LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

  Poesie tratte dal libro
Poesie dell'aratro e della farfalla  
 
di
Oscar Baruffi
editrice Montedit, 2000, Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
pp. 32 - L. 10.000 - Euro 5,16 ISBN 88-8356-047-7
 
Una notte a Bergamo
 
Mille luci
come sospese nel buio
Filari di lampade in lontananza
disegnano sinuose figure
Due occhi si specchiano
negli occhi di un sogno
che veloce corre
tra le strade dell'invisibile valle
Tre amici si muovono lenti
in equilibrio su un perimetro
che da S. Agostino porta fino in cielo
E i loro passi risuonano
nelle vie di una città che dorme
 
Nessuna sinfonia ha risuonato
tanta regalità
Nessuna notte mai ha gioito
di tanti colori
Uno sguardo verso Dio
e la Rocca così imponente
restituisce geografia agli animi
Solo gli occhi di un bambino
seduto nell'oscurità
guardando stelle che dal cielo,
in lento movimento,
arrivano fino alle sue mani...
...Che quasi le può toccare.
 
 
 
Ricordando Beppe
 
A Novembre la nebbia della tua e della mia pianura si confonde con il fumo dei fossi che costeggiano la tua nuova casa
Il freddo penetra nelle mie ossa irrigidite da una posizione e innaturale e rispettosa del silenzio che c'è qui
Guardo la tua immagine incollata così in alto che il collo quasi si rompe
Ti guardo e capisco cosa succede in un attimo
Vedo il tuo dolore, che è dolore del mondo
Spiegami quanto coraggio è servito per salutare tutti con un salto!
Aiutami a capire cosa è più forte della vita!
Le nostre facce sono umide e gocciolanti per il gelo della notte che si sta dissolvendo
Sorridi guardandomi e le tue labbra immortalate sul marmo bianco e lucido sembrano ancora calde, come sfiorate dalle mani delle innumerevoli donne che ci hanno amato
Dimmi Beppe! Come ti trovi lassù?
Dimmi che esistono macchine veloci per volare come un tempo!
Parlami delle ragazze che, anche lì, arrossiscono al tuo sorriso!
Voglio saperti felice, amico mio!
Ora la nebbia si è infittita
Ora confonde il tuo viso
Come quegli occhi chiari si confondevano con il riflesso dell'inverno al di là del vetro di un treno che ci accompagnava ogni mattina verso la speranza.
 
 
 
 
La festa
 
Morbida arriva la sera
stempera i colori,
con la calma dei forti dissolve le ombre
Non c'è più tempo!
Sentiremo appena l'aria intiepidirsi
Sorrideremo saggi e rassegnati
della vanità del nostro dolore
Docile e padrona la Civetta
farà piccoli voli
sicura del divenire del regno
Quale rimpianto
per le urla gioiose del mattino?
Io ho tremato
alla coscienza del tempo che passa
È difficile salutare quando il corpo
odora di vita,
quando ancora la vita ti sveglia la notte
Io vi ho lasciate piangendo,
anime appena nate
 
Dubbiosi siamo rotolati, senza scelta
sotto il sole cocente
Questa è la vita, abbiamo inteso!
Brucio e vi vedo ardere chiedendomi
perché?
Perché, ragazzi
con le tempie imbiancate,
ora ci affanniamo a capire?
Semplicemente la festa è finita!
È finita da tempo per noi
La sentite la musica?
Li vedete i bagliori?
Quella luce non è nostra
Non c'è più tempo, amici miei
La sentite l'aria intiepidirsi?
 
 
 
Sarajevo
 
È di un cavaliere errante il respiro
e suo il fumo
che come un pensiero mite
inarrestabile si innalza
e libero dalle labbra evade
verso verdi prati
e terre coltivate a granturco
e sopra le teste dei contadini
che con le loro forche
alzano il fieno al vento
 
E del passo del suo cavallo
è il fruscio di foglie secche
che risuona nell'aria
come il cembalo di una festa
ormai finita
Tra i rami
fasci luminosi di lame metalliche
colorano gocce di rugiada
e scintille si liberano
a salutare il nuovo giorno
E poi luce al di là dei rami
e delle foglie
e forse al di là delle nuvole
oltre i pensieri
forse più in alto delle speranze...
...Forse
 
È di un cavaliere errante lo sguardo
e suo il pianto
che come la morte
senza ritorno
di lacrime copre i prati fumosi
e le bandiere di terre tormentate da secoli
e i volti spenti di cadaveri
simili a donne e uomini conosciuti
e amati
come popoli di donne e uomini
indaffarati a vivere
di calzolai e di lavandaie
e di pastori e di meretrici
e dei loro figli
E come la notte
il dolore spegne le speranze
e il fuoco che le genera
Ma vicino
in un tempo infantile
tra i rifiuti e le carcasse di automobili
un fiore si affaccia
e ignaro restituisce colore e profumo
alla terra violata
 
E di un cavaliere errante
è il respiro
e suo il fumo
che come un pensiero
fiero
inarrestabile si innalza
e libero dalle labbra
torna verso verdi prati
e terre coltivate a granturco
e sopra le teste dei contadini
che con le loro forche
alzano il fieno al vento.
 
 
 
La mia generazione
 
Il ragazzo guardò avanti
e il vento gelido
e i sogni via come il fumo
e le lunghe ombre
e il sole morente
 
Il ragazzo si voltò
e il ricordo di occhi terrorizzati,
di aghi nelle vene
e l'immagine di giovani sudari
e di corde appese
 
L'uomo asciuga ora una lacrima
Quale prezzo avete pagato, angeli
per non vedere il sole morente?
 
 
 
I viandanti
 
Viandanti in cammino muovono nubi di polvere
che sopra gli alberi si disperde nel vento
Passi pesanti convergono al centro
Chiese gremite e moschee a dare la direzione
Sulla riva del fiume asceti dagli sguardi spenti
e anime che vagano altrove
 
Poco lontano, come non visto
un bambino muove le braccia
Davanti a lui una farfalla
Un pensiero e già sono lontani.
 
 
 
Preghiera
 
Cammino sui gradini di San Fermo
ed una voce lontana mi giunge
come il soffio caldo dell'estate
Vago in chissà che direzione
trascinato da volti e mani sconosciute
 
Di nuovo la voce ad inquietare
il mio già convulso cammino
Intendo parole d'amore,
di pace,
d'eternità
 
Signore!
Te ne faccio dono
ma regalami un'ora
in cui seduto sotto una quercia
sarà l'ombra la mia unica pena...
...Che mi ripari dai raggi del sole.
 
 
 
Cavalli bianchi
 
Cavalli bianchi docili e silenziosi
mi accompagnano,
ornati come a Siena in agosto
trascinano i loro stanchi culi,
il morso li costringe a sorridere
e qualcuno di nuovo dice:
"Guarda si stanno divertendo"
 
Mi accompagnano in questo viaggio
con mani forti che furono
unico mio riparo
nei lunghi giorni di pioggia,
mi hai riempito le tasche d'amore
Perché solo quello hai trovato
Perché solo di quello ho vissuto.
 
 
 
 
Capo Testa 01/01/2000
 
C'è un sogno appoggiato sopra il mare
per caso e pendente da una terra arida
C'è un angelo seduto su una tavola
e il suo sguardo si impaurisce
riportato dal pensiero a stagioni calde
a esplosioni laviche
a boati assordanti
e schizzi d'acqua che quasi erano pioggia
E ora sulla terra bruciata
giganti di panna montata dura come la vita
si abbracciano
e a stento resistono al gelido vento del nord
Ai loro piedi fauci spalancate
rigurgitano anime che poco ricordano
del tempo e dello spazio
In lontananza un orso mostra la sua imponenza
e un barbaro biondo risale la sua schiena
e con rispetto, a piedi nudi, riposa sul suo capo
E tutt'intorno sabbia dorata
e poi acqua limpida
 
Sulla riva quattro ragazzi siedono rivolti al sole,
sopra le loro teste un gabbiano gracchia
e immobile è sospeso dal gelido Maestrale,
i loro occhi sono lucidi di gioia
si guardano appena,
silenziosi
e quasi dimenticano di produrre e consumare
e quasi dimenticano di non saper volare.
 
 
 
 
La rivoluzione
 
Il mio primo vagito
e lontana la rivolta
a conclusione della stagione leggera
Il vento caldo sulle immagini colorate,
sulle sottane tagliate
e come un'esplosione
uno sputo al passato
e la rottura
Forse eravate solo simboli pubblicitari
del mondo abbandonato
Forse solo i morti a godere, ignari
del futuro,
del nuovo rinascimento
 
E dalla musica
e dalle mani tra le gambe
ai pugni alzati per le strade
alla conquista del nuovo mondo
Graffiti e frasi da tesi di laurea
Anfetamine e copule nelle fumose aule
ora colorate
a dispensare, ora consapevoli
il nulla consueto
 
Che è rimasto dei fumi
Che è restato degli odori di quell'arrembaggio
Delle canne
E delle lezioni dei bambini ai bambini
Che è rimasto
Dello splendore per sé e non per noi
Niente è cambiato
ma per quella notte sudata ne è valsa la pena
 
Voi ora siete arrembati perché è nella natura
che la mela matura
E poi appassisce
Dove sarai ora!
Unico capolavoro
Dove sarà la tua pistola tenuta sopra il capo
e puntata contro il nemico
per uccidere il flusso
immagine che sola vale a rimpiangere
la mia attuale giovinezza
 
Io cucciolo in quel marasma
ignaro e ai margini
osservai l'allegria
troppo giovane e immaturo
per mettere il mio fiore nel cannone
E con la blusa nera all'asilo
Il vecchio continuava a vivere
là avreste dovuto colpire!
Allegri rivoltosi
Quella blusa andava bruciata non le bandiere
americane
Noi avreste dovuto cercare
La coerenza e l'impersonalità avrebbero guidato
il cammino
 
I passi finirono
E quei quattordici corpi addormentati in banca
non si risvegliarono più dall'inverno
Il 12 dicembre finì il sogno
Il nemico è forte
è nelle viscere e nel vostro sangue
come un virus incazzato e appena scalfito
dai vostri respiri e dalle nostre bestemmie
 
Ora il mondo non si cambia
Ora solo campi in fiore e a cingere il capo
e camicie a ricordare lontane e ormai morte
civiltà
Ora siete liberi di passarvi lo scolo
Senza falsità
O con la più grande delle bugie
La fratellanza
 
Vi ho guardati, uomini e donne,
chini su un juke box ad ascoltare
il Re delle lucertole
Il profeta della fuga "Entrate nella foresta
(bambini".
 
Lui aveva capito!
 
E alla TV quattro pazzi
Schegge e rigurgito di una festa
che non si è bastata
Voi risvegliati dal torpore dell'alcool
e da gaudenti filosofi del nulla
e teoremi di una scopata collettiva
che tale è rimasta
Con il sangue dei fratelli a coprire
il divenire di una nuova primavera
Rivoluzionari ma perdenti assassini
contro il naturale appassire delle mele
 
E in fondo un'auto
E nel bagagliaio il capolinea del viaggio
suicida
e dei viandanti
e dei bambini ormai maschere perenni
del carnevale mai finito.
Ma che avete fatto?
Perché non siete rimasti nelle canzoni?
Perché non siete stati tra le cosce delle ragazze?
Che ora si appendono sui cartelloni
elettorali
O dietro sportelli antiproiettili contano
i soldi dei vostri "padroni"
e dormono nei loro letti
Perché non siete stati con loro?
A glorificare l'utero con le dita alzate
Perché non siete stati a godere di quelle
cosce disponibili per passione
e ora tanto austere
Quella era la rivoluzione!
Per leggere l'opera 2° classificato al concorso Poeti dell'Adda 1999
 
Per leggere la prefazione del libro " Poesie dell'aratro e della farfalla"
Per leggere alcune poesie tratte dall libro " Poesie dell'aratro e della farfalla"
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