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Paola de Lorenzo Ronca
Paola de Lorenzo Ronca vive ed opera in Avellino. Arrivata, alla poesia nella maturità dopo un lungo percorso interiore, è vincitrice di numerosi premi di poesia nazionale ed internazionale. Sue poesie compaiono in molte raccolte nell'antologia "La persistenza del dubbio" (ed. Scuderi). Socia del circolo letterario Logopea collabora attivamente con ricerche storiche e poesie alla realizzazione del giornale mensile "L'Arco" dell'Università del Tempo Libero di Avellino, di cui è socia da molti anni.

San Lorenzo (10 agosto).
Era festa grande,
nella casa antica,
il giorno di San Lorenzo.
 
Risuonavano gli angoli bui
di grida e di risate e,
le scale si inondavano
di passi e di fruscii.
 
Si rincorrevano i piccoli
coi grandi e le ampie
sale brillavano al
tremolio delle candele.
 
I tavoli si coprivano
di vivande e il profumo
del pan fresco inebriava
i nostri cuori di fanciulli.
 
Vorrei dare tutta la mia vita
ora, per poter rivivere un
attimo di allora, quando la
mano rassicurante di mio
nonno si poggiava calda
d'amore stilla spalla.
 
Chiudo gli occhi e sento
ancora quell'amore che
solo ora è sceso nel mio
cuore arido e vuoto.
 
San Lorenzo. Dove sono
i miei sogni di bambina
implorati dietro alla
scia delle stelle cadenti?
 
Dove sono? Ho cercato
inutilmente di avverarli.
Ma la vita ha il suo
percorso già tracciato.
Mi è rimasto il profumo
del ricordo, così intenso,
così acuto, così puro.
 
San Lorenzo. Come è freddo
questo giorno così caldo
senza l'ombra di un abbraccio.
Come è silenzioso questo
giorno così gaio, senza l'eco
di una risata
Com'è che non è più
il mio San Lorenzo, ma
solo un nome sul calendario.
 


Terra mia!
Ho sentito i profumi
della mia terra
penetrarmi nel sangue.
 
Ho rivisto i colori
della mia terra
rispecchiarsi negli occhi
 
e una lenta,
sottile tenerezza
ha invaso il mio cuore...
 
Terra, terra mia!
che non ti vedo mai!
 
I colori dorati
della tua campagna,
il profumo dolce
dei tuoi frutti
e quella soave, silenziosa
pace che dai al mio cuore
quando ti rivedo
 
con te rivedo
la mia fanciullezza e
forse per questo
ti rimpiango di più:
tu sei la mia fanciullezza
che non ritorna mai più
 
Terra, terra mia!
Vorrei riudire
i tuoi suoni,
vorrei risentire
i tuoi profumi e
ridare al mio cuore
tutta la gioia
che non ha più

 
Antico mio paese (Mirabella Belano)
Paese mio gentile
scintillante di rugiada
profumato di grano
ricamato di ulivi
intessuto da rondini in volo
sei tu
la mia anima viva
che pulsa nell'ombra
del buio che a volte
circonda il mio io.
 
Sorgeva la casa natia
a mò di fortino
nell'antica Via Borgo
tra case odorose di pane
brulicanti di mani operose.
 
La chiesa era lì accanto
quieta e nascosta
testimone silente di storia
e la volta di oro e d'azzurro
qual manto Madonna
vegliava i miei sogni di bimba
tra le braccia amorose di mamma.
 
Scendevano fiere le donne
dai vari contadi
nei giorni di festa
i monili pendenti
le ceste ricolme sul capo
e- le grosse sottane
qual fiori di campo
ondeggiavano morbide al vento.
 
Sedevano quiete sul bianco
sagrato o sul nero pendio
e fra le ceste odorose
un cicalio allegro e festoso
saliva nell'aria
già alla luce dell'alba.
 
Sentivo confusa nel sonno
quel suono così simile a un canto
che ancor oggi risento
e mi aggrappo
mi aggrappo per sentirmi ancor viva
a quel piccolo borgo di fiaba
-così come era allora -
racchiuso in un campo di grano
un campanile tra stormi di rondini
e una casa natia piena tanto d'amore

 
Antigone, Aspasia... io altre
Si dirà un giorno
che fossi sola
una donna sola
per strada
in chiesa
o semplicemente a bere un caffè
 
Si dirà che sotto la pioggia
camminassi piano
quasi a voler bagnare
un volto già bagnato,
o corressi incontro al vento
per sentirne la carezza
sulla pelle arida
 
Non che lo fossi sempre stata:
un tempo così lontano e nebbioso
la mia mano stretta ad un'altra,
un'altra traditrice
omicida
che triturava la mia anima
e poi la gettava via
 
Antigone, Aspasia ...io...altre
quante violenze e lagrime
quanto dolore
Dio
quanto dolore
per questa libertà
di vivere!
 
Si dirà un giorno
che fossi una donna sola,
ma non lo ero:
l'animo mio libero
mi faceva compagnia
 

 
Il colore della verità
La bianca verità
è un brivido nel vetro,
fingere il suo controcanto
 
Giorno dopo giorno
oscilla
corda pendula
di impassibile ombra
 
Forse cerco remissione
in una croce di rose
 

A mio padre
Pensavo non mi volessi bene,
quando, china sui libri, la
tua voce dura ed ironica
mi incitava allo studio
 
Pensavo non mi volessi bene,
quando la tua robusta mano
lasciava il segno sul mio
volto pallido e mi additava
la retta via.
 
Pensavo non mi volessi bene,
quando, incurante del mio dolore,
mi lasciasti sola nel
caos della vita.
 
Ho capito che me ne hai voluto,
quando ho scelto l'onestà
alla cupidigia, la moralità
ai facili piaceri, il coraggio
di sognare anche in mezzo al dolore.
 
So che ti ho sempre amato
anche quando l'odio mi rodeva
il cuore, il rancore
bruciava la mia pelle,
ma soprattutto ora che
mi manca la tua presenza.
 

O mamma!
Chi sei stata tu o mamma
che mi sussurri ora parole
d'amore mai dette e anelate?
 
Chi sei stata tu o mamma
che mi promuovi a gesti
gentili da te stessa imparati?
 
O mamma a me così cara
vicina ma tanto lontana,
dai cigli umidi di pianto,
dal canta di un uccello ferito,
dalla lieve figura che-
dava poca ombra alle stanze.
 
Per anni la colpa
di non esserti uguale,
per anni l'anelito di un
tuo cenno d'assenso.
 
Nel reverbero opaco
della lunga agonia
un dì mi hai visto
e hai mormorato: ti amo
da sempre mia figlia adorata.
 
Lieve, come balsamo antico
su petto malato, è scesa la pace
nel mio cuore ormai stanco
e... mi sono aperta in un pianto.
 
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©2008-2009 Il club degli autori, Paola de Lorenzo Ronca
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