'acciaio in mezzo al campo dello zio. Poi ho chiuso gli occhi perché ho cominciato ad avere paura.
A un certo punto è tornato mio zio, tutto sudato, come al solito. Ma stavolta non m'è venuto da ridere.
Mi ha preso per mano e insieme siamo entrati nel suo casolare.
Le sue mani erano sporche, come di ruggine, di qualcosa di viscido e freddo.
Dopo me l'ha lasciata la mano, ha afferrato una scatola di fiammiferi e ha acceso una specie di torcia. Siamo arrivati in una stalla, vuota, senza fieno e animali.
Mi ha detto, domani scriverai la tua storia sulla prima trombata.
Poi ha soffiato sulla torcia. Sacher-masoch, sacher-masoch.
 
 
 
 
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Ins. 06-09-2007