LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Nina Nasilli
Nina Nasilli, nata nel 1968, inizia a scrivere poesie all'età di sette anni e presto attira l'attenzione dei soci della Società Dante Alighieri che la stimolano a pubblicare sulla rivista Autori Polesani, e su una antologia da loro patrocinata, a partecipare a serate, concorsi e gemellaggi poetici. Per un periodo di circa dieci anni a partire dalla V ginnasio non si espone più in pubblico. E mentre si diploma al liceo classico e si laurea a Padova in Lettere antiche, conduce una vita estrema e sfrenata, notturna e vagabonda, tra Padova, Venezia, Roma e Milano. Nel '92 la sua sensibilità sofferente e la sua 'urgenza' emotiva trovano anche nella pittura un mezzo di espressione. I suoi quadri vengono esposti nel corso di una mostra personale a Thiene nel maggio 1996. Nella sua vita artistica di fondamentale importanza è l'incontro, nel '96, con una delle figure più significative del Novecento, Ottiero Ottieri, il quale, venuto casualmente in possesso dei testi giovanili della Nasilli, li reputa di grande interesse e, dopo averli sottoposti al vaglio critico di Enzo Siciliano, ne fornisce una recensione apparsa sulla rivista Nuovi Argomenti nel numero di luglio-dicembre 1997. Da allora la Nasilli e Ottieri, hanno continuato a tenere una fitta e intensa corrispondenza intellettuale, che ha in qualche modo costretto la poetessa a rimettersi in gioco e... in mostra. La Nasilli, nella sua continua ricerca di risposte allo stupore suscitato in lei dall'esistenza umana e dal mondo delle cose, compone prevalentemente versi sciolti, in italiano e anche in inglese. Non manca qualche esperimento in latino.

 
 
Dichiarazione
 
Che volete?
Volete vi dica che l'abisso s'è rimesso a guardarmi,
che una cavallina è ritornata per me,
o che i cocci sul muro mi feriscono di nuovo?
Volete che inventi uno sguardo torvo, rosso di fuoco rinnovato,
che rovina nel cuore?
Volete ch'io gridi di rabbia contro la nebbia perché non si dissipa?
No! Non è vero.
E non voglio.
Sono nata nella nebbia...
Sarebbe troppo facile per voi ritagliare la mia pezza malata
e spacciarla per buona:
mi ribello a chi usa solo pensieri
cercando l'enfasi nella tortura.
Rispettate la tortura,
è anche un punto di partenza!
Vi concedo la mia memoria stanca,
e i miei occhi.
Ma non un'anima finta.
Non un cuore artificiale.
Ho vissuto davvero,
per questo amatemi.
Almeno, non odiatemi.
Le mie parole sono piene di vuoto,
però l'assenza di gloria non me le ruberà:
come un alito di vento che non disturba,
e non presagisce stagione,
come l'ombra muta di un gatto che dorme sul tetto,
o sotto il divano - non importa: quanti gatti, tetti, divani... -,
come la preghiera sommessa di un'abitudine
(in una piccola cattedrale del sud),
come la pelle sottile arrossata dal freddo.
Nessuno può evitarlo.
Tutti possono guardare.
È un modo, è umile.
Non vi chiedo di farmi grande,
non di riconoscermi per le strade a voi note.
Un sentiero sterrato nel giardino di rose,
senza scansione urbana del tempo,
solo il sospetto del rumore:
io ho avuto il coraggio di guardarmi,
e di avere paura.
 
 
 
 
Un ritratto
 
Giovane vigore dipinto sull'anca
muove un tremore che freme di morte.
Giada opaca
è spenta sul volto
(mentre mangia un biscotto che non sa di niente).
La bocca non è di Greta smaniosa,
ma quando ride smaglia la vita.
 

(1985-86 ca. Apparsa nel numero di luglio-dicembre 1997 di Nuovi Argomenti con una recensione di Ottiero Ottieri)

 
 
 
 
Poesia
 
Erpe silente
una nota melodiosa:
l'interrompe il contrappunto
della parola.
 

(1987)

 
 
 
(Sulla copula poetica che s'incaglia e indugia, poi tace)
 
Le nuvole
nuove
armi
cospirano
coi giunchi
scossi dal vento
lucidi bagliori blu
sui marciapiedi metropolitani
se di notte
batte
(nella mente)
pioggia sottile.
 

(1998)

 
 
 
La muffa
 
Moriremo un giorno
noi due,
anche di più,
e l'orrore increspa
i pensieri placidi usuali.
Tra quelle pieghe
una muffa odorosa
di terra
e di cera
come mucillagine
sparsa
da onde acerbe e funeste
stillando uccide
prima che mai.
 

(2000)

 
 
 
 
L'incubo
 
L'incubo inculcato
si è incuneato
in un cunicolo cieco:
la morte
ossessiona le ossa
e stridono
un ossimorico canto.
 

(2000)

 
 
 
 
Stiamo affondando
 
Stiamo affondando
senza amore
e soffochiamo
come teste dentro sacchetti di plastica,
soffiando e respirando.
La bellezza in frantumi
ha lasciato solo tracce di rossetto
sparse su qualche volto
innocente.
L'aria che manca
scuote poche foglie semplici
ignorate dai passanti
inquieti - ciechi.
 

(2001)

 
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Agg. 07-09-2003