Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Sergio Caponera
Ha pubblicato il libro
Sergio Caponera - Adriana

 

 

 

 

 

 

Collana I salici (narrativa)
 
14x20,5 - pp. 106 - Euro 11,40
 
ISBN 88-6037-282-8

In copertina
disegno di Sabrina Gianforchetti
Prefazione
Incipit


Prefazione
 
Sergio Caponera costruisce un romanzo d'amore plasmando i protagonisti con mano attenta e il suo linguaggio, veloce e spigliato, porta a leggere il suo libro tutto d'un fiato. Le vicende raccontate hanno come protagonisti persone che devono fare i conti con la fatica della vita di tutti i giorni e, al contempo, coloro che vivono una condizione sociale privilegiata e, sovente, le differenze vengono messe sul piatto come ad offrire una speranza che, prima o poi, il divario sociale possa essere colmato o comunque sia possibile credere in un domani migliore.
Tutto ha inizio con il ricordo reale, da parte dell'Autore, della figura della piccola Adriana, una bambina conosciuta durante i giochi estivi: i capelli biondi e il vestitino verde scollato sono i soli frammenti di quel dolce ricordo.
Ecco allora che nella mente dell'autore si alimenta la fantasia e il desiderio di scriverne una storia, inventarsi un luogo dove ambientare la vita di Adriana, inserirla in una immaginaria vita familiare, inventare gli incontri della sua vita, narrare le vicissitudini, sottoporre al vaglio della mano dello scrittore le scelte da lei operate, regalare, anche solo in un romanzo, una vita serena, e sperare che, anche nella realtà, la vita di Adriana possa essere stata felice.
Il romanzo di Sergio Caponera prende l'avvio dalla povera Giulia che viene mandata dai genitori a lavorare dalla ricca famiglia Parisi, proprietaria di una villa e possidenti terrieri a Roma, per accudire i due bambini, Francesco e Antonia. Ecco allora l'incontro con la domestica Marcella che diventerà sua amica e, per la giovane ed inesperta Giulia, assumerà il ruolo di "zia", seguiranno le difficoltà e le fatiche da affrontare, il primo Natale passato lontano dalla casa dei genitori, poi l'amore per l'affascinante e ricco Carlo Felice e così Giulia si ritroverà incinta, dovendo fare i conti con una situazione difficile da risolvere mentre Carlo Felice inizierà a navigare per mare non potendo di certo sposare una bambinaia. Eppure, alla fine, Adriana troverà la felicità e Carlo Felice, ormai vecchio, l'accompagnerà come papà all'altare.
Il romanzo di Sergio Caponera combina la fantasia narrativa con la commedia sociale come a seguire un lento immergersi nell'incantesimo creato dall'Autore e balzerà agli occhi del lettore una storia d'amore straordinariamente avvincente. L'immaginazione trasporta in un mondo di passioni con tutte le manifestazioni e i sentimenti che riempiono il cuore. Sergio Caponera inventa una storia percorsa da protagonisti che diventano autentici, pagina dopo pagina, la riempie di sincere parole e la racconta con abilità: il risultato è un romanzo intenso, pieno di calore e pervaso dall'amore, fino al lieto finale.

 

Massimiliano Del Duca


Introduzione

Le mie storie riguardano persone normali che si confrontano con problemi di tutti i giorni, se vengono proiettati in un ambiente, dove le classi sociali fanno la differenza a volte non basta una vita intera per recuperare la serenità.
Adriana è una bambina che ho conosciuto all'età forse di cinque anni, abbiamo diviso i giochi per un'intera estate, non ho mai saputo da dove venisse né dove andò.
Ora che mi diletto a scrivere storie voglio dedicargliene una, una storia inventata per una persona vera che ricordo con piacere, i suoi capelli biondo chiaro e il suo vestito verde scollato, senza maniche, è tutto ciò che resta nel ricordo.
Ad un certo punto, mentre scrivevo, ho avuto difficoltà, la storia si era bloccata, non riuscivo ad andare avanti, non sapevo come portarla in un posto nuovo dove potesse aver avuto una vita al di fuori del mondo di cui aveva fatto parte.
L'idea venne in un gelido sabato di gennaio, quando nell'accompagnare il mio amico Daniele al lavoro, approdando all'isola d'Elba ebbi una netta sensazione, lì doveva finire o continuare la vita di Adriana, solo in un luogo così pacifico e sereno poteva trovare un po' di pace, anche la sua storia.
 
Spero sia andata così anche nella sua vita vera.
 

L'autore



Adriana

 
Adrianaaa!!!
 
 
 
Questo il nome che urlò Giulia mettendola alla luce, partorì di nascosto perché la nascitura era illegittima e la famiglia dove prestava servizio, non poteva certo avere scandali per casa, era un casato per bene.
Fu così che dopo soli otto giorni dalla nascita le tolsero la piccola per affidarla ad un istituto di suore, fu portata in una camerata piena di culle di vario genere, dove dormivano o strillavano altri come lei, figli di qualcuno che non poteva assumersi la vergogna di un erede illegittimo.
Ma Giulia, la madre naturale, dopo cinque anni di ricerche e sofferenze, riuscì a trovare la sua Adriana. La seguiva da lontano, ogni giorno andava a vederla mentre giocava nel giardino della Casa della Carità, così, si chiamava l'istituto a cui era stata affidata, riusciva a vederla solo attraverso la recinzione. Ogni volta che aveva provato a bussare a quell'enorme portone, le veniva risposto: "non è possibile ricevere ospiti, i bambini abbandonati non devono avere legami con il passato" ma non l'aveva abbandonata, l'avevano sottratta a forza. In quanto ai legami con il passato, li aveva e come, non so ancora come ma ti porterò via piccola mia, si giurò Giulia, figlia primogenita di Umberto e Adriana.
Loro, poverini, erano arrivati a Roma negli anni Venti per necessità di lavoro, si erano stabiliti in una fattoria a Maccarese, una zona agricola fra Fiumicino e S. Marinella. Il fattore era stato abbastanza onesto, visto che si erano appena sposati gli aveva dato una casetta in fondo alla tenuta.
Era stata del vecchio guardiano un tempo, loro la potevano occupare e lavorare tutto il terreno che volevano, come compenso avrebbero preso due terzi del raccolto. Naturalmente gli venivano date le sementi e le attrezzature per il lavoro.
Era la fine di agosto quando finirono di delimitare il loro piccolo fondo, l'allora giovane Umberto con l'aratro trainato da due poderosi buoi iniziò a dissodare, intanto la sua Adriana accudiva i pochi animali, dieci fra polli e galline, due coppie di conigli, una di anatre ed una pecora gravida, con questo iniziarono a mettere su casa. Avevano tutti i presupposti per un sereno avvenire.
"Datevi da fare con la terra e i figli maschi!" gli aveva detto il fattore un giorno che era andato a fargli visita.
"Ne faremo di sicuro". Rispose Umberto togliendosi il cappello per salutare. Non passò molto tempo che Adriana rimase incinta, Umberto non stava più nella pelle
"Sarà un maschio - diceva - mi aiuterà nei campi e raddoppieremo il raccolto".
Così non fu, quando venne l'ostetrica, lui la ricevette con tutti gli onori ma quando lei uscì dalla stanza da letto con la bambina in braccio dicendo
"È sana, sta bene, è una femmina!"
lui la odiò come odiò sua moglie e tutte le donne, anche lei che ancora non aveva neanche un nome.
Uscì di casa e camminando piano ansimava come una belva ferita, si diresse nei campi, quei campi che avrebbe continuato a lavorare da solo, di certo una figlia femmina poteva fare tante cose, ma non lavorare la terra. Passò un intero pomeriggio a digerire quest'amaro boccone. Quando verso sera tornò a casa la giovane moglie era a letto e teneva la bimba fra le braccia, un batuffolo rosa avvolto in un candido lenzuolo di lino; le fissò entrambe.
"Come la chiamerai?"
"Giulia come tuo padre".
Lui annuì senza rispondere, tornò fuori ad accudire gli animali, sarebbe toccato a lui per qualche tempo, fino a che Adriana non si fosse rimessa in piedi, anche da mangiare avrebbe dovuto preparare ma per lui non era un problema era abituato a tutto.
Passò il tempo e Giulia cresceva, all'età di cinque anni già correva dietro alle galline per farle rientrare la sera, intanto erano arrivati due fratellini, Adriana era contenta e lo manifestava allo sposo, gli aveva dato quello che voleva; maschi per lavorare la terra
"Ma la prima è femmina" ripeteva lui con astio.
Non riusciva ad accettare questa realtà, con un primogenito maschio sarebbe stata tutta un'altra cosa. Giulia, già grandina, ne soffriva molto, vedeva che c'era più attenzione per i fratelli e per controparte si ribellava a qualsiasi richiesta del padre, mentre nutriva forte amore e compassione per Adriana sua madre, donna scura di carnagione, minuta nel fisico ma forte di temperamento. In effetti era lei a mandare avanti la piccola fattoria, anche se papà Umberto faceva la voce grossa e ordinava di qua e di là.
Non sapeva più cosa fare con questa figlia lui le comandava una cosa e lei ne aveva già pronta un'altra da fare, non si fermava mai di lavorare, ora con gli animali, ora con l'orto, ma delle parole del padre non ne voleva sapere.
Questo venne all'orecchio del fattore il quale con la sua bontà d'animo e la sua intraprendenza cercò di risolvere questo intoppo.
Un giorno di fine estate, mentre consegnava le sementi nuove, per qualche minuto restò solo con Umberto e approfittò per fargli la proposta, prendendo il discorso molto alla larga: "A Roma ci sono molte famiglie nobili".
"E allora?"
"Prendono ragazze a servizio, danno loro di che mangiare, vestirsi e anche un compenso in denaro".
Il povero contadino continuava a non capire: "Perché mi parlate di questo?"
"Visto che Giulia qui non si adatta, se vuoi?"
Non gli diede nemmeno il tempo di finire, "Voglio, ma devo sapere prima dove andrà e a che condizioni".
In fondo era sempre sua figlia, e lui, a modo suo, le voleva bene. Non ne parlò con la moglie, aspettò che Pietro gli portasse novità per poterle valutare lui per primo.
Il fattore rendendosi conto della delicatezza della situazione che aveva creato con la sua proposta, fece molta attenzione nella ricerca di una famiglia a cui proporre la ragazza e fu così che di tempo ne passò molto.
Era una domenica mattina di primavera inoltrata quando tornò con la buona nuova, Umberto gli si fece incontro prima che Adriana uscisse di casa: "Buongiorno sor Pietro".
"Buongiorno, ho un'ottima proposta".
"Se posso chiedere, vorrei che mia moglie non sapesse del nostro accordo".
Pietro lo prese sottobraccio e avviandosi verso la piccola casa gli confidò: "Non ti preoccupare, le conosco le donne".
Nel frattempo Adriana si affacciò alla finestra, li invitò a salire per prendere un caffè. Sedettero per fare colazione, oltre al caffè c'era sulla tavola una frittata con gli asparagi ed una focaccia in padella; i ragazzi erano fuori a giocare, loro tre presero a conversare serenamente mentre mangiavano, ad Adriana, questa visita domenicale non sembrava molto normale, dopo molti anni era la prima volta che accadeva.
"Quale buon vento sor Pietro, così, di domenica mattina?" chiese incuriosita, mentre Umberto in chiaro imbarazzo, sorseggiava del vino.
"È da tanto che volevo venire di domenica, così almeno siete tutti in casa e si può scambiare qualche parola".
"Questo è vero gli altri giorni siamo sempre nei campi".
"Poi c'è una cosa che volevo dirti Adriana".
"Dite pure".
Con molta calma Pietro intavolò un discorso molto ampio, volto al futuro, su come sarebbero andate le cose fra dieci anni e più, sul fatto che tenere qualche contatto buono non era male e così via, solo alla fine uscì la proposta vera e propria.
"Vedi Adriana, nel giro delle mie conoscenze ci sarebbe, una famiglia molto in vista nella Roma dei signori...".
Lei, in tutti questi giri di parole, avvertì qualcosa di minaccioso e per tutta risposta disse: "Con tutto il rispetto sor Pietro a noi non manca niente".
"Lasciami finire prima di dare risposte affrettate" e qui, senza più giri di parole, Pietro disse chiaro e tondo che la famiglia Parisi, proprietaria di una villa romana nel quartiere Aurelio, nonché di vari possedimenti terrieri nelle campagne romane, aveva bisogno di una ragazza che gli guardasse i bambini; visto che Giulia era abbastanza grande, avrebbe potuto, volendo i suoi genitori, occupare questo posto.
L'avrebbero vestita, e le avrebbero dato anche un piccolo mensile, avrebbe dormito con i ragazzi, quindi avrebbe occupato il cuore della casa e della famiglia, inoltre questo aggancio con una famiglia nobile, tornava utile comunque.
Adriana diventò cupa in viso, dapprima con sguardo assente, poi con occhi penetranti in quelli del marito come a dire sei stato tu a vendere nostra figlia. Lui abbassò lo sguardo quasi a confermare il suo pensiero. Ci fu un silenzio assoluto per pochi secondi, ma interminabili.
Fu Umberto a rompere il silenzio, alzandosi batté il bicchiere, appena vuotato, sul tavolo, e andando verso la finestra, con voce sostenuta disse: "Cosa vuoi di più? La calzano, la vestono, la sfamano e la pagano pure, solo per giocare con due mocciosi eh! Dimmelo cosa vuoi di più?"
Adriana si drizzo in piedi come non aveva mai fatto e urlò tutto il suo disappunto: "Non l'hai mai voluta accettare ma questo è troppo, allontanarla dalla famiglia per una camicia nuova è davvero troppo!"
"Non ti permettere di parlarmi con questo tono - urlò Umberto, e poi aggiunse in tono minore - È per il suo bene!"
"Il suo bene è qui con la madre e i fratelli, anche con il padre, cocciuto ma importante per lei".
Pietro si rese conto che gli animi si scaldavano troppo e cercò di ridimensionare la situazione: "Calmatevi per piacere, non c'è niente da litigare, in fondo niente è stato deciso, è solo una mia proposta".
"Solo una vostra proposta in combutta con mio marito!" "Non è vero" urlò Umberto.
Alla fine Pietro, il fattore, riuscì a farli ragionare, arricchì di molto il lavoro che avrebbe svolto Giulia in dettagli come: "Potrà imparare a leggere, a scrivere con i maestri che andranno a fare lezione ai piccoli, portando a passeggio i ragazzi potrà ammirare le bellezze di Roma, l'alta società, potrà invitarvi qualche volta, se poi troverà un ragazzo di buona famiglia..."
Mentre lui parlava, Umberto e Adriana, che mai avevano visto una città e mai sentito parlare di scuola e di passeggiate, sognavano ad occhi aperti, ognuno ovviamente, con i propri pensieri. Non appena Pietro ebbe finito di raccontare questa favola che sarebbe potuta accadere, tutto tornò come prima, i volti tornarono cupi e Adriana concluse: "Ne dobbiamo parlare, tornate domenica".
Pietro un po' sorpreso da questa presa di posizione di Adriana, volse lo sguardo verso Umberto il quale fece cenno di assenso con la testa e abbassò definitivamente lo sguardo, restando appoggiato con le spalle alla finestra.
Lui si alzò e salutando uscì per risalire sul suo calesse e sparire nella polvere del viale.



 
 
La famiglia
 
 
 
era minacciata da una scissione prematura, si erano stabiliti con tanti progetti Umberto e Adriana, dopo tredici mesi era arrivata Giulia, quando lei aveva due anni era arrivato Antonio e a distanza di due anni ancora Michele che ora ne aveva dieci, era davvero una bella famiglia, solo Umberto e Giulia erano in continuo contrasto per via del carattere identico, il fatto che era la primogenita poteva pure passare, ma la sua ostinazione a fare di testa sua, al padre non andava proprio giù.
Adriana ci pensava notte e giorno, più passava il tempo, più era per il sì, forse era meglio per tutti, soprattutto per lei povera figlia, se avesse trovato un bravo giovane sarebbe rimasta a Roma, a fare la signora... chissà?
Il sabato mattina seguente, quando Umberto era già uscito con i maschietti, per andare a visionare l'erba da tagliare di lì a poco, Adriana chiamò la figliola in casa, le disse che dovevano parlare.
"È successo qualcosa?"
"No, dobbiamo parlare di te".
Fu un discorso frammentato, pieno di contraddizioni, lei voleva per la figlia un avvenire migliore, come tutti i genitori del resto, ma... aveva paura, non conosceva la città, le famiglie nobili, come avrebbe potuto metterla in guardia; e poi, l'avrebbe voluta sempre con sé, quindi alternava sogni e meraviglie per Giulia, che avrebbe visitato tutta la città, portando a spasso questi due bambini e poi avrebbe incontrato altre ragazze come lei, potevano scambiarsi consigli! Magari vestiti!
Poi... abitare in una villa sarebbe stata tutt'altra cosa, però... doveva stare attenta, perché era una povera ragazza di campagna, sola, non conosceva nessuno.
Continuava a parlare ininterrottamente, forse per paura di arrivare alla conclusione del discorso, fu Giulia a fermarla.
"Mamma, perché ti agiti così tanto?"
"Perché ho paura, figlia mia, paura per te".
"Non devi, sono grande, ho Quattordici anni!"
essendo una ragazza con già nel sangue lo spirito d'avventura, come papà Umberto, che anni prima aveva mollato tutto e tutti per trasferirsi con la giovane moglie, così lei era pronta a trasferirsi a Roma per trovare novità per la propria vita.
"Poi c'è il fatto che non vado lontanissima, se mi trovo male scappo e torno qua".
Si abbracciarono teneramente, Adriana non sapeva più se piangere o ridere, la sua bambina andava verso una vita propria, era un pezzo di se stessa che si allontanava, chissà come sarebbe finita.
"Non ti preoccupare mamma starò attenta".
Verso mezzogiorno gli uomini della famiglia tornarono a casa, avvertirono subito il profumo di carne cucinata, i piccoli saltarono giù dal carro e corsero verso il forno, dove Giulia armeggiava con delle teglie piene di carne e patate, mentre Umberto salì in casa, appena entrato vide la tavola apparecchiata, nel centro un bicchiere pieno di fiori, chiamò la moglie, la quale dalla cucina rispose che era quasi pronto; fu lui ad andare verso di lei, notò che stava impastando fettuccine, fu abbastanza sorpreso della cosa, di solito si impastava di domenica
"Cosa fai?"
"Ho parlato con Giulia questa mattina".
"E allora?"
"È contenta di andare a Roma, così ho deciso di festeggiare".
Rimasero a guardarsi negli occhi, lei appoggiata sul tavolo, con le mani dietro la schiena, ancora impolverate di farina, lui fermo sulla porta con il cappello in mano, fu un momento che cancellò tutti i litigi che ultimamente avevano avvelenato la loro vita, durò un attimo ma come fosse stata una vita intera, si abbracciarono stringendosi come non mai, una figlia che camminava da sola nel difficile mondo degli adulti, era sicuramente sintomo di crescita positiva.
Fu Adriana, prima di sciogliersi in lacrime a togliere l'abbraccio:
"Dài, dài, vai a vedere il pollo nel forno a che punto è".
Non appena fu vicino al forno Giulia scappò via
"Dove vai?"
"Ad aiutare la mamma, pensa tu al pollo".
Era proprio così, giudiziosa in tutto, ma doveva essere lei a decidere cosa fare, con questo pensiero Umberto scrollò la testa sorridendo e controllò lo stato di cottura del pollo con patate.
Il pranzo fu allegro, scanzonato, anche se sembrava un distacco era invece un rafforzamento di quel piccolo nucleo familiare, in uno sperduto casolare delle campagne romane.
La domenica mattina, quando la polvere si alzava dal viale al passare del calesse di Pietro il fattore, tutta la famiglia si schierò ad attendere sulla scala, uno per ogni gradino a partire dal basso con il capo famiglia e a salire Adriana, Giulia, Antonio e Michele, il quale sventolava un ramoscello verde in segno di saluto.
Pietro fu lusingato da questo saluto, al punto che scendendo si tolse il cappello e ricambiò con un leggero inchino della testa.
"Buongiorno a tutta la famiglia Baccelli, di sicuro sarà una splendida giornata".
"Certo che lo sarà vi stavamo giusto aspettando per colazione". Rispose Adriana raggiante.
Era Maggio inoltrato, avevano preparato all'ombra dell'enorme pianta di gelso che troneggiava nella corte del casale, una vecchia botte posta in piedi fungeva da tavolo, intorno sedili di vario genere, sulla tovaglia a quadretti bianchi e rossi, posto proprio nel centro, un mazzolino di margherite bianche dava un tocco di vera serenità.
Le donne di casa presero del formaggio dalla dispensa e delle fave appena raccolte, mentre Umberto andò in cantina a prendere del vino fresco, i piccoli facevano vedere con orgoglio i loro lavori a Pietro, Antonio aveva fatto una fionda, per cacciare allodole disse, mentre Michele suonava con noiosa insistenza il piffero da lui realizzato.
Il fattore si compiaceva di tutto ciò, aveva avuto fiuto ad ospitare quella allora giovane coppia, così piena di risorse, non fece in tempo a finire il pensiero che era pronto in tavola, mangiarono di gusto ma i bambini si devono muovere si sa, allora Pietro infilò la mano nella sacca del suo giaccone da caccia, ne estrasse delle caramelle porgendole ai piccoli, i quali molto contenti scapparono via.
Rimasero a guardarsi negli occhi tutti e quattro, ognuno consapevole del proprio ruolo, stettero in silenzio, fu Adriana ad aprire il discorso:
"Signor Pietro, abbiamo parlato in famiglia della sua proposta e saremo contenti se spiegasse meglio a Giulia quello che l'aspetta, qui adesso, davanti a noi".
Pietro deglutì velocemente, non era facile; praticamente con queste parole, Adriana gli stava affidando l'avvenire della figlia, tuttavia già il fatto che tutti erano d'accordo era un vantaggio.
Spiegò per bene a Giulia cosa comportava fare la bambinaia e i vantaggi per lei.
"Ogni tanto puoi tornare a casa per qualche giorno".
"Ogni mese forse?"
"Questo poi si vedrà, intanto farò presente alla signora Parisi che la ragazza è disponibile".
Passavano i giorni e di notizie non ne arrivavano, ormai la decisione era stata presa e Giulia non vedeva l'ora di partire, già sognava di passeggiare per i giardini di Roma oppure di andare in vacanza con la famiglia Parisi, così aveva detto Pietro - quando la famiglia andrà in vacanza tu andrai con loro - non stava più nella pelle, si era perfino addolcita nei confronti del padre.
Dopo quindici giorni arrivò la risposta: avrebbe preso servizio il primo del mese di giugno.
"Mancano ancora due settimane!" si lamentò Giulia.
"Bisogna aspettare che vada via l'altra" gli disse Pietro e si raccomandò di farsi trovare pronta per le sette del giorno fissato, sarebbe andato lui a prenderla.
Così fu, la mattina del primo di giugno Giulia iniziò la sua avventura.
Partì per recarsi in città a governare due bambini che nemmeno conosceva per trovarsi un avvenire più sereno e meno faticoso.
Durante il tragitto, si dimenava, guardava a destra e a manca, tormentava Pietro con mille domande, il quale dopo aver risposto per un po', seccato le disse:
"Quando arriveremo potrai renderti conto da te, in quanto alla città, avrai tutta la vita per conoscerla".
Si calmò per un attimo, ma poco dopo riprese come prima; era così lei, una voglia smisurata di sapere e di conoscere qualsiasi cosa.
Arrivati davanti alla villa, Pietro fermò il cavallo e scese per suonare, ma lei già avendo capito si precipitò arrivando al cancello prima di lui e chiese di poter suonare lei.
"Va bene, due colpi bastano però!"
Così fece, due strattoni alla catena penzolante e si materializzò come per magia un signore sulla quarantina, aveva due grossi baffi e indossava un grembiule nero che lo copriva quasi fin giù ai piedi.
"Lui è Romano, il giardiniere".
"Buongiorno Sig. Romano".
"Buongiorno Signorina Giulia, siete proprio graziosa".
Aprì il cancello e li fece entrare, fecero con il calesse il giro della casa per entrare dalla porta di servizio; questa dava direttamente nella cucina dove c'era Marcella ad aspettare; la domestica, una donna di quasi cinquant'anni, da trenta lavorava per la famiglia Parisi, era rimasta sempre in quella casa, prima da bambinaia per i due figli del signor Carlo e quando i ragazzi furono grandi, lei restò come domestica. In seguito la signorina Beatrice si sposò ed in casa restò il signor Vittorio, suo attuale datore di lavoro, il quale si era sposato molto giovane con Gemma dalla quale aveva avuto tre figli: Carlo Felice, ora ventenne e arruolato in marina, e Antonia e Francesco, gemelli di 10 anni. Per questi ultimi doveva fare da bambinaia.
Le aveva raccontato tutto con molta calma Marcella: ogni tanto faceva una pausa per raccomandarle qualcosa e lei annuiva con la testa. Fu Pietro a concludere dandole un puffetto sulla guancia:
"Fai la brava e senti Marcella, lei conosce vizi e virtù di tutti in questa casa".
Marcella offrì del caffè a Pietro e lo congedò.
"È sempre un piacere vederti, Marcella!"
"Passa quando vuoi".
Si erano fatte le nove e mezzo, era ora di servire la colazione.
"Ti posso aiutare?" Disse Giulia.
Le rispose di no, lei si doveva occupare solo dei bambini, farli lavare, giocare, mandarli a letto nel giusto orario e quant'altro era necessario a farli crescere in salute ed educati.
"Puoi aspettare qui intanto che servo la colazione ai signori, poi ti porto nella tua stanza".
"Quando potrò conoscere i signori?"
"Dopo che avranno fatto colazione".
Intanto che parlavano, il vassoio della colazione era pronto: latte, caffè e zucchero, tutto in un servizio che lei non aveva mai visto, poi biscotti, cioccolatini e due rose adagiate di fianco, sul vassoio d'argento; lei, la governante, nel suo grembiulone bianco e una buffa cuffia bianca, lo sollevò con grazia e si avviò.
"Prendi del latte se vuoi e aspettami".

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Ins. 09-02-2007