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Mario Vierucci


Mario Vierucci di anni 72, vive da sempre a Livorno. Fin da giovane ha sentito il bisogno di esprimersi attraverso la pittura. È amante anche della musica classica di cui, tutt'oggi, è un vero appassionato. Inoltre, da alcuni anni ha incominciato a scrivere poesie e racconti in forma poetica.
Ha partecipando a vari concorsi letterari ottenendo spesso apprezzabili riconoscimenti.
Tutte le sue opere quindi sono state inserite in varie antologie. Ed in questo libro ha desiderato raccogliere quelle che gli sono più care.

Mario Vierucci nel mese di agosto 2007 ha pubblicato con Montedit "Una vita nel deserto" - Collana I gelsi (poesia e narrativa) - 14x20,5 - pp. 38 - Euro 5,00 - ISBN 978-88-6037-398-4

Clicca qui per leggere il racconto Una vita nei deserto

Clicca qui per leggere la presentazione e l'incipit del libro "Una vita nel deserto"

Berlino - '66 - (Storie infinite)
 
Introduzione

Dopo lunghe ed accurate ricerche si può ben dire, senza ombra di smentita, che il Mefitis
(1) è da sempre il più famoso ed il più famigerato Café di Berlino. Già, perché oltre essere un locale con tanto di musicisti russi che suonano la balalaica e di ungheresi che suonano il violino, è un ritrovo esclusivo di medium, veggenti, spie pericolose, poeti, scrittori e vecchie prostitute dagli occhi ancora languidi divorati dalle rughe.
Ma è il 6 di ogni mese, verso la mezzanotte, che il Mefitis diventa il locale pubblico più pericoloso di Berlino, quando appaiono qua e là crocifissi appesi alla rovescia e frasi blasfeme scritte col sangue in gotico antico. Il che sta a significare che sotto mentite spoglie stan girando tra i tavoli giovani demoni di belle sembianze che trasudano ambiguità da tutti i pori, intrappolando così gli avventori in una fitta rete di bugie e di inganni inauditi.
Ed è allora che ti puoi trovare accanto un poveruomo che per uscire dal tunnel della disperazione o per un solo boccale di birra venderebbe anche l'anima al diavolo.
Ora si dette il caso che la mattina di quel 6 Novembre '66, il nostro Huseyin Guzey avesse bevuto molti, forse troppi bicchierini d'assenzio in compagnia di uno sconosciuto squisitamente elegante e di belle sembianze...


- 1 -

6 Novembre '66 - L'incontro al Café Mefitis
 
Dal Bosforo arrivò un vento amico che soffiò sopra la mia testa. Cosi, canticchiando e fischiettando, camminai velocemente per le vie della città. Ma quando arrivai nel Distretto di Prezlawerber, nel cuore di Berlino, assai vicina sentii una strana presenza, come un demone invisibile sempre un passo davanti a me ed allora incominciai a tremare di paura...

Tutto ebbe inizio nella tarda mattinata.
Avvolto nella nebbia, un uomo di bell'aspetto vidi entrare al Mefitis,
il famigerato Café di Berlino Est.
Non passò certo inosservato per la squisita sua eleganza
con quel doppiopetto di seta nero ed il rosso turbante.
Uno sguardo torvo lui gettò intorno a sé salutando con un gelido "guten Tag".

Si sedette quindi a me vicino presentandosi come Alexander Minoss ed al vecchio barman ordinò sei bicchierini d'assenzio.
(2)

Della scienza dell'occulto poi mi parlò e di pratiche esoteriche.
Così, fino al tardo pomeriggio l'ascoltai e ne rimasi come affascinato. Eppure, un che di ambiguo e di maligno notai nei suoi occhi
e senza età mi parve il volto suo olivastro dai tratti un po' orientali.
Poi uscimmo dal Café,
e gentilmente lui m'invitò a casa sua per le undici di sera e mi disse:
"Tu, caro Guzey, sei un poeta ed amante del bello, io lo so!
Vedrai allora cose interessanti e poi e poi... " - aggiunse, enfatizzato dall'assenzio -
"con la tua mano nella mia mano, tu uscirai dalla dimensione del nulla
e così, insieme ascolteremo ed assaporeremo il respiro del tempo
là dove si trasforma in un'eternità mai vista, forse più unica che rara".

Ciò mi disse Alexander Minoss tutto d'un fiato e poi sparì nella nebbia.
E nella nebbia io sentii la sua voce bivalve e misteriosa che mi diceva:
"A mezzanotte sarai mio, Guzey!"
Molto strane in vero mi parvero le sue parole
e perciò rimasi lì fermo sul marciapiede, un po' interdetto.
Intanto il cielo si tingeva di avvoltoi dal folto piumaggio visibilmente affamati...

Mi avviai quindi verso casa, al n. 666 della Friedrickstrasse,
ignaro che il buio avrebbe corteggiato il fondo sabbioso del mio abisso.



Ma al crepuscolo m'addormentai ai bordi della strada ed in sogno mi ronzarono intorno sei farfalle crepuscolari con ali bellissime e tragicamente fragili. E d'un tratto, tutte e sei si fermarono in fila davanti ai miei occhi ed in quelle ali vidi allora il crepuscolo del mio spirito, la cui elevatezza certo non era più quella di quando a Istanbul, con la cappa e con la cotta servivo la S. Messa da bambino.

E così, vestito di tutto punto,
mi avviai verso il n. 666 della Fesenenstrasse.
Salii ripide scale ed arrivai in cima al palazzo di Alexander Minoss.
Bussai alla sua porta e con modi squisiti lui mi fece entrare.
"Assai bello è questo attico con vista magnifica su Berlino Est" - io pensai -
"ma è strano che su questo pavimento di lucidissime mattonelle,
vi siano torce accese e fiammelle tremolanti sparse un po' ovunque".

Da una finestra vidi una piscina dalle acque rosse ed agitate,
mentre nell'aria si sentiva la musica incalzante della Cavalcate delle Valchirie.
Poi, entrando nel soggiorno, vidi Alexander che sollevava un tappeto del Kashmire
ed una botola con sotto una scala vidi subito apparire.
Fui allora invitato, con modi persuasivi, a scendere quella scala
fatta di corda e di teschi appartenuti a personaggi antichissimi assai famosi.



Ma lì per lì, fra gli impulsi del mio sangue sentii una preoccupante anomalia.Ebbi allora il presentimento che mai più avrei potuto determinare il mio futuro, né sarei invecchiato nel mio maniero (l'unico della Friedrickstrasse), e peggio ancora, non mi sarei fatto bianco nelle stesse mura...

Ma giù, infondo alla scala, mi trovai in una orribile caverna,
dove Lucifero (3), d'inesprimibile bellezza, stava ruminando a testa bassa.
Poi incominciò a mischiare il salnitro con lo zolfo
fissandomi con i suoi occhi terribili dalle iridi rosa chiara e le pupille rosso scuro.
 
E nudo come un verme, s'avvicinò ora Alexander Minoss
che mi spronò a camminare in altre caverne
che dei dannati sembravan proprio le dimore ideali.
Eran luoghi orrendi con crateri e pietre infuocate sparse un po' ovunque
mentre nell'aria sì sentiva un maleodorante odore di zolfo che ti toglieva il respiro.

Poi scesi più giù, verso il centro della Terra,
e lì scorsi creature terrificanti che mi osservavano minacciose nell'oscurità.
Alcuni dannati vidi negli angoli più bui e di tutti udii gemiti e strazianti lamenti.
Altri ancora mi guardarono con occhi infuori che bramavano la luce
e poi, sghignazzando con bocche sdentate, mi salutarono in modo scurrile.

Ma all'improvviso, Lucifero, i demoni e i dannati,
m'apparvero ancora più orribili, grotteschi e incredibili.
Più volte sbattei allora le palpebre e rigirandomi nel letto,
pian piano m'avvidi che stavo sognando.

Ma passaron tre secondi e sentii che nel sogno ero ancora intrappolato.
Mi si avvicinò ora un dannato che verso di me tirò un tizzone ardente
che tutto m'avvolse nelle fiamme. E l'urlo mio di dolore
l'eco lo ripetè all'infinito fra le volte dell'immensa caverna.

Alfine mi svegliai, ma sulla mia fronte vidi allo specchio due corna attorcigliate,
e così vidi svanire la mia bellezza turca davanti agli occhi incapaci di fermarla.
"Vivrò forse in un mondo parallelo" -pensai allora -
"O sarò in balia d'un diabolico destino, chissà... "

Ora non mi restava che attendere il futuro, lì, fra paure e cattivi presagì
è senza alcun suono o canto, né voci o rumori intorno a me.
Ad un tratto però, mi s'arroventò il viso ed il corpo,
si fece buio negli occhi e del mio sangue sentii un rombo alle orecchie.
Sentii allora il freddo nell'anima non meno che nel corpo
e buttai giù grog assai bollenti per non cadere in uno stato d'irreversibile follia.

E nella mia ebrietà, ora ascoltai un'eco di giornate di piacere.
Mi sovvennero allora versi proibiti di voluttuose e lunghe notti,
e poi voci dì sesso e di lussuria, voci velate
cui io avevo rimosso il velo con le mie poesie più belle.

Alfine esplorai i territori più oscuri della mia mente,
ma di lì a poco mi smarrii in un labirinto d'angosce.
Assai confuso, uscii quindi nel vento e guardai la luna all'orizzonte,
mentre in alto riso stringeva le smorfie del deh.

Intanto la notte aumentava paurosamente e correndo apparvero i suoi demoni,
per strappare l'anima mia dannata e mostrarla a tutta Berlino...



Ma dall'Oriente arrivò ancora il vento mio amico che a me tutto si strofinò, mentre fra gli alberi del Tiersartt si movevano vapori tesseri che illuminavano il mio volto e lo coprivano di un'ombra. E come ombre funeste, vidi in sogno sei ballerine indemoniate dallo sguardo allucinato che si esibivano nelle danze sensuali del Madasascar.

Ad un tratto però, mi svegliai di soprassalto ed incominciai a correre nell'oscurità urlante.
Così arrivai alla Porta di Brandeburgo e lì vicino attesi un taxi.
Ma all'improvviso spuntò lui, Alexander che dentro una limousine
con forza mi spinse e poi sparì nel nulla.

E lì seduto, mi vidi accanto una signorina dall'aria vissuta di nome Feyzar,
con le gambe accavallate che a sé m'attirava con lo sguardo suo assassino.

Ma ad un tratto, con voce calda e suadente mi disse:
"Il valzer lo sai ballare, io lo so !. Rilassati caro Guzey.
Troveremo un bel locale a Berlino Est o a Berlino Ovest. Lì ci divertiremo e poi e poi..."

Intanto mi guardava con gli occhi suoi vitrei ma belli
che su strane fantasie mi facevano cullare.
Quindi a me s'avvicinò senza riguardo, né pudore e né pietà
e contro il mio petto il suo petto premette, caldo ed ansante.
Perciò estasiato accarezzai le sue mani e tutto sentimento mi feci per lei.

Fu allora che dal suo corpo s'alzò un tenero fumo sulfureo
ed io scivolai in una rischiosa intimità...



Ma fu un'intimità che mi provocò un bel sonno profondo. E sognai le unghie di Feyzar, che grattavano il sedile e quel grattare cos'i unico e regolare mi piacque da morire. Così mi aggirai fra le ombre buie dei morti, via volando sperduto. Allora misi la testa fuori dal finestrino e detti l'ultima occhiatina in giro per vedere tutto ci che stavo lasciando sulla terra...

Ma al risveglio, il sospetto lasciò il posto alla certezza:
tutto ormai accadeva come Feyzar voleva.
Ed ora, purtroppo, mi guardava con gli occhi del maligno,
mentre la sua bocca più non lasciava passare un sorriso.

E d'un tratto, accadde quel che io già temevo:
s'aprì nella limousine una voragine sotto i miei piedi
e vidi il cono infernale (4) che ben conoscevo con le fiamme, i demoni
e Lucifero che col tridente punzecchiava i dannati più anziani e indifesi.

Ormai ero rassegnato e rimasi lì immobile.
Del resto nient'altro mi restava da fare, perché l'inferno era di nuovo lì,
sotto di me e forse già dentro di me e solo eventi diabolici io vedevo e sentivo.
Certo, la mia mente era in deliquio, eppure ancor di più mi sentivo attratto
da queste forze malefiche che fino al giorno prima erano a me sconosciute.

E fu proprio in quell'attimo che uscirono dal mio corpo i semi grandi e piccini
di tutte le mie paure e di tutte le mie ossessioni.

Così tutto era compiuto.

Intanto il calore delle fiamme, sempre più vicine, il viso e corpo mio avvampava,
mentre dell'amata Feyzar sentivo la mano che dietro la schiena mi premeva
e nella voragine di fuoco ora mi spingeva sempre più giù, sempre più giù ...
 


- 2 -

6 Dicembre '66 - Huseyin Guzey nel Café Mefitis, a caccia della prima anima...

Huseyin Guzey si fermò su un marciapiede dell'Alexanderplatz e d'un tratto si trovò accanto un albino di bell'aspetto con i capelli bianchi e radi e g/i occhi dalle iridi rosa e le pupille rosso scuro. Allora lo guardò attentamente e in virtù dei suoi poteri, seppe che era Monsieur Jean Claude Fontainbtoi, un poeta francese nativo di Carcasson. A sua volta,Jean Claude lo guardò perdendosi nel suo sguardo turco tanto bello quanto ambiguo.Fu allora che suo malgrado si strofinò (se è lecito dirlo) nella farina del diavolo.Ne ebbe alcun sospetto auando Guzey si congedò e gli disse con un falso sorriso: "A" bientot, Jean Claud, a bientot e... au revoir!"

Avvolto nella nebbia, quel turco di Alexanderplatz vidi entrare
qui al Mefitis, il Cafè più famigerato di Berlino Est e Ovest.
Era assai elegante nel suo doppio petto di seta nero ed il rosso turbante.
Uno sguardo torvo lui gettò intorno a sé salutando con un gelido "guten Tag".

Poi si sedette a me vicino presentandosi come Huseyin Guzey
ed al vecchio Barman ordinò sei bicchierini d'assenzio. Quindi, della scienza dell'occulto mi parlò e di pratiche esoteriche.
Così, fino al tardo pomeriggio l'ascoltai e ne rimasi come affascinato.
Eppure un che di ambiguo e di maligno notai nei suoi occhi
e senza età mi parve il volto suo dai tratti turco - orientali.

Infine uscimmo dal Café
e gentilmente mi invitò a casa sua per le undici di sera e mi disse:
"Tu, Jean Claude, sei un poeta ed amante del bello, io lo so !
Vedrai allora cose interessanti e poi e poi...- aggiunse, enfatizzato dall'assenzio -
"con me uscirai dalla dimensione del nulla
e così, insieme assaporeremo il respiro del tempo
là dove si trasforma in un'eternità davvero più unica che rara".
Ciò mi disse tutto d'un fiato e sparì nella nebbia.
E nella nebbia io sentii la sua voce bivalve e misteriosa che mi diceva :
"A minuit, tu serai a mai, Jean Claude!"

Ed io rimasi lì, sul marciapiede, un po' interdetto
mentre il deh si tingeva dì corvi dal piumaggio nero con riflessi blu, visibilmente affamati...
Mi avviai quindi verso casa, al n. 666 della Wagnerstrasse,
ignaro che il buio avrebbe corteggiato il fondo sabbioso del mio abisso...
 


Epilogo

A mezzanotte o giù di lì, Monsieur Jean Claude Fontebloi entrò in casa e tutto si sentir avvampare nel viso e nel corpo. Preso dalla paura, andò titubante allo specchio e vide svanire la sua bellezza albina davanti asti occhi incapaci di fermarla. E il peggio, si sa, doveva ancora venire


Ogni riferimento a persone, luoghi e cose è puramente casuale
 

Livorno, 5 Novembre 2007


(1) - Mefitis: Questo nome ci-porta molto indietro nel tempo, addirittura al 6 Novembre 1666, giorno in cui un albino di belle sembianze, un certo Serafin Calvalcabò, nativo di Cremona, aprì a Berlino una locanda con mescita di birra, liquorini orientali e distribuzione di sostanze ricreative allora tanto in voga.Il suo locale Cavalcabò lo chiamò "Mefitis", nome questo appartenuto alla famosissima Divinità delle Esalazioni Terrestri, venerata anticamente in alcune zone del Sud e del Centro Italia, ma maggiormente proprio nei pressi di Cremona.
(2) - Assenzio: Considerato fra le più funeste bevande alcoliche, era il liquore preferito da alcuni poeti maledetti come Arthur Rimbaud, Paul Verlain e tanti altri ancora.
(3) - Lucifero (Portatore di luce): Nome usato talvolta da Giobbe nei Salmi e nel Nuovo Testamento. Nel secondo secolo, Turtuliano (seguito poi da San Gregorio Magno e da altri) interpretando figuratamene un passo di Isaia (XIV, 12) - in cui il Re di Babilonia caduto in abiezione è chiamato Lucifero- fece nascere la tradizione che tale fosse anche il nome del Principe dei demoni, ex angelo decaduto. In tal senso, il nome passò nell'uso e più volte fu adoperato anche da Dante Alighieri (n.d.r.)
(4) - Cono infernale: Non a caso, Dante Alighieri immaginò l'Inferno come un "vallone conico" con il vertice rivolto verso il centro della Terra.

 
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Agg. 26-11-2007