LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Home Page di
Marcello Lorenzotti

"Mi chiamo Lorenzotti Marcello. Ho 60 anni. Dal 2003 sono pensionato delle FS Trenitalia, dove per trentacinque anni ho svolto funzione di Capotreno nel DPV di Roma Ostiense prima e di Roma Termini poi. Il mio titolo di studio, per motivi familiari, si è dovuto fermare alla Terza Media.
Oltre alle poesie inviate, ho scritto sei racconti e un romanzo, "Via dall'alone di nebbia" il quale è stato segnalato dalla la Giuria, nella scorsa edizione del Premio "Jacques Prévert 2005". Altri racconti sono:
"Ritrovare Vega", spedito al Prévert 2006, racconto lungo.
"Con gli occhi di Mario"
"Il bacio di San Silvestro"
"La vecchia penna"
"Venerdì 17 novembre"
"La lunga notte di Valeria e Giulio", inviato "Jacques Prévert 2004"
 


La vecchia penna
Era piovuto durante l'intera mattinata e persisteva ancora quel ticchettio noioso e giocherellone che si divertiva a punzecchiare, come tanti piccoli spilli, le guance di quanti fossero sprovveduti dell'ombrello. La pioggia, però, anche quando nel pomeriggio s'era fatta minacciosa non aveva avuto il sopravvento sulla frenesia degli acquisti natalizi, per cui le strade erano rimaste affollate di gente frettolosa e insolitamente euforica.
Anche Giulio, un signore sulla cinquantina impiegato al Ministero delle Finanze, passeggiava sotto quella pioggerellina dispettosa, ma alieno dalla febbre collettiva per il regalo a tutti i costi anche perché vi aveva già provveduto con due libri: "Dieci piccoli indiani" di Agata Christie per Ivana sua figlia, e il "Talismano della Felicità" per Eugenia sua moglie, bene impacchettati e chiusi nella scrivania in ufficio, in attesa d'esser collocati, al giusto tempo, sotto l'albero. Lui, per sé, già intuiva la solita sciarpa di lana con ennesima variante di colori e qualità, regalo congiunto di moglie e figlia. Ma forse no! Forse quest'anno poteva essere la volta della cravatta, naturalmente griffata. Giulio, così fantasticando, oziava davanti ai negozi del Corso. Entrò in una libreria a curiosare tra i libri bene ordinati negli scaffali. Tempo ne aveva: con moglie e figlia si erano dati appuntamento per le diciannove in Piazza della Rotonda, al Pantheon, capolinea del bus 94.
Nella storia tra Giulio ed Eugenia non era mai esploso, neanche al suo inizio, il grande amore, nessun fulmine li aveva colpiti. Reduci ciascuno da una propria amarezza affettiva, cicatrizzate tuttavia in entrambi, le ferite, rimasti i soli segni occultati sotto i panni del tempo, si erano incontrarti a un ballo in casa di amici durante un'uggiosa domenica pomeriggio di fine febbraio. Si erano attratti quel tanto che basta per accettarsi, piacersi e condividere con tranquilla linearità i loro percorsi incrociati in un'unione in seguito consacrata dal matrimonio e confermata dalla nascita d'Ivana. Non passava giorno, però, che Giulio non pensasse al mare nel quale era naufragata la sua più profonda aspirazione: cicatrice visibile agli occhi della propria intimità, anche se stemperata, nel tempo, dal dolore iniziale. Persisteva dunque, dolce, il ricordo che si disegnava nelle fattezze di una giovane donna dal sorriso di ciclo in una limpida giornata d'agosto, e che sempre lasciava immaginare la gioia di una festa, i capelli luminosi come biondo grano in giugno. La memoria del cuore rincorreva allora, con antico, gioioso rimpianto, Faustina e i bei tempi del Liceo. Faustina: storia d'amore unilaterale, vissuta quindi nel muto vibrare di un cuore, il suo. Amarezza di un'occasione di felicità perduta perché prodotta non dal rifiuto di lei, ma da una sua rinuncia: ciò non di meno cocente, specie i primi tempi, come si fosse realmente concretizzata per poi protendersi piena di vitalità e passione e consumarsi, invece che unilaterale, come storia a due. Lui, timidissimo compagno di banco e innamorato silenzioso, si accontentava esserle vicino e osservare, non visto, lineamenti e gesti, udirne la voce. Faustina doveva essersi accorta del suo ermetico sentimento e forse n'era lusingata ma non lo aveva incoraggiato, così lui pensava, nel probabile timore di perderne la stima; oppure, quel che più temeva, esser costretta a opporgli un rifiuto, nel caso... Perché, corteggiata com'era, Faustina, un po' da tutta la classe maschile, era proprio impresa disperata doversi dichiarare! Non gli era stato possibile, e unico imputato altri non poteva essere che se stesso, vittima della propria opprimente timidezza. Forse, congetturava altre volte, Faustina si sarebbe aspettata un approccio da lui, mentre lui, "bah!"... Enigma senza soluzione, che lo accompagnava, d'allora, durante tutto il tempo. I loro rapporti erano sempre intercorsi rispettosamente amichevoli, forse troppo. Convinto non poter mai scalare il monte che conduceva alla vetta del cuore di lei, nel giorno del commiato aveva compiuto un'azione temeraria; commesso, cioè, un piccolo reato nei suoi confronti: le aveva carpito un caro ricordo, una penna stilografica, oggetto semplice e di non gran pregio economico, al quale la ragazza era però affezionata, perché regalo di Cresima avuto da una cara zia. Per lui era stato come prenderle una parte di quel cuore che riteneva inaccessibile. Se n'era impossessato da ladro, certo, ma si era trattato nient'altro che di un ingenuo gesto d'amore, benché sotterraneo. Almeno per lui, almeno così credeva: una compensazione, a ogni modo, alla ferita infettasi nel rinunciare a dichiararsi, a provare, a tentare l'apertura di una breccia nel cuore di lei, ponendosi quindi un rifiuto alla scalata e conquista della vetta dove quel suo irraggiungibile cuore alloggiava. E allora aveva preferito prenderglielo quel pezzette di cuore, impadronirsene in quel modo fantastico e improprio, e aveva dovuto accontentarsi: non avrebbe potuto fare altrimenti...
Curiosando tra i libri, l'uomo insegue queste considerazioni miste oramai a bianco rimpianto; le stesse di sempre, del resto, da trent'anni a questa parte, appunto, quando sente una voce pronunciare il suo nome. Si gira di scatto, attirato dal timbro e dal tono, e vede che... "Uh Oddio!" Vede che due occhi riflettenti l'azzurro del ciclo in una non più tanto limpida giornata, l'osservano stanchi, sorridenti tuttavia.
« Giulio! » ripete la voce.
« Faustina! » esclama l'uomo, animato da quello sguardo.
« Quanto tempo! »
« Come stai? »
« Io bene e tu? »
« Io anche, grazie! » Giulio rimane a contemplare incantato la visione: erano stati i suoi pensieri a provocarla?... "Ma no," si dice: cose che possono sempre accadere, anche nella grande città, perché no?
Il bacio sulla guancia è delicato e apparentemente disinvolto, come tra vecchi amici o parenti. Si recano al bar più prossimo, siedono ai tavolini increduli di ritrovarsi l'una di fronte all'altro dopo tanto tempo; si raccontano stupiti e radiosi i loro anni lontani, le loro strade percorse lungo diversificati itinerari: itinerari desertici, dove avevano incontrato, pur nella diversa linea di scelta, qualche piacevole oasi: lei con un matrimonio sbagliato, confortato dalla presenza di un figlio. Giulio con la sua vita bianca, scandita da quotidiana linearità con la propria compagna, senza il grande amore, ma anche senza gran dolore. Sorbendo il caffè, con l'idea di risentirsi in futuro, spontaneamente si scambiano i numeri telefonici, da vecchi amici che dopo tanto tempo si ritrovano. Giulio, tradendosi, estrae dal taschino della giacca la vecchia penna stilografica che pone in mano alla donna, le detta il suo numero sull'agendina che lei ha estratto dalla borsetta. "Ma guarda guarda!" Faustina sente il cavallo da tempo sonnecchiante nel suo cuore inaridito, mettersi a galoppare e ad accelerare la corsa perché riconosce, tra le dita, l'inconfondibile oggetto sparitole trent'anni prima, proprio l'ultimo giorno di scuola e... che credeva perduto. Fissa il pezzetto di cuore rapitole in quel giorno lontano: non sa cosa pensare. Lo sguardo sembra non volersene staccar più. Alza gli occhi verso l'uomo, li socchiude in un tiepido sorriso, scuote lievemente il capo, come a chiedere...
« Volevo serbare almeno un palpabile ricordo di te, » si giustifica Giulio.
« E... perché? »
« Ora posso confidarmi: il tempo, cancella tutto e tutto smitizza: timori, silenzi, parole allora inespresse. » Così argomentando, la rimira con ancora intera la dolcezza tenutasi dentro tutti quegli anni. « Faustina, » bisbiglia arrossendo; « io ti amavo. Ho continuato ad amarti nel tempo; ma il tempo, questo signore crudele non ha potuto sopprimere né sminuire il mio sentimento per te nonostante altra donna, altri affetti... Non posso farci niente. Ti amo ancora Faustina, sebbene... » Preferisce tacere. Proseguire non occorre.
Faustina spalanca gli occhi, i begli occhi di ciclo: « E... come mai? » sorride visibilmente imbarazzata; le guance si colorano anche per lei. E' come non le riesca capire. « E perché, allora, non?... »
« Come potevo? Con altri più interessanti di me che ti stavano dietro... »
« E non hai mai pensato che potevi essere tu, il più interessante di tutti, per me? »
« No purtroppo, anche perché, veramente, tu non mi hai mai incoraggiato. » L'uomo, così parlando emette un profondo sospiro, sorride, abbassa il capo, lo rialza ponendo lo sguardo su di lei. « E poi temevo un tuo rifiuto, al quale non avrei saputo resistere. Mi mancò il coraggio, ammetto. »
« E così abbiamo sciupato le nostre due vite. Avremmo potuto, altrimenti... » Faustina s'arresta; anch'essa dopo un profondo sospiro e lo fissa negli occhi. « Non è così? » chiede, più a se stessa che non a Giulio.
« Non saprei, veramente. »
Rimangono entrambi a contemplarsi in silenzio.
« Io ti ho pensato ogni giorno usando questa vecchia penna, parte dei tuoi affetti. E' stato, per me, come rapirti una porticina di cuore e... ora che mi hai scoperto debbo rendertela. » E ciò detto gliela porge.
Faustina la prende e sorridendo la fa rotolare tra le dita. Lo guarda intensamente, gli prende le mani, vi passa una carezza, annuisce sorridente, poi lo scuote pensosa, perché rincorre il tempo trascorso in direzione opposta alla voce dei propri reciproci sentimenti, fattore oramai irrecuperabile: « Anche io ti ho pensato ogni giorno, sai? » confida; « chiamando ogni volta mio figlio, al quale ho messo nome Giulio. E sappi, anch'io mancai di coraggio nel non... » La voce s'è fatta incerta; le iridi, lucide, emettono appena impercettibili vibrazioni. Alza la mano per accarezzare il viso dell'uomo perduto e inutilmente ritrovato dopo un lungo, ignaro silenzio durato trent'anni. La mano dell'uomo scivola dietro la nuca di lei. Le labbra si uniscono in un delicatissimo bacio, diverso da quello soltanto amichevole e convenzionale scambiatosi nella gioia e nello stupore del ritrovarsi, prima delle confidenti scambievoli rivelazioni. Un bacio di innamorati stavolta, perché finalmente, ma troppo tardi, hanno potuto aprire le casseforti dei loro cuori entro le quali giacevano muti e pur vibranti, i propri reciproci sentimenti. Giulio chiude gli occhi, come a voler sorbire parte di quella felicità alla quale rinunciò per timidezza. Il bacio dura in indefinibile breve tempo, permettendo loro di recuperare in parte quello lunghissimo trascorso nella separazione. Poi lei: « Tienila. E' tua di diritto, » dice, e gli rida la penna, quel suo pezzettino di cuore già oggetto di ricordi e affetti, ora reliquia di una storia mai svoltasi nella sua interezza, nondimeno reale nella propria evanescente profondità e dono, ora, con quel pezzettino di cuore, di sé, simbolo, prova, non più furto, benché suggerito, a suo tempo, da romantico e nobile intento. E rapida si dilegua Faustina, dopo un'ultima carezza a chi ha saputo mantenere con ammirevole tenacia quel suo antico inespresso sentimento per lei attraverso le pagine bianche formanti il libro d'oro della loro storia, vergata a una sola mano con lettere di fumo, stampate a margine dal numero degli anni; e fugge via dissolvendosi nella propria solitudine fatta anche e soprattutto di acerbo rimpianto: ora più che mai, ora che stupita e tuttavia felice, sa, avendone acquisito conferma. E appunto per questo, ora che sa non vuoi sciupare tutto, tutto oramai fuori tempo, escluso il sentimento, che è bene rimanga puro e occultato. Una relazione guasterebbe e purezza e sentimento, considerando le loro situazioni e le strade intraprese.
Giulio, dal canto suo, scossosi dal sogno, sparita la visione, si accorge di tenere tra le dita un biglietto da visita distrattamente estratto dalla borsetta insieme all'agendina, e legge : "Prof.ssa Faustina Melià." Seguono indirizzo e telefono. Bacia e accartoccia il biglietto fino a renderlo illeggibile, consapevole non poter più recuperare nulla di quanto perduto, se non coltivarne memoria. Guarda l'orologio: già, deve recarsi là, dove anche per lui, sebbene confortato dall'affetto per la propria sposa, stagna una parte di solitudine e rimpianto. Fa ruotare tra le dita il pezzettino di cuore, solidità e simbolo del proprio sentimento, che accarezza e ripone nel taschino della giacca, cui proprio ora Faustina, la sua Faustina riemersa dalle nebbie del tempo onde rendersi di nuovo evanescente, promovendo il suo gesto d'amore, le ha fatto dono. Ma non può, al momento, godere di questo, che deve recarsi là, dov'è il suo posto di sposo e di padre; sì, là, dove si concretizza nel quotidiano, la sua scelta di vita, là, dove si sarebbe ritrovato alle diciannove con le sue due donne: capolinea bus 94, Piazza della Rotonda, al Pantheon.
 

 
La voce del vento
 
Soffia irrequieta
frusciando tra i rami
e ululando nell'aria,
la voce del vento.
Voce arcana, austera
nelle notti di tempesta;
e supplica e chiama
disperata nel folle suo errare,
flagellando l'intorno
con illusorio suono
di vaga lontana campana.
Forse è in cerca di pace
la voce del vento
come il cuore dell'uomo
colmo d'angoscia e spavento.

13/8/1996 D PV Roma Tiburtina, ore 3.15 a.m. in attesa del treno Exp 822



 
 
Il respiro del Tempo
 
Il tuo respiro è buio e luce,
che attraversi solcando l'infinita notte.
Tuo potere è colmare spazi desolati,
modellare corpi in movimento
nell'inimmaginabile freddo,
l'orrido fuoco dei soli oltrepassando.

07/2/1996

 


 
 
 
La fonte
 
Al confine tra terra e cielo
gorgheggi gioiosa, piccola fonte.
Vengono creature animate
a dissetarsi di te
prezioso, querulo bene.
Anche creature del cielo
si posano vicine e con
il piccolo becco godono di te,
fresca fonte tra gli alberi,
che ristori non solo
creature animate
e abitanti del cielo.
Piccola fonte
fa rivivere in noi
sazi e irrequieti mortali,
i perduti sentimenti
di purezza e di pace.

06/5/1997 ore 8.00 Treno ETR 500 9426 Roma Milano

 

 


 
 
 
Fumo di stelle
 
Fumo di stelle nella notte
dietro lumi vibranti nel buio,
polvere luminescente
che antico Saggio diede
semplice poetico nome,
"Via Lattea."
Sentiero invitante
al candore e alla pace
dell'immenso che è.

06/7/1998

 
 


 
 
 
 
Sguardo e sguardo
 
Se alzo lo sguardo
nell'ordine e nel silenzio,
sorridono le stelle del cielo
in apparente fissità di pace.
Se abbasso il capo all'altezza
degli occhi scorgo quel caos
e clamore nei quali m'identifico,
partecipe del soffrire e godere
dell'umanità rivolta con sguardo
al presente: umanità che ama,
o, con moto infelice, odia,
nel morboso vano desiderare.

13/03/1999 treno 34422 ore 20.21

 


 
 
 
Le favole del Vento
 
Le favole che il vento vagando racconta
sono portate dalla sua voce fioca
o possente, a seconda, che sibila nell'aria
e parla d'amore di gioia e dolore.
Le favole cruente e crudeli sono sospinte
da quotidiana onda d'elettronico vento.
Quelle che il mio povero estro vuol narrare
le graffio su carta con la mia fragile penna
composte da incerta mano e palpitante cuore.

22/3/2001

 


 
 
 
Ritorni nel tempo
 
Cessata la pioggia, vaga nell'aria
querula e inquieta, la voce del vento;
percorre la notte tersa e vibrante di
tremule luci. La sento prendermi
il cuore, la voce del vento, e sinuosa
condurmi oltre i remoti meridiani
del tempo, sull'orizzonte d'eventi
trascorsi, avvolti da nebbia, entro la
quale, squarciata, intravedo un bimbo
incantato aprirsi gioioso alla vita.
 
Culla la madre il bimbo incantato, e,
affacciata alla finestra di un'unica
stanza sull'orto, gli mostra colli giallo
verdi, azzurri monti lontani e i colori
del cielo, le piante, le stelle, i fiori.
Impara il bambino, nell'aprirsi alla
vita, ad amare docili e dolci creature:
un cane, un gatto, suoi piccoli amici.
Maestra è colei che ingrato amore
fece madre del bimbo incantato.
 
Cessata è dunque la pioggia, ma
il vento, senza pace, persiste,
e la sua voce intreccia arcano
colloquio con chioccolio d'acque
lungo la gronda; e il singolare
chiacchierio è un commento
sul fanciullo dai gioiosi occhi
incantati, nell'atto di ricevere
bianca ostia di Cielo, presagendo
già allora non facile vita futura.
 
Mi portano le voci, in altro punto
nel tempo, al capezzale di piccola
amica morente. E narrano al vento,
le acque, al ritmo sillabando, del
bambino triste che la morente,
occhi accesi di febbre, con tenero
gesto consola. Saluta il vento
gli ultimi, tenaci clip clop della
gronda, anch'essa malata come
la piccola amica in partenza.
 
Ora la voce dell'usignolo annuncia
l'aurora: vita, luce, gioia e nel canto
ricorda a me, uomo stanco, il bacio,
il primo, euforia d'amore: trepida gioia,
il riso, il sorriso, il cuore che batte,
illusione di giorni come cielo sereno.
Amarezza poi, d'amore che va come
il sole dopo un dì radioso dietro i
monti viola, che l'inverno della vita
spoglia e ammanta di neve e di gelo.
 
Il nuovo giorno mi consegna al presente:
tace il chioccolio nella gronda, cessato
è il vento, riposa l'usignolo. Torno a vita reale
che, grigia, disdegna i ritorni, il compiacersi
di sé e di quel che ne fu, tristezza e gioia,
ricomposte nell'oro del mito, esplosione di
supernova, perduto là, oltre la nube di Oort,
oltre i meridiani del tempo, in punto di fuoco tra
lontanissimi Quasar, orizzonte di remoti eventi
trascorsi, pur conservati nella memoria del cuore.

09/9/2005

 
Poesia segnalata al Premio Letterario "Antologia del Ricordo," a cura della Società Culturale Pragmata il 15/10/2005 e inserita nella relativa antologia.
 
PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it
Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella Email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori - Cas. Post. 68 - 20077 MELEGNANO (MI)» inserendola in una busta già affrancata. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2006-2007 Il club degli autori, Marcello Lorenzotti
Per comunicare con il Club degli autori:
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Ins. 27-09-2007