LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Pamela Serafino

Pamela Serafino è nata a Lecce nel 1972. Ha una laurea in lettere moderne e una in Filosofia, insegna italiano nella scuola media. Giornalista pubblicista dal 2000 scrive su riviste locali nelle pagine culturali e sulla rivista interuniversitaria internazionale Symbolon. Da diversi anni collabora con l'Università di Lecce nell'ambito degli studi linguistici e letterari con la cattedra di Teoria della letteratura. Ha fatto parte del comitato organizzativo del convegno Le Identità giovanili raccontate nelle Letterature del Novecento a cui ha partecipato con una relazione su Tozzi novelliere. Balenii d'esistere è la sua prima opera narrativa.  

Con il racconto
"Solitudine in coppia" si è classificata al sesto posto al Premio Città di Melegnano 2004, sezione narrativa

L' INOCCUPATO
 
Era seduto dietro la scrivania di color mogano, col viso rivolto verso il monitor e le mani che scorrevano veloci sulla tastiera. Sembrava che fosse stato sempre lì, senza nessuna pausa, senza ferie. Sembrava, che anche quando l'ufficio fosse stato chiuso e si vedevano le sue mani veloci abbassare la saracinesca, lui fosse ancora lì, come un piccolo gnomo che riesce ad introdursi in uno stesso luogo, sempre di nascosto, utilizzando diversi ingressi, noti a lui solo. Invece il signor Mazzotta lavorava in quell'ufficio della sede distaccata dell'anagrafe appena da un mese, anche se aveva alle spalle ben 25 anni di onorato servizio presso l'ufficio anagrafe centrale. Perché avessero deciso di trasferire proprio lui nel distaccamento di via Isonzo, se lo chiedeva ogni mattina, quando si svegliava accanto a sua moglie che lo guardava con gli stessi occhi di agnello di un mese addietro e lui si trovava ancora al suo posto. In fondo non è cambiato nulla, si fanno sempre le stesse cose, gli stessi pensieri, la stessa vita di ogni giorno. I ragionamenti del signor Mazzotta non si spingevano molto più in là, invaso dalla preoccupazione di essere puntuale e preciso, aveva vissuto in questo pensiero l'unico cambiamento possibile. Ma poi, era stato puntuale e preciso, con le mani nervose che picchiettano la tastiera e piccoli occhi neri affacciati dietro gli occhiali da presbite. Anche quella mattina, c'era una lunga coda di gente che aspettava come ammassata dietro una speranza o una condanna. Tutti rivolti da una stessa parte, verso di lui, più ordinati in prossimità della linea gialla disegnata sul pavimento, quella che indica la giusta distanza per mantenere il confine invalicabile della privacy. Tutti erano intenti a non perdere il proprio turno mentre inseguivano un pensiero o guardavano distrattamente le scarpe del proprio vicino. Anche quella mattina era uguale a tutte le altre, quella in cui quel giovane, dopo aver preso il suo foglio, gli aveva voltato le spalle e si avviava verso l'uscita per poi voltarsi all' improvviso e ritornare verso di lui. Il signor Mazzotta incrociò il suo sguardo, una breve domanda si fece largo nella sua mente, mentre il giovane tornava verso di lui.
"Mi scusi avete sbagliato a scrivere" disse all'uomo che, nonostante la gentilezza del ragazzo formulava già nella sua mente un'equazione evidente: lo sbaglio equivaleva ad un'infrazione dell'ordine, ad un disordine inaspettato, quindi l'errore era inammissibile.
"Che cosa dite?" rispose visibilmente seccato.
"Credo che abbiate sbagliato a scrivere" ribadì il giovane.
"Mi faccia vedere".
Il signor Mazzotta guardò il foglio inarcando le sopracciglia mentre strizzava gli occhi fino a quasi farli scomparire
"io non vedo nulla di sbagliato" sentenziò con fermezza.
"Si- insistette il giovane- avete sbagliato qui vedete, all'indicazione della professione avete scritto che sono disoccupato".
"E allora? Me lo avete detto voi" esclamò con sorpresa il signor Mazzotta
"No -replicò il giovane- io vi ho detto che sono inoccupato".
"Volete farmi perdere tempo con tutta la gente che aspetta?" sbottò fissando con durezza il suo interlocutore.
"No affatto, vorrei solo che fosse corretta questa imprecisione" insistette il giovane con gentilezza.
"Imprecisione?! Ma quale differenza volete che ci sia tra inoccupato e disoccupato" tuonò l'impiegato sempre più nervoso nel vedere incalzare l'errore alle sue spalle.
"Ce n'è molta invece, disoccupato è chi ha perso il lavoro, inoccupato è chi non lo ha avuto mai" .
Il signor Mazzotta continuava a tenere in mano il foglio che tremava tra le sue mani "Sentite giovanotto io non ho tempo da perdere con queste sciocchezze" disse con tono più pacato.
"Ma se ci pensate bene questo non è un errore di poco conto".
"Errore? Lei parla di errore, quello che dico è giusto vuole capirlo?" ricominciò a sbraitare l'altro.
"Si- acconsentì il ragazzo- senz'altro lo sarà per lei ma non lo è per me" ribadì il giovane e la sua calma determinata sembrava infrangersi contro la rigida figura dell'uomo che gli era di fronte.
"Tenga questo foglio e si levi dai piedi" sentenziò l'impiegato evitando di guardare a lungo il volto di colui che gli stava davanti.
"Non posso farlo, se lei non corregge l'errore" .
Il signor Mazzotta lasciò cadere il foglio sulla scrivania e cercò di scrutare il ragazzo con attenzione, indossava una camicia bianca, il suo volto era bianco e gli occhi… no, non pensò ai suoi occhi, si accorse solo di ascoltare la sua voce, lenta, calma, cantilenante. Allargò gli occhi liberando il naso dalla montatura nera degli occhiali. Cercò di essere ragionevole. Chiunque lo conosceva da molto tempo sapeva che lui era un impiegato paziente e cortese, magari solo un po' metodico, per questo non amava essere contraddetto. Poi riprese ad ascoltare le parole del giovane cullato quasi da quel ritmo uniforme…"… se chi ha lavorato ieri oggi non lavora come volete che sia uguale ad uno che non ha lavorato mai? Lui è esistito una volta, per la società con i suoi ritmi, la sua funzionalità e i suoi consumi, ma anche i suoi doveri, ha acquisito i suoi diritti, ha conosciuto le sue motivazioni. L'inoccupato è l'anonimo a cui non è concesso neppure lo spazio per esprimere il suo malessere. Per questo le chiedo che sia rispettata e riconosciuta seppure sulla carta la mia posizione…"
Il signor Mazzotta restava chiuso nel silenzio, nella sua mente calcolatrice di errori, negli occhi mansueti di sua moglie, restava immobile dietro il lungo tavolo e ascoltava … "mi scusi io non sono capace di fare la rivoluzione, non quella delle grandi azioni, dei grandi discorsi, ma a questa parola sono legato come a un atto estremo di solidarietà… verso la mia categoria, quella che attende e di cui nessuno si ricorda".
Il giovane guardò l'impiegato con intensità, ma lui non seppe cogliere nei suoi occhi la stessa espressività di quella voce e il silenzio avvolse entrambi, anche dopo che lo vide uscire dalla porta, a passi lenti…
Quella mattina il signor Mazzotta chiuse il suo ufficio alle ore 13.00 in punto. Ma quella mattina pensò, mentre era alla guida della sua panda, di passare a prendere suo figlio da scuola prima di tornare a casa. Lo vide uscire dal portone dell'edificio con la sua borsa piena di libri insieme a decine di studenti. "Un bel ragazzo senza grilli per la testa" pensò "alto, magro, forse un po' troppo, ma sarebbe cresciuto". Frequentava il secondo anno dell'Istituto per geometri, "una bella scuola". Aspettava,, e si accarezzava la mano "una bella scuola…", si accarezzava la mano destra con insistenza stringendo un foglio. Vide venire verso di lui, suo figlio, lentamente, e gli sorrideva " un bel ragazzo senza grilli per la testa". Il foglio bianco si urtava sulle gambe del signor Mazzotta, le sue mani adesso erano immobili e l'indice della mano destra nascondeva una cancellatura, si confondevano alcune parole, dis-in-cupato in-dis-cupato- pato-occ-in. La sua mente prese il ritmo di quella cancellatura a tre tempi, l'unica scritta su un foglio bianco e sorrise a suo figlio, con quel ritmo.
 

Racconto tratto da "Balenii d'esistere", Um5, Gallipoli 2004.

 
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Ins. 31-01-2005