LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Salvatore Scuderi

Salvatore Scuderi, nato il 9 marzo 1978 ad Augusta, risiede a Molinello. E' studente in ingegneria delle telecomunicazioni e dipendente delle poste. Inizia il lento cammino verso gli orizzonti della poesia nel finale d'un anno, il 1999. Ma il passaggio più importante, che lo porterà a scrivere centinaia di poesie e racconti in prosa, viene compiuto nell'anno del nuovo millennio, influenzato, probabilmente, dai romanzi maledetti della Francia romantica. Il 2006 vede la luce la sua prima pubblicazione, una silloge poetica dal titolo Primavere a lettere sulle note d'inverno presso la casa editrice Uni-service di Trento, libro in concorso al premio Dessì nello stesso anno.
 
  
Fruste agli Innocenti

(tratta dal libro primavere a lettere sulle note d'inverno)

 
Un buffo mi rallegrò
sul ricamo inverosimile d'aironi e motmot.
 
Erano scure allo stremo
a tagliuzzarmi, guanti di sega.
Erano.
Furono così invadenti, sontuose tigri
ad unghie e zanne di mammut.
 
Stettero in ritardo artificiale
come a bestemmiare d'aio
per noi
in ginocchio, mani conserte.
 
E su, i suddetti,
manganelli e alabarde
troneggiarono all'abbazia di cleri e tonache,
mantelli di godimento.
 
Le cinque gravano cliché in qualche tic d'attimo
e lì, ad infra lucifero
grondavano senza spazi e
senza più concetti,
grondavano
tegole di letame,
polvere sottomessa alle lussuriose,
lussurie impraticabili,
piegate, pesantissime
sui brandelli di pietà.
 
Doccia, gelata,
forse implorammo
come a tacere quel tumorale sterno,
ed eppur
radar oltre le cinte, smaterializzò i colpi,
trapianti d'inno non reo
e neppur
il fiuto, quel di gufi potea aguzzar
tocco, folata di pianto acquifero,
insocievole
implose
l'abat-jour si spense sul carme duo
corvo e tortora
incommensurabile... acquiescenza.
 
 
 

 
 
 
Il Peccato

(tratta dal libro primavere a lettere sulle note d'inverno)

 
Archi di piacere sospinti
nel vuoto sovrano della perversione.
Gemiti dell'oltretomba, "angelici" sospiri,
desideri congiunti al
malsano odore della cute,
guidano la bramosa fatalità in cenere.
Viziosa lussuria.
Gioiose grazie ondeggiano
fuori dal cerchio osservate da serpenti.
Encomiabili ricchezze palesemente
nascoste nelle dimore carpite da nefandi mortali.
Idilliache affezioni mormorano
il loro canto infrante dalla sorte avversa.
Difetto d'invidia.
Indigenza e miseria percuotono
la stoltezza e l'avidità dei sovrani.
La sortita ribellione termina in affranto sbaraglio.
Il meschino pensiero è tenace, infido,
un morbo malefico.
Traviata avarizia.
Arroganti ilarità deprezzano i contorni distorti,
disertano spazi e convegni,
dimenano la loro anima d'orgoglio.
Adorazione ed egotismo sono gli arnesi.
Peccaminosa superbia.
Adiposa ingordigia prossima al patibolo,
schiude il guscio e viaggia nel vitto.
La serra infestata e avvilita non salda l'immenso,
perpetua straripante di fanghi.
Fallo di gola.
Laboriosa indolenza nel crescere,
acerba concezione di saggezza,
insolente distacco dalla natura.
La prova, il sacrificio sfociano nell'ozio
più totale,
e svelano il disumano.
Magagno d'accidia.
Violenti e bellicosi sono i secoli trascorsi,
opera scaltra dell'egemoni menti,
smaniose sanità.
L'essenza distorta da un fallo solenne
patisce il travaglio, ma muore.
Il peccato, l'ira!
 
 
 

 
 
 
L'Aere trasporta le strenne

(tratta dal libro primavere a lettere sulle note d'inverno)

 
"i tuoi baci rinfrescano la mattina
e la risvegliano di carezze e guardi per la notte"
 
sonnecchiano profane le voluttà dietro le porte
s'incalzano di candelabri sotto le piogge sterili
 
fuoco di lapide,
qualche passo avanti gli spari giù in città
attraverso le rughe delle campagne
sotto l'imponente gelido sole d'un colle
 
rabbrividisco,
sulla sfera del mondo la fiamma colpì,
segnò i frantumi degli anni in su
 
nessun proiettile, nulla
solo una semplice goccia
soffermò regnante come una roccia
 
alle coste d'opere nel tempo
le mattine brinavano sfiori di labbra
per mai destarsi, finché all'alba d'una luna domandò
 
chi era suddito dei tuoi abbracci...
ed io
scartai gli aerei a trasportar le strenne
in queste falde innamorate alla riva d'un lago
tra il caos, le guerre
portai quel dono
sognai i tuoi occhi
d'età, una renna
per sempre
 
i tuoi occhi.
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Ins. 30-08-2006